Prospettive assistenziali, n. 84, ottobre-dicembre 1988

 

 

BOZZA DI PROPOSTA LEGGE QUADRO DELLE REGIONI (1)

 

 

TITOLO PRIMO

Princìpi e finalità

 

Art. 1 - Princìpi

1. In attuazione del principio costituzionale che sancisce per tutti i cittadini, singoli e associati, il dovere inderogabile della solidarietà sociale, l'assistenza sociale, all'interno di un sistema di sicurezza sociale, è funzione eminentemente pubblica rivolta alla generalità dei cittadini che ne abbiano diritto.

2. Il diritto all'assistenza è costituzionalmente garantito.

3. A tutela del diritto dell'assistito di cui al successivo art. 2, l'assistenza si esplica nel plu­ralismo delle Istituzioni e nelle Istituzioni.

4. Gli interventi assistenziali, nel rispetto del­la presente legge nonché delle norme e direttive statali e regionali, sano attivati da Comuni sin­goli o associati, Comunità montane, Province, Istituzioni pubbliche di assistenza, Istituzioni di diritto privato di utilità sociale.

5. La presente legge determina i princìpi fondamentali inerenti agli interventi assistenziali.

 

Art. 2 - Titolarità del diritto

1. Titolare del diritto all'assistenza è la perso­na che versi in condizioni di bisogno o disagio psi­chico, fisico, psicologico, relazionale, familiare, sociale, che impediscano il pieno sviluppo della personalità in tutte le sue potenzialità.

2. Il diritto all'assistenza comporta congrua possibilità e libertà di scelta - senza immotiva­to aggravio economico e senza discriminazione -­ fra le prestazioni erogate dai soggetti di cui al titolo secondo della presente legge.

3. Sono, altresì, ammessi a fruire delle mede­sime prestazioni, gli stranieri e gli apolidi che si trovino in territorio italiano, anche se non siano assimilati ai cittadini o non risultino appartene­re a Stati per i quali sussista il trattamento di reciprocità; sono eccettuati i diritti che la pre­sente legge riserva ai soli cittadini:

4. Agli assistiti s alle persone tenute al mantenimento e alla corresponsione degli alimenti, può esser chiesto di concorrere al costo di deter­minate prestazioni.

5. Il concorso di cui al precedente comma vie­ne stabilito dalle leggi regionali, tenendo conto delle condizioni economiche dei soggetti, non­ché della rilevanza sociale delle prestazioni. De­ve comunque essere garantita agli assistiti la conservazione di una quota delle pensioni e dei redditi, tale che permetta loro di far fronte in modo adeguato alle esigenze personali.

 

Art. 3 - Ruolo della famiglia

1. Dal diritto di cui al precedente articolo e subordinatamente a esso, discende l'interesse le­gittimo della famiglia o delle persone, che vivono con la persona titolare del diritto, all'erogazione delle prestazioni ivi indicate.

2. La famiglia è, comunque, il luogo privilegia­to del recupero assistenziale: gli interventi di cui alla presente legge, tendono, ogni volta che sia possibile, a mantenere l'assistito in seno alla fa­miglia.

 

Art. 4 - Finalità

1. Per rendere effettivo, con un'organica poli­tica di sicurezza sociale, il diritto all'assistenza e cioè il diritto di tutti i cittadini alla promozione, al mantenimento e al recupero dello stato di be­nessere fisico e psichico, al pieno sviluppo della personalità nell'ambito dei rapporti familiari e sociali, al soddisfacimento delle esigenze essen­ziali per la dignità e qualità della vita, i servizi sociali perseguono queste finalità:

a) prevenire e rimuovere - con la partecipa­zione, quando sia possibile, dei soggetti interes­sati, della famiglia e della comunità - le cause economico-sociali o psicologiche che possano provocare situazioni di bisogno sociale o feno­meni di emarginazione negli ambienti di vita, di studio e di lavoro;

b) rendere effettivo il diritto a fruire, senza di­stinzione di condizioni individuali e sociali, delle strutture, dei servizi e delle prestazioni sociali, con modalità che garantiscano la libertà e dignità personale, che assicurino uguaglianza di tratta­mento nel rispetto della specificità delle esigen­ze, ferma restando la libertà di scelta di cui al secondo comma del precedente articolo 2;

c) agire a sostegno della famiglia e dei nuclei familiari per garantire, quando sia possibile, ai cittadini in difficoltà di restare nell'ambiente fa­miliare e sociale cui appartengono, o provveden­do, se necessaria, a reinserirli in famiglie o in nuclei familiari liberamente scelti, o in ambienti parafamiliari, o a dimensione familiare, o comu­nitari sostitutivi;

d) promuovere il reinserimento familiare e so­ciale di quanti ne siano esclusi;

e) intervenire a sostegno di persone colpite da menomazioni fisiche, psichiche, sensoriali per ga­rantire il foro inserimento nei normali ambienti di vita, di studio, di lavoro;

f) promuovere la protezione e la tutela giuridi­ca delle persone incapaci a provvedere a se stes­se, quando manchino o non provvedano coloro cui la legge attribuisce questo compito.

 

TITOLO SECONDO

Soggetti attuatori

 

Art. 5 - Soggetti

1. Nel rispetto delle competenze individuate dalla presente legge e nei modi in essa indicati, al sistema dei servizi sociali concorrono i sog­getti elencati nell'art. 1: Stato, Regioni, Comuni singoli o associati, Comunità montane, Provincie, Istituzioni pubbliche di assistenza, Istituzioni di diritta privato di utilità sociale.

 

Art. 6 - Competenze dello Stato

1. Competono allo Stato:

a) la funzione di indirizzo e di coordinamento delle attività amministrative delle Regioni a sta­tuto ordinario in materia di servizi sociali, per gli aspetti in cui si evidenzino esigenze di carattere unitario, anche in riferimento agli obiettivi della programmazione nazionale nonché agli impegni derivanti dagli obblighi internazionali e comuni­tari;

b) la ripartizione fra le Regioni del Fondo so­ciale di cui all'art. 30 della presente legge, se­condo parametri rapportati alle condizioni di bi­sogno della popolazione residente;

c) la fissazione dei requisiti per la determina­zione dei profili professionali degli operatori so­ciali degli Enti locali; ispirandosi a criteri di sem­plificazione normativa e prevedendo per le Regio­ni margini di elasticità attuativa, per una migliore rispondenza alle diverse fattispecie organizzati­ve; le disposizioni metodologiche per l'ordina­mento e la durata dei corsi nonché le disposizioni generali per i requisiti per l'ammissione;

d) gli interventi di primo soccorso in caso di catastrofe o calamità naturale d,i particolare gra­vità o estensione; nonché gli interventi straordi­nari di prima necessità richiesti da altri eventi eccezionali e urgenti, che trascendano l'ambito regionale, o per i quali l'ente locale non possa provvedere, o che comportino un dovere di soli­darietà nazionale;

e) gli interventi di prima assistenza in favore di connazionali profughi e rimpatriati, in conse­guenza di eventi straordinari ed eccezionali;

f) gli interventi in favore dei profughi stranieri, per il periodo necessario alle operazioni di iden­tificazione e di riconoscimento della qualifica di rifugiato e per il tempo che intercorre fino al loro trasferimento in altri paesi o al loro inserimento nel territorio nazionale; nonché gli oneri relativi all'assistenza agli stranieri e agli apolidi fino al­la concessione del permesso di soggiorno;

g) gli interventi socio-assistenziali prestati ad appartenenti alle Forze armate dello Stato; all'Ar­ma dei carabinieri; alle altre Forze armate di Po­lizia dello Stato; al Corpo nazionale dei vigili del fuoco e ai loro familiari, da enti e organizzazioni appositamente istituiti;

h) i rapporti, in materia di assistenza, con or­ganismi stranieri e internazionali; la distribuzio­ne, fra le Regioni, di prodotti destinati a finalità assistenziali, in attuazione di regolamenti della Comunità economica europea; l'adempimento di accordi internazionali in materia di assistenza;

i) le pensioni e gli assegni di carattere conti­nuativo disposti dalla legge in attuazione dell'art. 38 primo comma della Costituzione;

1) gli interventi fuori del territorio nazionale, in favore degli italiani all'estero;

m) la certificazione, esercitata mediante dele­ga alle Regioni, della qualifica di orfana, vedova, inabile nonché degli altri titoli di legittimazione al godimento dei benefici previsti dalle leggi vigenti.

 

Art. 7 - Riassetto degli uffici statali

1. Fino all'istituzione del Ministero della sicu­rezza sociale di cui al successivo art. 29, le fun­zioni statali di cui alla presente legge sono eser­citate dal Ministero della sanità oppure dalla Pre­sidenza del Consiglio.

2. Gli interventi previsti dalle lettere d), e), f), g), h), i) e 1) dell'art. 6 restano assegnate ai mini­steri rispettivamente competenti.

 

Art. 8 - Consiglio nazionale della sicurezza sociale

1. L'art. 8 della legge 23 dicembre 1978, n. 833, è sostituito dal seguente:

«1. È istituito il Consiglio nazionale della sicurezza sociale, con funzioni di consulenza e di proposta nei confronti del Governo per la deter­minazione delle linee generali della politica sa­nitaria e per l'elaborazione e l'attuazione del pia­no sanitario nazionale; nonché delle linee ine­renti ai compiti di assistenza sociale di cui al precedente art. 6, comma primo, lettere a), b) e c).

2. II Consiglio è obbligatoriamente sentito in ordine ai programmi globali di prevenzione anche primaria; ai livelli di prestazioni sanitarie stabi­liti con le modalità di cui al secondo comma dell'art. 3; alla ripartizione degli stanziamenti di cui all'art. 51; nonché alle fasi di attuazione del ser­vizio sanitario nazionale e alla programmazione del fabbisogno del personale sanitario necessario alle esigenze del servizio sanitario nazionale. Il Consiglio è, altresì, obbligatoriamente sentito in ordine ai programmi globali di intervento in ma­teria assistenziale; alla ripartizione del fondo so­ciale; alla determinazione dei livelli minimi dei servizi sociali da garantirsi a tutti i cittadini; al­la determinazione, nel rispetto del disposto dell'art. 6 comma primo lettera c) della legge qua­dro di «Riforma dell'assistenza e dei servizi so­ciali ...», dei profili professionali degli operatori sociali; alle pensioni e agli assegni di carattere continuativo, di competenza dello Stato.

3. Esso predispone una relazione annuale sul­lo stato sanitario e sulla situazione dei servizi so­ciali del Paese, sulla quale il Ministro della sicu­rezza sociale riferisce al Parlamento entro il 31 marzo di ciascun anno.

4. Il Consiglio nazionale della sicurezza socia­le, nominato con decreto del Presidente delta Repubblica su proposta del Ministro della Sicu­rezza sociale, dura in carica 5 anni, è presieduto dal Ministro della sicurezza sociale ed è com­posto:

a) da due rappresentanti per ciascuna Regione e, per il Trentino-Alto Adige, da due rappresen­tanti della Provincia di Trento e da due rappre­sentanti della Provincia di Bolzano;

b) da tre rappresentanti del Ministero della si­curezza sociale e da un rappresentante per cia­scuno dei seguenti Ministeri: lavoro e previdenza sociale; pubblica istruzione; interno; grazia e giu­stizia; difesa; tesoro; bilancio e programmazio­ne economica; agricoltura e foreste; industria, commercio, artigianato; marina mercantile; non­ché da un rappresentante designato dal Ministero per il coordinamento delle iniziative per la ricerca scientifica e tecnologica;

c) dal direttore dell'istituto superiore di sanità; dal direttore dell'Istituto superiore per la preven­zione e la sicurezza del lavoro; da un rappresen­tante del Consiglio nazionale delle ricerche; da dieci esperti in materia sanitaria designati dal CNEL, tenendo presenti i criteri di rappresenta­tività e competenze funzionali al servizio sanita­rio nazionale; da diciotto esperti in materia as­sistenziale: di cui dieci designati dal CNEL tenen­do presenti i criteri di competenza funzionale ai servizi socio-assistenziali; quattro designati dal­le Istituzioni pubbliche di assistenza; quattro de­signati dalle istituzioni di diritto privato di utilità sociale;

d) da cinque rappresentanti dell'ANCI.

5. Il Consiglio elegge fra i suoi componenti un vicepresidente.

6. L'articolazione in sezioni, le modalità di fun­zionamento e le funzioni di segreteria del Con­siglio sono disciplinate con regolamento emanato dal Ministero della sicurezza sociale, sentito il Consiglio stesso».

 

Art. 9 - Sistema informativo dei servizi sociali: S.I.S.S.

1. Al fine di disporre dei dati e delle informa­zioni necessari per attivare e gestire il processo di definizione delle politiche e di programmazio­ne sociale sarà attivato il sistema informativo dei servizi sociali (S.I.S.S.).

2. Il S.I.S.S. è costruito e gestito a più livelli istituzionali: Stato, Regioni, Enti locali; per ri­spondere ai bisogni informativi connessi con lo espletamento delle funzioni di governo e di eser­cizio dei servizi sociali, in una logica strutturale che consenta. l'integrazione e il coordinamento dei diversi livelli istituzionali coinvolti.

3. Ogni livello individuerà le forme organizza­tive e gli strumenti operativi più opportuni per definire le fasi di attivazione e di gestione della parte di sistema di propria competenza.

4. In sede nazionale sarà costituita una Com­missione tecnica con il compito di raccordare i diversi livelli in cui si articola il S.I.S.S.

 

Art. 10 - Compiti delle Regioni

1. La potestà delle Regioni, in materia di ser­vizi sociali nonché di prestazioni economiche di cui al quarto comma del successivo articolo 25, è svolta nel rispetto delle norme fondamentali e dei princìpi stabiliti dalla presente legge.

2. Le Regioni perseguono le finalità della pre­sente legge programmando gli interventi socio­assistenziali da coordinarsi con gli obiettivi defi­niti in sede di programmazione socio-economica nazionale; nonché gli obiettivi generali dello svi­luppo regionale secondo le procedure program­matorie previste nei rispettivi statuti; assicuran­do, comunque, il concorso effettivo dei Comuni singoli e associati, delle Comunità montane, del­le Provincie, delle Istituzioni pubbliche di assi­stenza, nonché delle Istituzioni di diritto privato di utilità sociale.

3. Le Regioni, in particolare, provvedono a:

a) stabilire i requisiti essenziali per l'autoriz­zazione al funzionamento dei presìdi e dei servi­zi assistenziali; nonché i parametri minimi di fun­zionamento per accedere, direttamente o per il tramite di convenzioni, alla ripartizione del Fon­do sociale, sia in conto gestione sia in conto ca­pitale;

b) determinare le aree territoriali più idonee per una funzionale organizzazione dei servizi, in applicazione del secondo e terzo comma dell'art. 25 del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977 n. 616; nonché dell'ultimo comma dell'art. 15 della legge 23 dicembre 1978 n. 833;

c) determinare gli indirizzi di carattere genera­le per la erogazione delle prestazioni assisten­ziali per i cittadini che si trovino in particolari condizioni di disagio personale o familiare o di bisogno;

d) approvare il piano di sviluppo del servizi so­ciali; garantendo il coordinato utilizzo di tutte le iniziative attivate dai Soggetti attuatori di cui al presente titolo; e coordinandolo con il piano sa­nitario;

e) ripartire la quota regionale del Fondo socia­le, eventualmente integrato da finanziamenti pro­pri, a sostegno delle iniziative, dirette o conven­zionate, dei Soggetti attuatori di cui al presente titolo, avendo come fine un'equilibrata distribu­zione delle stesse nel territorio regionale;

f) predisporre e finanziare piani per la forma­zione e l'aggiornamento professionale del perso­nale addetto ai servizi;

g) indicare, nel rispetto dei princìpi della pre­sente legge:

1. le condizioni e i requisiti per l'iscrizione nei registri di cui al successivo art. 21;

2. i criteri per le convenzioni di cui all'art. 18 comma 4 lettera b);

3. i parametri di riduzione di cui all'art. 19 comma 7;

4. i criteri generali per l'individuazione dei servizi e per l'entità del concorso al costo delle prestazioni, di cui all'art. 2 comma quinto;

5. le condizioni e le misure del rimborso di cui all'art. 22;

h) provvedere agli adempimenti previsti al suc­cessivo art. 17 e conseguenti al disposto degli artt. 12, 14, 15;

i) disciplinare le modalità e i criteri della vigi­lanza sulle attività socio-assistenziali svolte nel­l'ambito regionale, per accertarne il rispetto del­le leggi vigenti in materia;

l) promuovere e svolgere, direttamente o me­diante iniziative specializzate pubbliche e priva­te, un'azione di assistenza tecnica diretta - nel rispetto delle autonomie metodologiche assisten­ziali - all'istituzione e al miglioramento dei ser­vizi sociali; nonché a favorire la sperimentazio­ne di nuove modalità assistenziali, anche me­diante nuove iniziative pubbliche e private;

m) decidere le controversie fra Comuni singo­li o associati o fra Comuni e altri enti pubblici, per il rimborso degli oneri sostenuti per spese di soccorso rese obbligatorie da specifiche dispo­sizioni di legge o statutarie, comprese quelle del mantenimento degli inabili di cui all'art. 154 del T.U. 19-6-1933 n. 731.

4. La legge regionale stabilisce le norme per la gestione amministrativa dei servizi sociali svolti dai Comuni singoli o associati nonché dal­le Comunità montane; assicura il coordinamento e l'integrazione con i servizi sanitari gestiti dalle Unità sanitarie locali; ne prevede il collegamen­to con gli altri servizi finalizzati allo sviluppo so­ciale. Le Regioni possono prevedere norme spe­cifiche per le aree metropolitane.

5. La legge regionale stabilisce i modi e i tem­pi per l'unificazione negli ambiti territoriali di cui all'art. 25 del decreto del Presidente della Repub­blica 24 luglio 1977 n. 616, degli organi di gestio­ne dei servizi sociali demandati alla gestione as­sociata e di quelli sanitari. Le Unità sanitarie lo­cali assumono il nome di Unità socio-sanitarie locali.

6. La legge regionale stabilisce i compiti e le funzioni attribuite alle Unità socio-sanitarie locali e quelle che verranno esercitate dai singoli Co­muni.

7. La legge regionale assicura, comunque, la autonomia tecnico-funzionale dei servizi sociali, nonché la distinzione contabile della gestione dei servizi sociali, secondo quanto previsto dall'ulti­mo comma dell'art. 25 del predetto decreto del Presidente della Repubblica n. 616.

 

Art. 11 - Compiti delle Provincie

1. Le Provincie concorrono alla elaborazione del piano regionale di sviluppo dei servizi sociali.

2. Approvano, nell'ambito di tale piano, il pro­gramma provinciale di localizzazione dei presìdi socio-assistenziali garantendo, ai sensi del pre­cedente art. 9 comma primo lettera d), il coordi­nato utilizzo delle iniziative esistenti nel territo­rio; esprimono il parere sulla rispondenza alla gestione dei servizi stessi, delle delimitazioni territoriali determinate dalla Regione.

3. Le funzioni in materia di assistenza e servizi sociali svolte dalle Provincie, sono trasferite ai Comuni, singoli o associati. Il personale e il pa­trimonio delle Provincie, destinati alle funzioni predette, sono trasferite ai Comuni, singoli o as­sociati, nei tempi e con le modalità stabilite dalla legge regionale.

4. Le somme stanziate nell'esercizio dell'anno in cui entra in vigore la presente legge, dalle amministrazioni provinciali per le funzioni di cui al comma precedente sono destinate alle Regio­ni, che le ripartiscano interamente fra i Comuni, in base ai criteri di cui all'art. 9 comma 3 lett. e).

5. Ove esigenze di migliore organizzazione lo richiedano, la Regione individua con legge ambi­ti territoriali diversi da quelli provinciali ed Enti diversi dall'Amministrazione provinciale, cui at­tribuire i compiti di cui ai primi due commi del presente articolo, sottraendone la competenza all'amministrazione provinciale di pertinenza.

 

Art. 12 - Competenze dei Comuni

1. I Comuni sono titolari di tutte le funzioni amministrative concernenti l'assistenza sociale, salvo quanto diversamente disposto dalla pre­sente legge.

2. I Comuni singoli o associati:

a) concorrono - acquisito il parere dei Soggetti di cui ai capi quinto e sesto, operanti nel proprio territorio - alla elaborazione, realizza­zione e controllo del programma regionale di svi­luppo dei servizi sociali;

b) elaborano il piano locale dei servizi sociali, inserendovi tutte le iniziative esistenti, attuate dai Soggetti di cui al presente titolo; coordinan­dole funzionalmente, nel rispetto dell'autonomia metodologica assistenziale; integrandole con in­terventi complementari o diversi, anche speri­mentali, sia d'iniziativa propria sia dei Soggetti di cui al presente titolo; proponendosi come fine un'equilibrata distribuzione nel territorio;

c) organizzano il complesso dei servizi sociali propri; li qualificano e li potenziano, coordinan­doli funzionalmente con le iniziative di altri Sog­getti di cui al presente titolo, in armonia con quanto disposto dalla precedente lettera b);

d) stipulano, ai sensi dei successivi artt. 13 e 18 e alle condizioni ivi indicate, convenzioni con i Soggetti elencati nei medesimi articoli; i corri­spettivi finanziari delle convenzioni tengono con­to del costo dei servizi pubblici di pari livello qualitativo;

e) garantiscono il diritto dei cittadini di parte­cipare alla gestione e al controllo dei servizi pub­blici; stabilendo anche le modalità di intervento degli assistiti, delle famiglie e delle formazioni sociali organizzate operanti nel territorio;

f) erogano le prestazioni economiche straordi­narie e temporanee, secondo gli indirizzi genera­li dettati dalla Regione;

g) gestiscono i beni immobili e le attrezzature destinate al patrimonio dei Comuni e di quello, destinato dai Comuni stessi, a sedi di servizi so­ciali.

3.  I Comuni esercitano le funzioni amministra­tive, in materia di assistenza, direttamente o at­traverso le Unità socio-sanitarie locali.

 

Art. 13 - Istituzioni pubbliche di assistenza

1. Nel rispetto formale e sostanziale delle vo­lontà attualizzata del fondatore quando sia accer­tabile, o all'atto costitutivo, o della tavola di fon­dazione, le Istituzioni che, in forza della legge 17 luglio 1890 n. 6972, sono state costituite come Istituzioni pubbliche di assistenza e di beneficen­za, possono, con atto del Consiglio di amministra­zione, chiedere di conservare la forma giuridica posseduta, assumendo la denominazione di Isti­tuzioni pubbliche di assistenza, qualora si verifi­chino le seguenti condizioni:

a) che abbiano patrimonio e mezzi - acquisiti anche con rette o convenzioni - e - qualora la natura del servizio assistenziale le comporti - strutture e attrezzature che rendano possibile la erogazione dell'attività assistenziale;

b) che abbiano personale proprio in numero e con qualificazione tali che, anche col concorso di operatori volontari, possano far fronte alle esi­genze del servizio;

c) che nel triennio precedente la data di entra­ta in vigore della presente legge abbiano effetti­vamente svolto attività assistenziale.

2. La denominazione di Istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza contenuta nella legge 17 luglio 1890 n. 6972 e successive integrazioni e modificazioni, è sostituita con la denominazione di Istituzioni pubbliche di assistenza.

 

Art. 14 - Ruolo delle Istituzioni pubbliche di as­sistenza

1. Le Istituzioni pubbliche di assistenza sono di diritto incluse nel sistema dei servizi sociali.

2. Le Istituzioni pubbliche di assistenza che siano in possesso dei requisiti minimi di funzio­namento di cui al precedente art. 9 comma terzo lettera a), hanno diritto di:

a) partecipare attivamente alla programmazio­ne locale e contribuirvi con i propri servizi;

b) contrarre convenzioni con i comuni singoli o associati;

c) concorrere attivamente, attraverso le proprie rappresentanze regionali, alla programmazione regionale; nonché esprimere parere sugli atti di maggior rilievo, ivi compresa la ripartizione del Fondo sociale;

d) ricevere dalla regione, anche direttamente, contributi in conto capitale e in conto gestione, a carico del Fondo sociale. I contributi in conto gestione possono essere concessi anche per at­tività di aggiornamento e di formazione degli ope­ratori.

 

Art. 15 - Privatizzazione di IPAB

1. Nel rispetto formale e sostanziale della volontà attualizzata del fondatore quando sia accer­tabile, o dell'atto costitutivo, o della tavola di fondazione, le Ipab, di cui al primo comma del precedente art. 12, hanno diritto di conseguire la personalità di diritto privato, qualora siano com­prese in una delle seguenti categorie:

1) che si tratti di istituzione avente struttura associativa. Questa struttura sussiste quando ri­corrono congiuntamente le seguenti condizioni:

a. che la costituzione dell'ente sia avvenuta per iniziativa volontaria dei soci o di promotori pri­vati;

b. che l'amministrazione e il governo dell'Isti­tuzione siano, per disposizione statutaria, deter­minate dai soci. Questa condizione si verifica quando i soci eleggano almeno la metà dei com­ponenti l'organo collegiale deliberante;

c. che il patrimonio risulti prevalentemente for­mato da apporti dei soci o da atti di liberalità;

2) che si tratti di istituzione promossa e am­ministrata da privati e operanti con mezzi di pro­venienza privata. Questa circostanza sussiste quando ricorrano congiuntamente le seguenti condizioni:

a. che l'atto costitutivo o l'atto di fondazione siano stati posti in essere da privati;

b. che almeno la metà dei componenti l'organo collegiale deliberante sia, per disposizione sta­tutaria, designata da privati;

c. che il patrimonio risulti prevalentemente co­stituito da beni provenienti da atti di liberalità privata, o dalla trasformazione dei beni stessi; che il funzionamento sia avvenuto, nel quinquen­nio immediatamente precedente la data di entra­ta in vigore della presente legge, in prevalenza con contributi, redditi, rendite e altri mezzi patri­moniali o finanziari di provenienza privata; che comunque l'istituzione non abbia beneficiato di finanziamenti pubblici, a qualsiasi titolo, in mi­sura superiore a un terzo delle entrate dell'ente nel quinquennio, con esclusione delle rette non­ché dei finanziamenti pubblici finalizzati alla con­servazione di beni artistici e culturali;

3) che si tratti di istituzione di ispirazione religiosa. Questa circostanza sussiste quando la istituzione risulti collegata a una confessione re­ligiosa che, per disposizione statutaria, designi, negli organi collegiali deliberanti, ministri del culto o appartenenti a istituti religiosi o rappre­sentanti di autorità religiose.

2. Il diritto alla privatizzazione si esercita, con atto del Consiglio di Amministrazione, sia in via giudiziale, sia, facendone domanda al Presidente della Regione, in via amministrativa.

3. Conseguita la personalità giuridica di dirit­to privato, le Istituzioni di cui al presente artico­lo entrano a far parte dei Soggetti di cui al suc­cessivo capo sesto e ne condividono la disciplina e i diritti.

 

Art. 16 - Soppressione di IPAB con prevalente at­tività di istruzione

1. Le IPAB che svolgono prevalentemente atti­vità di istruzione, ivi compresa quella prescolare; i seminari; le case di riposo per religiosi; le cap­pelle e le istituzioni di culto sono escluse dalle Istituzioni assistenziali e assumono, nei modi di legge, personalità giuridica di diritto privato.

2. L'esclusione avviene, con atto del Consiglio di Amministrazione secondo le modalità previste al precedente art. 15 comma secondo.

 

Art. 17 - Soppressione di IPAB e trasferimento ai Comuni

1. Sono in ogni caso soppresse e trasferite ai Comuni:

a) le IPAB già concentrate o amministrate da­gli ECA;

b) le IPAB che non esercitino le attività previ­ste dallo statuto né altre attività assistenziali.

2. La legge regionale stabilisce i modi, le for­me e i termini per il trasferimento ai Comuni delle IPAB, soppresse ai sensi del precedente articolo; disciplina l'utilizzazione dei beni e del personale da parte degli enti gestori, in relazione alla rior­ganizzazione e alla programmazione dei servizi, disposte in attuazione della presente legge.

3. Per l'esercizio delle funzioni delle IPAB loro trasferite, i Comuni potranno procedere sia di­rettamente, sia attraverso le Unità socio-sanita­rie locali, sia con forme di gestione autonoma: Resta comunque ferma la destinazione dei beni ad attività di servizio socio-assistenziale.

4. Il personale che, alla data di entrata in vigore della presente legge, -sia in servizio presso te IPAB soggette al trasferimento ai Comuni, è tra­sferito ai rispettivi Comuni contestualmente al passaggio delle funzioni. Il personale così trasfe­rito conserva la posizione economica, la posizio­ne giuridica e il trattamento previdenziale, di cui godeva presso l'ente di provenienza.

5. Il trasferimento ai Comuni dei beni delle istituzioni nonché tutte le operazioni derivanti dall'applicazione del presente articolo, sono esen­ti da qualunque imposta, tributo o tassa di regi­strazione.

 

Art. 18 - Adempimenti delle Regioni

1, Le Regioni ricevono le domande di cui agli artt. 13, 15, 16.

2. Entro il mese successivo alla data in cui sono pervenute le domande, la Giunta regionale, richiede il parere dei Comuni di residenza, circa l'esistenza dei requisiti indicati negli articoli ci­tati.

3. Entro otto mesi dall'entrata in vigore della presente legge, la Regione, con atto amministra­tivo decide sulla domanda, confermando, nei casi di cui all'art. 12, la personalità giuridica possedu­ta; assegnando, nei casi di cui agli artt. 14 e 15 la personalità giuridica di ente morale ai sensi dell'art. 12 del codice civile.

4. Qualora sussistano le condizioni indicate negli articoli specifici, l'adempimento di cui al precedente comma è atto dovuto.

5. In caso di inerzia della Regione il Governo esercita il potere sostitutivo.

 

Art. 19 - Istituzioni di diritto privato di utilità so­ciale

1. In conformità con l'art. 38 della Costituzione; per valorizzare il concorso della solidarietà sociale sancito come inderogabile dovere dall'art. 2 secondo comma della Costituzione; per rendere effettivo il diritto all'assistenza nel ri­spetto della libertà di scelta dell'assistito, ai sen­si dell'art. 2 della presente legge; per attuare pienamente il pluralismo delle Istituzioni e nelle Istituzioni, è garantita la libertà di costituzione e di attività delle associazioni, fondazioni, coope­rative, altre istituzioni - datate o meno di perso­nalità giuridica - nonché gruppi, che persegua­no finalità assistenziali senza scopo di lucro.

2. La garanzia di libertà di cui al precedente comma si estende, nel rispetto della dignità e dei diritti della persona e nell'osservanza delle leggi vigenti, agli aspetti di metodologia assistenziale e organizzativi.

3. Le istituzioni di cui al primo comma, autoriz­zate a funzionare ai sensi dell'art. 9 terzo comma lettera a) prima parte, rientrano d'i diritto nel si­stema dei servizi sociali; di esse si tiene conto nella programmazione locale; ed esse rientrano nei servizi fra i quali l'assistito può liberamente scegliere.

4. Le istituzioni di cui al primo comma che sia­no in possesso dei parametri di qualità dei servi­zi e di efficienza, di cui all'art. 9 comma terzo let­tera a) seconda parte, e che siano iscritte nei re­gistri di cui all'art. 21 hanno diritto di:

a) partecipare attivamente alla programmazio­ne locale e contribuire, con i propri interventi, al sistema dei servizi sociali;

b) stipulare con i comuni singoli o associati, convenzioni rispondenti alle direttive e ai criteri dettati dalla Regione, ai sensi dell'art. 9 comma terzo lettera g);

c) partecipare attivamente, attraverso le pro­prie rappresentanze regionali, alla programmazio­ne regionale; nonché esprimere parere sugli atti di maggior rilievo e, particolarmente, sulla ripar­tizione del Fondo sociale;

d) ricevere dalla Regione, anche direttamente, contributi in conto capitale s in conto gestione, a carico del Fondo sociale. I contributi in conto gestione possono esser concessi anche per atti­vità di aggiornamento e di formazione degli ope­ratori.

 

Art. 20 - Cooperative di solidarietà sociale

1. Fra le istituzioni di cui all'art. 18 sono com­prese le cooperative di solidarietà sociale.

2. Ai fini della presente legge si considerano di solidarietà sociale le cooperative che hanno per scopa la promozione umana e l'integrazione sociale dei cittadini, soci e non soci, che versino in condizioni di bisogno o di disagio e, per ciò stesso, titolari del diritto di cui al precedente art. 2.

3. Ferma restando la normativa specifica, le cooperative di solidarietà sociale, per fruire dei benefici della presente legge, si attengono alle. seguenti disposizioni:

a) all'attività sociale i soci prendono parte qua­li fornitori di lavoro, di servizi, di prestazioni vo­lontarie o di beni, ovvero in qualità di destinatari non esclusivi dell'attività;

b) è vietata la distribuzione, a qualsiasi titolo, di utili ai soci. La quota di utili non assegnata a riserva, deve essere destinata a fini di solidarietà sociale assistenziale.

c) nel caso di scioglimento della cooperative l'intero patrimonio, dedotto il capitale sociale,

deve esser destinato a fini di solidarietà sociale assistenziale;

d) è vietata la trasformazione delle cooperati­ve di solidarietà sociale con fini assistenziali, in cooperative ordinarie o in altri tipi di società.

4. Alle cooperative di solidarietà sociale si ap­plicano le disposizioni di cui al decreto del Pre­sidente della Repubblica 30 aprile 1970 n. 602. Le condizioni di cui alle lettere b) e c) dell'art. 2 del decreto citato si intendono sussistenti allor­ché vi sia comunque la partecipazione dei soci ai beni e ai servizi oggetto dell'attività della coo­perativa.

5. Le cooperative di solidarietà sociale che at­tuino interventi di recupero personale e di rein­serimento sociale di persone con handicap fisici, psichici o difficoltà comportamentali, impiegan­dole in attività lavorative a carattere produttivo, sono tenute ad applicare a queste persone le nor­me che disciplinano il lavoro dipendente fatto salvo quanto qui dì seguito previsto:

a) sul libro matricola della cooperativa deve ri­sultare annotata la condizione dei lavoratori di cui al presente comma, con specifica indicazione del tipo di handicap o di difficoltà di cui sono portatori;

b) possono essere assunte anche persone cui sia stata riconosciuta un'invalidità pari al 100 per cento;

c) il trattamento economico e normativo per le persone di cui al primo comma è determinato dalla cooperativa, con deliberazione dei soci;

d) le aliquote complessive della contribuzione per l'assicurazione obbligatoria previdenziale e assistenziale, dovuta all'INPS dalle cooperative di solidarietà sociale relativamente alla paga cor­risposta alle persone di cui alla lettera a) sono ridotte a zero.

6. L'ufficio dell'ispettorato provinciale del la­voro e l'ufficio di coordinamento dei servizi so­ciali delle Unità sanitarie locali o dei Comuni entro il cui territorio viene svolta l'attività lavo­rativa di cui alla lettera a), sono tenuti a com­piere almeno un sopralluogo annuale congiunto presso le cooperative di solidarietà sociale, cui si applica la norma del presente articolo.

7. Per lavori e servizi in cui possano, senza rischia dipendente dalla condizione personale, essere impiegati lavoratori di cui al preceden­te comma 5, gli enti pubblici possono indire appalti riservati alle cooperative di solidarietà sociale o, comunque, a istituzioni per le quali ri­corrano le medesime condizioni. In alternativa, nel caso di appalti estesi alla generalità degli operatori, l'offerta della cooperativa di solidarie­tà sociale viene calcolata riducendola del costo aggiuntivo indotto della minore capacità lavora­tiva del lavoratore con handicap o con difficoltà comportamentali. La riduzione avviene sulla base di parametri indicati dalla Regione.

 

Art. 21 - Volontariato

1. È riconosciuta la funzione di utilità sociale delle associazioni e delle altre istituzioni di vo­lontariato, dotate o non di personalità giuridica, liberamente costituite, fondate in prevalenza su prestazioni volontarie e personali dei soci e che concorrano al conseguimento dei fini dell'assi­stenza sociale.

2. Ai fini della presente legge, per attività di volontariato deve intendersi quella intrapresa e svolta spontaneamente, non in esecuzione di spe­cifici obblighi o doveri giuridici, senza fine indi­viduale di lucro anche indiretto - tramite l'orga­nizzazione di cui il volontario fa parte, nell'inte­resse del gruppo o di terzi - bensì esclusiva­mente per fini di solidarietà sociale.

3. L'attività del volontariato è gratuita e non può esser retribuita in alcun modo, nemmeno dal beneficiario.

4. Al volontario può esser corrisposto sol­tanto il rimborso delle spese effettivamente so­stenute nei limiti precedentemente stabiliti dall'organizzazione, del vitto, del vestiario, dell'al­loggio.

6. Il volontario deve esser assicurato per i rischi corsi e per i danni arrecati a terzi, nell'a­dempimento dell'attività assistenziale. Il volonta­rio a tempo pieno, di cui al comma precedente, può esser assicurato contro le malattie e la vec­chiaia.

7. L'attività di volontariato può essere svolta in istituzioni specifiche o all'interno delle istitu­zioni di cui al precedente art. 18.

8. Qualora l'organizzazione di volontariato as­suma la forma di cooperativa, viene sottoposta alla disciplina di cui all'art. 19.

9. A fini della presente legge, il volontariato viene assimilato, nei diritti e nei doveri, ai sog­getti di cui all'art. 18, fermo restando il puntuale rispetto di quanto disposto dal presente articolo. In particolare, l'istituzione di volontariato può ri­cevere dalla Regione, anche direttamente, contri­buti in conto gestione e in conto capitale, a cari­co del Fondo sociale.

 

Art. 22 - Registri regionali e locali delle istituzioni private e del volontariato

1. In ogni Regione è istituito un registro per la iscrizione, su domanda, delle Istituzioni di cui ai precedenti articoli 18, 19, 20.

2. L'iscrizione nel registro, con l'esatta indica­zione della ragione sociale, è disposta dalla Re­gione, sentiti i Comuni singoli o associati, in cui l'istituzione opera, previo accertamento dei se­guenti requisiti:

a) assenza dl fini di lucro;

b) idonei livelli di qualificazione assistenziale del personale e di efficienza organizzativa e ope­rativa, secondo i requisiti e i parametri dei servizi sociali, fissati ai sensi dell'art. 9 comma terzo lettera a);

c) rispetto, per i dipendenti, delle norme con­trattuali in materia, fatta eccezione per i casi di prestazioni volontarie o rese in forza di conven­zioni fra le istituzioni di cui al primo comma con congregazioni della Chiesa cattolica o con Orga­ni rappresentativi di altre confessioni religiose;

d) corrispondenza ai princìpi della presente legge e della legge regionale.

3. Per le istituzioni operanti in più regioni, la iscrizione è effettuata nel registro tenuto presso la Regione in cui l'istituzione ha sede legale, sen­tite le altre Regioni interessate.

4. La legge regionale può prevedere registri lo­cali la cui gestione è affidata alle Unità socio-sa­nitarie locali.

5. Ove ricorrano i requisiti di cui al comma 2, l'iscrizione è atto dovuto.

 

Art. 23 - Rimborso spese e altre convenzioni

1. Le persone che rientrino nei casi contem­plati dall'art. 2 primo comma della presente leg­ge, hanno diritto a un rimborso sulle spese soste­nute per la fruizione di servizi privati non conven­zionati, purché siano previamente autorizzati con le modalità e nei casi previsti dalla Regione, la quale determina anche l'entità del rimborso.

2. Qualora l'intervento assistenziale di cui ab­bisogni una persona che rientri fra i casi contem­plati dall'art. 2 comma primo della presente leg­ge, non possa essere adeguatamente erogato né da Enti pubblici, né da Istituzioni pubbliche di as­sistenza, né da Istituzioni private di utilità socia­le, si possono, in via del tutto eccezionale instau­rare rapporti convenzionali con soggetti aventi scopo di lucro, purché siano in possesso dei re­quisiti previsti dalle leggi nazionali e regionali vigenti.

 

TITOLO TERZO

Servizi assistenziali, modalità e obiettivi

 

Art. 24 - Integrazione dei servizi socio-sanitari

1. I servizi socio-assistenziali sono organizzati ed erogati perseguendo l'integrazione coi servizi sanitari.

 

Art. 25 - Obiettivi

1. I servizi socio-assistenziali provvedono, fra l'altro, a:

a) promuovere l'utilizzazione dei servizi da par­te dei cittadini, compresi quelli con handicap fi­sico-psichico-sensoriali; segnalando agli uffici competenti i servizi che si rendano necessari e gli ostacoli che ne impediscono o ne rendano dif­ficoltosa la fruizione; sollecitando l'abbattimento delle barriere architettoniche in applicazione del decreto del Presidente della Repubblica 27 aprile 1978 n. 384 nonché della legge 28 febbraio 1986 n. 41 art. 32 commi venti, ventuno, ventidue;

b) fornire ai cittadini l'informazione su leggi, regolamenti, disposizioni d'altro genere, al fine di renderli edotti dei diritti e degli interessi legit­timi che ne discendono;

c) fornire le informazioni sulle prestazioni e sui servizi socio-assistenziali esistenti nel territorio, quali che siano i soggetti che li gestiscono; e, occorrendo, la consulenza per la loro fruizione.

2. I servizi socio-assistenziali devono assicurare comunque le prestazioni previste dagli artt. 22 e 23 del decreto del Presidente della Repubblica 24 luglio 1977 n. 616.

3. I servizi socio-assistenziali sono prioritaria­mente organizzati:

a) in forme aperte con carattere domiciliare anche a sostegno della famiglia; di centri diurni; di laboratori preferibilmente integrati, adeguata­mente distribuiti nel territorio;

b) in forme sostitutive della famiglia (affido, adozione) ove sia necessario, e nei casi contem­plati dalla legge;

c) in forma residenziale di contenuta capienza e, preferibilmente, di tipo parafamiliare; con più tipologie assistenziali; con il coinvolgimento de­gli assistiti nell'opera di recupero;

d) strutture di lunga degenza o protratta assi­stenza per casi gravi.

4. I servizi socio-assistenziali sono comunque aperti a nuove tipologie assistenziali, anche spe­rimentali, finalizzate a rispondere a nuovi bisogni emergenti o ad affrontare in maniera nuova biso­gni già noti.

 

Art. 26 - Prestazioni economiche

1. Le prestazioni economiche si distinguono in ordinarie e straordinarie.

2. Hanno diritto alle prestazioni ordinarie:

a) sotto forma di pensione sociale o di assegni di inabilità, tutti i cittadini che, per età o inabilità, non possano accedere al lavoro e siano sprovvisti dei mezzi necessari per vivere;

b) sotto forma di assegni continuativi, tutti i cittadini che, per grave invalidità, non siano in grado di far fronte alle attività quotidiane, senza l'aiuto di terzi o senza una sorveglianza persona­le continua.

3. Le prestazioni economiche ordinarie e le re­lative misure e modalità, sano definite con legge dello Stato.

4. Le prestazioni straordinarie sono rivolte a coloro che si trovino in difficoltà contingenti o temporanee e, anche nel caso di prestazioni con­tinuative, sono erogate dai comuni.

5. Le prestazioni straordinarie e le relative mi­sure, modalità, criteri sono definiti con legge re­gionale.

 

TITOLO QUARTO

Servizio sociale nazionale

 

Art. 27 - Istituzione del servizio sociale nazionale

1. Lo stato giuridico ed economico del perso­nale degli Enti nazionali, le cui funzioni in materia assistenziale siano state integralmente o parzial­mente trasferite, delegate o attribuite alle Regio­ni o agli Enti locali, in base al Decreto del Presi­dente della Repubblica 24 luglio 1977 n. 616 e al­la legge 21 ottobre 1978 n. 641, viene disciplinato in conformità con le norme della presente legge, delle leggi delegate e delle leggi regionali di at­tuazione.

 

Art. 28 - Personale dell'Associazione dei comuni

1. Per l'esercizio in forma associata delle fun­zioni di assistenza sociale l'Associazione dei co­muni si avvale di:

a) personale assunto direttamente;

b) personale assegnato da Comuni e comanda­to da Provincie, Comunità montane, Istituzioni pubbliche di assistenza, Regioni;

c) personale iscritto nei ruoli nominativi regio­nali del servizio sanitario nazionale, limitatamen­te allo svolgimento di attività che concorrano all'attuazione di finalità afferenti anche al servizio sanitario nazionale.

2. L'Assemblea dei comuni e il Consiglio della Comunità montana approvano la pianta organica del personale addetto all'esercizio delle funzioni sociali, su proposta del Comitato di gestione del­le Unità socio-sanitarie locali, nel rispetto delle direttive regionali sulla formazione degli organici. Approvano altresì il relativo regolamento.

3. Il personale di cui ai primo comma è posto alle dipendenze dell'Unità socio-sanitaria locale sotto i profili amministrativo-gestionale, funzio­nale, disciplinare e retributivo. A esso si applica­no le norme dello stato giuridico e degli accordi compartimentali degli Enti o Amministrazioni di appartenenza organica. Al personale di cui al pri­mo comma lettera a), si applicano le norme che disciplinano il rapporto d'impiego del personale di cui all'art. 8 della legge 29 marzo 1983 n. 93. Per quanto non previsto espressamente dal pre­sente articolo, si applicano i princìpi generali e comuni del rapporto di pubblico impiego.

 

Art. 29 - Ruoli nominativi regionali del personale

1. Il personale di cui alle lettere a) e b) del pri­mo comma del precedente articolo, a esclusione di quello comandato dalla Amministrazione regio­nale, nonché il personale adibito a funzioni sociali esercitate direttamente da singole Amministra­zioni comunali, provinciali, Comunità montane nonché da Istituzioni pubbliche di assistenza, è iscritto in ruoli nominativi regionali, ordinati per profili professionali e qualifiche funzionali.

2. I criteri generali per la istituzione e la ge­stione, da parte di ogni Regione, dei ruoli nomi­nativi regionali di cui al precedente comma, sono fissati, nel rispetto del precedente art. 6 comma primo con particolare riguardo per la lettera c), dal Governo con decreto avente valore di legge, su proposta del Ministro della sicurezza sociale sentito il Consiglio nazionale della sicurezza so­ciale, previa consultazione delle Organizzazioni sindacali firmatarie degli accordi di cui alla legge 29 marzo 1983 n. 93.

3. Con lo stesso decreto di cui al precedente comma, e in analogia a quanto previsto dalla nor­mativa nazionale e regionale per il personale di­pendente dal Servizio sanitario nazionale, nonché nel puntuale rispetta del precedente art. 6 comma primo con particolare riguarda per la lettera c), sono fissati i criteri per:

a) definire rapporti atipici del personale non di ruolo o convenzionato con gli Enti e le Ammini­strazioni di cui al primo comma del precedente articolo;

b) identificare i profili professionali attinenti a figure nuove, atipiche, o di dubbia iscrizione e la relativa collocazione, nei ruoli nominativi.

4. Con successivi decreti aventi valore di leg­ge ordinaria, il Governo, su proposta del Ministro della sicurezza sociale sentito il Consiglio nazio­nale della sicurezza sociale, definisce le tabelle di equiparazione perii personale proveniente dal­le Amministrazioni e dagli Enti previsti dal primo comma del precedente articolo, nonché la disci­plina dei concorsi pubblici di assunzione, nel rispetto del principio che l'assunzione avviene nel­la qualifica funzionale e non nel posto. Con gli stessi decreti vengono fissati i criteri per l'ag­giornamento professionale obbligatorio del per­sonale.

5. Resta ribadito che i criteri dl cui ai prece­denti commi due e tre nonché le tabelle di equi­parazione di cui al precedente comma quattro, devono esplicitamente prevedere, per le Regioni, i margini di elasticità attuativa di cui al prece­dente articolo 6 comma primo lettera c).

 

TITOLO QUINTO

Istituzione del Ministero della sicurezza sociale e del Fondo sociale

 

Art. 30 - Istituzione del Ministero della sicurezza sociale

1. È istituito il Ministero della sicurezza socia­le in cui si accorpano le competenze del Ministe­ro della sanità nonché le competenze, in materia di assistenza e beneficenza, del Ministero degli interni.

2. Entro sei mesi dall'entrata in vigore della presente legge, un Decreto del Presidente della Repubblica, su proposta del governo, individua le direzioni generali e i conseguenti uffici periferici da assegnare al Ministero della sicurezza sociale.

 

Art. 31 - Istituzione del Fondo sociale

1. Ad integrazione delle risorse finanziarie comunali e regionali è istituito presso il Ministero del tesoro un Fondo sociale costituito:

a) dal fondo per gli asili nido istituito con leg­ge 6 dicembre 1971, n. 1044;

b) dal fondo speciale di cui all'articolo 10 del­la legge 23 dicembre 1975, n. 698;

c) dal fondo sociale di cui all'articolo 75 della legge 27 luglio 1978, n. 392 (equo canone);

d) dai fondi previsti dall'articolo 1-duodecies della legge 21 ottobre 1978, n. 641;

e) dai proventi netti di cui al terzo comma dell'articolo 117 del decreto del Presidente della Re­pubblica 24 luglio 1977, n. 616;

f) dalle quote degli utili di gestione degli isti­tuti di credito devolute in base ai rispettivi sta­tuti, a finalità assistenziali;

g) dal fondo di cui alla legge 22 dicembre 1975, n. 685;

h) dal fondo di cui alla legge 29 luglio 1975, n. 405;

i) dal fondo di cui alla legge 2 maggio 1978, n. 194;

f) dal fondo di cui alla legge 3 giugno 1971, n. 404;

m) dal fondo di cui alla legge 14 dicembre 1970, n. 1088;

n) da una quota non superiore al 5 per cento dello stanziamento annuale del Fondo sanitario nazionale;

o) da una somma aggiuntiva pari a lire 200 mi­liardi per il triennio 1980-1982 iscritta nello sta­to di previsione del Ministero del tesoro in ragio­ne di lire 10 miliardi nell'anno 1980, di lire 95 mi­liardi nell'anno 1981 e di lire 95 miliardi nell'anno 1982.

2. Le somme stanziate a norma del preceden­te comma vengono ripartite sentita la Commis­sione interregionale di cui alla legge 19 maggio 1970, n. 281, con delibera del Comitato intermini­steriale per la programmazione economica (CIPE) tra tutte le Regioni, su proposta del Ministero della sicurezza sociale, sentito il Consiglio nazio­nale della sicurezza sociale.

3. Le somme stanziate a norma del preceden­te comma vengono ripartite fra tutte le Regioni, comprese quelle a statuto speciale, tenuto conto delle indicazioni contenute nei piani regionali e sulla base di indici e di standards individuati dal Consiglio nazionale della sicurezza sociale, di­stintamente definiti per la spesa corrente e per la spesa in conto capitale. Tali indici e standards devono tendere a garantire livelli di prestazioni uniformi su tutto il territorio nazionale eliminan­do progressivamente le differenze strutturali e di prestazioni tra le Regioni.

 

Art. 32 - Comitati di assistenza e beneficenza

1. I Comitati di assistenza e beneficenza pub­blica sono soppressi e le residue funzioni sono attribuite ai Comuni singoli o associati, nei modi e nelle forme stabilite dalle leggi regionali.

 

Art. 33 - Delega al governo per i profili professio­nali e per la formazione professionale

1. Il governo è delegato a emanare, entro un anno dall'approvazione della presente legge, sentito il Consiglio della sicurezza sociale, uno o più decreti aventi valore di legge, con cui defini­rà criteri e modalità per:

a) la regolamentazione delle professioni, negli Enti locali, attinenti al settore dei servizi sociali;

b) le disposizioni generali per l'ordinamento e la durata delle scuole di formazione professiona­le, da aprirsi anche agli operatori privati, nonché i requisiti per accedere ai relativi corsi, tenendo conto anche della legge 21 dicembre 1978 n. 843;

c) direttive per i corsi di formazione professio­nale promossi da Istituzioni di diritto privato di utilità sociale, tenendo conto, in quanto applica­bile, anche della legge 21 dicembre 1978 n. 832; e il conseguente diritto, per chi si uniformi, ad ac­cedere ai fondi per la formazione professionale specifica;

d) la determinazione delle norme transitorie per la convalida dei titoli professionali consegui­ti prima dell'entrata in vigore dell'ordinamento di cui alla lettera b);

e) la riqualificazione e l'aggiornamento periodi­co obbligatorio degli operatori sociali;

f) i rapporti fra Regioni, Enti locali e sedi for­mative regionali: universitarie o comunque qua­lificate alla formazione degli operatori;

2. Nell'esercizio della delega, il governo si atterrà a princìpi di semplificazione normativa del quadro generale delle figure professionali, nonché alla previsione di margini, per le Regioni, di elasticità attuativa; di garanzia di una forma­zione omogenea e di adeguato livello qualitativo su tutto il territorio nazionale; nonché di omoge­neizzazione, in quanto possibile, delle posizioni giuridiche ed economiche degli operatori sociali e sanitari.

 

Art. 34 - Norme transitorie

1. Entro un anno dalla entrata in vigore, le Re­gioni adeguano la propria legislazione ai princìpi e alle finalità della presente legge.

2. Fino al riordino della legislazione regionale, le somme di cui alle lettere a), b), c) e d) del pri­mo comma del precedente art. 30 continuano a essere destinate agli scopi previsti dalle rispetti­ve leggi e mantengono la suddivisione per regio­ne, sulla base dei criteri fissati dalle medesime leggi.

3. Trascorso un anno dall'entrata in vigore del­la legge, una quota non inferiore al 20 per cento del Fondo di cui all'art. 30 è riservato alle Regio­ni che abbiano ottemperato alla prescrizione di cui al primo comma del presente articolo.

4. La ripartizione avviene sulla base di pro­grammi presentati dalle singole Regioni che de­vono proporsi di garantire:

a) la gestione dei servizi esistenti, in ottempe­ranza al disposto del precedente art. 9 comma terzo con particolare riguardo per le lettere d) ed e);

b) lo sviluppo dei servizi sociali territoriali, specie di quelli destinati ai minori, agli anziani, ai disabili, ai tossicodipendenti, in particolare per le Regioni del Mezzogiorno, per rispondere a esi­genze di riequilibrio;

c) le erogazioni economiche straordinarie di cui agli ultimi due commi dei precedente art. 25.

5. Alle iniziative di cui alla lettera b) di cui al precedente comma deve essere destinato non meno del 30 per cento del Fondo sociale; non me­no del 40 per cento delle somme stanziate in con­to capitale deve essere destinato ai territori di cui all'art. 1 del testo unico delle leggi sugli inter­venti nel Mezzogiorno, approvato con Decreto del Presidente della Repubblica 30 giugno 1967 n. 1523.

 

Art. 35 - Regioni a statuto speciale

1. Le norme fondamentali della presente leg­ge, in quanto legge di riforma economico-sociale della Repubblica, si estendono alle Regioni a sta­tuto speciale e alle Provincie autonome di Tren­to e Bolzano.

 

Art. 36 - Abrogazione di norme incompatibili

1. Sono abrogati:

a) gli articoli della legge 17 luglio 1890, n. 6972, e successive modificazioni e integrazioni e rela­tivi regolamenti di esecuzione;

b) gli articoli 91, lettera h), e 144, lettera g), del testo unico delle leggi comunali e provinciali approvate con regio decreto 3 marzo 1934, n. 383; c) la legge 3 giugno 1937, n. 847;

d) il regio decreto-legge 14 aprile 1944, n. 125;

e) l'articolo 15 del decreto del Presidente del­la Repubblica 23 marzo 1945, n. 173;

f) l'articolo 154 del testo unico della legge di pubblica sicurezza, approvato con regio decreto 18 giugno 1931, n. 773;

g) ogni altra norma che risulti incompatibile e in contrasto con le disposizioni contenute nella presente legge.

 

 

 

(1) La bozza di legge quadro di riforma dell'assistenza e dei servizi sociali e istituzione del Ministero per la sicu­rezza sociale che pubblichiamo è quella risultante a segui­to delle modifiche apportate sulla base delle indicazioni emerse dalla riunione degli Assessori regionali all'assi­stenza tenutasi a Roma il 17 maggio 1988.

 

 

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