Prospettive assistenziali, n. 90, aprile-giugno 1990
LA PRIVATIZZAZIONE
DELLE IPAB, OVVERO I POVERI ANCORA PIÙ POVERI
Non c'è dubbio alcuno sulla estensione numerica dei
poveri (1), sulla precarietà delle loro condizioni e sulle carenze degli
interventi sociali, i quali, spesso, determinano anche lesioni gravissime
della stessa loro dignità.
Di fronte a questa situazione, occorrerebbe assumere
impegni precisi, definire modalità e tempi, coagulare energie e ricercare i
mezzi finanziari per eliminare cause ed effetti.
Niente di tutto ciò. Al contrario, i beni delle IPAB,
istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza, vengono - incredibile ma
vero - regalati ai privati (2).
Affinché il dono sia più completo, ai privati non si
chiede nemmeno che continuino a destinare ai poveri né -i patrimoni, né i relativi
redditi (3).
Con la privatizzazione, le IPAB assumono la
configurazione di istituzioni con personalità giuridica privata. Ebbene, ai
sensi dell'art. 14 e segg. del codice civile, dette istituzioni non devono
richiedere l'autorizzazione a chicchesia per la vendita dei beni; d'altra parte
il ricavato dall'alienazione dei patrimoni può essere utilizzato per le spese
di gestione, compreso il ripianamento dei debiti (4).
Inoltre, come scrive Dogliotti, nella relazione
riportata in questo numero, nulla vieta, alle istituzioni aventi personalità
giuridica privata che siano associazioni, che con una autonoma decisione dei
loro organi, assunta con una maggioranza qualificata, cambino il loro scopo e
diventino cliniche private o altro.
Per quanto concerne le IPAB privatizzate aventi le
caratteristiche di fondazione, il fine non si potrebbe modificare ma, com'è
noto, le scappatoie sono tante. D'altra parte, è sempre possibile vendere i
patrimoni e utilizzare i proventi per pagare le spese di gestione: è quindi
ammesso il loro dissolvimento.
Un dibattito sui principi etici e
giuridici
Poiché la Giunta della Regione Piemonte aveva
presentato un disegno di legge per la massiccia privatizzazione delle IPAB
(5), il CSA, Coordinamento sanità e assistenza
fra i movimenti di base, e Prospettive
assistenziali, hanno organizzato il 12 dicembre 1989 un dibattito sul tema
«Principi etici e giuridici in merito al disegno di legge n. 512 della Giunta
della Regione Piemonte per la privatizzazione delle IPAB».
In questo numero riportiamo integralmente le
relazioni tenute da Mons. Giovanni Nervo, Coordinatore della Conferenza
Episcopale Italiana per i rapporti Chiesa-territorio, e da Massimo Dogliotti,
Giudice del Tribunale di Genova e Docente di Diritto all'Università della
Calabria.
Chi ha tirato la volata della
privatizzazione?
Aggiungiamo che, purtroppo, si è avverato quanto
avevamo previsto nella nota «I valdesi tirano la volata delle IPAB per i
cattolici» (6).
Un altro appoggio alla privatizzazione è stato fornito
dall'Unione delle Comunità ebraiche italiane. Infatti l'art. 22 della legge 8
marzo 1989 n. 101 «Norme per la regolazione dei rapporti tra lo Stato e l'Unione
delle Comunità ebraiche italiane» prevede il conferimento a titolo gratuito
alla Comunità israelitica delle seguenti IPAB: Pio istituto Trabotti - Mantova;
Opere pie israelitiche - Torino; Compagnia della misericordia israelitica -
Vercelli; Asilo infantile «Levi» Vercelli; Opera pia «Foa» - Vercelli; Pia
Opera di misericordia israelitica - Verona; Opera pia Moisè Vita Jacur -
Verona; Opera pia Carolina Calabi - Verona; Pia scuola israelitica di lavori
femminili - Verona; Opera pia beneficenza israelitica - Livorno; Opera pia
Moar Abetulot - Livorno; Opera del tempio israelitico - Bologna; Opere pie
israelitiche unificate - Alessandria; Istituto Infantile ed elementare
israelitico «Clava» - Asti; Congregazione israelitica di carità e beneficenza
Asti; Opera di beneficenza israelitica - Casale Monferrato (Alessandria);
Ospizio marino israelitico italiano a Lazzaro Levi - Ferrara; Ospizio marino
israelitico - Firenze; Opere pie israelitiche - Padova; Fondazione Lelio
professor Della Torre - Padova; Istituto per l'assistenza agli israeliti poveri
- Merano (7). Gli enti suddetti acquisiscono la personalità giuridica privata.
Problemi relativi al personale delle
IPAB privatizzate
Attualmente il rapporto di lavoro del personale
operante presso le IPAB è di natura pubblica. La normativa è quella concernente
gli enti locali.
Con la privatizzazione il loro rapporto passa dal
settore pubblico a quello privato, per cui la sola garanzia è lo statuto dei
lavoratori, il quale, però, non si applica alle istituzioni che hanno meno di
15 dipendenti.
Per la privatizzazione delle IPAB si è
battuto l'Assessore PCI all'assistenza della Regione Emilia-Romagna
Elsa Signorino, Assessore all'assistenza della
Regione Emilia-Romagna, si è distinta in un'altra iniziativa, ancora una volta
nettamente contrastante con le esigenze ed i diritti della fascia debole della
popolazione (8).
Infatti ha promosso l'approvazione, da parte degli
Assessori regionali all'assistenza, del documento che riproduciamo
integralmente:
«Gli Assessori all'assistenza e sicurezza sociale
delle Regioni e Province autonome italiane, riuniti in Coordinamento a Roma l'11
maggio 1989:
- preso atto della sentenza della Corte costituzionale
n. 396 del 24 marzo 1988, che consente alle IPAB che tuttora presentino connotazioni
privatistiche di «vedersi riconosciuta l'originaria natura... ed essere restituite
all'ambito privato»;
- considerato che la sentenza, intervenuta in assenza
della legge quadro sull'assistenza, pur essendo un elemento di novità che può
far ulteriormente evolvere in senso positivo il rapporto fra
"pubblico" e "privato" nel settore socio-assistenziale,
non risolve il nodo dei requisiti che possono legittimare la revisione della
natura giuridica delle IPAB, in quanto la definizione delle casistiche e
procedure in materia non può che essere demandata al legislatore nazionale o
regionale;
- considerato inoltre che la sentenza affronta solo
un aspetto del "problema IPAB", estrapolando un punto che nel
disegno complessivo dei vari progetti di legge quadro nazionale presentati
nelle ultime legislature costituiva un'eccezione messa a punto per sottrarre
le IPAB aventi caratteristiche intrinseche di natura privatistica dallo
scioglimento generalizzato previsto per tutte le IPAB;
- che, di conseguenza, la sentenza stessa non solo
non risolve "ex se", il nodo della depubblicizzazione delle IPAB, ma
ripropone l'urgenza (ancora una volta sottolineata anche dalla Corte
costituzionale) dell'emanazione della legge quadro nazionale, per la
ricomposizione di una necessaria visione d'insieme che affronti anche il tema
dell'assetto giuridico delle IPAB non depubblicizzate;
- ritenendo tuttavia che le Regioni non possano
esimersi dal dare risposte alle aspettative aperte dalla surrichiamata
sentenza;
- nell'auspicare che, stante il vuoto normativo a
livello nazionale, la Presidenza del Consiglio dei Ministri emani un atto di
indirizzo che costituisca un punto di riferimento comune per le Regioni;
- si orientano, ferma restando l'autonomia delle
singole Regioni o Province, per l'elaborazione di leggi che determinino
requisiti e procedure in proposito, adottando come punto di riferimento il
D.P.R. n. 348/1979 e tenendo presenti altresì i criteri di massima che
seguono:
a) il nodo relativo alle IPAB che svolgono prevalentemente
attività di istruzione - ed operano pertanto in materia di competenza statale
rimanendo escluso che le Regioni possano attribuire loro una nuova natura
giuridica - deve necessariamente essere sciolto da una legge nazionale, cui è
opportuno che le leggi regionali facciano espresso rinvio;
b) è escluso che le IPAB che non svolgono alcuna
attività assistenziale possano avvalersi della surrichiamata sentenza per
ottenere la modifica della loro natura giuridica; l'opportunità di analoga
esclusione per le IPAB che svolgono un'attività notevolmente sottodimensionata
rispetto alla potenzialità patrimoniale verrà valutata dalle singole Regioni
con criteri legislativi che terranno conto delle iniziative e delle linee di
indirizzo precedentemente adottate nei confronti di detti enti;
c) per le IPAB c.d. "a struttura associativa"
è elemento coessenziale che l'attività si svolga prevalentemente a norma di
statuto sulla base di prestazioni volontarie e personali dei soci, non
consistenti in mere erogazioni pecuniarie; relativamente agli stessi enti,
oltre alla composizione del Consiglio di amministrazione si terrà conto delle
situazioni in cui lo statuto attribuisce all'Assemblea dei soci funzioni
determinanti per l'attività dell'ente;
d) fra i contributi pubblici computabili relativamente
alle IPAB c.d. "promosse ed amministrate da privati..." non sembra
possano includersi le rette, in quanto corrispettivi di servizi forniti
dall'IPAB. Per i contributi pubblici in conto capitale ed in conto gestione le
Regioni si riservano di legiferare in modo articolato tenendo conto delle rispettive
realtà sia per quanto riguarda la determinazione dei contributi da computare
che per quanto riguarda l'incidenza dei contributi stessi rispetto alla
potenzialità dell'IPAB. Ipotesi di lavoro possono essere quella di non
computare i contributi pubblici finalizzati alla conservazione di beni
artistici e culturali e quelli erogati ber strutture socio-assistenziali
(sempreché, in quest'ultimo caso, la natura pubblica del soggetto non fosse
condizionante ai fini dell'assegnazione, e sempreché i contributi siano stati
assegnati a fronte di assunzione da parte dell'IPAB di impegni per
l'utilizzazione delle strutture stesse o di vincoli di destinazione delle
strutture ad attività socio-assistenziali) e quella di determinare i tetti
preclusivi rispettivamente al 10% dell'attuale consistenza patrimoniale (per
i contributi pubblici in conto capitale) e ad 1/3 delle entrate effettive del
quinquennio (per i contributi in conto gestione).
Relativamente alle stesse IPAB (c.d.
"private") la composizione del Consiglio dovrebbe essere valutata nel
complesso, senza riferimento alla presidenza;
e) le IPAB che per statuto assistono esclusivamente
a prevalentemente Religiosi possono usufruire della medesima normativa
riguardante i Seminari e le Case di riposo per Religiosi;
f) si può consentire al Consigliere che rappresenti
il Fondatore dell'IPAB di richiedere la convocazione del Consiglio per
deliberare sulla eventuale inoltro dell'istanza (in deroga alla normativa
vigente secondo cui solo il Presidente o almeno due Consiglieri possono
promuovere la convocazione del Consiglio);
g) sull'istanza verrà richiesto il parere del Comune
- sede legale, da esprimersi entro un termine perentorio, scaduto il quale la
Regione procede comunque all'esame dell'istanza;
h) le IPAB che ottengono la revisione della loro
natura giuridica sono tenute a continuare ad operare nel settore dei servizi
socio-assistenziali.
«Gli Assessori auspicano infine che la Presidenza
del Consiglio dei Ministri, che già è intervenuta nella materia predisponendo
una normativa che garantisce il diritto d'opzione per il trattamento
previdenziale al personale delle IPAB che verranno privatizzate (art. 6 del
D.L. 30/12/1988, n. 548, decaduto e reiterato con l'art. 3 del D.L. 28/3/1989,
n. 110, a sua volta decaduto e reiterato con D.L. 29/5/1989, n. 196),voglia tenere
in considerazione il presente documento nell'eventuale atto di indirizzo in
premessa auspicato».
La direttiva alle Regioni del
Presidente del Consiglio dei Ministri
Con decreto del 16 febbraio 1990, pubblicato sulla
Gazzetta ufficiale del 23 dello stesso mese, il Presidente del Consiglio dei
Ministri ha emanato la direttiva che riproduciamo integralmente, direttiva
che, in pratica, consente la donazione ai privati dei beni mobili ed immobili
di tutte le IPAB.
Da notare che la direttiva non prevede nemmeno il
vincolo dei patrimoni e dei relativi redditi al settore assistenziale, di modo
che è prevedibile che nel prossimo futuro i beni vengano dispersi o anche
dissipati.
Scandalosamente nessun gruppo parlamentare ha sentito
l'esigenza di assumere iniziative nei confronti di questo provvedimento di
natura amministrativa; d'altra parte nessuna Regione lo ha impugnato:
preoccupanti esempi di disinteresse della sorte dei poveri.
Proposta
Per evitare il dissolvimento dei cospicui patrimoni
delle IPAB privatizzate e per consentire che i beni ed i relativi patrimoni, in
ossequio anche alla volontà dei fondatori, continuino ad essere destinati ai
cittadini più bisognosi, è urgente l'approvazione di una legge che modifichi
l'attuale disposizione del codice civile in materia di istituzioni aventi
personalità giuridica privata.
Il provvedimento dovrebbe anche affrontare il
problema degli operatori delle IPAB privatizzate, fornendo a detti soggetti le
necessarie garanzie.
(1) Secondo l'indagine svolta da G.
Serpellon (Cfr. Prospettive assistenziali,
n. 55, luglio-settembre 1981), le famiglie italiane povere erano 3 milioni 600
mila, di cui 1 milione e 600 mila in condizioni di miseria. Questi dati sono
stati confermati nel 1985 dalla Commissione Gorrieri,
(2) Nella seduta della Camera dei
Deputati del 17 febbraio 1982, l'On. Marisa Galli valutò in 30-40 mila
miliardi il patrimonio complessivo delle IPAB. Si tenga presente che in quel
periodo le IPAB erano circa 9 mila, mentre nel 1888 la Commissione reale ne
aveva accertato l'esistenza di ben 21.819. Dove siano andate a finire le altre
12 mila IPAB mancanti, non si sa anche perché i Ministri dell'interno mai
hanno rispettato l'art. 102 della legge 17.7.1890, tuttora in vigore, che
stabilisce quanto segue: «Ogni anno il
Ministro dell'interno deve presentare al Senato e alla Camera dei deputati una
relazione intorno ai provvedimenti di concentramento, raggruppamento e
trasformazione delle istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza e di
revisione del relativi statuti e regolamenti emanati nell'anno precedente.
Deve pure presentare un elenco delle amministrazioni disciolte, con la
indicazione dei motivi che avranno determinato lo scioglimento».
(3) Data l'importanza delle IPAB nel
panorama assistenziale italiano, Prospettive
assistenziali è intervenuta più volte. Nella collana «Quaderni di
Prospettive assistenziali» è uscito un contributo organico di M. Tortello e F.
Santanera, L'assistenza espropriata - I
tentativi di salvataggio delle IPAB e la riforma dell'assistenza, Nuova
Guaraldi Editrice, Firenze, 1982. Si vedano, inoltre, i seguenti articoli:
«Esigenze degli assistiti e tentativi per il salvataggio degli enti e delle
IPAB», n. 42, aprile-giugno '78; «Le Regioni rinunciano a trasferire le IPAB ai
Comuni», n. 46, aprile-giugno 1979; «Decreto legge per il trasferimento delle
IPAB ai Comuni», ibidem; «La riforma della assistenza nuovamente all'esame del
Parlamento», n. 49, gennaio-marzo 1980; «Legge della Regione Piemonte per il
trasferimento ai Comuni di alcune IPAB», n. 51, luglio-settembre 1980;
«Sentenza della Corte costituzionale sulle IPA», n. 55, luglio-settembre 1981;
«Riforma dell'assistenza e privatizzazione delle IPA», n. 57, gennaio-marzo
1982; G. Battistacci, «Rilievi sulla sentenza della Corte costituzionale
relativa alle IPAB», ibidem; «Riforma dell'assistenza, IPAB, modifiche della
legge 180, case protette: come segregare i più deboli», n. 58, aprile-giugno
1982; «Posizioni dei partiti sulle IPAB», ibidem;
«Legge della Regione Emilia-Romagna sulle IPAB», ibidem; G. Pagliarello - M. Tortello, «IPAB, riforma
dell'assistenza e ruolo della comunità cristiana», n. 59, luglio-settembre
1982; «Riforma dell'assistenza e IPAB: qualcosa si muove», n. 60,
ottobre-dicembre 1982; «IPAB e riforma della assistenza: ipocrisia e potere»,
n. 61, gennaio-marzo 1983; «Cinque anni dopo il DPR 616», ibidem; G.U. Rescigno, «Lo stato giuridico delle IPAB dopo la
sentenza della Corte costituzionale», n. 65, gennaio-marzo 1984; F. Santanera,
«Valorizzazione delle IPAB ed emarginazione degli anziani non autosufficienti
in Emilia-Romagna», ibidem; «Valorizzazione
delle IPAB e delle case protette - L'intervento del Comune di Modena e la
replica della redazione», n. 86, ottobre-dicembre 1984; «Il potere della beneficenza»,
n. 69, gennaio-marzo 1985; «Perché diciamo no alla privatizzazione delle IPAB»,
n. 70, aprile-giugno 1985; M. Dogliotti, «Il "pasticcio" degli enti
ecclesiastici e il destino delle IPAB», ibidem;
«Circolare della Regione Piemonte sulle IPAB», n. 75, luglio-settembre
1986; «Una illecita sottrazione ai poveri di beni pubblici: l'aberrante legge
della Regione Sicilia sulle IPAB», n. 76, ottobre-dicembre 1986; «Evitare che
la legge di riforma della assistenza sottragga i patrimoni al poveri», n. 80,
ottobre-dicembre 1987; «Beni e redditi di ex IPAB e altri enti disciolti non
devono essere sottratti al settore assistenziale», n. 81, gennaio-marzo 1988;
«Privatizzazione delle IPAB: lettera al Presidente della Corte costituzionale»,
n. 83, luglio-settembre 1988; M. Dogliotti, «La riforma dell'assistenza...
della Corte costituzionale», n. 84, ottobre-dicembre 1988; «Testo della
sentenza della Corte costituzionale sulle IPAB», ibidem; «La Caritas e la Chiesa per la destinazione a fini
assistenziali dei patrimoni delle ex IPAB», n. 86, aprile-giugno 1989.
Si veda, inoltre, F. Santanera,
«IPAB, la falsa coscienza della privatizzazione», in Politica ed economia, febbraio 1989.
(4) La Commissione reale d'inchiesta
sulle IPAB, istituita con regio decreto 3 giugno 1880, dopo aver lavorato per
ben nove anni, aveva accertato «gli abusi
troppo frequenti per i quali la legge non dava né una efficace prevenzione,
né i mezzi di una giusta riparazione» e «le
rendite colossali che si spendevano senza una vera pratica utilità per la
popolazione sofferente».
Per ovviare a detti gravissimi
inconvenienti, la legge 17 luglio 1890 n. 6972 stabilì, fra l'altro, che i
proventi derivanti dalla vendita di beni mobili e immobili non potevano essere
destinati alle spese di gestione ma dovevano continuare a far parte del
patrimonio dell'IPAB.
(5) In Piemonte le IPAB sono oltre
1250. Di esse, 300 svolgono attività di ricovero; le altre operano nel campo
delle scuole materne e dell'assistenza ai minori, agli handicappati, agli
anziani, ai dimessi dagli ospedali psichiatrici, alle persone senza fissa
dimora, ecc.
Si noti che al 31 dicembre 1979 gli
enti di assistenza operanti in Piemonte erano 292, di cui 246 IPAB, e quelli
privati ammontavano a 139; alla data del 31 dicembre 1987 gli enti pubblici
erano scesi a 270, di cui 200 IPAB, mentre le istituzioni private erano salite
a 235. Risulta pertanto, che già nello scorso decennio era in atto - contrariamente
a quanto viene strumentalmente affermato - un notevole sviluppo dell'iniziativa
privata.
(6) Cfr. Prospettive assistenziali, n. 57, gennaio-marzo 1982 e n. 58,
aprile-giugno 1982.
(7) L'avv. Guido Fubini ha scritto a Prospettive assistenziali una lettera
datata 24 aprile 1990, in merito alla privatizzazione delle IPAB «Opera Pia
Beneficenza Israelitica» e «Opera Pia Moar Abertulot» (Cfr. la nota «I poveri
sono troppo ricchi» inserita a pag. 41 del numero scorso di Prospettive assistenziali), osservando
che «gli enti soppressi erano nati come
fondazioni ed erano stati istituiti dal rispettivi testatori, il primo con fine
di assistenza e beneficenza a favore di ebrei poveri, ed il secondo col fine
di fornire una dote alle orfane maritande, appartenenti alla Comunità.
Assorbendone il patrimonio, ormai ridotto a poca cosa per la svalutazione di
titoli di Stato, la Comunità di Livorno si fa carico degli obblighi degli enti
soppressi: non è un carico lieve per una comuntà i cui membri appartengono per
i due terzi al sottoproletariato urbano ed hanno redditi inferiori al minimo
imponibile». Ritenendo noi superato il concetto di beneficenza (la Comunità
di Livorno non ha alcun obbligo giuridico nei confronti dei bisognosi né è
ammissibile che ad essa sia demandato l'accertamento dello stato di bisogno),
ribadiamo il nostro totale disaccordo sulla privatizzazione delle IPAB.
(8) Ricordiamo la sua presa di
posizione per la negazione della competenza sanitaria nei confronti degli anziani
malati. Cfr. «Le profonde contraddizioni del PCI in materia di anziani cronici
non autosufficienti», in Prospettive
assistenziali, n. 88, ottobre-dicembre 1989.
www.fondazionepromozionesociale.it