Prospettive assistenziali, n. 85, gennaio-marzo 1989

 

 

PROPOSTA DI LEGGE REGIONALE SULL'OSPEDALIZZAZIONE A DOMICILIO

 

 

Riportiamo la relazione ed il testo della propo­sta di legge regionale n. 444 «Istituzione del servizio di ospedalizzazione a domicilio» presentato al Consiglio regionale del Piemonte in data 14 novembre 1988 dai Consiglieri Dameri, Acotto, Calligaro, Sestero, Avondo e Ferro del Gruppo PCI.  

 

 

Relazione

 

Proporre l'istituzione del «Servizio di ospedalizzazione a domicilio» sull'intero territorio regionale significa puntare ad una prestazione, per i pazienti non autosufficienti colpiti da malattie acute o croniche, di alta qualificazione tecnica e di garantita continuità da rendere nella realtà ambientale e relazionale ottimale per il malato: il proprio domicilio. È convinzione dei proponenti che per l'insieme delle prestazioni sanitarie ed assistenziali la scelta di moduli organizzativi di servizi alternativi al ricovero continuativo ed isti­tuzionalizzante corrisponda a tre parametri essen­ziali: l'efficacia dell'intervento, la competitività dei costi e, ultimo ma primo nell'ispirazione, la qualità umana del servizio - che negli interventi alle persone deve essere metro valutativo prio­ritaria -, il rispetto indiscutibilmente più alto delle esigenze e dei diritti dei soggetti a cui si rivolgono.

Ci si consenta un breve squarcio sulla proble­matica di una realtà prioritariamente destinataria di questo servizio: gli anziani. Già la dinamica demografica attuale e in modo esponenziale le tendenze proiettate sul futuro prossimo mostra­no con innegabile evidenza la crescita progres­siva e costante della popolazione anziana: su scala nazionale attorno al 2000 gli ultrasessan­tenni si assesteranno attorno al 17,4 per cento della popolazione, mentre i cittadini di oltre 75 anni rappresenteranno il 4,2 per cento, cioè circa 3 milioni di cittadini, con grande maggioranza di donne.

Le proporzioni di questo fenomeno sono tali da richiedere, se si vuole affermare una più alta qualità civile, una revisione profonda della stes­sa organizzazione sociale complessiva e certa­mente la definizione di strategie d'intervento sui bisogni e diritti primari - abitativi, di salute, di socialità - di reale lungimiranza e di coerente azione politica ed amministrativa. Vogliamo evi­denziare in caso contrario la rapida acutizzazione di una ulteriore, prevedibile e perciò colpevole emergenza sociale. Riteniamo in sostanza che le istituzioni pubbliche debbano sapere per tempo - recuperando tempo già perso - dotarsi di risorse e di politiche atte a garantire alle per­sone anziane la loro integrazione e partecipazio­ne nella vita comunitaria e la garanzia dei propri diritti primari.

Si tratta di una conversione netta di politiche probabilmente possibili solo a condizione di una decisa ed ampia battaglia culturale che ripropon­ga al centro dei parametri valutativi delle politi­che sociali e della salute non altro e non altri se non gli utenti, i destinatari delle politiche stesse, uomini e donne in carne ed ossa.

Dentro questa ispirazione si colloca e acquista un senso anche esemplare la proposta di ospe­dalizzazione a domicilio che nella nostra regione ha un precedente di grande valore e di sicuro ri­ferimento nell'esperienza realizzata a Torino con il progetto sperimentale deliberata dall'USSL 1-23 nel 1984 e realizzato dall'Istituto di gerontologia dell'Università, nonché due precedenti di legisla­zione regionale - seppure anch'essi in via speri­mentale - per quanto attiene sia la nutrizione pa­renterale che enterale a domicilio approvate dal Consiglio Regionale rispettivamente nell'aprile '85 e nel gennaio '88. Vogliamo ribadire subito ad evitare facili e previste obiezioni che si tratta di un servizio destinato ai «pazienti non autosuffi­cienti, colpiti da malattie croniche ed acute, che possano beneficiare dell'apporto domiciliare di familiari o di terzi» e che in una realistica ipotesi può corrispondere attualmente al 10 per cento delle persone gravemente non autosufficienti. Non si tratta quindi di pensarlo come un servizio esaustivo, né esclusivo, ma certamente esempla­re ed efficace.

In particolare la riconosciuta validità dell'espe­rienza condotta dall'équipe del professor Fabris a Torino dopo quattro anni deve essere raccolta e incoraggiare il livello legislativa e programma­torio regionale a scegliere l'istituzione del Servi­zio di ospedalizzazione a domicilio come realisti­ca ed efficace organizzazione di prestazioni a pa­zienti non autosufficienti con malattie croniche. L'originalità dell'esperienza di Torino suscitando un forte interesse medico e scientifico ha stimo­lato una produzione di riflessioni e di materiali documentari già molto ricca che non vogliamo, né possiamo qui citare se non per un passaggio assai significativo: «Sinora la disponibilità di cu­re di livello adeguato alle patologie più gravi e tipiche degli ammalati anziani si è realizzata pre­valentemente negli ospedali, per tradizione cul­turale e per l'effettiva elevata qualificazione ed operatività della loro organizzazione. Ciò nono­stante l'ospedale può divenire il luogo ove si ac­centuano scompensi sociali e psicologici. È un pericolo vissuto nell'attuale realtà ospedaliera perché essa sempre più è caratterizzata da una tendenza a privilegiare la qualificazione stretta­mente tecnico-biologica delle prestazioni sanita­rie. È invece necessario che la medicina si ade­gui a rispondere alle necessità del malato com­prendendone i problemi in modo unitario, supe­rando la concezione organicistica della malattia, per affrontarla in un'ottica più funzionale.

Gli elementi più perturbanti, durante la condi­zione di ricovero, risiedono nella tradizionale ri­gidità degli schemi di ospedalizzazione. L'ingres­so in ospedale può venire vissuto dal paziente anziano, come un salto nel buio, e dal medico ospedaliero come un affidamento assoluto alle sue capacità, con il quale acquisisce il diritto di risolvere ogni problema in termini di terapia. La degenza come atto rigoroso di sottomissione in contropartita delle terapie; la dimissione come rottura di un legame ombelicale enfatizzato ma rassicurante. Alla negatività di questi aspetti si contrappongono i vantaggi della qualificazione tecnica ed infermieristica, l'intensità e la conti­nuità delle prestazioni.

Queste garanzie possono essere mantenute senza vincoli con le strutture murarie, adeguando l'organizzazione ospedaliera a fornire servizi gra­duati in relazione alle effettive necessità dei pa­zienti ed anche trasferendo, per quanto possibile, sul territorio le prestazioni.

La necessità di adattarsi ad una struttura sco­nosciuta, ampia e diversificata qual è l'ospedale sottrae energia utile a contrastare la sofferenza generata dalla malattia. Se, per assurdo, un certo tipo di malato potesse portare con sé in ospedale una fetta del suo mondo, con tutto ciò che gli dà confort e sicurezza, probabilmente guarirebbe prima e più radicalmente. La struttura sanitaria impone radicali trasformazioni nelle abitudini di vita: cambiamenti nell'orario dei pasti e del son­no, nella frequenza e qualità dei rapporti con i familiari ed amici, problemi nella relazione sia con gli altri ricoverati sia con il personale, di fronte al quale si è spesso passivi nella gestione della propria salute. La conseguenza è uno stato di conflittualità stressante, che vede, come poli opposti, da una parte la necessità di un compor­tamento utile all'adattamento all'ambiente, dall'altra il bisogno di preoccuparsi per la propria sopravvivenza alla malattia.

È possibile ritenere che l'ospedalizzazione do­miciliare, lasciando il malato nel proprio ambien­te familiare, non richiedendo dispendio energe­tico per l'adattamento all'ambiente, consenta un maggior recupero psicofisico» (1).

Una riflessione merita altresì la controversa e spesso sconosciuta questione dei costi dei ser­vizi domiciliari; ci possiamo qui riferire a due esperienze: ancora quella di Torino nonché quel­la condotta per un biennio da un'équipe nella USSL RM3 a Roma. In quest'ultimo caso è stato calcolato un costo di circa L. 65.000 al giorno per paziente a fronte di un costo pro-capite (regione Lazio) in una casa di cura convenzionata di circa L. 120.000 e in ospedale di circa L. 270.000 (2). A Torino il costo calcolato sulla media dei tempi potenziali disponibili per giorno di ospedalizza­zione nei due anni di esperienza conduce ad un costo di L. 58.950 - 68.750 giornaliere compren­dendo l'insieme delle prestazioni - mediche - in­fermieristiche - farmaceutiche e strumentali - nonché le spese di trasporto del personale e dia­gnostiche. Prendendo l'unico parametro di con­fronto disponibile con la spesa di degenza ospe­daliera in Piemonte, cioè quello riconosciuto ai cittadini stranieri, che varia da un minimo di L. 185.000 ad un massimo di L. 265.000 in relazione all'intensività delle cure, la concorrenzialità eco­nomica della prestazione domiciliare appare evi­dente (3).

Nella proposta di legge si considera inoltre essenziale il ruolo, la collaborazione e la piena integrazione dell'équipe del medico di base e la disponibilità dei familiari o di terzi che assicuri­no l'apporto continuativo essenziale.

Su questo punto poiché non vogliamo descri­vere la legge ma limitarci a commenti motivanti vogliamo sottolineare come, a fronte di una facile e scandalistica cronaca sugli abbandoni da parte dei familiari, esista in realtà una vasta dimen­sione che non fa notizia di cure e di attenzioni spesso prestate in condizioni disperate, senza supporto pubblico, dalle famiglie e da realtà di volontariato che già oggi fanno da rete di salva­taggio di moltissime situazioni. Riteniamo che sia necessario da parte pubblica raccogliere que­sta disponibilità, questa concreta e preziosissima risorsa sociale che è la solidarietà e l'attività di cura agli altri per sostenerla, promuoverla ed at­trezzarla con interventi strutturali e certi come l'istituzione dell'ospedalizzazione a domicilio: il beneficio può essere ai pazienti, all'organizzazio­ne sociale, alla consapevolezza civile che ha di sé la nostra società.

 

 

Testo

 

Art. 1 - In attuazione a quanto previsto dalla L.R. 3 maggio 1985 n. 59, entro e non oltre il 31 dicembre 1989 le Unità socio-sanitarie locali isti­tuiscono il Servizio di ospedalizzazione a domi­cilio rivolto in particolare ad anziani non autosuf­ficienti che, colpiti da malattie acute o croniche, beneficiando dell'apporto domiciliare di familiari o di terzi, possono, a giudizio medico, essere cu­rati a domicilio in alternativa al ricovero in ospe­dale.

Art. 2 - La richiesta di fruizione dei servizio è avanzata al Servizio di ospedalizzazione a domi­cilio competente per territorio dal medico di ba­se o in alternativa dal medico della struttura presso cui il paziente sia già ricoverato, su con­forme parere del paziente, del medico di base e dei familiari o dei terzi che si impegnano a prov­vedere con un adeguato apporto domiciliare.

Art. 3 - Le prestazioni di ospedalizzazione a do­micilio comprendono l'intervento di una équipe, di cui fanno parte il medico di base, medici spe­cialisti, infermieri professionali e terapisti della riabilitazione dei servizi territoriali e ospedalieri.

Art. 4 - Il servizio di ospedalizzazione a domi­cilio è istituito dalle USSL in base alle linee di indirizzo ed ai parametri organizzativi, compresi gli eventuali incrementi di piante organiche, as­sunti con deliberazione del Consiglio regionale entro 60 giorni dall'entrata in vigore della presen­te legge.

Art. 5 - Nei casi di assoluta impossibilità da parte delle USSL di provvedere con proprio per­sonale infermieristico e riabilitativo, è consenti­ta la stipula di convenzioni con cooperative di in­fermieri professionali e di riabilitatori.

Art. 6 - Entro tre mesi dall'entrata in vigore della presente legge, la Giunta regionale, sentito il parere della competente commissione del Con­siglio regionale, predispone lo schema tipo delle convenzioni di cui all'articolo precedente.

Art. 7 - Gli interventi del servizio di ospedaliz­zazione a domicilio sono integrati - occorrendo - da prestazioni degli altri servizi gestiti dalle USSL, dagli enti locali e da altri organismi.

Art. 8 - Le USSL promuovono, anche in questo campo, l'intervento di organizzazioni di volonta­riato, purché non sostitutivo delle prestazioni del servizio di ospedalizzazione a domicilio.

Art. 9 - Per l'attuazione della presente legge è destinato per l'anno 1989 un importo pari all'1% della spesa sanitaria regionale. Per gli anni suc­cessivi si provvede con gli stanziamenti stabiliti dalle leggi di approvazione dei bilanci.

 

 

 

(1) F. Fabris, L. Pernigotti, «L'ospedalizzazione a domicilio. Espressione di integrazione tra ospedale e territorio» in Animazione sociale, ottobre 1988, anno XVIII, n. 10.

(2) Bernassola A. - De Michelis G. - Vestri A.R., «Alter­native all'ospedalizzazione degli anziani: costi e benefici dell'assistenza sanitaria domiciliare» in Difesa sociale n. 3, maggio-giugno 1988.

(3) L. Pernigotti, R. Arione, G. Fornero, N. Aimonino Ricauda, M. Mao, V. Neri, F. Fabris, «I costi dell'ospedaliz­zazione a domicilio nell'esperienza "Molinette" di Torino», in L'ospedale, febbraio 1989.

 

 

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