Prospettive assistenziali, n. 90, aprile-giugno 1990
Notiziario dell'Unione per la lotta
contro l’emarginazione
LETTERA
APERTA AI NUOVI AMMINISTRATORI REGIONALI E LOCALI DEL VENETO
La Sezione
veneta dell'ULCES ha inviato la seguente lettera aperta, che riproduciamo integralmente.
Le leggi italiane vigenti riconoscono il diritto dei
malati cronici non autosufficienti all'assistenza sanitaria senza limiti di
durata, anche in ospedale, e sanciscono che le USL hanno l'obbligo di
assicurare ai malati cronici, come agli acuti, le necessarie prestazioni di prevenzione,
cura e riabilitazione.
Nel Veneto queste leggi spesso non vengono
rispettate, per cui numerose sono le dimissioni ospedaliere di anziani malati
cronici non autosufficienti e non assistibili a casa, dimissioni rese
possibili dalla non conoscenza delle leggi da parte delle persone gravemente
non autosufficienti e dei loro congiunti.
D'altra parte, i familiari che volessero (non è
infatti un obbligo giuridico) accogliere a casa loro un anziano cronico non
autosufficiente, non ricevono alcun aiuto né infermieristico, né riabilitativo,
né medico-specialistico. Infatti l'unico intervento previsto è quello del
medico di base che spesso afferma di non essere in grado di fornire le
necessarie prestazioni.
Si precisa inoltre che il trasferimento degli anziani
malati cronici non autosufficienti dal settore sanitario a quello
assistenziale delle case di riposo comporta il pagamento di rette da parte dei
ricoverati e dei parenti, rette che non sono dovute, in quanto le cure
sanitarie per i malati acuti e cronici sono gratuite, salvo ticket.
Le illegali dimissioni sono praticate non solo dagli
ospedali pubblici, ma anche da quelli privati, con la gravissima conseguenza
che gli ospedali stessi sono incentivati a cronicizzare anziché a curare.
Infatti, una volta definito cronico, il paziente viene dimesso.
Questa prassi non è attuata da tutte le strutture
sanitarie (alcune delle quali operano con professionalità e dedizione), ma è
molto estesa. Si è arrivati al punto che i pazienti vengono minacciati se rivendicano
il diritto dei loro congiunti cronici non autosufficienti ad essere curati in
ospedale. Ad esempio il commissariato di polizia di Dorsoduro ha interrogato il
figlio di una anziana gravemente non autosufficiente ricoverata presso
l'ospedale Fatebenefratelli perché egli non era in grado di assistere la madre
a casa. Lo stesso commissariato non ha risposto alla lettera della scrivente
che voleva sapere se il verbale dell'interrogatorio era stato trasmesso
all'autorità giudiziaria.
Ma il fatto più sconcertante è rappresentato dalla
risposta della vecchia giunta regionale a una interpellanza di due consiglieri
che chiedevano spiegazioni in merito agli accadimenti predetti. La giunta ha
giustificato le minacce e le chiamate dei commissariati di polizia definendole
«mezzi di pressione psicologica, farse alquanto
goffi, per accelerare le dimissioni». Nello stesso tempo non ha spiegato i
motivi per cui gli oneri di spedalità sono a carico dei pazienti cronici.
L'ULCES, nel segnalare la situazione di gravissimo
disagio in cui si trovano alcune migliaia di persone (anziani non autosufficienti
e loro congiunti), rivolge un appello ai nuovi amministratori regionali e
locali affinché venga data attuazione piena e sollecita alle disposizioni che,
dalla legge 4 agosto 1955 n. 692 a quella n. 132 del 12 febbraio 1968 e alla
riforma sanitaria, hanno riconosciuto a tutte le persone malate, comprese
quelle croniche non autosufficienti, il diritto di essere curate e riabilitate
da personale e strutture sanitarie.
Nello stesso tempo l'ULCES sollecita i nuovi
amministratori ad istituire in tutte le USL il servizio di ospedalizzazione a
domicilio in modo da assicurare ai malati, curati a casa loro, le necessarie
prestazioni mediche, medico-specialistiche, infermieristiche e riabilitative,
prestazioni che costano il 20-30% in meno della retta ospedaliera.
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