Prospettive assistenziali, n. 92, ottobre-dicembre 1990

 

 

Notiziario dell'Associazione nazionale famiglie adottive e affidatarie

 

 

MOZIONE CONCLUSIVA DELLA 5ª ASSEMBLEA NAZIONALE DI RIMINI

 

Al termine della 5ª Assemblea nazionale delle famiglie affidatarie, adottive e case famiglia, organizzata dall'Associazione Papa Giovanni XXIII e svoltasi a Rimini il 7, 8 e 9 settembre 1990, è stata approvata la seguente mozione conclusiva.

I partecipanti della 5ª Assemblea delle Fami­glie affidatarie, adottive e case famiglia,

- evidenziano la ricchezza delle numerose esperienze di accoglienza di bambini anche handicappati, sieropositivi, nomadi da parte delle famiglie adottive, affidatarie e delle case-famiglia intervenute in assemblea; sottolineano che queste esperienze rappresentano un forte mes­saggio di solidarietà e di giustizia nella nostra società consumistica;

- denunciano il persistere dello scandalo della istituzionalizzazione di oltre 55.000 minori nel nostro Paese, ribadendo la negatività del ri­covero in istituto sul processo di crescita di que­ste migliaia di bambini e di ragazzi;

- esprimono un fermo richiamo agli ammini­stratori delle regioni e degli enti locali perché diano piena attuazione alle competenze istitu­zionali loro attribuite dalle leggi vigenti e alle precise priorità d'intervento previste dalla legge 184/83, attraverso l'istituzione o il potenziamen­to di servizi sociali diretti alla attuazione con­creta e piena del diritto di ogni bambino com­presi quelli handicappati e stranieri a crescere in una famiglia che sappia rispondere alle loro esigenze fondamentali di affetto e di educazione;

- sollecitano i giudici tutelari, i giudici dei Tribunali per i minorenni e delle Corti di appello, ad un più puntuale impegno per la tempestiva dichiarazione di adottabilità dei minori in situa­zione di abbandono, senza dilazioni che segna­no traumaticamente il bambino;

- sottolineano l'esigenza di una maggiore garanzia dei diritti della difesa del minore e del­la famiglia di appartenenza;

- richiamano l'impegno del Governo e del Parlamento affinché, nell'ambito delle loro com­petenze:

1) attivino politiche sociali, sanitarie, abitati­ve, del lavoro, a sostegno della famiglia con particolare attenzione per quelle numerose, mo­noreddito, separate, con persone in difficoltà al loro interno;

2) assumano tutte le altre iniziative necessa­rie per dare piena attuazione alla legge 184 nel nostro Paese;

- sollecitano la necessità di una riforma del­la giustizia minorile per superare l'attuale fram­mentazione delle competenze e per una adegua­ta formazione e specializzazione dei giudici mi­norili;

- esprimono al Governo e al Parlamento la ferma apposizione a ogni forma di mercato di bambini italiani e stranieri e ai progetti di legge presentati in Parlamento che, se approvati, lo legalizzerebbero privilegiando la pretesa dell'a­dulto a procurarsi un bambino a tutti i costi.

Con riferimento all'adozione internazionale sottolineano che, superando la distorta cultura dell'espropriazione, il minore straniero deve go­dere della stessa protezione giuridica del mino­re italiano.

L'adozione internazionale deve essere effet­tuata solamente attraverso organismi ricono­sciuti e autorizzati, operanti secondo norme e procedure che nulla lascino al caso e all'improv­visazione.

Rivolgono inoltre un pressante appello al Par­lamento e al Governo perché vengano al più presto firmati accordi bilaterali, multilaterali fra Stati e convenzioni internazionali per una mag­giore tutela dei minori stranieri.

Chiedono una concreta e chiara azione della Chiesa a livello nazionale e locale per una pa­storale della famiglia orientata all'accoglienza e un'azione specifica per il superamento degli istituti che ospitano minori in centri di promo­zione e sostegno all'affidamento familiare.

Si appellano ancora ai mezzi di informazione perché vengano riportati in maniera rispettosa e corretta le notizie, omettendo fotografie, nomi e ogni elemento che possa compromettere la vi­ta presente e futura dei minori e delle loro fa­miglie.

Rilanciano un appello a tutte le componenti della società perché si attivino a diffondere una cultura dell'accoglienza e della solidarietà.

 

 

L'AFFIDAMENTO È OTTIMO: SOSPENDETELO SUBITO

 

Nel n. 91, luglio-settembre 1990, di Prospettlive assistenziali avevamo pubblicato l'articolo di M. G. Breda, Gli enti locali non devono abbandonare i ragazzi in affidamento familiare che hanno raggiunto la maggiore età.

Al riguardo abbiamo ricevuto da una famiglia affidataria torinese la lettera che pubblichiamo integralmente.

 

La linea alla quale si è attenuto l'Assessore all'assistenza del Comune di Torino, Giuseppe Bracco sembra essere inequivocabilmente la seguente: se il minore affidato si è ben inserito nel contesto familiare e sta raggiungendo buoni risultati sul piano della propria formazione per­sonale è bene che venga al più presto tolto alla famiglia. Se questa non ha a cuore di metterlo per una strada, si paghi da sola questa debo­lezza.

I fatti: nel 1980 prendemmo in affidamento una bambina che era in un istituto di 9 anni. Pre­sto il Comune si dimenticò completamente di lei. Nel 1986 saltò fuori, per puro caso, che la sua «cartella» era da tempo smarrita e finalmente una giovane assistente sociale venne inviata a fare una visita domiciliare per verificarne l'in­serimento.

Nel frattempo la bambina era cresciuta e nel luglio 1988 si diplomava maestra elementare. Nel marzo dell'88, tuttavia, aveva compiuto diciotto anni e implacabilmente il Comune so­spendeva ogni rapporto con lei e con noi (com­preso il sussidio mensile).

Nessuno ovviamente si preoccupò di dirci co­sa avrebbe dovuto accaderle, secondo loro, visto che un ritorno nella casa materna è assoluta­mente impossibile (la mamma è gravemente handicappata e vive in condizioni miserande).

Nel settembre la ragazza si iscrisse alla scuo­la per infermiera professionale dell'Ospedale Mauriziano. Fiduciosi che il Comune non potes­se essere così cinico avevamo chiesto il prose­guimento dell'affidamento fino ai 21 anni.

L'assistente sociale di quartiere presentò una relazione a sostegno di tale richiesta.

Nel luglio del 1990 la ragazza superò gli esami del primo anno (su quarantotto allievi solo sedi­ci furono ammessi al secondo). Si noti che la scuola è estremamente impegnativa (cinquanta ore settimanali per undici mesi, più lo studio a casa) e richiede un incessante «incoraggiamen­to» da parte della famiglia.

Nel settembre del 1990 (diciotto mesi dopo la nostra richiesta) finalmente il Comune rispon­de che «non appare opportuno il provvedimento di prosecuzione assistenziale» in quanto «per l’ottimo risultato del lavoro educativo svolto dal contesto familiare la giovane ha raggiunto una buona maturità personale e pertanto non si tro­va in condizioni di disagio».

Dunque, al compimento del 18° anno, la ragaz­za andava messa fuori casa a mantenersi con i dieci milioni ricevuti dall'assicurazione per la morte del padre (che sono stati vincolati in BOT per quando davvero sarà in condizioni di vi­vere da sola).

È altresì noto che tutte le famiglie «normali» cacciano di casa i figli al compimento dei diciot­to anni, se hanno raggiunto «una buona maturità personale»...

La burocrazia comunale ancora una volta di­mostra che il normale buonsenso non può costi­tuire il presupposto delle sue decisioni.

(lettera firmata)

Torino, ottobre 1990

 

 

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