CONSIDERAZIONI IN
MERITO ALLE LEGGI RELATIVE ALL'ELIMINAZIONE DELLE BARRIERE ARCHITETTONICHE
DAGLI EDIFICI PRIVATI
EUGENIA
MONZEGLIO (*) MARIA TERESA PONZIO (**)
L'emanazione della legge 9.1.1989, n. 13 «Disposizioni
per favorire il superamento e l'eliminazione delle barriere architettoniche
negli edifici privati» (G.U. del 26.1.1989, n. 21) viene a colmare un vuoto
legislativo che riguarda essenzialmente due elementi: gli edifici privati e
l'edilizia residenziale.
Mentre per le strutture pubbliche e/o usate dal
pubblico il legislatore era già intervenuto (1), nulla era stato predisposto
fino ad ora a proposito degli edifici privati.
Serpeggia però in tutta la legge un'ambiguità di
fondo nell'interpretazione del termine «edificio privato», che pare essere
usato, in alcuni articoli della legge, in maniera restrittiva, come sinonimo
di edilizia residenziale. Tale accezione riduttiva compariva già nella
relazione tecnica del disegno di legge n. 3012 del 14.7.1988 «Disposizioni per
favorire l'abbattimento delle barriere architettoniche negli edifici privati».
In essa si legge: «Il problema delle
barriere architettoniche degli edifici privati in parte è già stato affrontato
dalle disposizioni sull'edilizia economica e popolare (articolo 17 del decreto
del Presidente della Repubblica 27 aprile 1978, n. 384) che hanno introdotto
una riserva di alloggi a piano terra in favore dei non deambulanti» (2).
Riteniamo invece che l'interpretazione debba essere
quella più estensiva, come pare emergere dall'art. 1 comma 1.
Per quanto riguarda poi l'eliminazione delle barriere
architettoniche nell'edilizia residenziale, le uniche iniziative intraprese
hanno avuto origine da disposizioni regionali.
Si ritiene che la presente legge sia molto importante
perché tocca un settore (quello dell'edilizia residenziale privata) che è
rimasto troppo a lungo privo di adeguate indicazioni e prescrizioni tecniche,
come del resto anche il versante della edilizia residenziale pubblica. (2).
Tuttavia il primo accenno, nella normativa italiana,
al problema delle barriere architettoniche, è contenuto proprio in una
Circolare ministeriale relativa alla definizione degli standard nel settore dell'edilizia
residenziale (3).
È importante ricordare questa disposizione poiché in
essa si colgono due elementi di notevole significato.
In primo luogo, il problema delle barriere architettoniche
è inquadrato nella più vasta tematica della qualità dell'ambiente e non viene
considerato solo in relazione ad una particolare categoria di persone.
In secondo luogo, si parla della eliminazione e della
non creazione di barriere non solo negli edifici, ma in tutti gli interventi
edilizi ed urbanistici (4) ampliandone il campo di intervento.
I suggerimenti, indicati dalla Circolare in ordine
alla considerazione del problema delle barriere architettoniche, non sono
stati poi concretamente recepiti.
La legge 13/1989
è articolata sostanzialmente in due parti:
- una riguardante le nuove costruzioni e le ristrutturazioni
totali di edifici privati oltre a quelli di edilizia residenziale pubblica,
sovvenzionata e agevolata. Tali costruzioni dovranno essere conformi alle
prescrizioni tecniche previste dalla stessa legge, in materia di barriere
architettoniche, che dovrebbero essere emanate entro tre mesi (si veda
l'articolo 1);
- l'altra relativa alle innovazioni da attuare negli
edifici privati esistenti. La legge indica inoltre procedure e agevolazioni. In
particolare viene istituito presso il Ministero dei lavori pubblici il fondo
speciale per l'eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici
privati, finalizzato alla concessione di contributi a fondo perduto per i «portatori di menomazioni o limitazioni
funzionali permanenti» che ne avanzino richiesta per opere di adeguamento
(si vedano l'art. 2 e gli articoli da 4 a 12).
Di controversa interpretazione appare l'articolo 3,
il cui comma 1 sembra rendere possibile, tra pochi mesi, la costruzione di
nuovi edifici e la ristrutturazione di quelli esistenti in deroga alle norme
sulle distanze, previste dai regolamenti edilizi. Infatti tale articolo è già
stato modificato da una recentissima disposizione (5). In tale provvedimento
il comma 1 dell'articolo 3 diventa: «Le
opere di cui all'articolo 2 (nella stesura originaria della legge al posto
di articolo 2 compariva articolo 1! n.d.r.) possono essere realizzate in deroga alle norme sulle distanze previste
dai regolamenti edilizi (...)». L'articolo 1 della legge 13 (come già
prima detto) riguarda la costruzione di nuovi edifici e la ristrutturazione di
interi edifici; l'articolo 2 tratta delle innovazioni da apportare agli edifici
privati esistenti. È bene sottolineare che la parola «esistenti» non è presente
nel citato articolo 2 di legge, ma dal contesto si deduce che così debba
intendersi.
* * *
Gli aspetti più interessanti ed innovativi della
legge 13/1989 riguardano:
- il coinvolgimento globale del settore dell'edilizia
residenziale al fine del conseguimento della non creazione o dell'eliminazione
delle barriere architettoniche negli alloggi e negli organismi abitativi,
superando l'artificiosa separazione tra edilizia residenziale pubblica e quella
privata e/o convenzionata. Le prescrizioni tecniche, di cui si fa cenno
all'articolo 1 comma 2, devono valere quindi per la globalità degli interventi
residenziali;
- il riferimento fatto agli ausili (servoscala e
dispositivi di segnalazione, si vedano al riguardo gli articoli 1 e 2), intesi
quali indispensabili strumenti di mediazione tra disabile e ambiente. Occorre
però precisare che il cenno indirizzato agli ausili è estremamente circoscritto
(si parla più di una volta solo di servoscala) e di tipo quasi «pubblicitario»,
tralasciando ad esempio tutti gli altri meccanismi di risalita verticale;
- la possibilità di poter intervenire, negli edifici
di edilizia residenziale esistenti, per eliminare le barriere architettoniche
presenti nelle parti comuni dell'edificio, anche in assenza di parere
favorevole dell'assemblea del condominio. Gli interventi, a carico della
persona disabile che ne fa richiesta, possono consistere nell'installazione di
impianti di risalita verticale, nella modifica della dimensione delle porte di
ingresso e nello inserimento di strutture mobili e facilmente rimovibili.
Possono essere altresì realizzate opere interne all'alloggio per eliminare le
barriere architettoniche esistenti;
- la definizione delle pratiche finalizzate a garantire
la regolarità edilizia attraverso prassi burocratiche più snelle. A titolo
esemplificativo ricordiamo l'equiparazione degli interventi di eliminazione
delle barriere architettoniche nell'alloggio e nelle parti comuni (qualora non
si alteri la sagoma dell'edificio) alle «opere interne», che non necessitano,
per la loro esecuzione, di autorizzazione o di concessione edilizia;
- la concessione di contributi a fondo perduto che i
Comuni assegnano alle persone interessate che ne abbiano fatto richiesta per la
realizzazione di opere finalizzate a eliminare le barriere architettoniche
negli alloggi e nelle altre parti degli edifici di edilizia residenziale già
esistenti.
Si ritiene inoltre particolarmente significativo il
richiamo, contenuto nell'articolo 1 comma 4, alla responsabilità del
progettista, che deve attestare, mediante una dichiarazione, la conformità del
progetto alle disposizioni della legge 13/1989.
* * *
Nonostante un giudizio sostanzialmente positivo nei
confronti della legge, permangono tuttavia alcuni dubbi e perplessità, di
seguito analizzati:
a) non è definito il campo di riferimento del termine
barriere architettoniche;
b) la dizione «ristrutturazione di “interi” edifici»
(articolo 1) si può facilmente prestare ad interpretazioni di comodo, per
sfuggire alle prescrizioni di legge;
c) vengono usati i termini accessibilità, adattabilità,
visitabilità (6) nell'articolo 1 comma 2, senza precisarne i significati, che,
lungi dall'essere universalmente noti, sono passibili di diverse
interpretazioni;
d) non è indicato che cosa si intenda per «portatari
di handicap» (articolo 2, comma 2). Mentre da un lato l'uso del termine è
talmente vago da consentire interpretazioni arbitrarie, dall'altro, in alcuni
articoli, sembra scontato il riferimento a persone con menomazioni motorie e ai
ciechi e non è altrettanto chiaro se possa essere esteso (così come dovrebbe) ad
una più vasta fascia di disabilità;
e) all'articolo 1, comma 3, si fa cenno ad alcuni
aspetti progettuali. Fra l'altro, si legge che nella progettazione
dell'organismo abitativo, si devono ricercare gli accorgimenti necessari per
garantire l'accesso ai piani superiori. Si trascura però di indicare che deve
essere sempre prevista la possibilità di arrivare ad ogni piano dell'edificio,
compreso il piano delle soffitte ed i piani interrati o parzialmente tali, nei
quali spesso sono collocati i depositi ausiliari dell'alloggio ed i box delle
autovetture. Questa precisazione è utile per ribadire che la persona disabile
deve raggiungere ogni locale dell'edificio di abitazione e serve altresì per
evitare la realizzazione di accessi (o qualsiasi altro elemento) destinati
esclusivamente o preferenzialmente al disabile. Un altro aspetto che
necessita di ulteriori puntualizzazioni riguarda la costituzione delle rampe
per accedere all'entrata degli organismi abitativi ed ai depositi delle
automobili. Devono infatti essere indicati, anche a livello molto generale,
alcune richieste di fondo quali, ad esempio la necessità di una adeguata
protezione, di particolare pavimentazione, di contestuale presenza di rampe e
di scale.
Desta inoltre preoccupazione il fatto di prevedere,
negli edifici residenziali, l'ascensore solo negli immobili pluripiano con più
di tre livelli fuori terra, mentre la legge della Regione Piemonte e il
successivo decreto di attuazione ne prevede la presenza a partire dal primo
piano oltre il piano terra (7). Nella legge 13/1989 la presenza dell'ascensore,
poi, è ipotizzata solo per ogni scala principale (!), riproponendo sostanzialmente
un elemento di discriminazione;
f) per quanto riguarda la realizzazione delle opere
interne all'alloggio ed il ricorso alle agevolazioni finanziarie (articolo 9)
negli edifici residenziali esistenti, non viene espresso con chiarezza se è
compresa l'installazione di ausili e di strumenti per il controllo ambientale,
cioè di tutti quegli elementi che vanno al di là della semplice sostituzione o
modifica delle porte, ma che si rendono indispensabili per superare le
barriere architettoniche. Molto spesso si rivelano tanto più necessari quanto
più è contenuto o ridotto lo spazio a disposizione e quanto più è «privata» e
complessa l'attività da svolgere;
g) nebulose, a meglio non definite, sono le procedure
per accedere ai contributi a fondo perduto così come non sono in alcun modo
definite le modalità di controllo circa la congruità degli interventi rispetto
all'handicap del richiedente, l'esecuzione delle opere e l'effettivo riscontro
di queste con i costi indicati. È infatti indispensabile definire con
chiarezza le norme procedurali per evitare gli abusi, ai quali la legge sembra
facilmente prestarsi.
In particolare occorre precisare:
- la definizione delle fasi procedurali,
- la modalità di presentazione della domanda e
l'eventuale documentazione integrativa di quanto disposto all'articolo 8,
- la valutazione della congruità delle richieste,
- la definizione di parametri di riferimento per la
stima economica delle opere,
- la verifica di compatibilità dei costi,
- la verifica di effettiva esecuzione delle opere,
- la possibilità di presentazione della domanda in
anni successivi da parte di uno stesso soggetto e relative modalità di
conteggio dei contributi,
- l'opportunità di controlli incrociati delle domande
per verificare se in uno stesso edificio più persone chiedono lo stesso
intervento nelle parti comuni,
- ecc.
Risulta poi particolarmente ambigua l’interpretazione
da assegnare all'articolo 9 comma 1 per quanto riguarda la cumulabilità dei
contributi. Non è chiaro se essa valga sino a coprire l'importo totale delle
spese sostenute oppure se possa significare un molteplice rimborso delle stesse
opere, da parte di diversi enti erogatori, oppure altro ancora.
La modifica apportata all'articolo 9 (5) fa sollevare
ulteriori perplessità, data l'estensione dei soggetti (comprendenti anche
centri o istituti residenziali per l'assistenza) che possono godere dei
contributi.
Si ritiene che tutte le precisazioni di cui sopra
debbano essere definite a livello nazionale, per evitare discrezionalità nella
valutazione di ammissibilità; prevista dall'articolo 11 comma 4;
h) alcuni chiarimenti devono inoltre essere previsti
anche rispetto alle procedure di distribuzione delle somme da parte delle
Regioni ai Comuni richiedenti;
i) circa la possibilità di utilizzare le agevolazioni
previste dagli articoli 2 e/o 9 della legge, rimangono dubbi nei confronti dei
soggetti beneficiari e delle possibili opere di adeguamento. Ne elenchiamo
alcuni:
- può il disabile, non proprietario dell'alloggio in
cui risiede, usufruire delle agevolazioni e, in caso affermativo, quali
procedure deve seguire?
- può un professionista o un artigiano disabile
adeguare la propria sede di lavoro, situata in un edificio privato, ricorrendo
alle suddette agevolazioni?
- può un professionista, ad esempio un medico, o un
artigiano adeguare il proprio ambiente di lavoro per renderlo accessibile
anche a un cliente disabile, utilizzando le agevolazioni previste dalla legge
in oggetto?
- nei confronti delle opere di adeguamento, queste
possono anche riguardare interventi non espressamente indicati nell'articolo 2,
quali l'eliminazione di gradini o soglie, l'ampliamento della cabina
dell'ascensore, le modifiche ai servizi igienici, l'inserimento di ausili
ecc....?
l) di impossibile attuazione era il comma 2 dell'articolo
11. Esso prevedeva che per l'anno 1988 la domanda dovesse essere presentata
entro il 31 dicembre 1988, mentre la legge 13 del 9.1.1989 era stata pubblicata
sulla Gazzetta ufficiale del 26.1.1989! Tale comma è stato sostituito (5) con
il seguente: «Per l'anno 1989 la domanda
deve essere presentata entro il 31 luglio».
* * *
L’articolo 1, comma 2, prescrive che, a brevissima
distanza dalla promulgazione della legge, debbano essere emanate, con decreto
dei Ministro dei lavori pubblici, le disposizioni tecniche relative.
È superfluo sottolineare l'importanza di tali
prescrizioni al fine di un'effettiva applicazione della legge e di un reale
raggiungimento dell'obiettivo di eliminare le barriere architettoniche.
Sarebbe auspicabile che, nella stesura delle
prescrizioni tecniche, si tenesse conto delle esperienze, positive e negative,
condotte in alcune Regioni, con diverse modalità di intervento.
Alcune Regioni hanno predisposto specifiche normative
al riguardo (si pensi alla legge e al successivo regolamento di attuazione
della Regione Piemonte) (7).
Altre (8) hanno svolto studi sull'argomento e in
taluni casi hanno introdotto, all'interno delle più generali disposizioni per
l'edilizia residenziale, alcune osservazioni in merito alla non costituzione
di barriere architettoniche, seppur con approcci un po' limitati e generici.
Analogamente si ritiene indispensabile il coinvolgimento
del Comitato per l'edilizia residenziale, al quale era stato demandato (almeno
per quanto attiene all'edilizia residenziale pubblica) (9) il compito di
predisporre la normativa tecnica nazionale (10), alla quale le singole Regioni
dovevano fare riferimento.
Del resto il Comitato per l'edilizia residenziale si
era dimostrato sensibile alla problematica dell'eliminazione delle barriere
architettoniche con la pubblicazione di una ricerca dal titolo «La casa senza
barriere» (11).
Ci sembra utile approfondire una serie di riflessioni
in merito ad alcuni problemi emergenti nel momento in cui si devono predisporre
delle indicazioni tecniche finalizzate all'eliminazione e alla non creazione
di barriere architettoniche negli edifici residenziali.
L'esperienza maturata, a partire dall'emanazione del
D.P.R. 384/1978, in relazione all'edilizia residenziale, ha fatto emergere
l'inadeguatezza di una semplicistica trasposizione alla residenza della
normativa introdotta dal suddetto D.P.R., che si riferiva essenzialmente ai
servizi pubblici di uso collettivo.
I tratti distintivi che impongono un diverso
approccio normativo per l'edilizia residenziale sono riconducibili in
particolare a due elementi:
- temporaneità e saltuarietà d'uso dei servizi
pubblici da parte del singolo utente a fronte della continuità d'uso della
residenza;
- intensità d'uso estremamente differenziato con
punte di frequenza molto elevata nei servizi pubblici a fronte di una
sostanziale stabilità di frequenza nella residenza.
Le conseguenze immediate sul piano del dimensionamento
degli spazi e della dotazione di attrezzature sono:
- nella propria abitazione ogni persona (disabile
compreso) deve poter accedere ad ogni ambiente, utilizzandone tutti gli spazi,
attrezzature, arredi, infissi, comandi, ecc.;
- le prevedibili situazioni di affollamento e le
esigenze di sicurezza connesse a situazioni di emergenza nei servizi di uso
pubblico comportano soluzioni progettuali, dimensionamento degli spazi e
adozione di accorgimenti che non trovano esatto riscontro nell'edilizia
abitativa;
- nella propria abitazione il disabile ha modo;
attraverso successivi affinamenti in accumulazione, di costruire strategie
motorie anche complesse per la piena fruizione di spazi ed attrezzature che
al primo impatto possono apparire impraticabili, mentre nei servizi pubblici
tutto ciò non è possibile e quindi gli spazi devono essere dimensionati e le
attrezzature disposte in modo tale che siano fruibili immediatamente mediante
strategie motorie semplici (*).
(*) Ricercatrice presso il
Dipartimento Case-Città dei Politecnico di Torino.
(*) Architetto-Autrice del libro «Barriere architettoniche», Rosenberg
& Sellier, Torino, Edizione riveduta 1988, pp. 300.
(1) I fondamentali provvedimenti che
regolano la materia, a livello nazionale, sono:
- Circolare Ministero Lavori pubblici
n. 4809 del 19.6.68, «Norme per
assicurare l'utilizzazione degli edifici sociali da parte del minorati fisici e
per migliorarne la godibilità generale»;
- Legge 30.3.1971, n. 118, «Conversione in legge del D.L. 30.1.1971, n.
5 e nuove norme in favore dei mutilati ed invalidi civili in materia di
barriere architettoniche e di trasporti pubblici»;
- Decreto
Presidente Repubblica n. 384 del 27.4.1978, «Regolamento
concernente norme di attuazione dell'articolo 27 della legge 30 marzo 1971, n.
118, in favore degli invalidi civili in materia di barriere architettoniche e
di trasporti pubblici».
(2) L'articolo 17 del D.P.R. n. 384 del 27.4.1978 così recita: «Case di abitazione. Gli alloggi situati nei
piani terreni del caseggiati dell'edilizia economica e popolare dovranno
essere assegnati per precedenza agli Invalidi che hanno difficoltà di
deambulazione, qualora gli assegnatari ne facciano richiesta. Agli alloggi così
assegnati dovranno essere apportate variazioni possibili per adeguarli alle prescrizioni
del presente regolamento».
(3) Circolare Ministero Lavori
Pubblici - Servizio studi e programmazione n. 425 del 20.1.1967 «Standard residenziali», dove al cap. 1
si legge: «Si ritiene (...) indispensabile richiamare fin d'ora l'attenzione
sulla esigenza di tener conto, sia nelle progettazioni di natura urbanistica,
sia particolarmente in quelle di edilizia, del problema delle cosiddette barriere
architettoniche e cioè degli ostacoli che incontrano individui fisicamente
menomati nel muoversi nell'ambito degli spazi urbani e negli edifici».
(4) A proposito degli strumenti
urbanistici, citiamo per il suo ampio raggio di azione, la legge urbanistica
della Regione Piemonte e, più precisamente, le sue successive modifiche. Il
titolo della legge è il seguente: «Testo
coordinato della legge regionale 5.12.1977 n. 56, Tutela ed uso del suolo e
successive modifiche e integrazioni con le leggi regionali 6.12.1984 n. 61 e
62» (in B.U.R.P. 2° suppl. speciale al n. 5 del 31.1. 1985).
In tale legge urbanistica si
predispone che, al fine di superare le barriere architettoniche, i Comuni
debbano promuovere l'introduzione di idonei elementi progettuali, specie per
l'arredo urbano e per l'accessibilità ai pubblici servizi. Inoltre si prevede
che i Comuni possano destinare parte degli introiti derivanti dalle concessioni
edilizie, oltre che per realizzare opere di urbanizzazione primaria e
secondaria, anche per interventi atti ad eliminare le barriere. La Giunta
regionale può altresì fornire indicazioni per superare le barriere definendo e
proponendo criteri ed indirizzi per redigere i regolamenti edilizi.
(5) Legge 27.2.1989, n. 62 «Modifiche ed integrazioni alla legge 9
gennaio 1989, n. 13, recante disposizioni per favorire il superamento e
l'eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici privati» in
G.U. del 27.2.1989, n. 48.
(6) I termini accessibilità,
adattabilità, visitabilità compaiono già nella legge regionale n. 190 «Norme
sull'eliminazione delle barriere architettoniche e prescrizioni tecniche di
attuazione», approvata nella seduta del 13.4.1988 dal Consiglio regionale della
Lombardia.
(7) Legge della Regione Piemonte n.
54 del 3.9.1984 «Disposizioni per
l'eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici di edilizia
residenziale pubblica da realizzarsi da parte degli I.A.C.P. e dei Comuni»
(B.U.R.P., n. 37 del 12.9.1984) e Decreto P.G.R. n. 3792 del 29.4.1985
«Regolamento di attuazione della L.r. 3.9.1984 n. 54», (B.U.R.P. n. 19 del
3.5.1985).
(8) A titolo indicativo si vedano:
- Regione Toscana, Giunta Regionale,
Università degli studi di Firenze, Comitato edilizia residenziale, Insediamento residenziale. Criteri norme indirizzi per la pianificazione
e la progettazione, Ricerca finalizzata alla formazione della normativa
tecnica regionale, Firenze, Alinea, 1987;
- Legge della Regione Emilia Romagna,
9.11.1984 n. 48 «Prima normativa tecnica
regionale per la disciplina delle opere di edilizia residenziale pubblica», B.U.R.
n. 113 del 12.11.1984;
- C.E.R., Normativa tecnica regionale per l'edilizia residenziale della Regione
Liguria. L'ambiente. Il progetto. La costruzione. La gestione. Esiti della
ricerca affidata alla Regione Liguria, Quaderni del Segretariato generale
6, BEMA, Milano, 1984;
- Giunta regionale, Assessorato
Lavori Pubblici, Consorzio regionale fra gli IACP della Lombardia, Repertorio progetti tipo Regione Lombardia
1978, BEMA, Milano, 1978.
(9) Legge n. 457 del 5.8.1978 «Norme per l'edilizia residenziale»
(G.U. n. 231 del 19.8.1978). Si veda l'articolo 42 (Norme tecniche). Entro un
anno dall'entrata in vigore della presente legge il comitato per l'edilizia
residenziale provvede alla formazione di norme tecniche nazionali.
(10) Linee di inquadramento della normativa tecnica nazionale per
l'edilizia residenziale, D.M. 18.1.1988, G.U. n. 45 del 24.2.1988 (in
Recuperare, n. 35, maggio-giugno 1988, pp. 366-367).
(11) C.E.R., La casa senza barriere - Contributo per una normativa tecnica
finalizzata all'eliminazione delle barriere architettoniche, Quaderni del
Segretariato generale n. 14, Roma, Istituto Poligrafico e zecca dello Stato,
1985.
(*) Questo contributo è stato svolto
all'interno della ricerca sanitaria finalizzata della Regione Piemonte n. 31
(n. 1 - 36416, 31/7/1984) e più precisamente nell'ambito della problematica
dell'ospedalizzazione a domicilio e dei risvolti che essa comporta
sull'abitazione del paziente.
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