Prospettive assistenziali, n. 93, gennaio-marzo 1991
ANCHE GLI ANZIANI DEL CETO
MEDIO DEVONO CHIEDERE DI ESSERE ASSISTITI: SE DIVENTANO CRONICI E NON
AUTOSUFFICIENTI NON VENGONO CURATI
MARISA FRIZIERO, MAURIZIO ROCCO, CARLA SCARAFIOTTI (1)
Sono ancora
molti coloro che ritengono che al settore dell'assistenza sociale ricorrano
soltanto i poveracci, individuati in quelle persone che hanno trascorso la
loro vita senza lavorare, vivendo di espedienti.
La ricerca,
che riportiamo, dimostra, invece, che anche gli anziani cronici non
autosufficienti appartenenti al ceto medio sono costretti a rivolgersi alla
pubblica assistenza, non avendo i mezzi economici per poter provvedere autonomamente
alle proprie esigenze.
Il ricovero
in una decente struttura costa più di 200 mila lire al giorno. Se si deve
essere seguiti personalmente, per ciascun turno giornaliero di lavoro di 8
ore, occorre inoltre sborsare dalle 70 alle 100 mila lire a secondo che si
tratti di giorno feriale o festivo.
D'altra
parte le assicurazioni, tanto sollecite a fare promesse al momento della stipula,
non hanno alcuna esitazione a disdire i contratti ad esse sfavorevoli nei casi
in cui la malattia del contraente si prolunghi oltre i normali limiti. Anche
per il ceto medio, ormai, l'unica possibilità di essere curati nei casi di
cronicità e non autosufficienza risiede nell'utilizzo di servizi sanitari
garantiti dal settore pubblico compresi quelli convenzionati con i privati.
I dati
raccolti riguardano la condizione professionale degli anziani cronici non
autosufficienti ricoverati nell'Istituto di riposo per la vecchiaia, struttura
gestita direttamente dal Comune di Torino.
È
presumibile che in futuro, conseguentemente ai cambiamenti sociali in corso
negli ultimi decenni, aumenti il numero dei commercianti, degli impiegati,
degli artigiani, degli insegnanti e dei professionisti che devono ricorrere
all'assistenza, se non si riuscirà a superare il rifiuto del settore sanitario
di considerare come propri aventi diritta coloro che sono colpiti da malattie
croniche e da non autosufficienza.
È quindi
auspicabile che i futuri possibili interessati e le loro organizzazioni
assumano le necessarie iniziative a tutela dei diritti dei loro associati.
Rilievi sull'attività lavorativa pregressa degli
ospiti dell'Istituto di riposo per la vecchiaia di Torino
Il miglioramento delle condizioni di vita ed i
progressi terapeutici della medicina permettono ad un numero sempre maggiore di
individui di raggiungere la tarda età.
Nel 2000 in Italia ci saranno quasi 13 milioni di ultrasessantenni.
I problemi degli anziani assumono quindi sempre più rilevanza richiedendo
precise ed adeguate scelte di gestione sociosanitaria.
Ogni individuo si caratterizza per il «ruolo» o per
meglio dire per la funzione che riveste nell'ambito della società (famiglia,
lavoro). La scuola, il lavoro, il pensionamento sono tappe obbligate, legate
alla natura «sociale» dell'uomo. Il bambino sarà studente, diventerà adulto,
avrà un lavoro, possibilmente quello sognato, da cui trarrà gratificazioni e
talvolta una ragione di vita. Nel cammino della vita alcuni ruoli si perdono e
altri si acquistano, anche nostro malgrado; uno di questi è il pensionamento.
Il signor Rossi, pensionato, sarà sempre in fondo
operaio tessile con tanti ricordi e tanta nostalgia per il suo trascorso
lavorativo. Il tempo passa, i più fortunati avranno l'aiuto della famiglia e i
nipotini (il ruolo del nonno), continueranno forse a ricevere la rivista
«l'operaio tessile» e, perché no, qualche ex collega verrà a trovarli.
Non per tutti è così. Vi sono altri signori Rossi,
ospiti di istituti di riposo, con gli stessi ricordi e le stesse nostalgie; di
loro il mondo del lavoro, al quale hanno dato tanto, si è dimenticato.
Ci è parso interessante esaminare le caratteristiche
degli ospiti dell'Istituto di riposo per la vecchiaia di Torino (IRV), compresa
l'attività lavorativa svolta prima del pensionamento. I dati raccolti si
riferiscono alla popolazione IRV presente al 31 ottobre 1990.
Gli ospiti presenti erano 304 di cui 70 maschi e 234
femmine di età media 81,9 ± 9,4 anni (range 54-103); l'età media all'ingresso
era 77,5 ± 11,4 anni (range 34-99); la durata media di ricovero era 4,4 ± 5,5
anni (range 0-34).
L'attività lavorativa prevalentemente svolta prima
del pensionamento era così distribuita:
casalinga n. 62
contadino n. 22
operaio n. 83
collaboratrice
familiare n. 27
impiegato n. 21
insegnante n. 4
artigiano n. 47
commerciante n. 21
professionista n. 1
4 soggetti erano invalidi dalla giovane età. Per 12
ricoverati non è stato possibile ricostruire la natura dell'attività
lavorativa a causa della mancanza di possibilità di collaborazione e assenza
dei parenti (Fig. 1).
In tutti i soggetti sono state prese in esame la
presenza di patologie, l'incontinenza, la mobilità, l'autosufficienza ed i
rapporti con i familiari e/o amici.
Tutti gli ospiti presentano almeno una patologie,
più spesso sono presenti contemporaneamente più condizioni patologiche:
mediamente 2,4 ± 0,9 (range 1-5); di seguito viene riportata la prevalenza
delle varie patologie (Fig. 2):
Patologia
neurologica n. 158
Patologia
osteoarticolare n. 110
Patologia
cardiovascolare n. 100
Patologia
psichiatrica n. 47
Patologia
gastroenterica n. 45
Deficit
sensoriali gravi n.
40
Patologia
respiratoria n.
36
Sindrome
da immobilizzazione n. 29
Patologia
metabolica n. 27
Patologia
urogenitale n. 16
Patologia
neoplastica n. 14
Esiti
di amputazione n.
4
Le varie patologie sono pressoché ugualmente
rappresentate nelle varie classi lavorative; differenze tra le classi sono in
ogni caso prevalentemente riferibili ad età e sesso.
L'incontinenza sfinterica è presente in 220 ospiti;
l'incontinenza è più spesso doppia (145) e stabile (175). Non vi sono
sostanziali differenze nelle diverse attività lavorative.
In relazione alla deambulazione la mobilità è autonoma
in 73 soggetti, 74 deambulano con ausilio, 157 necessitano di carrozzella.
Il grado di autosufficienza è stato valutato con
D.M.I., indice medico di non autosufficienza (Fabris F. e coll. «La cartella
clinica geriatrica» Minerva Medica vol. 80, suppl. 12 dicembre '89). Secondo
questo indice la maggior parte degli ospiti è risultata non autosufficiente (n.
248), un piccolo numero (46) può definirsi parzialmente autosufficiente; 10
soggetti sono risultati «autosufficienti» ma necessitano in ogni caso di elevata
attività assistenziale per motivi psicosociali.
La maggior parte degli ospiti riceve visite da
familiari e/o amici (n. 266) con varia frequenza: le visite sono più spesso
settimanali nei contadini, operai, impiegati, commercianti; sporadiche nelle
casalinghe; negli artigiani le visite sono risultate più frequentemente
quotidiane. Tali differenze non ci sembrano avere altra motivazione che la
casualità.
Come emerge da questa descrizione la popolazione IRV
risulta rappresentata da soggetti affetti da una o più malattie croniche con
necessità medico-assistenziali diversificate secondo il grado di non
autosufficienza e la patologia presente. Le caratteristiche si ripetono senza
grandi diversità nelle varie classi di attività lavorative. Sono condizioni
che richiedono un impegno congiunto assistenziale e medico-riabilitativo al
fine di conservare e talvolta valorizzare le «riserve funzionali» presenti
nell'anziano. A tal fine può risultare utile per il «riabilitatore» conoscere
l'attività lavorativa pregressa; particolarmente ne trarrà giovamento
l'attività ricreativa e occupazionale che potrà così essere più
personalizzata. È infine auspicabile che il mondo del lavoro non dimentichi gli
ospiti delle case di riposo collaborando e promuovendo iniziative a loro
vantaggio.
(1) Istituto di Medicina e Chirurgia geriatrica dell'Università
di Torino. Direttore: professor Fabrizio Fabris.
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