Libri
FRANCESCO
FLORENZANO, La reality orientation in
psicogeriatria - Tecniche di riabilitazione e valutazione cognitiva,
Editrice Primerano, Roma, 1988, pp. 125, L. 20.000.
Secondo l'Annuario
delle statistiche sanitarie dell'Organizzazione Mondiale della Sanità, «la prevalenza delle demenze senili degli
anziani con più di 70 anni è stimata da 100 a 200 casi per 1.000 abitanti. Vale
a dire, assumendo i valori limite della stima dell'O.M.S., che nel 1985 in
Italia su una base di 5.330.845 ultrasettantenni, si contavano da 533.000 ai
1.066.000 dementi senili». Anche se queste stime vanno considerate con
molta cautela, la demenza senile riguarda un numero considerevole di anziani.
Attualmente la loro situazione è drammatica. Come
scrive Pier Luigi Morosini nell'introduzione «essi sono respinti dagli ospedali, accettati a mala pena dai
neurologi, interessati prevalentemente agli aspetti biologici del trattamento
mentale, considerati un fastidio dalle assistenti sociali; la loro assistenza
grava quindi sui familiari (a loro volta spesso già anziani) sopraffatti da
difficoltà tanto enormi e irraccontabili quanto banali, o avviene in strutture
non preparate, dove per lo più il demente senile è solo causa di disturbo 0
oggetto di selezione».
Il libro di Florenzano illustra un metodo di trattamento
basato sulla psicostimolazione, dimostrando che la Reality Orientation Therapy
(ROT) è in grado di migliorare le risposte dei pazienti a domande di
orientamento e costituisce un aiuto prezioso per i familiari.
Inoltre «la ROT
dà un senso ed uno scopo alla attività di chi assiste e cura, e promuove
un'atmosfera diversa, di speranza e di coinvolgimento anziché di apatia, di
frustrazione e di rancore».
GIOVANNI
SARPELLON (a cura di) Le politiche
sociali fra stato, mercato e solidarietà, Franco Angeli, Milano, 1986, pp.
371, L. 28.000.
La pubblicazione, che raccoglie scritti di W. Albeda,
A. Ardigò, M. Brutti, E. Bianchi, V. Cesareo, J.C. Colin, I. Colozzi, A.C.
Decouple, I. De Sandre, P. Di Nicola, P. Donati, G. Giovannini, M. Jenkins, M.
La Rosa, N. Lipari, S.M. Miller, G. Nervo, F. Perronx, G. Rossi, G. Sarpellon
e R. Sutter, esamina la situazione di crisi nella quale si dibattono i sistemi
di sicurezza sociale.
Non sono solo i sistemi generalizzati di sicurezza
sociale ad essere oggi percorsi da una profonda crisi di trasformazione; lo è
il mondo della produzione che subisce un violento impatto per effetto della
rapida e radicale innovazione tecnologica; lo è la struttura sociale stessa
che, sotto la spinta di un crescente soggettivismo, dà vita a nuove forme di
disuguaglianza e di povertà che si aggiungono a quelle preesistenti.
Aumentano le disparità e la solidarietà è spesso
negata: basti pensare ai doppio lavoro ed al rilevante numero dei disoccupati.
In sostanza, come afferma Sarpellon, «se la tendenza che oggi si può già
intravedere continuerà a svilupparsi nella stessa direzione, si può facilmente
prevedere l'avvento di una società a più alta disuguaglianza, nella quale
accanto ad una nuova casta di possessori della scienza, della tecnica, della
cultura e delle risorse materiali, si andrà sviluppando una nuova classe di
subordinati, assistiti ed emarginati».
Il volume comprende, oltre all'Introduzione, tre
parti: la crisi internazionale del Welfare State, le teorie della crisi stessa
e le prospettive.
MASSIMO
AMPOLA (a cura di), Dalla marginalità
all'emarginazione - Studi e ricerche sulla realtà italiana, Edizioni Vita
e Pensiero, Milano, 1986, pp. 195, L. 22.000
Il volume raccoglie contributi di Massimo Ampola,
Giuseppe Dal Ferro, Elena Besozzi, Luisa Ribolzi, Bianca Barbero Avanzini,
Italo Piccoli, Giovanni Sarpellon, Silvano Burgalassi, Massimo Camerini, Lucia
Boccacin, Donatella Bramanti e Giovanna Rossi.
Come osserva nell'editoriale M. Ampola, «nel quadro attuale le azioni vitali che
caratterizzano il rapporto tra individuo e società si privatizzano e sono
respinte in un'area individualistica e, comunque, prevalentemente subordinata
alla produttività economica. I meccanismi valoriali finiscono per
identificarsi nel profitto, nella concorrenza, nell'efficienza (...). Coloro
che non rientrano, direttamente o indirettamente (fruizione di consumo) in
tale modello etico-produttivo sono respinti ai margini».
L'emarginato è un individuo «fuori gioco» che non
conta nel sistema sociale in cui vive, è sistematicamente sconfitta: ne
deriva, secondo G. Dal Ferro, che l'emarginazione è interiorizzata dal soggetto
e diventa autoemarginazione.
Una forma di emarginazione è quella scolastica.
Sulla base dei dati raccolti, E. Besozzi e L. Ribolzi affermano che «quanto più è remota la manifestazione di
deprivazione e ipostimolazione culturale, tanto più si verificano condizioni di
marginalità sociale destinate a diventare irreversibili nel tempo».
Sarpellon mette in evidenza i gravi pericoli dell'espressione
«nuova povertà e nuova marginalità», «intese
come aree di privazione affettiva, relazionale e ambientale che colpirebbe non
più lo strato sociale infimo (il sottoproletariato), ma anche - se non
piuttosto - ampie fasce della stessa classe media». Aggiunge l'Autore: «Essendo i soggetti della nuova marginalità
membri della classe media in grado di controllare (attraverso partiti,
sindacati e corporazioni) la allocazione delle risorse dello stato assistenziale,
è chiaro che essi tenderanno a legittimare un uso delle risorse pubbliche a
loro ulteriore vantaggio e corrispondente danno degli strati sociali più
deboli (e marginali)».
Assolutamente non condivisibili, invece, le affermazioni
di L. Boccacin e di D. Bramanti.
La prima afferma che «il ricorso ad un istituto che abbia caratteristiche analoghe a quelle
di un ospedale, non pare presentare quindi, tutti gli aspetti negativi propri
delle istituzioni totali, tanto più che il suo utilizzo avviene
prevalentemente per gli anziani di età più avanzata ed in condizioni psichiche
precarie se non di vera e propria dipendenza», dimenticando che in un
ospedale generale ci sono cittadini di tutte le età e di tutte le condizioni
sociali, mentre negli istituti in oggetto ci sono solo anziani, peraltro, privi
di mezzi economici necessari per una esistenza migliore e più libera del
ricovero.
La seconda arriva a dichiarare che l'istituto Sacra
Famiglia di Cesano Boscone, che ricovera 1.400 persone colpite da handicaps
psico-fisici gravi e gravissimi, sarebbe in fondo una struttura accettabile
solo «con alcuni tratti tipici di una
istituzione totale».
Trattando il tema «Volontariato e marginalità», G.
Rossi non parla mai di diritti delle persone, ma si limita sempre e solo a far
riferimento alla solidarietà. Ma come può la solidarietà sostituire i diritti
(ad esempio il diritto alle cure sanitarie, all'istruzione, all'abitazione)?
RALPH
M. KRAMER, Volontariato e stato sociale,
Edizioni Lavoro, Roma, 1987, pp. 405, L. 32.000.
L'Autore, docente di scienze sociali dell'Università
della California di Berkeley, ha scritto il libro sulla base di dati empirici
ricavati da una analisi comparativa di settantacinque agenzie volontarie al
servizio degli handicappati fisici e mentali, operanti negli Stati Uniti,
Inghilterra, Olanda e Israele.
Nella prefazione, R.M. Kramer precisa che «questo studio e le sue conclusioni non sono
che ipotesi da discutere, da valutare e da controllare in altri contesti o in
altri tipi di servizi» essendo il suo lavoro «centrato sulle agenzie volontarie come organizzazioni e sulle
somiglianze e le differenze dei rispettivi contesti socio-politici, non
include alcun accertamento dei bisogni e delle risorse della comunità, né
un'analisi dei problemi e delle opinioni degli utenti».
In primo luogo segnaliamo che la definizione di
volontariato assunta da Kramer è molto diversa da quella che in genere viene
data nel nostro paese. Per l'Autore il «settore
volontario comprende ogni tipo di organizzazione non statale che non si ponga
fini di lucro». Sono pertanto incluse nelle organizzazioni di volontariato
anche quelle che erogano servizi alla popolazione e ricevono dallo Stato un
compenso economico che copre in tutto o in parte le spese sostenute. Da notare
che, in nessuna parte del libro, l'Autore fornisce indicazioni in merito alla
definizione della «assenza di fini di lucro», né cita elementi sugli
accertamenti previsti o compiuti per evitare abusi.
In relazione alle inconsistenti speranze di alcuni,
secondo cui il volontariato gestionale risolverebbe tutti i problemi, il
curatore dell'edizione italiana, Ugo Ascoli, afferma che dalla ricerca svolta
da Kramer emerge che «il comparto delle
organizzazioni volontarie in nessun paese appare in grado di sostituire lo
Stato, né tanto meno di fornire una risposta decisiva alle difficoltà della
finanza pubblica, pena un forte arretramento della frontiera della
cittadinanza sociale».
La ricerca di Kramer dimostra che, accanto a benefici
indubbi che il volontariato gestionale arreca alle singole persone e nuclei
nei cui confronti interviene, «poche
organizzazioni volontarie - come scrive l'Autore - si sono distinte per le loro attitudini pionieristiche, né i servizi da
esse generalmente erogati costituiscono una reale alternativa all'azione
pubblica. L'esiguo numero di programmi realmente nuovi cui si è dato l'avvio
non fa altro che riflettere il particolare livello dei servizi sviluppatosi in
ogni nazione, gli interessi professionali di chi opera nell'agenzia e di coloro
che gestiscono l'organizzazione (di volontariato, n.d.r.), nonché la disponibilità di finanziamenti
governativi per programmi particolari».
L'Autore precisa inoltre che «le agenzie volontarie sono veri e propri gruppi di interesse sia in
senso letterale che politico».
Dalla lettura del libro emerge inoltre che scarsissima,
per non dire nulla, è stata l'azione delle agenzie di volontariato per la
prevenzione delle cause sociali di emarginazione e per la loro rimozione.
www.fondazionepromozionesociale.it