Prospettive assistenziali, n. 87, luglio-settembre
1989
SCHEMA Dl DECRETO DEL MINISTERO
DELLA SANITA’ PER L'ISTITUZIONALIZZAZIONE DI ANZIANI E DI HANDICAPPATI
Certamente positiva è la decisione del nuovo Ministro
della sanità di far controllare gli istituti di ricovero per anziani dai
carabinieri dei Nas.
Medicinali scaduti, presenza di scarafaggi nelle
cucine, escrementi di topo nei cibi, sporcizia, locali fatiscenti, sono alcune
delle situazioni rilevate.
Sono rimasti in ombra (o sono stati volutamente
dimenticati?) altri problemi assai gravi quali: la gestione degli istituti da
parte di organismi assistenziali, nonostante che i ricoverati siano malati (le
case di riposo che, con la licenza a funzionare come alberghi, ricoverano
persone inferme non devono essere denunciate per «esercizio abusivo di attività
sanitarie»?), (a violazione delle norme relative alla prevenzione ed
estinzione degli incendi, l'assenza di standards nazionali e regionali
concernenti strutture (1) e personale (2), la deportazione assistenziale dei
ricoverati costretti a entrare per mancanza di altre soluzioni in strutture
situate anche molto lontano dalla loro abitazione di provenienza con reali
difficoltà o impossibilità dei familiari di assicurare una presenza costante,
il ricovero imposto dall'assenza o carenza di servizi alternativi
(assegnazione alloggi, ospedalizzazione a domicilio, assistenza economica e
domiciliare, ecc.).
Purtroppo tutto ciò non avviene per caso, in quanto
attualmente in molte zone prevale ancora la linea dell'istituzionalizzazione
degli anziani e degli handicappati.
Decreto sulle residenze sanitarie
assistenziali
Com'è noto l'art. 20 della legge 11 marzo 1988 n. 67
(finanziaria 1988) stabilisce alla lettera f) la «realizzazione di 140.000 posti in strutture residenziali, per anziani
che non possono essere assistiti a domicilio e nelle strutture di cui alla
lettera e) (3) e che richiedono
trattamenti continui».
Sempre in base all'articolo sopra citato «tali strutture di dimensioni adeguate
all'ambiente secondo standards che saranno emanati a norma dell'art. 5 della
legge 23 dicembre 1978, n. 833 (4), devono
essere integrate con i servizi sanitari e sociali di distretto e con
istituzioni di ricovero e cura in grado di provvedere al riequilibrio di
condizioni deteriorate. Tali strutture, sulla base di standards dimensionali,
possono essere ricavate anche presso aree e spazi resi disponibili dalla
riduzione di posti letto ospedalieri».
Nonostante le precise indicazioni dell'art. 20 della
legge 11 marzo 1988 n. 67, che si riferisce esclusivamente agli «anziani non
autosufficienti» (5), nello schema di decreto sottoposto dal Ministro della
sanità al parere del Consiglio sanitario nazionale, la residenza sanitaria
assistenziale (criterio n. 1) è definita «una
struttura extraospedaliera finalizzata a fornire accoglimento, prestazioni
sanitarie, assistenziali e di recupero a persone anziane o disabili,
prevalentemente non autosufficienti, per le quali sia stata comprovata la
mancanza di un idoneo supporto familiare che consenta di erogare al domicilio i
trattamenti sanitari continui e la assistenza necessaria».
Dunque in base allo schema di decreto predisposto
dal Ministero della Sanità, nelle residenze sanitarie assistenziali (RSA)
possono essere ricoverati persone autosufficienti e non autosufficienti, sia
anziane, sia minori o adulti handicappate.
Com'è ovvio, non sono assolutamente assimilabili le
esigenze degli anziani non autosufficienti per patologie fisiche, quelle degli
anziani non autosufficienti per patologie psichiche, quelle per disabili (ciechi,
sordi, motulesi, insufficienti mentali, ecc.).
D'altronde è ovvio che sono estremamente diverse le
necessità degli anziani e disabili autosufficienti rispetto alle stesse
persone non autosufficienti.
Collocare in una stessa struttura, che può avere
anche 120 posti, anziani autosufficienti e non autosufficienti con malattie e/o
esiti di malattia fisica o con patologie psichiche, disabili minori e adulti
non autosufficienti e autosufficienti; significa creare vere e proprie
strutture di emarginazione (quando non di segregazione) della fascia più
bisognosa della popolazione, e; nello stesso tempo, meno in grado di
autodifendersi.
Inoltre va rilevato che il Ministero della sanità non
ha, né deve avere alcuna competenza sugli anziani autosufficienti (esclusi
ovviamente gli interventi da praticare quando hanno esigenze derivanti da
malattie, infortunio o loro esiti). Anche per tutti gli handicappati
autosufficienti in tutto o in parte vale quanto detto sopra.
Pertanto nelle RSA dovrebbero essere ammessi solo
gli anziani non autosufficienti per motivi di salute (6).
Di qui l'esigenza di una corretta definizione dell'utenza.
A nostro avviso, come abbiamo più volte scritto, riteniamo che gli anziani
cronici non autosufficienti possano essere definiti come persone colpite da
malattie le cui conseguenze si prolungano nel tempo e determinano limitazioni
notevoli della loro autonomia (impossibilità di camminare, incapacità di
alimentarsi da sole, incontinenza urinaria e/o sfinterica, ecc.).
Si tratta dunque di soggetti che, a causa della
gravità delle loro condizioni fisiche e/o psichiche, hanno bisogno di cure e
nello stesso tempo non sono in grado di provvedere a se stesse se non con
l'aiuto totale e permanente di altri soggetti.
Nei casi più gravi, il malato cronico non autosufficiente
ha bisogno dell'intervento di altre persone per soddisfare esigenze che non è
nemmeno in grado di manifestare (fame, sete, caldo, freddo, ecc.).
Altri aspetti negativi dello schema di
decreto
Troppo elevato è il numero delle persone che si
intende ricoverare nelle RSA: 60 soggetti aumentabili a 120.
Noi riteniamo che la capienza massima debba essere di
40-50 posti (7), affinché queste strutture siano inserite nel contesto
abitativo di provenienza degli utenti, per evitare che esse assumano una
configurazione di «ghetto» e per consentire che, soprattutto nelle zone con
popolazione sparsa, i familiari possano accedere quotidianamente alla
struttura, fatto che consente ai pazienti di continuare a beneficiare dell'apporto
affettivo dei loro cari.
Per i soggetti che soffrono di disturbi psichici non
ci sembrano idonee le RSA, anche di dimensioni ridotte. Riteniamo di gran
lunga preferibili le comunità alloggio di 7/8 posti.
Infatti chi soffre di disturbi psichici ha bisogno
non tanto di un letto: ha bisogno di un luogo protetto in cui ristabilire
l'equilibrio fra se stesso e il mondo (8).
Poiché i ricoverati sono -anziani malati, anzi molto
malati, le RSA devono essere gestite dal settore sanitario e non da quello
assistenziale. Sotto questo aspetto - di fondamentale importanza - lo schema
di decreto non è chiaro.
Non ci dovrebbero essere differenze negli standard
delle RSA, qualsiasi sia l'ente gestore (USL, privati convenzionati, privati
non convenzionati) (9).
RSA e interventi domiciliari
Nell'art. 20 della legge 11 marzo 1988 n. 67 è
previsto che nelle RSA possono essere ricoverati solo anziani «che non possono essere assistiti a
domicilio».
Ovviamente c'è il pericolo che, se i servizi domiciliari
(10) non sono istituiti, la soluzione obbligata sia il ricovero in RSA.
Ad evitare questa situazione, lesiva delle esigenze
e dei diritti delle persone, sarebbe necessario che venisse prevista la
seguente norma: «Nei casi in cui l'USL
non sia in grado di fornire i trattamenti domiciliari sanitari, essa è tenuta a
erogare al paziente ospedalizzato a domicilio un contributo economico
corrispondente al costo medio del servizio di ospedalizzazione a domicilio».
La posizione del Sindacato
Lo schema di decreto verrà sottoposto al parere del
Consiglio sanitario nazionale. t auspicabile che in quella sede i
rappresentanti di CGIL, CISL, UIL, intervengano decisamente a difesa degli anziani
e degli handicappati.
Sul piano generale va riconosciuto che vi è stata una
positiva evoluzione delle posizioni del Sindacato (11), anche se finora il
Sindacato stesso non ha mai assunto iniziative di vera vertenzialità sul
diritto degli anziani cronici non autosufficienti alle cure sanitarie, sulla
priorità dell'ospedalizzazione a domicilio, sull'illegalità del pagamento da
parte degli interessati e dei loro familiari di contributi economici spesso
salatissimi (anche 50 mila lire al giorno) per il ricovero in istituti
assistenziali, ricovero che è gratuito nelle strutture sanitarie ai sensi delle
leggi vigenti.
Certamente apprezziamo le iniziative, quali quelle assunte
dalla CISL di denuncia dei «cronicari fuorilegge»; sono positive le
affermazioni contenute nella piattaforma rivendicativa unitaria dei pensionati
CGIL, CISL, UIL in cui, fra l'altro, si chiede che le residenze «siano strutture sanitarie decentrate sul
territorio e dotate di personale inquadrato negli organici della sanità»,
ma - come abbiamo detto - si tratta solo di affermazioni che non sono ancora
state inserite in un piano di azione nei confronti del Governo, delle Regioni,
dei Comuni e delle USL.
(1) Sono ancora numerose le strutture
assistenziali con cameroni di 30-40 posti letto.
(2) Siamo al punto in cui gli addetti
alle case di riposo, dirigenti compresi, possono essere analfabeti!
(3) Si tratta di poliambulatori
extra-ospedalieri e degli ospedali diurni.
(4) L'art. 5 della legge 833/1978
prevede che le funzioni di indirizzo e coordinamento attinenti ad esigenze di
carattere unitario possono essere adottate mediante decreto del Presidente del
Consiglio dei Ministri, d'intesa con il Ministro della sanità, sentito il
Consiglio sanitario nazionale.
(5) Si noti che nel testo del disegno
di legge per la finanziaria 1988 presentato dal Governo, era prevista la «realizzazione di 140.000 posti letto per
anziani e soggetti non autosufficienti» e che il Parlamento soppresse le
parole «e soggetti».
È vero che la dizione «anziani e
soggetti non autosufficienti» compare nelle prime righe dell'art. 20 della
legge 11 marzo 1988 n. 67, ma si tratta della parte dell'articolo priva di
contenuti normativi. In ogni caso, in nessuna parte della legge, compare la
dizione «disabili».
(6) Certamente non quelli non
autosufficienti per insufficienza di mezzi economici, per mancanza di una
idonea abitazione o per altre cause sociali.
(7) Si veda il 2° documento del
gruppo CSPSS-ISTISSS «Criteri guida per gli interventi sanitari relativi alle
persone gravemente non autosufficienti e indicazioni in merito agli
interventi domiciliari, semi residenziali, residenziali», in Prospettive assistenziali, n. 79,
luglio-settembre 1987.
(8) Ibidem.
(9) Ci sembrerebbe logico che i
finanziamenti statali non fossero destinati alle strutture private non convenzionate.
(10) In primo luogo l'ospedalizzazione
a domicilio.
(11) Cfr. «Il Sindacato pensionati
CGIL contro il diritto degli anziani cronici non autosufficienti alle cure
ospedaliere», in Prospettive
assistenziali, n. 75, luglio-settembre 1986 e «Il diritto degli anziani
cronici alle cure ospedaliere: una lettera dei Sindacato Pensionati CGIL - La
nostra risposta», ibidem, n.. 76, ottobre-dicembre 1986.
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