Prospettive assistenziali, n. 87, luglio-settembre
1989
CONFERENZA EPISCOPALE ITALIANA
Pubblichiamo
integralmente l'importantissimo documento inviato in data 19 luglio 1989 dal
Segretario Generale della Conferenza Episcopale Italiana, Mons. Camillo Ruini,
a tutti i Vescovi affinché lo esaminino e ne informino la comunità cristiana ed
i suoi organismi.
Rileviamo
solamente che, forse per un errore materiale, è indicato in 60 mila il
fabbisogno degli infermieri professionali per la realizzazione dell'ospedalizzazione
a domicilio e dell'assistenza domiciliare integrata; a nostro avviso 6 mila
sarebbero sufficienti. Inoltre, poiché i servizi domiciliari riducono i
ricoveri ospedalieri, non si dovrebbe parlare di infermieri «aggiuntivi» per
gli interventi prestati a casa dei pazienti.
Testo del documento
La Consulta sanitaria e la Consulta delle Opere
Caritative e assistenziali hanno esaminato in riunione congiunta i problemi
degli anziani non autosufficienti, alla luce dei documenti pontifici, degli
indirizzi dati dal S. Padre alla Conferenza Internazionale su «Longevità e
qualità della vita» del novembre 1988, di alcuni documenti di Vescovi italiani
e delle indicazioni emerse dal Convegno ecclesiale «A servizio della vita umana»
e sono giunte ad alcune indicazioni pastorali comuni:
1. Le persone anziane, anche non autosufficienti,
hanno bisogno e diritto di rimanere il più possibile nel proprio ambiente di
vita, dove hanno i loro punti di riferimento nelle persone e nelle cose e i
residui legami affettivi, per poter mantenere il desiderio e la forza di vivere
e portare a termine in modo umano il loro cammino terreno.
2. È compito particolare della Chiesa educare le
famiglie a mantenere presso di sé le persone anziane nel limite del possibile; in
conformità all'insegnamento biblico e agli indirizzi del Concilio e degli
altri documenti del magistero, partendo dall'educazione in tal senso dei
bambini e dei giovani.
3. Occorre però tener presente la famiglia così com'è
oggi, con pochi figli, con pochi spazi, con molte esigenze indotte di vita e
perciò più debole e più limitata del passato ad assolvere a questo compito.
È necessario pertanto stimolare il supporto e la
solidarietà di base di tutta la comunità cristiana e contemporaneamente
stimolare la società civile a sviluppare i servizi sul territorio (assistenza
domiciliare integrata, centri diurni, ecc.) a sostegno della famiglia: il
volontariato può essere una preziosa integrazione dei servizi alla famiglia sul
territorio.
4. In particolare la comunità cristiana può dare un
sostegno alla famiglia che ha a carico persone anziane:
- facendo conoscere a tutta la comunità la situazione
degli anziani nella propria comunità;
- rendendoli presenti al ricordo della comunità
nella catechesi e nella preghiera comune;
- promuovendo l'aiuto reciproco da famiglia a
famiglia;
- orientando le congregazioni religiose e il volontariato
verso i servizi domiciliari a sostegno della famiglia;
- compiendo una contemporanea azione sulle
istituzioni pubbliche perché sviluppino i servizi di supporto alla famiglia
nel territorio;
- avviando, dove è possibile, nelle parrocchie
piccole strutture di accoglienza degli anziani che non hanno più nessuno, come
segno esemplare e come espressione di fraternità di tutta la comunità
parrocchiale.
5. La solidarietà cristiana dovrebbe inoltre proporre
e sollecitare le vocazioni professionali di servizio, in particolare di
infermieri, come è stato fatto in qualche regione dalla Consulta sanitaria
regionale, d'intesa con la Conferenza Episcopale.
Attualmente negli ospedali, secondo i calcoli del
Ministero della Sanità, mancano 80.000 infermieri; inoltre per realizzare
l'assistenza domiciliare integrata occorrono altri 60.000 infermieri. Una dignitosa
ed efficace assistenza alle persone anziane non autosufficienti, è condizionata
dalla disponibilità di questi operatori.
È necessario però contemporaneamente richiedere alle
sedi di formazione di dare una preparazione adeguata per l'assistenza agli anziani
e per altro verso richiedere che sia migliorato il trattamento degli
infermieri, così da riconoscere effettivamente il carico e la gravosità del
lavoro: è un modo indiretto ma reale di riconoscere valore e dignità alla
persona degli anziani.
6. Una particolare cura è da riservare all'assistenza
religiosa degli anziani non autosufficienti, non solo nelle case di riposo ma
anche quando sono a casa loro, sia visitandoli spesso, sia valorizzando la loro
vita e le loro sofferenze durante la liturgia e nella preghiera comune.
L'assistenza religiosa degli anziani dovrebbe essere
!`impegno di tutta la comunità cristiana e ad esso dovrebbe essere orientata
anche l'attenzione del volontariato di ispirazione cristiana.
La cura della comunità cristiana per gli anziani non
autosufficienti diventa un'azione contro la cultura della loro rimozione,
propria della società consumistica.
7. Le Congregazioni religiose sono chiamate a dare un
segno esemplare con due scelte coraggiose:
la
scelta preferenziale dei non autosufficienti;
la
scelta dei servizi a sostegno della famiglia.
8.
In coerenza e attuazione di quanto detto finora, si chiede alle istituzioni
pubbliche:
di
riservare agli anziani non autosufficienti la priorità dei propri interventi;
di dare precedenza e preferenza all'assistenza
domiciliare integrata, all'ospedalizzazione a domicilio, ai servizi diurni sul
territorio;
di mantenere per quanto possibile di piccole
dimensioni le strutture residenziali, quando si rendono necessarie, in modo da
evitare lo sradicamento degli anziani dal loro ambiente, anche se i costi di
costruzione e di gestione sono superiori: deve prevalere la preoccupazione per
la qualità della vita;
- di garantire nelle piccole strutture residenziali
gli indispensabili servizi sanitari per non privare l'anziano malato cronico
del diritto alla salute: la scienza dimostra che non esistono malati
incurabili;
di assumere una edilizia che consenta anche agli
anziani non autosufficienti la permanenza nel loro ambiente di vita.
9.
Gli anziani autosufficienti, in quanto anziani non sono un problema.
Il problema caso mai è nella famiglia e nella società
che non sanno più riconoscere loro uno status e un ruolo, quando sono
estromessi dalla attività produttiva.
I loro bisogni non si risolvono con l'assistenza
(feste, viaggi, ferie) ma con una diversa organizzazione della vita (casa,
lavoro, ecc.) che consenta loro di vivere come gli altri in mezzo agli altri.
La comunità cristiana può dare segni esemplari
riconoscendo loro ruoli autentici nei vari servizi della comunità stessa.
Può inoltre promuovere e favorire la loro auto-organizzazione
per l'autotutela dei loro diritti e della loro dignità.
10. Per rispettare la globalità della persona e dei
suoi bisogni è necessario favorire l'integrazione dei servizi sanitari e sociali,
come è esplicitamente richiesto dal Progetto obiettivo anziani.
Occorre
sollecitare l'integrazione anche nelle istituzioni pubbliche.
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