Notiziario dell'Associazione nazionale
famiglie adottive e affidatarie
CONTESTATA
LA CELEBRAZIONE DEL CENTENARIO DELL'ISTITUTO CASA BENEFICA
L'Istituto
Benefica di Pianezza (Torino) ha tentato di rilanciare la propria immagine in
occasione del centenario della sua fondazione. L'iniziativa è stata
contestata dall'ANFAA.
Riproduciamo
due lettere del Presidente dell'ANFAA stessa: la prima è stata scritta al Direttore
de «La Stampa» il 6 ottobre 1988; la seconda è stata inviata il 15 novembre a
Katia Ricciarelli, cui l'ANFAA aveva chiesto di non partecipare al concerto
organizzato dall'Istituto per celebrare l'avvenimento.
I
Sulla Stampa del 2 ottobre u.s., ho letto l'articolo
«I cent'anni della Benefica» e non so dirLe se sono rimasto più sconcertato o
sbigottito. Sono ormai cinquant'anni che gli studi di Bowlby, Spitz, Aubry, per
citare solo i nomi più prestigiosi, hanno dimostrato gli effetti devastanti,
spesso irreversibili, che il ricovero in istituto dei minori provoca sul loro
sviluppo psico-fisico. È dal 1967 che il nostro Paese si è dato una legge
sull'adozione che, ponendosi il principio della tutela prioritaria dei diritti
dei minori, riconosce a questi ultimi il diritto ad avere una famiglia. È dal
1983 che il Parlamento ha approvato la Legge 184 che stabilisce anzitutto che
il minore «ha diritto a crescere nella propria famiglia» e che - qualora questa
di fatto non esista o sia incapace di corrispondere alle esigenze morali e
materiali del minore - i servizi locali sono tenuti ad attuare gli interventi
necessari: adozione o affidamento familiare a scopo educativo, comunità di tipo
familiare, a seconda delle situazioni; questa legge ha specificato, e qui sta
il punto fondamentale, una scala di priorità in base alla quale l'intervento
«ricovero in istituto» è messo non a caso all'ultimo posto. Dico non a caso
in quanto è stato un preciso intento del legislatore, ben conscio di che cosa
significhi l'istituzionalizzazione per il ragazzino, ribadire che l'istituto
rappresenta una soluzione di ripiego e dannosa.
Su questo aspetto Le cito il giudizio di Mons.
Giovanni Nervo della CEI, Presidente della Fondazione Zancan che ha affermato
come «la comunità civile ed ecclesiale che ad un bambino senza famiglia non sa
dare altro che un istituto, è poco civile ed è poco cristiana: è disumana».
Posso
ricordarLe il dott. Alfredo Carlo Moro, già Presidente del Tribunale per i
minorenni di Roma che così si è espresso: «L'istituto non è in grado di dare
risposte esaustive a quello che è il bisogno primario di un soggetto in età
evolutiva: di realizzare cioè in modo compiuto un regolare processo di
identificazione personale e di socializzazione».
Potrei aggiungere dichiarazioni di tanti altri su
questi temi, non ultimo l'attuale Ministro agli Affari Sociali Rosa Russo
Jervolino e la Sen. Giglia Tedesco, ma mi fermo qui.
Letta questa lunga ma credo necessaria premessa, Lei
capirà le ragioni del mio sconcerto e del mio sbigottimento: ed infatti mi sono
chiesto come fosse possibile che un giornale che, come quello che Lei dirige,
vuole essere aperto ai grandi temi politici, civili e culturali del nostro
tempo e che, proprio nei giorni scorsi, ha fornito ai suoi lettori un quadro
preciso e corretto delle iniziative assunte dall'Assessore ai servizi sociali
del Comune di Torino in materia di affidamento familiare (una delle soluzioni
alternative all'istituto), potesse pubblicare un articolo che, acriticamente,
esalta la funzione dell'istituto della «Benefica»
Quando ero bambino, parlo quindi di cinquanta anni
fa, anno più, anno meno, feci le elementari alla Vittorio Alfieri, proprio di
fianco alla «Benefica». In ogni classe maschile c'erano 5-6 ragazzini di
questo istituto. Io li ricordo bene, potrei anche dirLe i loro cognomi, erano
ragazzini grigi come la loro divisa di panno scadente, che li faceva
assomigliare a tanti piccoli marmittoni, sempre impauriti ed affamati;
d'inverno le loro mani erano tutte un «gelone». I maestri li mettevano sempre
negli ultimi banchi ed io, che non ero piccolo di statura, in genere li avevo
alle spalle e si faceva amicizia, e mi raccontavano del freddo, del cibo
scadente, delle botte che il direttore ed «assistenti» propinavano loro, botte
che lasciavano il segno, ed erano bernoccoli vistosi.
Noi ragazzini fortunati, si dava loro un po' della
nostra colazione e c'era stato un periodo in cui ricordo, se era cioccolato,
alcuni di loro legati da un accordo, lo riponevano in una scatola di latta: era
una grossa scatola di lucido da scarpe Brill, ben ripulita. Il cioccolato, nel
caldo delle tasche, si fondeva e si stratificava; al latte più chiaro, amaro
più scuro; a me avevano detto che era la loro riserva per i momenti di quiete,
una leccata per uno da amici solidali: era il loro lusso.
In questi cinquant'anni anche la «Benefica» si è
trasformata, credo però non del tutto se si leggono le testimonianze raccolte
dall'ANFAA (Associazione nazionale famiglie adottive e affidatarie) e
dall'ULCES (Unione per la lotta contro l’emarginazione sociale) e presentate
nel gennaio 1981 sotto forma di esposto alla Procura della Repubblica di
Torino, da chi Le scrive, nella sua qualità di Presidente dell'ANFAA e da
Francesco Santanera, allora segretario dell'ULCES. Il quadro che emerge dalle
dichiarazioni dei ragazzini ricoverati, di giovani dimessi dall'istituto e di
ex dipendenti è inquietante per i frequenti casi di violenze sui minori, le
omissioni e le carenze educative e gestionali. Presentato questo dossier,
tuttavia, non fu purtroppo celebrato alcun processo, in quanto l'esposto
stesso venne archiviato (1).
Ho la fondata convinzione che tale archiviazione sia
stata almeno molto frettolosa e le spiego il perché: secondo l'inquirente,
l'unico episodio accertato, tra i numerosi segnalati, era quello avvenuto nel
novembre 1980, al riguardo del quale così si espresse testualmente il Tenente
Colonnello comandante del Nucleo di Polizia giudiziaria che svolse le
indagini: ...«Infatti durante la trasmissione televisiva di una TV privata nel
mese di novembre 1980, che trasmetteva un film sulle atrocità naziste,
l'educatore G., di servizio al suo reparto, per sdrammatizzare la tensione creatasi
nel ragazzo che con lui assisteva alla visione di alcune scene orgiastiche,
dava una “manata” sui genitali di questo pronunciando le frasi: Queste cose
servono a farlo venir duro; però il rapporto sessuale affettivo non si deve
vederlo in questo modo. L'intenzione dell'educatore era quella di intraprendere
con il ragazzo un serio discorso sull'educazione sessuale» (2).
A commento Le ripeto quello che scrissi all'epoca:
«Senza stare ad approfondire come e quanto le “manate” sui genitali possano
essere educative e a quale filone cinematografico potesse appartenere un film
“sulle atrocità naziste” in cui comparivano “scene orgiastiche”, quello che salta
all'occhio è come il bravo ufficiale inquirente concepisca “un serio discorso
sull'educazione sessuale”; se tanto mi dà tanto, si spiega come detto ufficiale
inquirente non abbia potuto riscontrare “concreti elementi di violazione delle
leggi penali a carico degli amministratori dell'istituto ‘Benefica’ né
dell'attuale personale preposto alla custodia di ambo i sessi” tanto più che
le principali fonti di informazione per l'inchiesta sono rappresentate dalle
relazioni della direttrice dell'istituto, dallo psicologo dell'istituto, dal
verbale di una seduta del Consiglio di amministrazione dell'istituto. Non si fa
un solo cenno delle dichiarazioni di ex dipendenti, come non sembra si sia
tenuto conto delle dichiarazioni di ragazzini ricoverati e neppure di quanto
affermato da uomini fatti, già “ospiti” dell'istituto.
Quest'ultimo aspetto dell'inchiesta a noi sembra
particolarmente inquietante e mi pongo la domanda: se le testimonianze dei
ragazzini ricoverati e persino quelle degli ex ragazzini già ricoverati non
vengono prese in considerazione per principio, se non contano niente le
dichiarazioni degli ex dipendenti; se contano solo quanto dicono direttori e
dipendenti in servizio, come mai si potrà, mi domando, acclarare eventuali
disfunzioni, carenze, violenze compiute negli istituti?».
Questo episodio, a me sembra, se da un lato è
significativo della scarsa attenzione dei pubblici poteri per la tutela dei
minori ricoverati (devo ricordare a proposito come gli obblighi di controllo su
tutti gli istituti pubblici e privati di assistenza all'infanzia da parte della
Regione e degli Enti pubblici siano ancora oggi ampiamente disattesi),
dall'altro non allontana certo le ombre che gravano ancora oggi sulla qualità
del servizio reso dall'istituto «Benefica».
In queste circostanze, non Le sembra, Signor
Direttore, che l'articolo encomiastico comparso su «La Stampa» sia fuori luogo?
A me sembra proprio di sì, non fosse altro per il rispetto che si deve alle
sofferenze, morali e materiali, subite dai miei infelici compagni di scuola di
allora e da tanti altri ragazzini che li hanno seguiti fino ad oggi.
Attualmente in Piemonte i ragazzini ricoverati sono
ancora circa 1500: a me piacerebbe, a tanti piacerebbe, che il Suo giornale
invece di elogiare, attingendo superficialmente fonti interessate, una
istituzione che comunque è oggettivamente superata sotto il profilo tecnico,
si impegnasse perché ad essi venga riconosciuto quel diritto «alla famiglia»
sancito dalla legge 184/1983.
II
Quando sabato «La Stampa», ha diffuso la notizia che
era stato annullato il Suo concerto all'Auditorium di domenica 6 novembre
organizzato per festeggiare il 100° anniversario della fondazione di un
istituto per minori, «Casa Benefica», abbiamo provato una grande emozione.
Per tutti quelli che, come noi dell'ANFAA, sono
impegnati a costruire prospettive di vita migliori per i ragazzini,
l'annullamento di questo concerto ha avuto il significato che quando spieghiamo
le nostre proposte alle persone sensibili, queste persone non solo le capiscono
subito ma, come è stato nel Suo caso, sono disposte ad affrontare situazioni
spiacevoli e difficili, pur di dare una mano. E Lei con la Sua decisione, ci ha
dato una grossa mano, perché ha detto a tutti, Amministratori, operatori,
giudici minorili che anche Lei è con noi, dalla parte dei bambini.
Per questo io, a nome di tutti i bambini ancora
rinchiusi negli istituti o che comunque soffrono per l'indifferenza dei parenti
ai loro problemi, a nome dei soci dell'ANFAA e di quanti ci seguono nel nostro
lavoro, Le dico grazie e le confesso che se prima l'ammiravo come artista, oggi
Le vogliamo anche bene.
(1) Cfr. La cruda realtà di un
istituto di assistenza alla Infanzia - Documenti e testimonianze su Casa
Benefica, in Prospettive assistenziali,
n. 54, aprile-giugno 1981.
(2) Cfr. G. Pallavicini, Violenza sui
minori e manate educative, in Prospettive
assistenziali, n. 72, ottobre-dicembre 1985.
www.fondazionepromozionesociale.it