SENTENZA SUL DIRITTO ALLA PENSIONE
SOCIALE NEI CASI DI PRESTAZIONE ECONOMICA COMUNALE
Il Pretore di Torino, Sezione Lavoro, ha pronunciato
la seguente sentenza nella causa iscritta al R.G.L. n. 343/86 promossa da
D.B.L. elettivamente domiciliata in Torino, Via Avogadro n. 16, presso lo
studio del Dott. proc. Roberto Martelli, che la rappresenta e difende per
delega a margine del ricorso introduttivo, ricorrente contro INPS - Istituto
Nazionale della Previdenza Sociale, in persona del suo Presidente pro tempore,
rappresentato e difeso dall'avv.to Lita Palmas per procura generale alle liti
del 25-2-81 a rogito notaio Giovanni Moscatelli di Roma, elettivamente domiciliato
in Torino, via Roma n. 222, presso l'Ufficio legale della Sede provinciale
dell'Istituto, resistente.
Oggetto:
ripristino pensione sociale.
CONCLUSIONI DELLE PARTI
Per la ricorrente: «Voglia il Pretore Ill.mo contrariis rejectis, previa se del caso
ammissione di prove per interrogatorio e testi sulle circostanze dedotte nelle
premesse, previa se del caso informativa presso il Comune di Torino,
relativamente al sussidio erogato, dichiarare che la ricorrente è in possesso
dei requisiti richiesti dalla legge per l'erogazione della pensione sociale e,
conseguentemente, condannare l'INPS in persona del suo Direttore pro tempore a
ripristinare alla ricorrente D.B.L., la pensione cat. PS n. 00753422, con
decorrenza dal gennaio 1985, epoca della sospensione, condannando inoltre
l'INPS al pagamento in favore della ricorrente dei ratei non percetti dalla
sospensione logica, con gli interessi legali dalle singole scadenze al saldo.
Con ogni provvedimento conseguente ed inerente. Col favore di spese».
Per il resistente: «Voglia il Pretore, respinta ogni
contraria istanza, eccezione, e deduzione, assolvere l'INPS dalle domande tutte
proposte da D.B.L. con ricorso notificato il 28-1-86».
SVOLGIMENTO DEL PROCESSO
Con ricorso depositato in Cancelleria il 14-1-86,
D.B.L. conveniva in giudizio l'INPS per sentire accogliere le conclusioni in
epigrafe trascritte.
Esponeva di essere titolare di pensione sociale (cat.
PS n. 0753422) dell'ammontare per l'anno 1984 di L. 2.525.000 erogata
dall'INPS; che nel 1984, non riuscendo a sopravvivere col suindicato reddito,
aveva chiesto ed ottenuto dal Comune di Torino un sussidio continuativo di
integrazione al minimo vitale pari, per l'intero anno, a Lire 2.664.000 circa;
che, nel compilare il modello RED, richiesto dall'INPS per accertare il reddito
conseguito da essa pensionata, aveva erroneamente indicato tra i propri
redditi anche il sussidio ricevuto dal Comune di Torino, che, invece, secondo
le istruzioni del modulo stesso non andava indicato; che pertanto l'INPS,
nell'erronea presunzione che essa D.B.L. possedesse redditi superiori a
quanto previsto dalla legge per l'erogazione della pensione sociale, aveva
sospeso, a partire da gennaio 1985, l'erogazione della pensione stessa, non
accettando neppure un nuovo modello RED compilato correttamente; che la propria
posizione, in conseguenza di ciò, era diventata oltremodo precaria, dovendo
essa sopravvivere col solo sussidio comunale, stante l'assenza di qualsiasi
altro reddito.
L'INPS si costituiva in giudizio e contestava la
fondatezza della domanda avversaria, chiedendone la reiezione. Asseriva in
particolare che la revoca della pensione sociale era stata disposta in quanto
il reddito derivante alla D.B.L. dall'assegno comunale (L. 2.664.000) superava
il limite di compatibilità con la pensione stessa, che per l'anno 1984 era
pari a L. 2.571.300.
Espletata l'istruttoria, all'udienza del 13-10-86,
previa discussione orale, la causa veniva decisa come da dispositivo del quale
veniva data immediata lettura.
MOTIVI DELLA DECISIONE
La domanda della ricorrente appare fondata in merito
accoglimento.
La D.B.L., titolare di pensione sociale e priva di
altri redditi, nel 1984 ha chiesto ed ottenuto dal Comune di Torino un sussidio
continuativo di « Integrazione al minimo vitale ».
Il Comune, cioè, ha ritenuto (in base ai criteri
fissati da una propria deliberazione consiliare del 14-2-84 sostitutiva di
altra precedente deliberazione del 22-5-78) che il reddito della ricorrente
fosse insufficiente a soddisfare i più elementari bisogni della vita ed ha
quindi provveduto ad erogarle un sussidio che, integrando la pensione sociale
già in godimento della D.B.L., potesse garantire alla stessa di far fronte alle
proprie esigenze fondamentali (alimentazione; abbigliamento, spese generali,
vita di relazione).
L'INPS, ritenendo che il predetto sussidio (pari nel
1984 a complessive L. 2.664.000) fosse incompatibile con la pensione sociale,
ha revocato la pensione con decorrenza dal mese di gennaio 1985.
Ritiene il Pretore che il provvedimento adottato
dall'INPS sia illegittimo.
L'art. 26 della legge 30 aprile 1969, n. 153 (nel
testo modificato dall'art. 3 del D.L. 2 marzo 1974, n. 30, convertito, con
modificazioni, dalla legge 16 aprile 1974, n. 114) e l'art. 3 della legge 3 giugno
1975, n. 160, che regolano la materia, per la parte che qui interessa
dispongono che:
1) Non hanno diritto alla pensione sociale:
a. Coloro che posseggono redditi propri assoggettabili
all'imposta sul reddito delle persone fisiche - esclusi gli assegni familiari
ed il reddito della casa di abitazione - per un ammontare superiore all'importo
della pensione stessa;
b. Coloro che hanno titolo o rendite o prestazioni
economiche previdenziali ed assistenziali, fatta eccezione per gli assegni
familiari, erogate con carattere di continuità dallo Stato o da altri Enti
pubblici o da Stati esteri (sempre che il loro ammontare superi l'importo della
pensione sociale);
c. Coloro che percepiscono pensioni di guerra (di
ammontare superiore all'importo della pensione sociale), fatta eccezione
dell'assegno vitalizio annuo agli ex combattenti della guerra 1915/ 1918 e
precedenti;
2) Hanno diritto alla pensione sociale ridotta in
misura corrispondente all'importo delle rendite, prestazioni o redditi
percepiti coloro che percepiscono gli emolumenti predetti, ma di importo
inferiore a quello della pensione sociale.
Poiché ai sensi del 3° comma dell'art. 34 del D.P.R.
29 settembre 1973, n. 601 (disciplina delle agevolazioni tributarie) «i sussidi
corrisposti dallo Stato o da altri Enti pubblici a titolo assistenziale sono
esenti dall'imposta sul reddito delle persone fisiche», non c'è dubbio che le
somme erogate alla D.B.L. dal Comune di Torino, proprio perché costituiscono
pacificamente sussidi di carattere assistenziale, non sono soggette ad IRPEF e
non possano quindi farsi rientrare fra i redditi di cui al precedente n. 1
lett. a.
Ne consegue che la revoca della pensione a danno
della ricorrente non può trovare legittimo fondamento nella norma di cui al 1°
comma dell'art. 26 L. n. 153/60 (nuovo testo), che considera esclusivamente i
redditi soggetti a IRPEF.
Deve allora dedursi che il provvedimento di revoca
sia stato adottato in quanto si è ritenuto che la ricorrente rientri tra «coloro
che hanno titolo a prestazioni economiche assistenziali erogate con caratteri
di continuità» da un Ente pubblico diverso dallo Stato, posto che il sussidio
in questione certamente non è rendita, né una prestazione previdenziale, né
una pensione di guerra.
La tesi dell'INPS non appare però convincente e non
può essere condivisa.
Ritiene infatti il giudicante che il legislatore,
usando l'espressione «coloro che hanno titolo» per identificare i soggetti
esclusi dal diritto alla pensione sociale, abbia voluto riferirsi soltanto alle
persone titolari di un vero e proprio diritto soggettivo alle prestazioni
considerate, comprese quelle assistenziali.
Se così non fosse, il legislatore verosimilmente
avrebbe usato espressioni diverse, del tipo «coloro che percepiscono
prestazioni ecc.».
Va per tanto affermato che l'esclusione dalla
pensione sociale non può essere disposta in presenza di prestazioni economiche
assistenziali che si ripetano nel tempo, ma non siano correlate al diritto del
percepiente di riceverle e possano quindi venir meno in qualunque momento per
deliberazione discrezionale dell'Ente erogatore.
Tale interpretazione appare in linea con la «ratio» della norma, che è quella di
escludere dalla pensione sociale soltanto coloro che, per altra via,
beneficiano di prestazioni assistenziali analoghe e cioè di prestazioni che
come la pensione sociale siano non solo continuative ma anche obbligatorie per
l'ente erogatore, costituendo un vero e proprio diritto soggettivo per
l'interessato.
Orbene, nel caso di specie il sussidio concesso alla
ricorrente, pur essendo continuativo (nel senso che non si tratta di erogazione
«una tantum»), non ha certamente il carattere dell'obbligatorietà.
Tale provvidenza, infatti, è stata concessa in base
ad una deliberazione del Consiglio Comunale di Torino e può essere
discrezionalmente soppressa in qualunque momento in forza di altra
deliberazione che riconsideri, per qualsiasi motivo, l'opportunità di mantenere
l'erogazione del beneficio in questione (cfr. lett. 18-9-1985 del Comune di
Torino diretta all'INPS e prodotta in copia dalla ricorrente, nonché
deposizione della teste Masiello Maria Antonietta, funzionario del Comune di
Torino).
Poiché la D.B.L. non può giuridicamente opporsi
all'eventuale soppressione del sussidio che fosse disposta dall'ente erogatore,
è evidente che essa non è «titolare» di alcun diritto soggettivo, ma più
semplicemente ricevere di fatto la prestazione benevolmente concessa dal Comune
di Torino.
Deve pertanto concludersi che non ricorrano nel caso
di specie le condizioni previste dalla legge (art. 26, 2° comma, n. 1 L. n.
153/69) per l'esclusione dal diritto alla pensione sociale.
Conseguentemente l'INPS deve essere condannata a
ripristinare la pensione sociale a favore della ricorrente dalla data della
sospensione, nonché a corrispondere alla stessa i ratei scaduti e non
percepiti, con gli interessi legali dalle singole scadenze al saldo.
Le spese di giudizio seguono la soccombenza e sono
liquidate come in dispositivo.
P. Q. M.
il Pretore di Torino - Sezione Lavoro, visto l'art.
429 c.p.c.
- Dichiara che la ricorrente D.B.L. è in possesso
dei requisiti richiesti dalla legge per l'erogazione della pensione sociale;
- Condanna, per l'effetto, l'INPS a ripristinare a
favore della D.B.L. la pensione sociale dall'epoca della sospensione;
- Condanna l'INPS al pagamento in favore della
ricorrente dei ratei scaduti e non percepiti della stessa pensione dalla
sospensione ad oggi, con gli interessi legali dalle singole scadenze al saldo;
- Condanna l'INPS al pagamento delle spese di
giudizio a favore della ricorrente liquidandole L. 450.000.
Torino,
6 novembre 1986.
Il Pretore
Dott. Giovanni Filocamo
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