Prospettive assistenziali, n. 86, aprile-giugno 1989

 

 

Libri

 

 

C. IMPRUDENTE, A. ANTINI, Handicap e Chiesa - Una ricerca nella realtà bolognese, Rassegna Stampa Handicap, supplemento al n. 2/87, Bologna, 1987, L. 5.000.

 

«Questa ricerca è importante perché è stata fatta», così l'Arcivescovo di Bologna Giacomo Biffi focalizza, nella sua nota introduttiva, il lavoro svolto da Claudio Imprudente e Antonella Antini.

Per chi, handicappato, è emarginato dalla cul­tura, dalla possibilità di «sperimentare» se stes­so e la realtà esterna, è importantissimo «poter fare», al di là della bontà o meno dei risultati. E per poter fare, occorrono spazi e tempi per la propria vita. È questo il filo conduttore della pre­fazione curata da Andrea Pancaldi che colloca la ricerca sullo sfondo dei temi fondamentali che hanno dato vita all'esperienza, ormai quinquen­nle, del Centro di Documentazione sull'handicap AIAS di Bologna.

Antonella Antini fornisce una prima lettura dei risultati della ricerca commentando l'immagine che la comunità ecclesiale bolognese ha nei con­fronti dell'handicap attraverso la decodifica e le tabelle riassuntive dei 250 questionari.

Claudio Imprudente inquadra questo lavoro al­la luce di un cammino in cui la persona handicap­pata non vuole essere «né angelo né demonio» ma persona come le altre, uguale e diversa dalle altre, su una medesima strada di solidarietà e verità.

Completano il volume alcune interessanti in­terviste curate in margine alla ricerca ed infine una breve bibliografia, un invito alla lettura per­ché da questa «prima mietitura», come ricorda Monsignor Biffi, nascano nuove riflessioni, nuove proposte, nuovi impegni.

L'opera di Imprudente e Antini può essere uno stimolo affinché anche la Chiesa accolga nel suo interno la problematica «handicappati».

Al riguardo ricordiamo che il vecchio codice di diritto canonico (vigente fino al 24 gennaio 1983) definiva «irregolari per difetto (...) coloro che, menomati nel corpo, non possono svolgere il mi­nistero dell'altare con sicurezza per la loro inva­lidità o con sufficiente decoro a causa della loro deformità».

Nel nuovo codice di diritto canonico è previ­sto: «Siano promossi agli ordini soltanto quelli che, per prudente giudizio del Vescovo proprio o del Superiore maggiore competente (...) sono do­tati di quelle altre qualità fisiche e psichiche con­gruenti con l'ordine che deve essere ricevuto» (can. 1029).

 

 

AA.VV., Famiglia e salute, Vita e pensiero, Mila­no, 1987, pp. 382, L. 32.000

 

La pubblicazione raccoglie gli atti del convegno internazionale «Famiglia e salute: nuovi orientamenti nelle scienze psico-medico-sociali e nelle organizzazioni sanitarie», promosso dal Centro Studi e Ricerche sulla Famiglia e tenutosi a Milano, presso l'Università Cattolica, nei giorni 3-4-5 novembre 1986.

Il convegno ha avuto come filo conduttore il fatto che con sempre maggiore evidenza è emer­sa l'importanza della famiglia agli effetti della salute personale e collettiva. Afferma Eugenia Scabici «La salute di una comunità locale dipende in buona misura dalla salute psico-fisico-sociale delle sue “reti familiari”. Inoltre la famiglia, così come è importante per la prevenzione della ma­lattia e la promozione della salute, è essenziale per la cura, la riabilitazione e l'assistenza».

Secondo P. Donati, «le indicazioni operative emergenti possono essere così sintetizzate:

«a) si tratta di riportare le famiglie nel Servizio sanitario nazionale come preoccupazione priori­taria e quindi come “fuoco” delle analisi, degli interventi, nonché della preparazione professio­nale degli operatori e della riorganizzazione dei servizi (...);

«b) nell'assumere tale consapevolezza e nel riorientare il Servizio sanitario nazionale bisogna però guardarsi dallo scaricare i problemi sulla famiglia, o peggio ancora incorrere in atteggia­menti di colpevolizzazione. Al contrario occorre ribilanciare le responsabilità tra Stato e famiglia, in modo equo, dal momento che oggi le relazioni sono poco chiare e spesso distorte: in linea di principio, infatti; sembra che lo Stato si assicuri una gran quantità di oneri per la salute delle fa­miglie ed i relativi servizi, ma non è così. Queste sopportano ancora il maggior peso e spesso non trovano nei servizi pubblici (come in quelli pri­vati) un partner efficace, efficiente, sensibile e dialogante, ma invece strutture facili burocrati­smo, inefficaci, inefficienti, insensibili e poco di­sposte a relazioni minimamente reprocicanti».

Dunque conclude P. Donati «il ruolo della fami­glia come tale deve essere presente nei progetti obiettivo e nelle azioni programmate dei piani socio-sanitari».

 

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