PER UNA CULTURA DEGLI INTERVENTI
SOCIALI DOMICILIARI E TERRITORIALI IN ALTERNATIVA AL RICOVERO (1)
GRUPPO PERMANENTE DI LAVORO PER GLI
INTERVENTI ALTERNATIVI AL RICOVERO
(2)
1. Finalità del documento
Il presente documento - prodotto da un gruppo di
lavoro a cui partecipano a titolo personale operatori sociali pubblici,
esponenti di movimenti ed associazioni, studiosi ed esperti di formazione -
intende formulare alcuni criteri essenziali di cultura politica e diritto,
relativi all'intervento sociale e proporli a tutti i cittadini, in particolare
a coloro che hanno responsabilità dirette di intervento.
In questo momento, infatti, sembrano tornare a
prevalere visioni residuali, economicistiche e subalterne delle politiche
sociali, e il contesto culturale in cui ciò avviene volge a favore del
cosiddetto «pluralismo delle istituzioni assistenziali» e alla delimitazione
burocratica e rigida dei trasferimenti monetari specie nell'assistenza
economica.
Abbiamo perciò ritenuto opportuno riprendere gli
elementi di una cultura dei servizi che sia democratica, solidaristica, tesa
alla liberazione, in tutta la misura del possibile, dei singoli e della
collettività dal bisogno assistenziale.
2. Prevenire il bisogno assistenziale
Riteniamo che sia insufficiente e fuorviante ogni
discorso sull'intervento sociale che concepisca l'assistenza ai bisogni della
popolazione come un modo per mantenere quote più o meno ampie in condizioni di
dipendenza e di marginalità.
Occorre prevenire il bisogno assistenziale mediante
interventi adeguati nel campo della scuola e formazione professionale, della
casa, dell'ingresso al lavoro, del reddito di lavoro e di pensione ecc. Il
riemergere di povertà tradizionali indica come rilevanti passi indietro sono
stati compiuti sul terreno della sicurezza di vita e nelle garanzie di
benessere enunciate dal principio della cittadinanza sociale per tutti.
Ne consegue che gli interventi di tutela e promozione
della sicurezza di vita non possono e non debbano essere a carico del settore
assistenziale, ma spettano ai settori politico-amministrativi della scuola,
formazione professionale, casa, lavoro, previdenza ecc., secondo le loro
specifiche attribuzioni e in un quadro di coordinamento e disegno complessivo.
Detti settori devono altresì operare avendo una
particolare attenzione alle esigenze e ai diritti della fascia più debole
della popolazione, alla quale l'esercizio concreto dei diritti di cittadinanza
va assicurata mediante interventi aggiuntivi e mirati. Si pensi, ad esempio,
all'inserimento prescolastico e scolastico degli handicappati, ai corsi
prelavorativi per insufficienti mentali, all'attuazione del collocamento
obbligatorio, alla eliminazione delle barriere architettoniche in abitazioni,
uffici, trasporti, ecc.
Solo un quadro complessivo e coordinato di intervento
multisettoriale è in grado di conseguire più elevati livelli di educazione,
prevenzione del disagio e promozione di migliore qualità della vita per tutti i
cittadini.
3. Le tendenze negative nel settore
assistenziale
Passiamo ora al settore socio-assistenziale regolato
dalla legge regionale 20/1982 (e successive modificazioni) e oggetto delle
attività amministrative dei Comuni e, laddove le competenze siano state
trasferite, delle Unità sociosanitarie locali.
Attualmente assistiamo all'effetto congiunto di due
processi:
1) la stagnazione delle politiche di intervento
assistenziale domiciliare e sul territorio;
2) la ripresa di pratiche di ricovero e istituzionalizzazione
degli assistiti.
La tendenza al ricovero, dai dati relativi al Piemonte
per il periodo 1975-1986, risulta in forte decremento per i minori, in
decremento più contenuto per gli handicappati, in incremento per gli anziani
(Tabella 1).
Un totale di oltre 30 mila ricoverati costituisce
tuttora una quota ragguardevole di persone, soprattutto considerando che il
70% di essi appartiene a quelle classi di età più elevate che sono in continua
espansione nella popolazione totale.
Tab.
1 - Dati sul ricoverati in istituto in Piemonte (fonte: Istat)
Alla data del |
1.1.1975 |
1.1.1985 |
% 75/86 |
Soggetti: |
|
|
|
minori
normali (a) |
9.358 |
2.847 |
-70% |
ciechi
(minori e adulti) |
220 |
71 |
-68% |
sordomuti
(minori e adulti) |
563 |
163 |
-71% |
handicappati
fisici (minori e adulti) |
457 |
312 |
-32% |
handicappati
psichici (minori e adulti) |
3.534 |
2.035 |
-42% |
adulti
inabili e anziani |
23.738 |
23.671 |
= |
altri
(minori, adulti e anziani) |
889 |
1.473 |
+64% |
Totale |
38.759 |
30.572 |
-21% |
Con
più di 65 anni |
20.950 |
21.824 |
+ 4% |
Con
meno di 65 anni |
17.809 |
8.748 |
-51% |
(a) ricoverati in colonie permanenti, In istituti per minori
normali, nei brefotrofi (limitatamente all'«allevamento interno» secondo la
terminologia dell'Istat).
Appaiono perciò di decisiva importanza le scelte che
le amministrazioni pubbliche (Regione, Province e Comuni) vengono compiendo e
ancor più si apprestano a compiere in futuro. Per limitarci al solo Comune di
Torino, è stato rilevato nella seconda metà del 1988 un deciso crollo nelle
spese per i contributi economici, l'assistenza domiciliare e l'appoggio
educativo ai minori, in conseguenza dell'emanazione dì delibere e circolari
più restrittive e vincolistiche in materia.
Questo avviene mentre le stesse Amministrazioni non
risparmiano riconoscimenti di principio alla superiorità civile di quell'assistenza
che consente di mantenere le persone nel loro ambiente di esistenza rispetto a
quella che le isola negli istituti.
4. Contro l'istituto non per partito
preso
Occorre essere chiari. Il ricovero, se in certe
situazioni può apparire come una strada obbligata o priva di alternative
soprattutto dal punto di vista delle persone coinvolte, presenta in ogni caso
limiti oggettivi e insuperabili, quand'anche la gestione dell'istituto (ma non
sempre accade) realizzi criteri organizzativi e tecnici corretti.
Il ricovero in istituti di assistenza è negativo
perché:
- determina quasi sempre l'allontanamento delle
persone dal loro contesto familiare e sociale;
- riduce gli spazi di libertà dei ricoverati;
- spesso trascura e riduce i diritti fondamentali
delle persone (alla salute, all'autonomia, al rispetto della propria dignità,
ecc.);
- nel caso del ricovero assistenziale di anziani
malati cronici non autosufficienti, viene illegittimamente richiesto ai
pazienti e ai loro familiari il pagamento di rette non dovute (ad esempio la
retta «alberghiera» dell'Istituto per anziani Carlo Alberto di Torino è di lire
36.400 al giorno);
- quasi sempre i costi dei ricovero in istituto sono
nettamente superiori ai costi degli interventi domiciliari.
Al contrario dell'istituto, l'assistenza domiciliare
e di territorio è in grado di realizzare interventi di aiuto che consentono
alle persone di mantenere il massimo possibile di significato della propria
vita e le abituali relazioni familiari e sociali. Al tempo stesso detti
interventi determinano una maggior efficacia di risposta rispetto a bisogni
specifici.
Gli interventi alternativi al ricovero, individuati
con chiarezza nelle esperienze degli ultimi 10-15 anni, devono essere
finalizzati alla massima autonomia possibile dei singoli e dei nuclei familiari
e sono riconducibili alla tipologia seguente:
1) interventi economici e prestazioni dirette di
appoggio alla persona nel suo ambiente di vita (famiglia, abitazione, vicinato
ecc.);
2) comunità di accoglienza e convivenza che
realizzano funzioni parafamiliari (comunità alloggio);
3) servizi locali accessibili e ben distribuiti sul
territorio e con orari adeguati alle esigenze dell'utenza;
4) prestazioni già rese entro istituzioni di ricovero
che vengono trasferite sul territorio e a domicilio. Assai eloquente al
riguardo appare l'esperienza torinese della ospedalizzazione a domicilio.
5. Le priorità che proponiamo
I soggetti a cui devono in primo luogo orientarsi
gli interventi domiciliari e territoriali sono i minori, gli handicappati, gli
anziani.
Proponiamo perciò come prioritari i seguenti
interventi:
a) assistenza economica che garantisca ai nuclei
familiari le condizioni finanziarie indispensabili per vivere a quelli che
hanno redditi insufficienti;
b) attività di sostegno e appoggio, materiale e
relazionale, ai nuclei familiari e ai singoli, al fine di risolvere per quanto
possibile le difficoltà personali e sociali;
c) aiuto domiciliare alle persone con limitata
autonomia, al fine di assicurare le prestazioni necessarie per la gestione
della casa, delle persone stesse e dei rapporti sociali;
d) affidamento familiare dei minori a scopo
educativo, per quei minori i cui nuclei familiari in difficoltà non sono in
grado di provvedere adeguatamente ai loro figli, nemmeno con gli interventi
di cui ai punti precedenti;
e) adozione dei minori in situazione di abbandono
materiale e morale;
f) comunità alloggio per minori, per handicappati
adulti e per anziani, per i quali non sono attuabili gli interventi di cui ai
punti precedenti;
g) servizi diurni per gli handicappati i quali, a
causa della gravità delle loro condizioni, non possono essere inseriti nella
scuola post-obbligatoria o nei corsi di formazione professionale o prelavorativa
e nel lavoro presso aziende pubbliche o private.
6. Anziani cronici non autosufficienti
Particolare attenzione va dedicata agli anziani
cronici non autosufficienti. Per queste persone la tendenza al ricovero di tipo
assistenziale comporta una duplice negazione di diritti:
1) il diritto a permanere, fin dove sia socialmente
e tecnicamente possibile, nel loro ambiente vitale di esistenza;
2) il diritto ad essere considerati come utenti a
tutti gli effetti delle prestazioni del servizio sanitario nazionale.
Lottare contro
il ricovero assistenziale degli anziani cronici non autosufficienti significa
dunque perseguire la tutela su entrambi i versanti dei diritti negati.
Noi proponiamo perciò quanto segue:
a) estensione a tutte le Ussl del servizio di
ospedalizzazione a domicilio;
b) istituzione di ospedali di giorno senza ricovero;
c) incentivazione delle attività riabilitative presso
gli ospedali e i servizi territoriali;
d) umanizzazione del trattamento sanitario, in
particolare quello svolto in ospedale.
Le iniziative di cui ai punti precedenti riguardano
non solo gli anziani, ma tutti i cittadini che ne abbisognano, ma si
evidenziano come particolarmente urgenti per gli anziani cronici.
Per i casi in cui non siano attuabili gli interventi
proposti, occorre creare posti letto per anziani in strutture residenziali
sanitarie, utilizzando per quanto possibile l'esistente.
Per gli anziani cronici non autosufficienti ricoverati
in istituti di assistenza a causa dell'insufficienza di strutture sanitarie
adeguate, si propone che gli attuali posti letto assistenziali siano
trasformati in letti sanitari a carico del S.S.N., con adeguamento del
personale e delle strutture.
In ogni caso devono essere garantite condizioni di
vita che, per quanto possibile, non si discostino dalle caratteristiche della
normale vita familiare.
7. Il problema dei costi e del
personale
Gli oppositori delle politiche di intervento domiciliare
e territoriale spesso accampano ragioni di costo (i ricoveri costerebbero di
meno) e di risorse umane (mancanza quantitativa a carenze qualitative del
personale). Si deve rispondere che:
a) vi sono forme di intervento domiciliare - ad
esempio l'ospedalizzazione a domicilio - i cui costi sono nettamente inferiori
a qualsiasi tipo di ricovero, sono relativamente costanti nel tempo e di facile
controllo;
b) il ritorno al ricovero comporta non soltanto costi
di gestione degli istituti, ma anche spese di investimento in strutture, con
ingentissimi costi finanziari che sottraggono per anni futuri risorse
preziose per gli interventi alternativi;
c) l'intervento domiciliare e territoriale prevede
l'impiego, la formazione, la qualificazione e la riconversione di risorse umane
già presenti nei servizi pubblici, affinché non si limitino a compiti
routinari, ma siano in grado di pensare, organizzare e valutare progetti
complessivi di lavoro.
Si tratta di un investimento che aumenta la qualità
dei servizi, specie se si considera che nei servizi domiciliari e territoriali
hanno trovato occupazione soggetti più giovani e scolarizzati, che hanno uno
specifico interesse allo sviluppo professionale e culturale del loro lavoro.
Diventa di fondamentale importanza il ruolo delle
Pubbliche Amministrazioni e delle forze sindacali per l'istituzione e il
potenziamento dei servizi alternativi al ricovero attraverso:
a) l'individuazione di nuove risorse finanziarie e di
personale;
b) lo spostamento di risorse e personale all'interno
delle stesse Pubbliche Amministrazioni.
8. Il volontariato
È certamente rilevante l'apporto che i gruppi di
volontariato possono fornire agli interventi domiciliari e territoriali,
specialmente se si rapportano alle reti primarie di solidarietà (famiglia,
parentela, vicinato, ecc.) e ne aumentano la capacità di dare risposta ai
bisogni nei contesti dì vita dei soggetti.
Riteniamo invece negativo, oltre che per l'efficacia
dell'intervento anche per l'identità stessa del volontariato, che ad esso si
affidino compiti sostitutivi delle prestazioni dovute ai cittadini: fatto che
può alimentare attese sproporzionate da parte della popolazione e dei volontari
stessi.
Un ruolo positivo del volontariato, oltre la fornitura
di prestazioni dirette, potrebbe essere quello di promuovere i diritti della
fascia più debole della popolazione, in particolare dei soggetti che non sono
in grado di autodifendersi (bambini privi di adeguato sostegno familiare,
insufficienti mentali gravi e gravissimi, anziani cronici non autosufficienti).
Sarebbe pertanto auspicabile che i gruppi di volontariato si ponessero, nei
confronti delle istituzioni che realizzano la politica dei servizi, come
soggetti autonomi, critici e propositivi, soprattutto per i problemi relativi
alla prevenzione del bisogno e alle alternative al ricovero.
9. La ricomposizione dei livelli
istituzionali
Nell'arresto delle politiche alternative al ricovero
e nella ripresa delle prassi tradizionali, grande peso ha esercitato il blocco
dei processi di ricomposizione delle competenze in capo a un unico livello
istituzionale.
Attualmente vi sono funzioni ancora esercitate dai
singoli Comuni: assistenza economica e domiciliare, comunità alloggio,
istituti di ricovero; dalle Ussl: assistenza economica e domiciliare, comunità
alloggio, istituti di ricovero, affidamenti familiari a scopo educativo,
servizi diurni per insufficienti mentali; dalle Province: servizi per
insufficienti mentali, ciechi e sordomuti; interventi per gestanti e madri;
attività nei confronti dei minori (in particolare di quelli non riconosciuti o
riconosciuti solo dalla madre).
Questa frammentazione di competenze è negativa sia
per gli utenti che per gli operatori, in quanto determina conflitti di
competenze, vuoti di intervento, difficoltà o impossibilità di predisporre
piani unitari di intervento nei riguardi delle famiglie e delle persone in
difficoltà.
Noi pensiamo che il livello istituzionale competente,
già individuato dalle leggi di riforma degli anni 70, sia l'Unità
sociosanitaria locale, espressione diretta dei Comuni. Ad essa vanno affidate
sia le competenze sanitarie, sia quelle socioassistenziali, sia l'integrazione
organizzativa sanità-assistenza, necessaria soprattutto alla realizzazione di
efficaci interventi domiciliari e territoriali.
L'Unità sociosanitaria locale deve attrezzarsi per
rispondere ai compiti consolidati e a quelli emergenti, sviluppando attività
sistematiche in tema di programmazione pluriennale degli interventi e
valutazione costante dei risultati conseguiti. In prospettiva l'Unità
sociosanitaria locale deve essere ridefinita dalla legislazione regionale e
nazionale in modo da esercitare tutte le funzioni sociali di base non
adeguatamente gestibili dai singoli Comuni, in particolare quelli con poche
centinaia di abitanti.
Nell'area metropolitana di Torino, completato al più
presto il trasferimento alle 10 Ussl delle competenze in materia socioassistenziale,
si dovranno attuare forme di coordinamento fra gli interventi delle 10 Ussl
che garantiscano:
a) omogeneità di trattamento fra i cittadini
qualunque sia la zona di Torino in cui risiedono;
b) distribuzione equilibrata delle risorse finanziarie
e di personale, assumendo come criterio il rapporto fra composizione sociale,
bisogni e risorse esistenti, e non semplicemente il costo storico delle
strutture sanitarie e ospedaliere;
c) autonomia e responsabilità di programmazione da
parte di ciascuna singola Ussl, conservando e sviluppando un rapporto politico
e progettuale con la rispettiva Circoscrizione di competenza.
(1) Le organizzazioni e le persone
che intendono aderire al documento sono pregate di segnalarlo per iscritto al
Gruppo permanente di lavoro per gli interventi alternativi al ricovero c/o
FIRAS, Via Cottolengo 22, 10152 Torino.
(2) Il Gruppo è costituito da Anfossi
Renza, Arduino Giulia, Buzzigoli Antonio, Chiolero Mariangela, Cottino Silvana,
Cravero Tommaso, Crema Pierino, Merlo Roberto, Motta Maurizio, Peirone
Mariella, Pistone Andrea, Quarona Gianni, Rei Dario, Ronda Leonor, Santanera
Francesco, Serafino Adriano, Venesia Eleonora.
www.fondazionepromozionesociale.it