Prospettive assistenziali, n. 89, gennaio-marzo 1990

 

 

Notiziario del Centro italiano per l'adozione Internazionale

 

 

OSSERVAZIONE DELLO SVILUPPO PSICOMOTORIO EFFETTUATA SU UN GRUPPO DI BAMBINI DI ETÀ COMPRESA TRA I QUATTRO E GLI OTTO ANNI

(parte seconda)

 

Analisi dei risultati

Prenderemo ora in considerazione soltanto i dati ricavati dalle diverse attività proposte, escludendo per il momento i disegni dei quali propo­niamo un commento a parte.

Le due bambine (una di sei e una di sette anni e mezzo) del gruppo sono risultate quelle che presentavano minori difficoltà su tutti i piani. Sono riuscite ad ottenere un risultato adeguato per l'età in tutte le prove proposte sia nel grup­po grande che nei piccoli gruppi. Benché fossero in numero nettamente inferiore ai maschi, non hanno manifestato problemi ad integrarsi e sono pure state in diversi momenti e attività elementi propositivi.

Il gruppo dei maschi era senza dubbio più di­somogeneo in primo luogo perché le loro età erano più dissimili, ma soprattutto perché due dei sette bambini presentavano problematiche relazionali e affettive tali da creare notevoli dif­ficoltà di lavoro.

Il movimento, pur con le variazioni individuali, è apparso disarmonico, non finalizzato e con una motricità globale poco economica, caratterizzata da una quantità di attività motoria intensa o suc­cessiva, per più della metà dei maschi (4 su 7).

Si sono poi verificate delle nette opposizioni ad eseguire certe attività da parte di due dei sette maschi, mentre per altri due è stato neces­sario riproporre alcune attività in un rapporto individuale oppure con la mediazione della madre.

Le difficoltà incontrate nell'esecuzione delle prove di motricità globale sono state poi ritrovate in quelle che richiedevano l'uso della motricità fine. Queste prove si sono svolte in piccoli grup­pi (tre bambini), i cui risultati non sono migliorati - comparati con quelli della motricità globale - nonostante il piccolo gruppo permettesse un con­tenimento maggiore sia spaziale che relazionale.

Un'attenzione particolare ci sembra meriti quanto emerso nelle prove tendenti a valutare il livello di maturazione dell'equilibrio statico in quanto, per le bambine, i risultati ottenuti si pos­sono considerare adeguati all'età dei soggetti e non si sono verificati problemi nell'esecuzione della consegna proposta.

Per quanto riguarda il gruppo dei maschi, in­vece, quelli che sono riusciti ad eseguire le consegne mostravano un grado di difficoltà non indifferente, e quattro su sette bambini non sono riusciti ad eseguire le prove, presi da stati d'an­sia sfociati in un netto rifiuto.

Riassumendo, le caratteristiche comuni al gruppo dei bambini di sesso maschile erano di presentare una motricità non adeguatamente coordinata, a tratti disarmonica e poco economi­ca, che tendeva a manifestarsi in modo espulsi­vo quasi cercassero di liberarsi di un disagio interno attraverso il movimento; oppure, con mo­dalità che rifletteva un eccessivo controllo difen­sivo per cui il movimento risultava povero e trat­tenuto.

A nostro avviso queste due modalità apparen­temente opposte di manifestarsi attraverso il mo­vimento partivano da una radice comune legata ad un disagio o conflitto, sito nel corpo: quindi come comunicazione.

Ci siamo permessi di anticipare alcune con­clusioni che ci riserviamo comunque di svilup­pare più avanti, in quanto esse non sono emerse unicamente dall'analisi dei dati raccolti attraver­so le prove psicomotorie.

 

Riflessioni sulle produzioni grafomotorie

La produzione grafica dei bambini mostra forti differenze individuali non correlabili tuttavia alle differenze di età dei soggetti. Nei tre bambini, dove avevamo rilevato importanti problemi di or­ganizzazione globale, sul piano grafico le diffi­coltà sono state ritrovate sia per quel che con­cerne la capacità di seguire tracciati prestabiliti e riprodurli, sia come disegno della figura umana, sia della casa. Per gli altri quattro bambini, l'ade­guatezza della motricità globale corrisponde ad altrettanta adeguatezza sul piano grafico.

Per quanto riguarda una delle due bambine, ad una relativamente buona organizzazione psicomo­toria globale non corrisponde un'altrettanto buo­na organizzazione del segno grafico. Quest'ulti­mo mostra un ritardo di circa due anni rispetto all'età del soggetto. Questa bambina, desideriamo sottolineare, è quella che all'interno di questo gruppo è arrivata più grande (5/6 anni) e che nel paese d'origine non aveva frequentato alcuna scuola.

In relazione al disegno della figura umana, ab­biamo fatto due proposte diverse:

a) il disegno della figura umana;

b) il completamento della propria sagoma trac­ciata su un grande foglio da un adulto che segui­va il contorno del corpo del bambino.

In tutti e nove i bambini la proposta b) mostra­va un livello sia grafico che di contenuto netta­mente inferiore a quello poi rilevato nel disegno della figura umana.

Pensiamo che oltre alle difficoltà derivanti dal­lo spazio (foglio grande), i risultati siano anche da rapportare alla consegna che in b) era eviden­temente il completamento della propria figura, mentre in a) era di disegnare «un bambino».

Nel complesso abbiamo osservato che l'imma­gine della rappresentazione di sé sul grande fo­glio appare in quasi tutti i casi più carente, me­no organizzata, e mostra, in modo evidente, delle manifestazioni aggressive più incontrollate. Com­paiono con una certa frequenza unghie, artigli, denti (anche zanne) e sulla testa delle coperture (un misto di capelli e cappellini) che fanno pen­sare alla necessità di contenimento mentale.

La consegna di disegnare una casa è stata ese­guita adeguatamente da tutti i bambini, anche i più piccoli, tranne uno in cui si vede l'abbozzo della rappresentazione in prospettiva. In sette dei nove bambini il disegno della casa è arricchi­to dalla presenza di almeno un camino ed in tutti e sette da questi esce il fumo, il che fa pensare a delle case all'interno delle quali c'è vita.

 

Riflessioni conclusive

Alla fine di questo lavoro, pur con le difficoltà che abbiamo via via segnalato e che hanno in par­te condizionato e modificato l'ipotesi di partenza, pensiamo di aver potuto ricavare delle informa­zioni sui bambini tali da poter fare un certo nu­mero di correlazioni a nostro parere significative e che possono stimolare un ulteriore approfondi­mento.

Si è rilevato inoltre interessante il poter avere un momento di ricco scambio con le famiglie che sono state ascoltate e hanno visto ricono­sciute le difficoltà da loro trovate nell'educazio­ne dei figli.

A questo riguardo vorremmo segnalare che nessuna delle nove famiglie contattate aveva mantenuto un rapporto con gli operatori del ter­ritorio che le avevano seguite sia nell'indagine relativa all'ottenimento dell'idoneità che durante l'anno di affido preadottivo.

Alcune di esse si erano rivolte a servizi terri­toriali specializzati al momento della comparsa di difficoltà legate per lo più all'ingresso del bambino nella scuola materna e/o elementare, senza però vedere soddisfatte le proprie aspet­tative, in quanto i bambini o non presentavano una franca patologia oppure mancavano sul ter­ritorio figure professionali che potessero farsi carico della situazione, la quale veniva di conse­guenza lasciata alla totale gestione della famiglia.

Nonostante che l'età media dei bambini fosse collocabile intorno ai 5 anni e otto mesi, vale a dire all'inizio del periodo di latenza, ci ha colpito il fatto che la maggior parte di loro utilizzasse prevalentemente la scarica motoria come veicolo di comunicazione a scapito di modalità più evo­lute che pure possedevano in modo adeguato.

Nel complesso possiamo segnalare la capacità acquisita dalla maggioranza del gruppo (esclusi due casi) di gestire autonomamente una situa­zione nuova, con adulti e bambini non conosciuti, portando avanti una buona dose di espressività e una modesta inibizione personale.

La disponibilità a lavorare con noi e con i co­etanei per un tempo complessivo di circa sette ore, divise in due mezze giornate, evidenzia, a nostro avviso, una buona capacità di collabora­zione e di adattamento a situazioni nuove, cosa che ci ha consentito di disporre alla fine di una notevole quantità di materiale prodotto.

Quanto sopra ci sembra indicativo del lavoro svolto dalle famiglie nell'accoglimento e stimo­lazione dei figli che li ha portati ad avere un sen­timento di apertura e disponibilità che pensiamo sia insita nei progetti adozionali «riusciti».

Infine, pensiamo di poter affermare che tranne i tre bambini del gruppo che presentavano pro­blemi specifici importanti e per i quali è stato indicato un intervento specialistico, per gli altri sei il livello globale raggiunto era accettabile sia sul piano della motricità che su quello relazionale.

Questi bambini apparivano con un «io» ade­guatamente strutturato, mostrando di aver inte­riorizzato modelli stabili, il che ha consentito loro di raggiungere uno sviluppo globalmente adeguato alle età cronologiche nonostante le ca­renze legate alla prima infanzia.

JOLANDA GALLI (psicologa)

GIUSEPPINA VIGANÒ (psicomotricista)

 

 

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