Prospettive assistenziali, n. 88, ottobre-dicembre
1989
LE PROFONDE CONTRADDIZIONI DEL PCI
IN MATERIA DI ANZIANI CRONICI NON AUTOSUFFICIENTI
Mentre il gruppo PCI del Consiglio comunale di Torino
riconosce, finalmente, il diritto degli anziani cronici non autosufficienti
alle cure sanitarie (cfr. la proposta di deliberazione di cui all'allegato
1), l'Assessore ai servizi sociali della Regione Emilia Romagna, Elsa
Signorino, del PCI predispone per il Coordinamento degli Assessori regionali
all'assistenza un documento estremamente inquietante.
Infatti, con tale documento si richiede che le
strutture relative ai 140 mila posti letto per anziani non autosufficienti
siano di competenza del settore assistenziale e non di quello sanitario,
negando in tal modo il diritto alla cura e non tenendo nemmeno conto che, ai
sensi della legge 4 agosto 1955 n. 692, i lavoratori hanno pagato e versano
contributi per essere curati anche nel caso di malattie croniche (1).
Per l'Assessore Signorino non è sufficiente aver
versato i contributi durante gli anni di lavoro. Se gli ex lavoratori diventano
cronici non autosufficienti devono pagare una seconda volta la cosiddetta
quota alberghiera che in Emilia Romagna arriva a 50 mila lire al giorno (2).
Appare evidente che le richieste del Gruppo
consiliare PCI di Torino sono diametralmente opposte a quelle dell'Assessore
PCI della Regione Emilia Romagna.
E non si tratta di una differenziazione su un
problema di poco conto, bensì su un aspetto di fondamentale importanza: il
diritto alla salute.
Per l'Assessore Signorino, che è riuscita anche ad
ottenere il consenso degli altri Assessori regionali, essere malati e non
autosufficienti è una cosa se si è giovani e adulti (per questi cittadini non
viene contestata la competenza del settore sanitario); è un'altra cosa se si
tratta di vecchi (per essi la richiesta è il ricovero in cronicari della
pubblica beneficenza, eufemisticamente chiamate ieri «case protette» e oggi «residenze
sanitarie assistenziali»).
Dunque, secondo l'Assessore Signorino, i malati
vanno divisi nei due comparti della sanità e dell'assistenza: i giovani e
adulti devono essere curati e riabilitati; per i vecchi è sufficiente essere
assistiti.
Non crediamo che ci possano essere dubbi sulla
necessità di respingere con fermezza questa impostazione emarginante, che non
considera le persone in base alle loro esigenze, ma fa riferimento all'età per
le soluzioni operative (3).
Altre considerazioni confermano fa finalità
emarginante del documento predisposto dall'Assessore ai servizi sociali
dell'Emilia Romagna:
1. si richiede che i 140 mila posti letto siano
destinati «prevalentemente ad anziani non autosufficienti». Quindi anche ad
anziani autosufficienti in tutto o in parte, per i quali, invece, come
risulta da una infinità di esperienze, vi sono tutte le condizioni culturali,
economiche e tecniche per adeguati interventi domiciliari o residenziali
(comunità alloggio). Si osservi che l'art. 20 della legge 11 marzo 1988 n. 67
precisa che i posti letto devono essere riservati agli anziani non
autosufficienti «che non possono essere assistiti a domicilio»;
2. non c'è una sola parola sugli interventi domiciliari,
né quelli sociali (assegnazioni alloggi, adattamento degli appartamenti), né
quelli assistenziali (assistenza economica, servizio di aiuto domestico), né
quelli sanitari (ospedalizzazione a domicilio), in modo da evitare ricoveri impropri
che rappresentano un atto di vera e propria violenza nei confronti degli
anziani e dei loro familiari e un considerevole spreco di denaro a causa delle
maggiori spese di investimento e di gestione delle strutture residenziali
rispetto agli interventi domiciliari;
3. è deplorevole che per gli anziani non autosufficienti
vengano richieste camere «fino ad un massimo di quattro ospiti», mentre è ormai
pacifico da anni che la capienza massima deve essere di due posti letto;
4. assurda è anche la previsione di un servizio
igienico per «un numero massimo di 4 ospiti». In merito si ricorda che
moltissimi sono gli anziani cronici non autosufficienti con incontinenza
sfinterica e urinaria;
5.
avendo presenti le reali condizioni di salute. degli anziani cronici non
autosufficienti, è ridicola la richiesta che per detti anziani siano previsti
«spazi per le attività collettive di tipo ricreativo culturale». A questo
riguardo ricordiamo quanto aveva affermato Lalla Golfarelli, responsabile delle
politiche sociali del PCI di Bologna al convegno di Pontiglio (BS) del 13
giugno 1988 (4) e cioè che gli anziani cronici non autosufficienti ricoverati
nelle case protette «avrebbero anche la possibilità
di mantenere vive alcune attività di socializzazione come l'andare a teatro,
frequentare circoli, lezioni di inglese» (sic!?!).
Per fornire una testimonianza sulle condizioni degli
anziani cronici non autosufficienti, riportiamo la certificazione rilasciata
in data 24 ottobre 1989 da un medico curante dell'Istituto di ricovero per la
vecchiaia, struttura gestita direttamente dal Comune di Torino: «Il Sig. G.C. di anni 88 è ricoverato in
questo istituto dal 5.5.86. Nella anamnesi ipertensione arteriosa, bronchite
cronica e cataratta bilaterale; nel marzo 1978 episodio di vasculopatia
cerebrale con emisindrome piramidale deficitaria fbc dx. Durante il ricovero in
questo istituto il paziente è stato sottoposto a trattamento riabilitativo protratto.
Il 3.10.89 recidiva di emisindrome piramidale deficitaria tbc dx.
«Dall'ingresso
è stato trattato con digitale, diuretici, fluidificanti del muco bronchiale e
periodicamente con antibiotici e cerebroattivi per via parenterale.
«Notevole
l'impegno del supporto infermieristico. Il paziente non è in grado di
deambulare e non è capace di eseguire autonomamente le principali attività
della vita quotidiana».
Certamente il Sig. G.C. e le altre migliaia di
anziani cronici non autosufficienti attualmente ricoverati, in violazione
delle leggi vigenti, in strutture assistenziali, non sono in grado di andare a
teatro, di frequentare circoli e di imparare l'inglese. Tenuto conto delle
loro condizioni di salute, come potrebbero usufruire degli spazi riservati
alle attività culturali e ricreative richieste dall'Assessore Signorino? Non di
svago hanno bisogno, innanzitutto, ma di veder rispettate le proprie esigenze e
il diritto di essere curati in strutture sanitarie adeguate al loro pessimo
stato di salute.
Allegato 1
PROPOSTA DI DELIBERAZIONE
DEL CONSIGLIO COMUNALE (*)
Oggetto: anziani malati cronici non
autosufficienti ricoverati negli istituti comunali, riconoscimento del
diritto all'assistenza sanitaria e revisione dei criteri delle rette
La ricerca effettuata dal Comune di Torino e dall'USL
1-23 (Stato di salute della popolazione a Torino - Gli anziani a Torino:
conoscenza dei servizi sociali e sanitari, disabilità, cause di ricovero in
Istituto - gennaio 1988) stima che al 1/1/86 gli anziani non autosufficienti
torinesi, ricoverati in strutture comunali e non, fossero circa 1.560 (di
questi circa 1.500 tramite i servizi soci o-assístenziali del Comune).
Sullo stato di salute di questi cittadini e sulla
conseguente esigenza di una adeguata assistenza sanitaria è significativo
quanto riferito nel rapporto informativo sulla situazione dell'Istituto di
Riposo della Vecchiaia del maggio 1987: «... sono presenti presso l'istituto di
Riposo della Vecchiaia n. 355 ospiti non autosufficienti affetti da pluripatologia
che necessitano di cure continuative per la patologia cronica, frequentemente
presentano riacutizzazioni che richiedono interventi sanitari di emergenza e talora
di terapie intensive ...». Dalle tabelle allegate si evidenzia che l'85% dei
ricoverati era affetto da quattro o più patologie.
È ormai convinzione di un vasto arco di forze
(politiche, sindacali, dell'associazionismo, del volontariato, ecc.) che agli
anziani cronici non autosufficienti debba venir finalmente riconosciuto il diritto,
come a tutte le persone malate, di essere curati in modo adeguato dal Servizio
Sanitario Nazionale.
In questo senso il Consiglio comunale recentemente
ha assunto le deliberazioni finalizzate all'utilizzazione ai fini sanitari di
100 posti letto presso l'I.R.V. e 100 posti letto presso la Casa di riposo
«Carlo Alberto».
A questo primo parziale provvedimento, occorre siano
affiancate altre iniziative che garantiscano gli stessi diritti a tutti i
ricoverati attuali ed a quelli che verranno ospitati nelle «case protette»
attualmente in via di progettazione e realizzazione (come ribadito nell'ordine
del giorno votato nel Consiglio comunale dell'11/4/89) che devono corrispondere
ai requisiti previsti per le RSA (Residenze sanitarie assistenziali).
Altrettanto urgente risulta però un impegno specifico
dell'Amministrazione comunale con le dieci UUSSLL torinesi perché sia esteso
rapidamente, su tutto il territorio cittadino, il servizio di ospedalizzazione
a domicilio (istituito dalla U.S.L. Torino 1-23 il 30/10/1984 con delibera n.
1134/41/84) in modo da favorire, come risulta dall'esperienza positiva in atto
all'USL TO-8, la permanenza dell'anziano presso la sua famiglia, evitandone per
quanto possibile l'istituzionalizzazione, garantendo inoltre le cure
riabilitative attraverso servizi territoriali pluridisciplinari.
Per gli anziani malati cronici non autosufficienti
presenti in istituti di ricovero della Città di Torino è sinora invalsa la
prassi - che di fatto nega ad essi il carattere di malati considerandoli alla
stregua dei ricoverati sani - di esigere il pagamento di una retta non
soltanto da parte dei ricoverati stessi ma anche, ove essi non siano in grado
di provvedervi, da parte dei loro familiari; ciò sulla base di un «contratto»
stipulato al momento del ricovero la cui «violazione» può anche portare alla
dimissione dell'anziano.
Ciò appare in contrasto con il diritto alla tutela
sanitaria garantito a tutti i cittadini (che ne finanziano l'esercizio con i
contributi dei lavoratori dipendenti e delle aziende e con le tasse sul lavoro
autonomo, oltreché con l'imposizione fiscale) dalla Costituzione e dalle leggi
in vigore.
In base alla legge 4/8/1955 n. 692 l'assistenza sanitaria
deve essere fornita «senza limiti di durata» alle persone colpite da malattie
specifiche della vecchiaia, ed è a seguito di tale legge che i lavoratori
versano contributi allo Stato che si è impegnato di assicurare i necessari
trattamenti nei casi di malattia acuta e cronica.
La legge di riforma sanitaria (legge 23,112/1978 n.
833) stabilisce esplicitamente che si provveda alla «tutela della salute degli
anziani, anche al fine di prevenire e di rimuovere le condizioni che possono
concorrere alla loro emarginazione» e sancisce che le prestazioni devono essere
fornite a tutti i cittadini qualunque siano «le cause, la fenomenologia e la
durata» delle malattie.
Il carattere della malattia e l'età del malato non
possono quindi in alcun modo costituire un discrimine che precluda il diritto
alle prestazioni sanitarie a carico del servizio pubblico, né certo tale
discrimine può essere costituito dal carattere non strettamente ospedaliero
delle strutture residenziali in cui il cittadino anziano è ricoverato
(essendovi semmai da riscontrare il risparmio per la collettività garantito dai
minori costi di gestione di strutture non ospedaliere).
Da quanto su esposto emerge in modo univoco il pieno
diritto all'assistenza sanitaria per gli anziani malati cronici non
autosufficienti, a carico del S.S.N. e non delle loro famiglie, e la necessità
di operare per una piena assunzione in carico da parte del S.S.N. stesso: tale
principio è stato recepito dalla L.R. 3/5/1985 n. 59 «Piano sociosanitario
della Regione Piemonte per il triennio 1985-1987» ed in questa direzione l'Amministrazione
comunale intende operare per trasferire progressivamente alle UU.SS.LL. la
gestione dei «posti-letto» per non autosufficienti negli istituti di ricovero
e per la realizzazione di R.S.A. gestite dalle UU.SS.LL. Occorre però sin
d'ora operare, anche da parte del Comune, per rimuovere l'attuale situazione
di ingiustizia, in particolare per quanto gravante sui familiari dei
ricoverati.
Per questo si ritiene corretto sin d'ora rimuovere
l'obbligo «contrattuale» per i familiari di ricoverati di contribuire al
pagamento della retta mentre, sinché i «posti-letto» per non autosufficienti e
le future RSA non saranno affidati al S.S.N. e saranno quindi regolati dalla
sua normativa, si ritiene di continuare a trattenere la retta interamente o
parzialmente pagabile da parte del ricoverato (in riferimento alla sua
pensione) senza però che ciò sottragga, agli eventuali familiari a suo carico,
il necessario economico per vivere.
Si ritiene tale decisione conforme alle leggi in
vigore non soltanto con riferimento alle norme già citate che garantiscono a
tutti i cittadini l'assistenza sanitaria ma, pure a voler considerare
assistenziale il carattere dei servizi erogabili da parte di un Comune, in base
alle precise norme che attribuiscono agli Enti locali funzioni assistenziali e
all'inesistenza invece di norme che assegnino tali obblighi ai familiari, con
l'esclusione del Codice civile (peraltro limitatamente all'«obbligo
alimentare») il quale regola i rapporti fra soggetti privati ed è solo da
questi impugnabile.
L'obbligo dei familiari al pagamento della retta
deriva quindi soltanto da un impegno «contrattale» assunto con il Comune, il
quale può quindi liberamente decidere di non richiederne ulteriormente la
sottoscrizione.
Per quanto sopra motivato,
IL CONSIGLIO COMUNALE DI TORINO
delibera
di abrogare la richiesta del contributo dei familiari per il pagamento delle rette degli istituti di ricovero comunali e convenzionati per i ricoverati anziani riconosciuti come malati cronici non autosufficienti e di procedere ad adeguare sulla base di tale decisione i criteri e le procedure di determinazione e di riscossione delle rette.
Torino, 13 ottobre 1989
Allegato 2
DOCUMENTO SUL DECRETO RELATIVO AGLI STANDARD DELLE RESIDENZE SANITARIE ASSISTENZIALI - ART. 20 LEGGE FINANZIARIA 1988 DEL COORDINAMENTO DEGLI ASSESSORI REGIONALI ALL'ASSISTENZA
Il Coordinamento degli Assessori regionali all'assistenza
riunito a Roma il 13.7.1989 esprime preoccupazione per la mancata attuazione
dell'art. 20 della finanziaria 1988 ed in particolare per i ritardi
nell'emanazione del decreto sugli standard previsto alla lettera f) dello
stesso art. 20;
esprime l'esigenza che il decreto in argomento
consenta una rapida attuazione delle risorse previste, anche attivando
procedure per la programmazione degli interventi e per l'accesso ai
finanziamenti specifiche per la realizzazione di strutture residenziali per
anziani;
esprime inoltre l'esigenza che, fatta salva l'autonomia
delle regioni, i finanziamenti possano essere assegnati anche per strutture
residenziali gestite da enti diversi dalle UU.SS.LL., purché convenzionate ed
inserite nei piani regionali; che tali strutture garantiscano con modalità
comuni alle altre strutture socio-sanitarie già funzionanti in molte regioni,
prestazioni integrate sociali e sanitarie (ad evitare possibili e delicati problemi
sulle questioni dei diritti dei cittadini);
esprime infine la necessità che i finanziamenti in
capitale siano rivolti sia per costruire nuove strutture che, soprattutto,
ristrutturare ed adeguare le strutture già esistenti; che di conseguenza i
finanziamenti per spesa corrente vincolata dal F.S.N. siano finalizzati non
solo alle nuove strutture, ma anche e soprattutto alle strutture già
funzionanti, purché:
1)
inserite nella programmazione regionale;
2)
in regola con gli standard dimensionali previsti dal decreto;
3) convenzionate con l'U.S.L. o con il Comune nel
caso di strutture gestite da Comuni, IPAB, altri enti.
Il F.S.N. si farà totale carico degli oneri di gestione
per prestazioni sanitarie (spese per il personale e materiale sanitario di
consumo) e, per i restanti oneri di gestione di una quota non inferiore al 50%
del costo complessivo.
Il coordinamento degli Assessori regionali all'assistenza
vista anche la bozza di decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri e
relativo allegato a) presentato al Consiglio sanitario nazionale in data 13
luglio u.s. ritiene, che tale decreto debba:
1) dare attuazione all'art. 20 della finanziaria 1988
che testualmente alla lettera f) parla di «realizzazione di 140.000 posti in
strutture residenziali per anziani che non possono essere assistiti al
domicilio», di strutture che «devono essere integrate con i servizi sanitari e
sociali di distretto e con istituzioni di ricovero e cura in grado di
provvedere al riequilibrio di condizioni deteriorate», di strutture che
«possono essere ricavate anche presso aree e spazi resi disponibili dalla
riduzione di posti letto ospedalieri».
2) Definire chiaramente che tali strutture sono del
comparto sociale al cui interno vengono garantite prestazioni integrate sia di
carattere socio-assistenziale che sanitario e vengono corrisposti, in
applicazione del decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri
dell'8.8.1985 da parte del F.S.N., oneri sanitari ed a rilievo sanitario.
3) Indicare che, poiché in molte Regioni sono da
tempo avviati programmi per la realizzazione di strutture residenziali per
anziani anche non autosufficienti, gli interventi di cui all'art. 20 sono da
prevedersi sia per nuove costruzioni che per ristrutturazioni e, per quanto
riguarda le ristrutturazioni, sono da ammettersi sia riconversioni di presidi
ospedalieri dismessi che ristrutturazioni di altre strutture del comparto
socio-assistenziale, secondo linee operative indicate dai programmi regionali.
4) Indicare inoltre, che gli Enti beneficiari dell'intervento
di cui all'art. 20, possono essere le UU.SS.LL., i Comuni e le IPAB, purché
Comuni ed IPAB appongano un vincolo di salvaguardia sul patrimonio su cui si
interviene e stiano all'interno, di un programma zonale attuativo della
programmazione regionale. Le Regioni, con la loro regolamentazione, possono
ammettere a finanziamento enti con personalità giuridica ai sensi dell'art.
12 del Codice civile, senza scopo di lucro, purché appongano vincolo di
salvaguardia del patrimonio su cui si interviene, rientrino nella
programmazione regionale e siano convenzionati con gli Enti pubblici in base a
normative regionali.
5) Indicare inoltre che gli interventi di cui all'art.
20 possono essere rivolti, sempre nel rispetto della programmazione regionale,
a tipologie differenziate di residenza anche a diversa integrazione sanitaria
e sociale, purché rivolte prevalentemente ad anziani non autosufficienti.
6) Indicare che l'adeguamento agli standard di cui
all'allegato a) delle strutture già esistenti debba avvenire entro 10 anni
dalla data di entrata in vigore del decreto stesso, anche in coerenza con la
durata del programma pluriennale di intervento di cui all'art. 20 della legge
citata.
7) In relazione all'allegato A) della bozza di
decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, il coordinamento degli
Assessori regionali all'assistenza formula le seguenti proposte di modifica:
Allegato A
Criterio n. 1 - Definizione
La struttura residenziale per anziani (residenza per
anziani) è finalizzata a fornire prestazioni di rilievo sanitario connesse con
quelle socioassistenziali, con tipologie di intervento proprie dei servizi
socio-assistenziali, prestazioni a sostegno dell'attività sanitaria di
prevenzione, cura e/o riabilitazione, in assenza delle quali tale attività
sanitaria non può svolgersi o produrre effetti; la struttura residenziale per
anziani è rivolta a persone per le quali sia stata comprovata la mancanza di
un idoneo supporto familiare che consenta di erogare al domicilio i trattamenti
sanitari e socio-assistenziali necessari.
Criterio n. 2 - Livelli di
autosufficienza e unificazione delle tipologie di struttura residenziale
Sussistono livelli gradualmente differenziati di
autosufficienza che rendono difficile distinguere in maniera tassativa tra
anziani parzialmente autosufficienti e anziani non autosufficienti. Considerando
che l'attività assistenziale e sanitaria tende al recupero di entrambe le
tipologie di assistiti, le strutture residenziali debbono evitare di
riprodurre modelli assistenziali monotipici, prevedendo ospiti di entrambe le
categorie indicate, nel rispetto della priorità di accoglimento delle persone
integralmente non autosufficienti.
Criterio n. 3 - Fruibilità degli spazi
La condizione degli anziani determina una concezione
degli spazi ad essi destinati che non può prescindere dal rispetto di norme
concepite a misura di portatori di handicap.
Di conseguenza nelle strutture residenziali vanno
abolite le barriere architettoniche e lo spazio disponibile va reso fruibile in
modo pieno da tutti gli ospiti delle residenze, siano essi autosufficienti o
non autosufficienti.
L'applicazione del criterio consente alle persone
con maggiore autosufficienza di usufruire di adeguati spazi di relazione per
migliorare la propria condizione di vita, mentre per le persone non
autosufficienti spazi ampi sono indispensabili alle attività assistenziali ed
alle attività ricreative.
Criterio n. 4. - Concezione architettonica
degli spazi
Il rispetto della condizione delle persone anziane
accolte nelle residenze, sulla base della analisi delle esigenze che essi
presentano, nonché alla luce di esperienze italiane ed internazionali,
implica una concezione architettonica e spaziale di tipo nuovo, atta a ricreare
all'interno della struttura condizioni di vita non dissimili da quelle godute
dagli ospiti al proprio domicilio.
Le soluzioni progettuali se ne debbono fare carico,
proponendo la individuazione di spazi privati e personalizzati - articolati
per piccoli nuclei - di ospiti, di dimensioni modulari rispetto agli standard
dei servizi appresso specificati - e di spazi comuni per attività varie. Nella
struttura debbono essere presenti, accanto all'area residenziale zone
dedicate alle relazioni sociali, collegamenti tra le varie aree per agevolare
la mobilità dei presenti e spazi riservati ad attività occupazionali per
impegnare fattivamente gli ospiti, secondo le loro, esperienze ed
abitudini (attitudini).
Criterio n. 5 - Organizzazione funzionale «per
nuclei»
L'organizzazione funzionale «per nuclei» consente di
accogliere nella stessa struttura residenziale persone anziane a diverso
livello di autonomia salvaguardando per tutti; gli aspetti di riservatezza personale
e, nel contempo, offrendo occasioni di socializzazione all'interno del nucleo,
nelle relazioni tra nuclei e nei contatti con i fruitori esterni del Centro
servizi a ciclo diurno, di cui la residenza deve essere possibilmente dotata.
Anche sotto l'aspetto gestionale, l'organizzazione
«per nuclei» dotati di servizi autonomi risulta essere la più idonea per la
migliore assistenza degli ospiti.
Criterio n. 6 - L'area residenziale
L'area residenziale dell'ospite può articolarsi in.
camere e/o alloggi dotati di zona, letto, piano cottura e spazi di
soggiorno/pranzo.
Le camere e gli alloggi sono destinate ad 1 o 2
persone e comunque fino ad un massimo di quattro ospiti nei casi di particolari
esigenze strutturali o assistenziali.
Ogni camera o alloggio deve essere dotato, come
standard preferenziale, di bagno autonomo ed in ogni caso la soluzione
strutturale costituita da camere deve prevedere servizi igienici, a norma del
D.P.R. 384/78, collegati alle camere, in numero minimo di 1 ogni 2 camere, in rapporto
comunque ad un numero massimo di 4 ospiti.
Particolare attenzione va posta alla personalizzazione
della camera o alloggio dotandola di tutti i contrassegni propri delle
abitazioni e consentendo l'inserimento di arredi personali.
Criterio n. 7 - Aree destinate a servizi collettivi
ed attività culturali e di relazione sociale
Le strutture residenziali, oltre ai necessari spazi
per le attività di servizio e per quelle da collocare preferibilmente in
un'area a ciclo diurno, aperta anche alla fruizione della popolazione esterna,
debbono contenere spazi per attività collettive di tipo ricreativo culturale e
di relazione sociale.
Criterio n. 8 - Sicurezza, privacy e tecnologie innovative
All'interno delle residenze una particolare attenzione
va posta al contemperamento tra esigenze di assistenza, prevenzione degli
infortuni, e rispetto della riservatezza degli ospiti. L'uso di tecnologie
innovative, quali sistemi di allarme personale, rilevatori di vario genere.
segnaletiche appropriate, mancorrenti in vista, nonché l'impiego del colore
per fini di caratterizzazione ambientale e oggettuale, sono misure di auspicabile
applicazione, generalizzata o nei casi appropriati; nel rispetto della
«privacy» e della personalità degli ospiti, si deve accrescere il livello di
sicurezza e di fruizione dell'ambiente. È obbligatorio l'impiego di materiali
conformi alle norme di sicurezza.
Criterio n. 9 - Dimensioni ottimali delle residenze
L'interazione dei criteri enunciati ai punti precedenti
porta come conseguenza la opportunità di non differenziare di norma le
residenze per tipologia di ospiti.
L'indirizzo prevalente è quello di articolare le
residenze assistenziali per «nuclei», applicando agli spazi abitativi gli
standard dimensionali unificati appresso indicati, differenziando, invece, i
nuclei in termini organizzativi e di standard del personale, secondo le
tipologie di ospiti prevalenti.
La dimensione ottimale delle strutture residenziali
viene indicata in 60 ospiti, organizzati in tre o quattro nuclei, tenendo conto
delle esigenze di razionalizzazione della gestione e di un corretto rapporto
con l'ambito territoriale di riferimento. Quest'ultimo parametro comporta che,
nelle zone ad alta densità abitativa ed urbana, la ricettività delle residenze
può essere accresciuta fino a 120 ospiti organizzati in nuclei di 20 persone.
L'adozione di valori dimensionali diversi, conseguenti
a normative regionali vigenti deve essere evidenziata nei programmi regionali
di investimento e giustificata negli studi di fattibilità da presentare ai
sensi degli artt. 5 e 7 del D.M. di attuazione dell'art. 20 della legge 11
marzo 1988, n. 67.
Criterio n. 10 - Articolazione delle residenze
Le
strutture residenziali sono da articolare sulla base delle seguenti funzioni:
a)
Area abitativa
-
Camera o alloggi con relativi servizi igienici
b)
Servizi di nucleo (ogni 15-20 ospiti)
- soggiorno - gioco - TV
- cucina
- saletta da pranzo
- locale di servizio per il personale di assistenza
dotato di servizio igienico
- servizio igienico e bagno assistito
c) Centro servizi e servizi di vita collettiva (per
la intera struttura e per le attività sociali, anche ad uso esterno)
-
ingresso/portineria/posta/telefono
-
uffici amministrativi
-
servizi igienici collettivi
-
soggiorno comune/musica/lettura
-
bar/ristorante
-
sala polivalente
-
locali per attività occupazionali
-
locale per il culto
-
parrucchiere/barbiere/pedicure.
d)
Servizi sanitari (per l'intera struttura e ad uso anche esterno):
-
ambulatori
-
fisiochinesiterapia
-
podologo
-
palestra/spogliatoio/deposito
-
servizi igienici.
e)
Locali ausiliari (per l'intera struttura):
-
deposito materiali sanitari
-
camera mortuaria.
f) Servizi generali (per l'intera struttura):
- cucina/dispensa e locali accessori
- lavanderia e stireria
-
spogliatoio del personale con servizi igienici
-
magazzini
-
locale deposito a disposizione degli ospiti
-
deposito biancheria sporca (articolato per piano)
-
deposito biancheria pulita (articolato per piano).
Criterio n. 11 - Standard dimensionali
Gli standard dimensionali cui riferirsi nella
realizzazione delle strutture residenziali sono determinati nelle misure che
seguono:
a)
la superficie totale utile funzionale della struttura è fissata in mq. 40/45
per ospite;
b) per gli standard relativi agli spazi interni alla
struttura si applicano le normative regionali vigenti, ove presenti;
c)
in assenza di normativa regionale si applicano i seguenti standard per le
camere e gli alloggi:
-
per gli alloggi:
-
mq 28 per 1 persona
-
mq 38 per 2 persone
-
mq 52 per 3 persone
-
per le camere (bagno escluso):
-
mq 12 per 1 persona
- mq 18 per 2 persone
- mq 26 per 3 persone
- mq 32 per 4 persone
le restanti aree di attività e dì servizio sono da
dimensionarsi nel computo complessivo dei 40/45 mq per ospite di cui alla
precedente lettera a).
Nel caso di ristrutturazioni sono accettabili misure
in eccesso o in difetto entro il 20% degli standard di cui ai punti a) e c).
(1) Questo elemento risulta in modo
inoppugnabile dai lavori parlamentari. Cfr. F. Santanera, Sancito dalla legge 4 agosto 1955 n. 692 il diritto degli anziani
cronici non autosufficienti alle cure sanitarie, comprese quelle ospedaliere,
in Prospettive assistenziali, n. 73,
gennaio-marzo 1986.
(2) In Piemonte la quota alberghiera
è invece di 20-30 mila lire. L'Emilia-Romagna si caratterizza dunque per oneri
più gravosi a carico dei pazienti.
(3) Circa la nostra posizione in
merito alle residenze sanitarie assistenziali, si veda l'articolo «Schema di decreto del Ministero della
sanità per l'istituzionalizzazione di anziani e di handicappati», in Prospettive assistenziali, n. 87,
luglio-settembre 1989.
(4) Cfr. M.G. Breda, Tre incontri sul problema degli anziani
cronici non autosufficienti, in Prospettive
assistenziali, n. 84, ottobre-dicembre 1988.
(*) La proposta è stata avanzata dai
Consiglieri del PCI Carpanini (Capo-Gruppo), Basaglia, Bajardi e Poli e dai
Consiglieri della Sinistra indipendente Baffert e Tartaglia.
www.fondazionepromozionesociale.it