INIZIATIVE DELLA REGIONE PIEMONTE
PER L'ELIMINAZIONE DELLE BARRIERE ARCHITETTONICHE
EUGENIA MONZEGLIO (*)
La recente emanazione della circolare della Regione
Piemonte, inviata a tutte le Amministrazioni comunali, provinciali ed alle USSL, avente per oggetto «Barriere architettoniche e piano per la loro
eliminazione (ex legge 41/86)», sollecita alcune considerazioni sul tema in
oggetto.
Si sottolinea innanzitutto che, al di là delle
affermazioni di principio avanzate durante dibattiti, seminari, convegni e
delle continue e pressanti richieste delle associazioni di base, l'argomento
barriere architettoniche continua ad essere affrontato come un problema
marginale e relativo solo a determinate «categorie» di persone.
Tutto ciò avviene nonostante da molti anni siano
state emanate normative per l'eliminazione delle barriere architettoniche sia
a livello nazionale sia a livello locale.
In particolare molte Regioni (e le Amministrazioni
provinciali con competenze in merito) hanno operato essenzialmente secondo due
linee di intervento: emanando disposizioni normative specifiche, in alcuni
settori di intervento, nei confronti del problema barriere architettoniche e/o
integrando le norme già esistenti (o in corso di formazione) con elementi di
riferimento all'eliminazione e non creazione di barriere architettoniche.
Come esemplificazione di una legge «specifica»
ricordiamo, per la Regione Piemonte, la legge regionale del 3.9.1984 n. 54
«Disposizioni per l'eliminazione delle barriere architettoniche negli edifici
di edilizia residenziale pubblica da realizzarsi da parte degli IACP e dei Comuni»,
che prescrive di adottare soluzioni progettuali senza barriere architettoniche
nelle nuove costruzioni di edilizia residenziale pubblica e, ove possibile, in
quelle già esistenti nel caso in cui siano sottoposte a ristrutturazione ed
obbliga ad installare l'impianto di ascensore negli edifici con più di un
piano fuori terra.
Il Regolamento di attuazione della legge (promulgato
con D.P.G.R. 29.4.1985 n. 3792) vanifica in parte la portata innovativa della
legge 54/84, prevedendo la completa accessibilità solo per una quota
prestabilita di alloggi. È auspicabile una revisione del Regolamento stesso,
che si rende indispensabile sia per il motivo sopra elencato, sia per la
necessità di modificare alcune indicazioni tecniche, sia per tener conto delle
prossime prescrizioni tecniche che il Ministero dei Lavori pubblici deve
emanare ai sensi dell'art. 1 comma 2 della recente legge 9.1.89 n, 13.
Alcune indicazioni per l'eliminazione delle barriere
architettoniche, contenute all'interno di normative a carattere più generale (e
non specificatamente rivolte alla problematica delle barriere), sono
contenute nelle leggi della Regione Piemonte di seguito riportate.
La legge regionale del 22.5.1980 n. 56 «Interventi
per allestimenti di aree attrezzate per il tempo libero» all'art. 2 ricorda che
nell'allestimento delle aree previste dalla legge, si deve tener conto delle norme
per l'eliminazione delle barriere architettoniche previste dal D.P.R. 384/1978.
La legge regionale del 14.1.1987 n. 5 «Disciplina
delle case di cura private», nell'allegato di cui al secondo comma dell'art. 4,
prevede, tra i requisiti minimi delle case di cura private, l'eliminazione
delle barriere architettoniche e testualmente recita: «In relazione
all'ottimale agibilità della casa di cura da parte dei malati e del personale,
anche ai fini di una desiderabile prevenzione degli infortuni di tipo
domestico, dovranno osservarsi ed eventualmente integrarsi, le disposizioni
contenute nel D.P.R. 27.4.1978, n. 384».
Una recentissima e molto «discussa» legge della
Regione Piemonte, che contiene riferimenti al problema barriere
architettoniche è la cosiddetta legge per le chiese (L.r. 7.3.1989 n. 15).
All'art. 4 essa prevede una riserva di quote (dei proventi derivanti da oneri
per opere di urbanizzazione secondaria) da destinare ad attrezzature
religiose (edifici di culto e pertinenze funzionali all'esercizio del culto
stesso). Gli interventi realizzabili riguardano opere dì straordinaria manutenzione,
di restauro e di risanamento conservativo, di ristrutturazione e ampliamento,
dì eliminazione totale o parziale delle barriere architettoniche, nonché opere
di nuova realizzazione.
Di notevole interesse appaiono le modifiche (1)
apportate dalla Regione Piemonte alla legge «Tutela ed uso del suolo». In essa
si dispone che al fine del superamento delle barriere architettoniche i comuni
debbano promuovere l'introduzione di idonei elementi progettuali, specie per
l'arredo urbano e per l'accessibilità ai pubblici servizi. Inoltre si prevede
che i Comuni possano destinare parte degli introiti derivanti dalle
concessioni edilizie, oltre che per realizzare opere di urbanizzazione primaria
e secondaria (2), anche per opere rivolte alla eliminazione delle barriere
architettoniche (in tal modo equiparate ad opere di urbanizzazione) e possono
altresì stabilire agevolazioni per gli interventi edilizi diretti a superare
tali barriere.
La Giunta Regionale può stabilire indicazioni per
superare le barriere, definendo e proponendo criteri ed indirizzi per redigere
i regolamenti edilizi: in essi sono stabilite le provvidenze progettuali ed
esecutive da assumere per il raggiungimento di più elevati requisiti di
qualità dell'ambiente edificato e non, con particolare riferimento all'arredo
urbano e del paesaggio, nonché al fine del superamento diffuso delle barriere
architettoniche.
Altre importanti leggi della Regione Piemonte nelle
quali, in vario modo, si accenna al problema delle barriere architettoniche
sono i piani socio-sanitari della Regione (L.r. del 10.3.1982 n. 7 e L.r. del
3.5.1985 n. 59) e la legge regionale del 23.8.1982 n. 20, di cui si parlerà più
avanti.
Le Regioni, inoltre, sono state direttamente chiamate
in causa dalle importantissime norme contenute nell'art. 32 della legge
28.2.1986 n. 41, «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e
pluriennale dello Stato (legge finanziaria 1986)» (s. ordinario n. 1 alla G.U.
del 28.2.86, s.g. n. 49): tale legge istituisce un nuovo strumento tecnico e
amministrativo di settore denominato piano
di eliminazione delle barriere architettoniche.
Il comma 21 dell'art. 32 prevede che «per gli edifici
pubblici già esistenti non ancora adeguati alle prescrizioni del D.P.R.
27.4.1978, n. 384, dovranno essere adottati da parte delle Amministrazioni
competenti piani di eliminazione delle barriere architettoniche entro un anno
dalla entrata in vigore della presente legge». Trascorso il suddetto termine
se i Comuni e le Province non sono intervenuti ad adottare il piano, per gli
interventi di loro competenza, le Regioni e le Province autonome di Trento e
Bolzano nominano un commissario per
l'adozione dei piani di eliminazione delle barriere architettoniche (comma 22
dell'art. 32).
L'applicazione della legge 41/86 costituisce
indubbiamente, per gli enti locali, un banco di prova per misurare la loro
sensibilità al problema in oggetto, la conoscenza dello stesso sotto gli
aspetti politici, amministrativi, tecnici, finanziari e la disponibilità a
risolverlo.
La legge 41/86 sancisce che non possono altresì
essere approvati progetti di costruzione o ristrutturazione di opere pubbliche
non conformi alle disposizioni del D.P.R. 384/78 e che non possono essere
erogati dallo Stato e da altri Enti pubblici finanziamenti per progetti
difformi dalle norme del D.P.R. 384/78.
Il comma 23 stabilisce che una quota dell'1% della somma
globale che la Cassa depositi e prestiti mette a disposizione degli Enti locali
per la contrazione di mutui con finalità di investimento sia erogata per
prestiti finalizzati ad interventi di ristrutturazione e rinnovamento in
attuazione delle norme del D.P.R. 384/78.
La successiva circolare della Cassa depositi e
prestiti n. 1155 del febbraio 1987 «Istruzioni integrative per la concessione
dei mutui» (s. ordinario alla G.U. del 17.3.1987, s.g. n. 63) al cap. 5
stabilisce, in riferimento alla percentuale sopra esposta, che non si ritiene
utile accantonare alcuna quota ma che tutte le richieste in tal senso verranno
accolte.
La Circolare prosegue dicendo che porre tale tetto
d'intervento oltre che limitativo è pure tecnicamente difficile da identificare
in presenza di progetti di ristrutturazione globale che prevedano anche
l'adeguamento alle norme del D.P.R. 384/78.
La più recente legge del 11.3.1988 n. 67 «Disposizioni
per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge
finanziaria 88)» (s. ordinario alla G.U. del 14.3.1988, s.g. n. 61) stabilisce
che, per il finanziamento dei piani di eliminazione delle barriere
architettoniche, la Cassa depositi e prestiti è autorizzata a concedere ai
Comuni e alle Province mutui per un importo di 75 miliardi per ciascuno degli
anni 1988 e 1989; l'onere di ammortamento è a totale carico dello Stato.
Qualora poi l'ammontare sia inferiore a quanto richiesto dai Comuni e dalle
province, le concessioni della Cassa depositi e prestiti saranno proporzionalmente
ridotte.
In breve, riassumendo, la legge finanziaria 1986
prevede, per il finanziamento dei piani di eliminazione delle barriere
architettoniche, la concessione di prestiti agevolati ma che comunque devono
essere restituiti; la finanziaria del 1988 prevede un finanziamento a totale
carico dello Stato, ma con un tetto massimo prestabilito.
Numerose però sono le incongruenze e le conseguenti
incertezze sollevate dalle leggi finanziarie. Basti ricordare gli equivoci che
sovente sorgono quando si parla genericamente di edifici pubblici, di
Amministrazioni competenti. Inoltre la legge 41/86 non precisa alcuna disposizione
a livello nazionale che individui i criteri, i contenuti, le modalità di
elaborazione, di adozione, di approvazione e di attuazione del nuovo
strumento: il piano di eliminazione delle barriere architettoniche.
È quindi palese la difficoltà delle Regioni ad
operare al riguardo; inoltre dovendo le stesse nominare dei commissari ad acta,
ai quali attribuire le competenze della funzione sostitutiva, esse devono
individuare le linee essenziali e gli elementi di fondo del piano per
l'eliminazione delle barriere architettoniche.
Per quanto riguarda la Regione Piemonte, essa è
chiamata ad operare per l'eliminazione delle barriere architettoniche proprio
da un disposto regionale: la legge del 23.8.1983 n. 20 «Indirizzi e normative
per il riordino dei servizi socio-assistenziali della Regione Piemonte»;
all'art. 7 dice: «La Regione, nell'ambito delle proprie competenze, opera per
l'abolizione delle barriere architettoniche, in particolare per quanto attiene
gli edifici pubblici, i luoghi di pubblico spettacolo, i mezzi di trasporto ed
i servizi pubblici in genere, ai sensi del D.P.R. 27.4.1978, n. 384: in tale
ambito promuove le necessarie iniziative per l'adeguamento delle strutture e
dei servizi esistenti o in corso di realizzazione.
«A tal fine, a decorrere dalla data di entrata in
vigore della presente legge, per la concessione dei finanziamenti previsti da
leggi regionali per la costruzione e l'adeguamento delle strutture dei servizi
di cui al comma precedente, viene richiesta la rispondenza dei progetti alle
sopraddette norme.
«I Comuni, nell'adozione dei piani urbanistici e
nella redazione dei piani di zona, adeguano la localizzazione e la sistemazione
degli edifici pubblici e degli spazi di uso pubblico alle norme del D.P.R.
27.4.1978, n. 384».
In data 31.7.1987, e quindi a distanza di oltre un
anno dall'emanazione della legge 41/86, il Consiglio regionale del Piemonte approva
l'ordine del giorno n. 336, in cui si affronta il problema barriere
architettoniche, che impegna la Giunta a prendersene carico.
A titolo informativo, tale o.d.g. (riportato sul n.
83/1988 di Prospettive Assistenziali
a pag. 53) è inviato a tutti i Comuni della Regione.
A seguito di tale iniziativa la Giunta ha incaricato
l'Assessorato agli Enti locali di occuparsi della materia.
Agli inizi del 1988 tale Assessorato ha inviato agli
enti interessati dalla legge 41/86 una lettera (seguita da un'altra a metà
anno) nella quale si chiedevano informazioni relative alla presenza o meno di
barriere architettoniche nelle strutture pubbliche o aperte al pubblico e si
richiedeva l'invio del piano di eliminazione delle barriere architettoniche,
se già adottato.
Dall'esame del materiale pervenuto in Regione,
proveniente dalle Amministrazioni contattate, emerge, a fine anno 1988, il
seguente quadro: solo il 48% degli Enti ha risposto alle sollecitazioni della
Regione (590 risposte su un totale di 6 Province e 1209 Comuni).
Il 51 % delle Amministrazioni che hanno risposto
rivela di essere in varia misura sensibile al problema dell'eliminazione delle
barriere architettoniche, il 49% dichiara di non aver preso in esame il
problema. Le risposte del primo gruppo di Amministrazioni si possono così
suddividere: l'8% ha adottato i piani, il 12% ha il piano in studio o in
elaborazione, il 9% ha intenzione di predisporlo, il 22% non è in grado di
approntare il piano o per mancanza di fondi o perché ritenuto non necessario
in quanto non esistono barriere architettoniche o per motivi tecnici, strutturali
e per vincoli storici o infine perché le strutture sono già a norma di legge.
All'interno di questo panorama molto vario e di
realtà comunali molto differenti tra loro per ampiezza demografica, situazione
geografica, sociale e produttiva, ricordiamo che ad oggi il grande assente
nella predisposizione del piano di eliminazione delle barriere architettoniche
è il Comune di Torino, che ha scelto un'altra strada, comunque difforme da
quella prevista dalla legge 41/8G. Il Comune ha preparato un piano di
eliminazione delle barriere negli edifici scolastici e in particolare solo in
una parte di essi, quelli comprendenti i livelli scolastici dell'obbligo
(elementare e media inferiore). Per il resto dichiara di eliminare le barriere
architettoniche all'interno degli interventi di manutenzione straordinaria.
Da queste brevi note si evince, tra l'altro, che le
disposizioni della legge finanziaria del 1986 per l'eliminazione delle barriere
architettoniche sono risultate poco conosciute, forse perché inserite in una
legge statale estremamente vasta e onnicomprensiva.
La situazione in Lombardia, a fine 1987, non è molto
più confortante di quella piemontese: su 1676 enti (9 Amministrazioni
provinciali, 1546 Comuni, 10 IACP, 80 USSL, 31 Comunità montane) soltanto 497
(cioè il 29%) hanno risposto ad una circolare della Regione Lombardia dicendo
di aver adottato il piano (3).
Poiché a quella data la Regione Lombardia non si era
ancora mossa per via amministrativa sul modo di elaborare i piani e poiché
molti piani risultavano sommari, lacunosi (spesso solo degli elenchi di
interventi senza esplicazione di priorità e senza programma di intervento), il
Comitato regionale lombardo per l'eliminazione delle barriere architettoniche
ha elaborato un piano-tipo, segnalandolo all'Assessorato regionale ai Lavori
Pubblici perché lo facesse proprio e lo indicasse alle Amministrazioni locali
competenti.
Tale piano prevede i1 censimento generale delle
strutture pubbliche e di uso pubblico che presentano barriere architettoniche,
il programma triennale o quinquennale degli interventi, il preventivo
economico e la richiesta di finanziamento degli interventi.
Anche la Regione Lazio ha richiesto l'invio dei piani
adottati (circolare n. 2480 del 12.1.1987 a firma del Presidente della Giunta
regionale e n. 6 del 14.1.1987 dell'Assessorato ai Lavori Pubblici) per
verificare l'osservanza delle disposizioni impartite dalla legge 41/86 s per
sollecitare le Amministrazioni che non avevano ancora adottato alcun
provvedimento.
A più di un anno dalla scadenza prevista dalla
finanziaria, sono arrivate alla Regione solo una ottantina di risposte su 380
Amministrazioni (5 Province, 375 Comuni): di queste la metà consiste in note
interlocutorie, risultando così trasmessi solo circa 40 piani veri e propri
(4).
La Regione Lazio con le circolari emanate ha voluto
permettere di accelerare i tempi per la redazione e l'adozione dei piani.
In esse si precisa che i piani devono riguardare
tutti gli edifici soggetti all'applicazione delle disposizioni della legge
41/86, devono individuare la spesa presunta per la realizzazione di ogni
intervento, devono prevedere, in rapporto al numero di edifici da adeguare,
un'organizzazione cronologica degli interventi nell'ambito, se necessario, di
piani pluriennali di attuazione.
Nel caso di piani pluriennali si è indicato che è
necessario dare la priorità ad interventi che prevedono l'eliminazione delle
barriere architettoniche in edifici che:
- offrono servizi di livello provinciale e intercomunale;
- forniscono più servizi in modo integrato;
- forniscono servizi di particolare utilità ad
anziani e/o disabili;
- coinvolgono la partecipazione diretta dei cittadini,
in particolare anziani e disabili.
All'interno delle sopraelencate priorità si devono
tenere in particolare conto gli interventi riguardanti gli edifici
socio-sanitari, scolastici, prescolastici e di formazione professionale, gli
edifici per la cultura, lo spettacolo e la vita associativa.
La Regione Piemonte (in particolare l'Assessorato al
Bilancio e agli Enti locali) in analogia a quello effettuato da altre Regioni
(ad esempio la Regione Lazio, l'Umbria) e per fornire risposta alle richieste
avanzate dai Comuni stessi, ha predisposto una circolare esplicativa al fine di
offrire uno strumento di aiuto nella predisposizione dei piani per le
Amministrazioni che non si sono ancora attivate e per accelerare i tempi di
adozione dei piani da parte delle stesse.
Ricordiamo tra l'altro che il Comitato regionale
piemontese per l'eliminazione delle barriere architettoniche aveva invitato
l'Assessorato al Bilancio e agli Enti locali a costituire una banca dati
finalizzata a censire le iniziative dei Comuni nel settore della eliminazione
delle barriere architettoniche ritenendo tale attività di documentazione un
utile supporto conoscitivo per gli Enti locali che si accingono ad avviare
iniziative in questo settore (5).
Ad una prima lettura della circolare della Regione
Piemonte, pare che essa si sia correttamente mossa nel predisporre la
circolare in oggetto, non imponendo un piano-tipo, ma fornendo alcune linee
guida ed alcune indicazioni da tener presente nella predisposizione del piano.
In particolare si ricorda che il piano non è una
serie di progetti esecutivi, bensì un progetto generale che riguarda
indistintamente tutti gli edifici pubblici, comprensivo del preventivo di spesa
e dei tempi di attuazione.
Il
piano deve, tra l'altro, contenere i seguenti elementi:
-
relazione illustrativa generale;
-
censimento di tutte le strutture pubbliche;
-
rilevazione delle barriere architettoniche riguardanti le strutture ed i
percorsi esterni per raggiungerle;
- individuazione delle opere necessarie per l'eliminazione
delle barriere architettoniche ed analisi di fattibilità;
-
costo sommario delle opere e forme di finanziamento previste;
- scheda sintetica riassuntiva di tutte le strutture
e programmazione degli interventi per gruppi di strutture (lotti);
-
elaborati grafici del piano con eventuale documentazione fotografica
dell'esistente;
-
delibera di adozione del piano.
Sono altresì indicate le procedure da seguire. Le
indicazioni sopra elencate per la predisposizione del piano sono precedute da
alcuni concetti fondamentali relativi alla definizione di: barriere
architettoniche, concetto di accessibilità, superamento delle barriere
architettoniche, non creazione di barriere architettoniche, struttura
accessibile, opere esterne, segnaletica. Seguono le indicazioni degli obblighi
di legge e delle agevolazioni derivanti ad Enti locali ed alle USSL dalla legge
41/86.
(*) Ricercatore del Dipartimento
Casa-città del Politecnico di Torino. Ricerca svolta nell'ambito delle ricerche
M.P.I. 60%.
(1) Legge Regione Piemonte 5.12.1977
n. 56, «Tutela ed uso del suolo». Il titolo della legge regionale n. 56/77
modificata dalle leggi n. 61 e 62 del 1984 è il seguente:
«Testo coordinato della legge regionale 5.12.1977 n. 56,
"Tutela ed uso del suolo" e successive modifiche e integrazioni con
le leggi regionali 6.12.1984 n. 61 e 62» (B.U.R.P. 2° suppl. speciale al n. 5,
31.1.1985): gli artt. 32, 39, 52 e 87 trattano del superamento delle barriere
architettoniche.
(2) L'art. 12 della legge 28.1.1977
n. 10, «Norme per la edificabilità dei suoli», prevede che i proventi delle concessioni
siano destinati a realizzare opere di urbanizzazione primaria e secondaria, a
risanare complessi edilizi nei centri storici, ad acquisire aree da espropriare
per la realizzazione dei programmi pluriennali.
(3) I dati sono tratti da «Manuale
per l'abolizione delle barriere architettoniche» in Medicina Democratica,
Milano, n. 64 settembre 1988.
(4) I dati sono tratti dalla
relazione dell'arch. Paolo Quarantelli «La normativa sui piani per
l'eliminazione delle barriere architettoniche: contenuti, adempimenti ed
applicazione delle norme» tenuta a Torino il 14.4.1989 al Corso di
perfezionamento «Progettazione e barriere architettoniche» del Politecnico di
Torino.
(5) Cfr. «Una questione di civiltà» in Notizie della Regione
Piemonte, Torino, n. 2 febbraio 1989.
www.fondazionepromozionesociale.it