Prospettive assistenziali, n. 88, ottobre-dicembre 1989

 

 

Notiziario del Centro Italiano per l'adozione internazionale

 

 

OSSERVAZIONE DELLO SVILUPPO PSICOMOTORIO EFFETTUATO SU UN GRUPPO DI BAMBINI DI ETÀ COMPRESA TRA I OUATTRO E GLI OTTO ANNI (parte prima)

 

Il presente lavoro fa parte di una ricerca più ampia riguardante l'evoluzione globale dei bam­bini stranieri adottati in Italia. In particolar mo­do questo rapporto è il risultato dell'osservazione dello sviluppo psicomotorio di un gruppo di 9 bambini di età compresa tra i 4 e gli 8 anni che sono stati inseriti in famiglie adottive da oltre 2-3 anni.

Il progetto di ricerca è stato presentato alle famiglie che hanno adottato i bambini tramite il CIAI - Centro italiano per l'adozione interna­zionale - e portato avanti parallelamente ai la­vori della riunione annuale degli associati a sud­detta istituzione.

I genitori erano stati messi al corrente dell'ipo­tesi e metodologia del lavoro e tutti gli interpel­lati hanno aderito al progetto.

La nostra ipotesi di partenza prevedeva una raccolta di dati obiettivi attraverso attività, alcu­ne delle quali fanno solitamente parte di un esa­me psicomotorio; altre invece, meno strutturate, dovevano poter permettere l'osservazione dei bambini in gruppo (inserimento, attività, proposi­tività, accettazione di regole, ecc.), individual­mente, nel rapporto con i genitori, oppure con altri adulti.

Per varie ragioni, non ci è stato di fatto possi­bile utilizzare un esame psicomotorio tipo; ab­biamo invece cercato di articolare alcune attività di gruppo e prove individuali dalle quali potesse emergere un profilo globale del bambino, pur coscienti che ciò sarebbe andato a scapito di un'in­dagine più profonda e più sistematica.

Le difficoltà incontrate nel portare avanti la no­stra ipotesi di lavoro ci sono state di grande inse­gnamento nell'eventualità di un successivo lavo­ro di verifica o approfondimento.

Con questo lavoro ci si proponeva di racco­gliere informazioni sulla qualità e quantità di at­tività motoria espressa attraverso giochi in grup­po che avevamo previsto liberi; poi, viste le cir­costanze, li abbiamo guidati nel tentativo di offri­re un inizio di conoscenza tra i bambini e creare un rapporto di gruppo che potesse fungere da con­tenitore laddove lo spazio materiale, dove si lavo­rava, era risultato inadatto.

Infatti, contrariamente alle nostre richieste, era stato predisposto uno spazio molto esiguo per poter lavorare con 9 bambini. per cui abbiamo dovuto ripiegare su uno spazio più grande, ma chiuso soltanto parzialmente e perciò poco con­tenitivo, perché offriva ai bambini meno struttu­rati molte possibilità di evasione e di attacco all'attività e al gruppo.

Abbiamo pure pensato di raccogliere delle in­formazioni su capacità specifiche dando delle consegne, per esempio di saltare, con lo scopo da un lato di vedere le singole capacità del bam­bino e dall'altro di osservare quanto ognuno pre­sentasse o meno difficoltà nell'aderire ad una consegna e organizzare un'attività.

Infine, per la valutazione dell'organizzazione della «motricità fine», abbiamo pensato a delle attività come: infilare perle, ritagliare, prove di grafomotricità, ecc., in cui ogni bambino, pur con le differenze di età, potesse in qualche modo ma­nifestare l'abilità acquisita.

Altri momenti sono stati utilizzati offrendo ai bambini la possibilità di ricostruire puzzle, di co­struire con cubi o lego, per poter avere un'idea, seppur generica, delle strategie creative che ogni singolo bambino mobilitava allo scopo.

Infine, attraverso il disegno della figura umana e della casa, abbiamo cercato di ottenere del ma­teriale atto a valutare sia l'organizzazione del tracciato grafico che l'organizzazione ed il con­tenuto del disegno come rappresentazione di al­cuni aspetti legati al proprio mondo interno.

 

Metodologia

La ricerca prevedeva tre momenti di indagine diversificati:

1.  a) lavoro con tutti i bambini del gruppo;

b) lavoro con bambini in piccoli gruppi (3 bambini);

c) lavoro con un bambino singolarmente.

2. Rilevamento di dati anamnestici dal momen­to dell'ingresso del bambino in famiglia, in parti­colar modo riferito allo sviluppo psicomotorio, attraverso colloqui individuali con uno o entrambi i genitori.

3. Compilazione di una scheda di livello di svi­luppo psicomotorio mirata alla sistematizzazione dei dati ricavati dalle osservazioni.

Sia il lavoro con il gruppo di bambini che quello portato avanti con i genitori è stato eseguito dal­le stesse persone, ciò al fine di permettere una correlazione dei dati raccolti attraverso le osser­vazioni dei bambini con quelli riguardanti la loro storia raccolti attraverso l'intervista ai genitori.

Il gruppo era composto da 9 bambini: 7 maschi e 2 femmine.

 

L'anamnesi personale e familiare

Nella nostra ipotesi di lavoro era emersa la necessità di proporre alle famiglie un formulario da cui ricavare alcune informazioni riguardanti la storia del bambino, per quanto conosciuta, e le fasi del suo sviluppo dopo l'inserimento in fa­miglia.

Sebbene inizialmente avessimo pensato al for­mulario come mezzo utile a rilevare unicamente i dati di cui sopra, nella pratica ci siamo trovati a farne un uso diverso. La compilazione dello stesso, proposta alle famiglie dopo la prima gior­nata di lavoro, diventò un momento di incontro tra noi ed i genitori, nel quale loro rispondevano ad un nostro bisogno di conoscere, ma contem­poraneamente, chiedevano la restituzione ed il confronto tra le nostre osservazioni ed i loro dub­bi o problemi.

In otto dei nove casi osservati il momento di compilazione del formulario è apparso come un momento molto significativo, in quanto si è veri­ficata una buona correlazione tra i nostri rilievi - pur ottenuti in un breve periodo di osservazio­ne - e quelli delle famiglie nati dalla convivenza quotidiana con il bambino.

In tre casi abbiamo proposto, alla fine del col­loquio con le famiglie, di offrire al bambino sia un approfondimento diagnostico volto a collocare adeguatamente le difficoltà riconosciute da noi e da loro, sia un aiuto specifico (psicoterapia - psicomotricità).

Nell'arco di sei mesi, due delle tre famiglie sì sono rivolte a personale specializzato facendo propria l'indicazione loro data; della terza non abbiamo finora notizie.

Le restanti sei famiglie, pur non avendo proble­mi tali da richiedere successivi interventi speci­fici, hanno utilizzato il colloquio di restituzione come un momento di verifica dei loro vissuti le­gati all'adozione, chiedendo di essere ascoltati ognuno secondo la propria esperienza individuale.

Il modo positivo con cui le famiglie hanno ac­colto la restituzione delle nostre osservazioni e le proposte operative che abbiamo fatto ci sem­brano derivare almeno da due presupposti di base:

1. il fatto che questa ricerca sia partita dalla stessa istituzione che aveva permesso loro di realizzare il progetto adozionale;

2. dal sentirsi ascoltati (e non giudicati), nel poter esprimere non soltanto le difficoltà del bam­bino ma le loro stesse difficoltà nei confronti del figlio e del loro ruolo genitoriale.

Ci riferiamo in particolar modo al sentimento insito nella grande maggioranza delle storie ado­zionali legato ad un tempo breve o lungo nel quale l'esistenza del bambino e dei genitori adot­tivi è stata separata, con l'illusione che dopo l'in­contro tra il bambino e la famiglia, questo tempo, vuoto di esperienze comuni, possa essere più o meno onnipotentemente riempito.

I problemi dì evoluzione che il figlio adottivo può manifestare in diversi momenti del suo svi­luppo fanno riemergere le emozioni legate a quel vuoto e di conseguenza il dolore che lo circonda.

Nella sistematizzazione dei dati raccolti ci sia­mo trovati a riflettere sulla discrepanza esistente tra lo sviluppo del bambino nei primi tempi dopo l'arrivo in famiglia e lo sviluppo successivo, arri­vando alla seguente ipotesi conclusiva:

- in generale il bambino arriva in famiglia in uno stato di deprivazione a volte grave sia sul piano affettivo che di stimolazione globale. Passa da un clima carente o povero di stimolazioni spe­cifiche e individuali (soltanto per lui) ad uno iper­stimolante. In un tempo assai breve si trasforma: l'esplosione evolutiva è evidente e riconosciuta sia dai genitori che dall'esterno. Ciò appare estre­mamente gratificante per la famiglia oltre che positivo per il bambino. Al tempo stesso però ciò permette un grado spesso elevato di rimozioni dei conflitti che il bambino porta con sé e che possono riemergere più tardi nelle tappe evolu­tive. Perciò quando l'esplosione evolutiva si cal­ma incanalandosi in un ritmo più naturale, la com­parsa di difficoltà difficilmente viene messa in relazione con la storia precoce del bambino; spes­so viene invece vissuta come una incapacità o inadeguatezza dei genitori adottivi che vedono minata la costruzione che avevano fatto sopra il «vuoto di partenza».

 

(1. continua)

JOLANDA GALLI (psicologa)

GIUSEPPINA VIGANO’ (psicomotricista)

 

 

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