Prospettive assistenziali, n. 93, gennaio-marzo 1991
I Segretari
della CGIL, CISL, UIL Bruno TRENTIN, Franco MARINI, Giorgio BENVENUTO, Fausto BERTINOTTI, Franco BENTIVOGLI e Anna Maria ACONE hanno aderito al seguente
documento, che è stato sottoscritto da: ANGELINI Paola presidente Comitato '80
di Potenza; AURORA Fulvio, di Medicina Democratica; BARTOLI Andrea, Direttore
CSPSS; BATTAGLIA Augusto della comunità di Capodarco; BENZI don Oreste dell'Associazione
Papa Giovanni XXIII di Rimini; BOBBA Luigi, Segretario Nazionale delle ACLI;
BREDA Maria Grazia, del CSA - Coordinamento sanità e assistenza fra i movimenti
di base di Torino; CAPRA Egizia, famiglia ANFFAS; CASSULO Adriano, Coordinatore
progetto «3», Provincia Autonoma di Trento; CHIODINI Anna, Coordinatrice
ANFFAS di Bologna; COCANARI Flavio, responsabile Ufficio «Handicap» Cisl
Nazionale; CONSORTI Pier Luigi, Coordinamento romano amici degli handicappati; CONTARDI Anna, dell'Associazione Bambini Down; COZZI Paolo Lepri del Centro
Diritti del Cittadino; DI MARZIO Silvia, della Comunità di S. Egidio; FALOPPA
Marisa, per il bollettino «Handicap & Scuola»; FRACASSI Mariella,
dell'Ufficio «H» formazione lavoro del Comune di Milano; GIORDANO Gabriella,
sezione AIAS di Roma; GRIMALDI Roberto, della Lega Nazionale per il diritto al
lavoro degli handicappati; GUIDI Antonio, del Dipartimento Handicap Cgil Nazionale;
MANGO Luisa dell'ISTISSS; MARCUCCIO Giovanni del MOLCES; MONTERUBBIANESI don
Franco, della Comunità di Capodarco: NERVO Mons. Giovanni, della Fondazione
ZANCAN; NOCERA Salvatore, del Movimento Apostolico Ciechi; PANCALDI Andrea,
Rassegna Stampa Handicap,: PANCALLI Luca, Responsabile Dipartimento «H» Uil
Nazionale: PANIZZA Giacomo, Comunità Progetto Sud; PAVONE Marisa, del Gruppo
«H», Provveditorato di Torino; RICCIO Mons. Andrea, Fondazione «Camminiamo
Insieme» di Salerno; ROLLERO Piero, Ispettore tecnico del Provveditorato di
Torino; SCHIRRIPA Giorgio, del Gruppo Infanzia di Psichiatria Democratica di Viterbo;
SCIUTTO R.osangela dell'A.pi.C.E. Associazione per la lotta contro l'epilessia;
SELLERI Gianni, presidente ANIEP; TAVAZZA Luciano, presidente nazionale del MO.V.I.; TESCARI Bruno della Lega Arcobaleno: TORTELLO Mario, giornalista e
Direttore «Quaderni di promozione sociale»; TOSCANI Marina della UILDM di Roma;
ZAGARIA Vincenza, responsabile unità operativa progetto handicap USSL 24
Regione Piemonte; ZAMBONI Alessio, dell'Associazione Papa Giovanni XXIII di
Rimini.
PREMESSA
Un gruppo di lavoro informale, costituito da persone
aderenti a gruppi e associazioni di volontariato, operatori del settore,
insegnanti e sindacalisti, ha ritenuto utile rilanciare nel nostro Paese un
messaggio culturale di richiamo a valori-diritti-doveri che interessano le
persone handicappate.
In questi ultimi tempi si registra il venir meno di
quella tensione positiva che aveva costruite negli anni passati l'integrazione
sociale delle persone handicappate e si riparla di ritorno a strutture
speciali, invece che dell'inserimento effettivo nella società.
La consapevolezza di richiamare le esigenze e i
diritti delle persone handicappate ha portato alla redazione del primo
documento «Handicappati e società: quali valori, quali diritti, quali doveri»
(1).
Questo secondo documento si propone di affrontare in
modo più specifico il nodo dell’inserimento lavorativo delle persone
handicappate, sancito dall'art. 4 della Costituzione,
Vanno superate le resistenze culturali che ostacolano
l'integrazione delle persone handicappate e il loro riconoscimento come
persone a tutti gli effetti con pari diritti-doveri degli altri cittadini,
specialmente quando viene negata la loro resa produttiva e richieste per loro
un intervento meramente assistenziale da parte dello Stato (2).
Un altro ostacolo in tal senso p la mentalità
corrente che spesso considera ancora la persona handicappata come persona
solamente bisognosa di assistenza e di protezione. Eppure tanti esempi di
persone handicappate che occupano posti nel lavoro e nella vita sociale - al
pari degli altri cittadini - dimostrano proprio il contrario.
Questo
documento intende unirsi allo sfarzo di quanti operano nel nostro Paese per:
- rilanciare un messaggio culturale che possa
ribaltare l'attuale logica assistenzialistica e restituire il diritto al lavoro
a tutte le persone handicappate con capacità lavorative;
- dimostrare che non è affatto vero che tutti gli handicappati
sono improduttivi, ma che, al contrario, sono numerosi coloro che sono capaci di
una resa produttiva piena, purché messi in condizione di poterla esprimere.
Non neghiamo con ciò la presenza di persone handicappate non in grado di
svolgere attività lavorative proficue, neppure con l'impiego di ausili o di
interventi mirati, ma sono casi in cui la condizione fisica e/o psichica è
troppo gravemente compromessa.
Ripercorrere la strada delle soluzioni assistenzialistiche
ha conseguenze pesanti sul piano dei diritti e su quello economico. Non si deve
negare la «capacità lavorativa» alle persone handicappate che possono
lavorare, per poi richiedere allo Stato un carico assistenziale peraltro
oneroso. L'inserimento lavorativo è del resto conveniente perché la persona
handicappata contribuisce come ogni cittadino alla formazione del reddito e
accresce il prelievo fiscale ed il benessere collettivo piuttosto che gravare
sul settore assistenziale.
La recente sentenza della Corte Costituzionale (3),
che ha riconosciuto il diritto al lavoro per gli handicappati psichici (finora
ingiustamente esclusi dal collocamento obbligatorio) rafforza anche il diritto
al lavoro per chi, con handicap di natura fisica e/o sensoriale, sebbene
iscritto nelle liste del collocamento, attende da anni l'impiego.
LINEE GUIDA AGLI INSERIMENTI
LAVORATIVI DELLE PERSONE HANDICAPPATE NEL PIENO RISPETTO DEL
DIRITTO AL LAVORO
Il lavoro è lo strumento essenziale per
la promozione e l'integrazione nella società delle persone handicappate in
grado di svolgere attività lavorative
In questi vent'anni e più dall'entrata in vigere
della legge 482/68 sul collocamento obbligatorio al lavoro si sono realizzati
molteplici inserimenti lavorativi: laddove per la sensibilità di amministratori,
sindacalisti e operatori si è saputo superare i limiti della legge e attuare
la metodologia del collocamento «mirato», o per avviamento normale tramite l'Ufficio
di collocamento. In ogni caso ciò che conta è che si è dimostrato che le
persone handicappate possono lavorare.
È fondamentale offrire uno sbocco lavorativo alle
persone handicappate giunte al termine del percorso di studio, di formazione professionale
o prelavorativa. La disoccupazione in questi casi è doppiamente dolorosa, in
quanto è molto alto il rischio di rientrare in circuiti assistenziali, che
isolano dalla vita sociale.
Anche l'orientamento scolastico e professionale ha
grande rilievo per l'impostazione del futuro lavorativo
Già a partire dai primi anni della scuola va posta
la massima attenzione nell'individuare e valorizzare le potenzialità possedute
dagli allievi.
Ciò è ancora più importante per chi, a causa del
proprio handicap fisico, sensoriale, intellettivo, psichico (inteso come
problema di pertinenza della psichiatria) dovrà scegliere più oculatamente
degli altri i percorsi scolastici e/o formativi successivi, in modo tale da
raggiungere la preparazione necessaria allo svolgimento di attività lavorative
che tengano effettivamente conto delle loro capacità e, in tutta la misura del
possibile, anche delle loro aspirazioni personali e attitudinali.
Per gli allievi con insufficienza mentale, come per
tutti, l'esperienza insegna che, agli interventi di scolarizzazione, è bene
affiancare momenti più pratici, riferiti agli atti quotidiani della vita, per
mirare ad una maturazione complessiva dell'allievo e cercare di sviluppare al
massimo la sua autonomia (4).
A questo proposito l'utilizzazione delle «intese»
(5) ha dimostrato di poter essere un valido strumento di programmazione sia nel
campo dell'orientamento scolastico e professionale, sia nel settore della
formazione professionale e prelavorativa, per ovviare alla mancanza di
indicazioni normative precise.
NUOVE MODALITÀ PER IL
COLLOCAMENTO AL LAVORO CELLE PERSONE HANDICAPPATE
Il collocamento al lavoro va mirato
inserendo la persona nel posto di lavoro idoneo (e adatto) alle sue abilità
Riteniamo che siano ancora molti i pregiudizi che fan
pensare alla persona handicappata come ad una persona che non può lavorare.
Per uscire da questi facili luoghi comuni, proponiamo
di pensare a tutte le persone handicappate che svolgono lavori qualificati:
docenti universitari, insegnanti, giornalisti, operatori addetti all'informatica,
impiegati amministrativi, bancari... che hanno utilizzato i normali canali per
la ricerca del posto di lavoro.
Avere presente questa realtà di persone handicappate,
che non usufruiscono del collocamento obbligatorio, aiuta a pensare che una
persona handicappata può essere un lavoratore in cerca di occupazione.
Certamente va ricercato il posto «giusto» per
ciascuna persona, tenendo conto delle sue capacità e degli eventuali limiti
posti dall'handicap.
La legge 482/68 non ha soddisfatto minimamente
questa esigenza fondamentale per la buona riuscita del collocamento; la sola
che può permettere ampia soddisfazione alla persona handicappata e all'azienda.
Una corretta gestione del collocamento «mirato»,
considerando le esigenze di entrambe le parti (azienda e lavoratore), agevola
di fatto anche l'azione contrattuale del sindacato fino a promuovere la
disponibilità di posti di lavoro per persone handicappate/disoccupate che
esprimono una capacità lavorativa se messe nelle condizioni idonee.
La capacità lavorativa può essere anche totale
(piena) quando siano eliminate difficoltà di ordine ambientale.
Fondamentale resta quindi in ogni caso e per ogni
situazione di handicap (diversa anche a seconda della diversa autonomia delle
persone) la ricerca mirata del posto di lavoro e il suo adattamento, anche a
fronte degli enormi progressi realizzati nel campo tecnologico, che permettono
possibilità lavorative fino a qualche tempo fa impensabili.
Per quanto riguarda persone handicappate che non
possono realizzare una totale resa produttiva, a causa delle loro condizioni
fisiche/psichiche o di malattia (6) può essere favorito l'inserimento in gruppi
di lavoro in modo da valorizzare il sostegno degli altri lavoratori, senza
penalizzare l'andamento generale della produzione. Possono essere previsti
progetti specifici per soggetti gravemente compromessi, anche se con capacità
lavorative ridotte, attraverso strumenti di mediazione d'intesa con l'Ente
Locale.
Non si tratta di creare lavori inutili, né di proporre
inserimenti assistenziali, ma di garantire un diritto di tutti.
Collocamento al lavoro degli handicappati
intellettivi e psichici
La recente sentenza della Corte Costituzionale n.
50/1990 ha riconosciuto il diritto all'avviamento al lavoro anche per questi
soggetti attraverso il collocamento obbligatorio.
Il problema consiste ora nell'individuare quale tipo
di lavoro sia il più adatto, quale mansione la più confacente alle loro
capacità lavorative e rimuovere eventuali ostacoli al collocamento, come può
essere per esempio la mancanza di una preparazione professionale e/o
prelavorativa (7).
È anche importante chiarire che le persone con
handicap intellettivo, vanno distinte dalle persone con handicap psichico.
Le prime hanno un handicap di natura organica,
dovuto a lesioni anatomiche delle parti più evolute del sistema nervoso; le
seconde, invece, rientrano nell'ambito delle malattie classificate come
funzionali, di pertinenza della psichiatria.
La distinzione è importante ai fini dell'inserimento
lavorativo, perché per le persone con handicap psichico, proprio perché
malate, vanno innanzitutto previste tutele adeguate. Esse possiedono sovente
anche una buona capacità lavorativa, che dipende però, in grande misura, dalla
scelta del posto di lavoro, e dal sostegno che possono ricevere dal gruppo di
lavoro, nonché dal supporto indispensabile del servizio sanitario dì
territorio.
È più semplice affrontare i problemi connessi con
l'inserimento delle persone con handicap intellettivo (o ritardo mentale, o
insufficienza mentale). Nel loro caso c'è oggettivamente la presenza di una
riduzione delle facoltà intellettive, ma questo non impedisce tuttavia una resa
produttiva caratterizzata in genere anche da continuità produttiva nel tempo,
fatto salvo - ovviamente - che l'inserimento sia realizzato in situazioni
lavorative consone alle capacità realmente possedute.
Il
collocamento mirato, di competenza della commissione circoscrizionale per
l'impiego, deve trovare il massimo supporto degli Enti Locali (Comune singolo,
associazione dei Comuni, comunità montane) al fine di valorizzare le capacità
lavorative della persona handicappata.
Bisogna
fare tutto il possibile perché sia coinvolto e intervenga l'Amministratore
responsabile o delegato in materia di lavoro, con operatori qualificati in modo
specifico, appositamente incaricati, avvalendosi anche dei supporto dell'Usl
di residenza della persona da collocare.
Le esperienze fin qui realizzate di inserimento
lavorativo di persone handicappate hanno dimostrato che il collocamento
«mirato» è possibile laddove è presente un gruppo di operatori stabile, con il
compito di favorire l'interscambio ed il coordinamento fra operatori delle istituzioni
socio-sanitarie, educative-formative e di governo del mercato dei lavoro.
Tale gruppo fornisce inoltre indicazioni, segue e
sostiene tutte le fasi necessarie all'inserimento:
- collabora con il settore della formazione
professionale per l'individuazione dei contenuti e delle modalità dei corsi di
formazione professionale o prelavorativa e delle iniziative di aggiornamento
professionale;
- svolge tutte le necessarie attività tecniche per
rendere possibile l'inserimento lavorativo (adeguamento posto di lavoro,
abbattimento barriere...);
- valuta le caratteristiche e le capacità lavorative
dei soggetto da inserire al fine di poter individuare ed abbinare, anche
d'intesa con altri organismi competenti, gli «strumenti di mediazione»
funzionali all'inserimento e all'integrazione del soggetto nel contesto
lavorativo (tirocinio formativo, borsa di lavoro, ecc.).
CHE COSA CAMBIARE PER UN
NUOVO COLLOCAMENTO AL LAVORO DEGLI HANDICAPPATI
FISICI, SENSORIALI,
INTELLETTIVI, PSICHICI
Accertamento dell'invalidità e valutazione delle
potenzialità lavorative
Non si può parlare di collocamento al lavoro degli
handicappati senza affrontare il nodo della dichiarazione di invalidità.
L'accertamento dell'invalidità spetta alle COMMISSIONI
SANITARIE DELLE USL. Suggeriamo però una disposizione legislativa che preveda
una «istruttoria preliminare» (da parte dei servizi legali delle stesse Usl)
in modo da permettere alla commissione sanitaria di decidere sulla base di elementi
oggettivamente accertati (8).
Riteniamo inoltre che vada istituito un secondo
momento per l'ACCERTAMENTO DELLE POTENZIALITÀ E/O CAPACITAÀ LAVORATIVE,
collegata con il precedente, ma caratterizzato dalla presenza di persone
esperte dei mondo dei lavoro e provvisto di strumenti tecnici idonei a comprovare
le potenzialità e/o capacità lavorative della persona.
Con questo secondo passaggio la commissione (alla
quale devono potersi rivolgere liberamente le persone handicappate per richiedere
il riconoscimento del proprio handicap per i molteplici fini conosciuti ...),
assume anche un ruolo di orientamento suggerendo percorsi formativi, prelavorativi,
di riqualifica o l'avviamento diretto al lavoro, in collegamento con il gruppo
di operatori, preposto al collocamento mirato, dell'Ente Locale.
Si evita così che le persone in grado di svolgere
un'attività lavorativa entrino nel circuito assistenziale; con conseguenze
negative per l'interessato e pesanti oneri economici per la collettività.
Solo quando le condizioni siano tali da escludere la
presenza di potenzialità lavorative, a causa della gravità delle condizioni
fisiche e/o psichiche della persona interessata, sarà cura della commissione
segnalare l’interessato ai servizi socio/assistenziali di territorio (9).
Qualora le condizioni ambientali o personali mutino
al punto da rendere possibile un suo inserimento formativo/lavorativo, il
soggetto dovrà poter ripresentare alla commissione una nuova richiesta di
valutazione della sua condizione psico/fisica ai fini di un inserimento
lavorativo.
La nuova legge deve riguardar solo le persone
handicappate
L'esclusione degli altri soggetti compresi nelle
«categorie protette» (vittime dei terrorismo, profughi, orfani, vedove...) è
motivata dall'esperienza di questi vent'anni di applicazione della legge
482/68, che ha purtroppo registrato una propensione dei datori di lavoro a
scegliere prioritariamente tra queste categorie, a scapito delle persone
handicappate.
Per la stessa ragione non si ritiene opportuno far
rientrare in una legge per il collocamento obbligatorio degli handicappati altre
persone appartenenti allo cosiddette «fasce deboli» del mercato del lavoro
per cause di origine sociale (ex tossicodipendenti, ex detenuti...).
Per quest'ultimi e per le parsone appartenenti alle
categorie protette sono da prevedere piuttosto delle regolamentazioni
particolari, all'interno del collocamento ordinario (ad esempio un punteggio
superiore) e con la contrattazione, collettiva.
Abbassamento dell'aliquota obbligatoria di assunzione
È indicata nel 7% e distribuita in parti uguali tra persone
con capacità lavorativa piena e persone con capacità lavorativa ridotta (10).
Anche se il collocamento mirato potrà migliorare l'accettazione
delle persone handicappate da parte delle aziende, in questo particolare momento
si ritiene indispensabile prevedere ancora un collocamento «obbligatorio» che
tenga conto anche di chi potrà esprimere una capacità lavorativa parziale o
ridotta.
La soglia delle aziende tenute all'obbligo di
assunzione dovrà passare dagli attuali 35 dipendenti ai 15. Al riguardo si
precisa che non si possono accettare esoneri per nessuno (11). Né si possono
accettare trattamenti privilegiati per partiti, sindacati, associazioni (12).
Sanzioni severe per le inadempienze delle aziende in
merito al collocamento obbligatorio degli handicappati
L'attuale penalizzazione è talmente irrisoria da
incentivare la disapplicazione della legge da parte delle aziende e non
sortisce alcun effetto ai fini dell'avviamento obbligatorio al lavoro.
A fronte delle modifiche sostanziali che si apporterebbero
al collocamento sarà possibile prevedere sanzioni più severe e proporzionate
al numero delle persone handicappate non assunte, nonché alla durata della
inadempienza stessa. Tali sanzioni possono essere di natura pecuniaria indicizzata,
ma potrebbero anche consistere nella eliminazione di eventuali agevolazioni
concesse alle imprese (quali fiscalizzazione degli oneri sociali, commesse
privilegiate...).
Comunque si concorda sulla sanzione prevista
dall'art. 23 del disegno di legge proposto dal Comitato ristretto del 28
giugno 1990, purché gli importi siano indicizzati.
LE STRADI PERCORRIBILI IN
ATTESA DELLA NUOVA LEGGE SUL COLLOCAMENTO OBBLIGATORIO AL LAVORO DEGLI
HANDICAPPATI
Gruppo di operatori per l'inserimento
È stato più volte ricordato e motivato l'importanza
di creare un gruppo stabile di operatori con il compito di preparare e seguire
l'inserimento fin quando il soggetto handicappato abbia raggiunto la sua
piena autonomia e si sia integrato con l'ambiente di lavoro.
Tale gruppo di operatori solitamente è l'espressione
(o il braccio materiale) di una commissione istituita presso l'Ente Locale
(Comune, Ussl) formata da rappresentanti delle Imprese, del Sindacato e delle
associazioni degli handicappati che si propone di valorizzare e integrare
sinergicamente tutte le risorse disponibili sul territorio per raggiungere
l'obiettivo dell'inserimento lavorativo.
Le intese
Solo attraverso la stipula di intese tra le parti si
può giungere, per ora, in mancanza della legge di riforma del collocamento
obbligatorio, alla costruzione di percorsi di inserimento validi e soddisfacenti
per tutti, adoperandosi affinché presso gli Assessorati dei Comuni, competenti
in materia di lavoro e di formazione professionale per tutti i cittadini,
siano affrontate anche le problematiche del lavoro per i cittadini
handicappati.
Sottolineiamo particolarmente il coinvolgimento dei
Comuni (singoli, associati, comunità montane) così come delle Aziende di
Lavoro, perché, rispetto alle Ussl, sono dotati di maggior possibilità di
pressione nei confronti degli imprenditori. Parecchi aspetti della vita delle
aziende passano di fatto attraverso l'Amministrazione comunale (disciplina
urbanistica, appalti, incentivi...). Tutti gli imprenditori hanno in qualche
misura bisogno di relazionarsi con l'Amministratore, che, se vuole, può
utilizzare questo momento di forza per un'incisiva iniziativa di promozione
degli inserimenti mirati per gli handicappati.
Le leggi
Senza trascurare di ricordare la legge 482/68, che in
ogni caso è lo strumento del collocamento obbligatorio, per ora in vigore, si
sono in questi ultimi anni aggiunti altri strumenti legislativi tesi a
facilitare l'incontro domanda/offerta, tra persone handicappate e mercato del
lavoro.
In particolare due leggi, pur non regolamentando
esplicitamente la materia del collocamento al lavoro delle persone
handicappate, contengono però norme riferite a questi soggetti o, comunque,
estendibili anche ad essi:
a) la legge nazionale n. 56/ 1987 che prevede
l'avviamento al lavoro anche di soggetti handicappati, il loro collocamento
mirato e l'integrazione delle attività di formazione previste dalla Regione
con le richieste del mercato del lavoro. Inoltre prevede la deroga alla
chiamata numerica, purché ci si avvalga di progetti concordati (13);
b) la legge nazionale n. 863/1984 che istituisce il
contratto formazione-lavoro, introdotto per promuovere lo sviluppo
dell'occupazione e della formazione professionale giovanile (14). In ottemperanza
ai principi costituzionali l'applicazione di questa legge può estendersi anche
ai giovani tra i 15 e i 29 anni iscritti nelle liste del collocamento
obbligatorio, in quanto possono ben rappresentare un anello di congiunzione
tra esperienza formativa c/o prelavorativa ed il mondo del lavoro.
Alcuni strumenti amministrativi
Possono
essere d'incentivo alle aziende per l'assunzione di persone handicappate:
a) TIROCINI DI LAVORO: una possibilità che si è
rivelata utile sia all'interno di un iter formativo in corso di formazione
professionale o prelavorativa (che prevede quindi la gratuità delle
prestazioni), sia come momento di apprendimento in un progetto a sé stante (ad
esempio quanto previsto dall'art. 17 della citata legge n. 56/ 1987). In
questi casi si può prevedere una borsa di lavoro erogata dall'Ente locale,
invece che da parte dell'azienda, alla persona handicappata inserita per un
periodo di tempo determinato, allo scopo di incentivare l'avvio al lavoro di
cittadini handicappati che, a causa delle loro condizioni psico/fisiche, non
realizzano immediatamente una resa produttiva adeguata;
b) PROGETTI CEE: rammentiamo i finanziamenti tuttora
concessi dal Fondo Sociale Europeo alle Regioni per l'avviamento di progetti di
formazione finalizzati all'inserimento lavorativo di persone handicappate;
c)
INCENTIVI O RIMBORSI da parte dell'Ente locale all'azienda:
- nel caso di spese sostenute per adeguare il posto
di lavoro c/o abolire eventuali barriere architettoniche (15);
-
in qualità di premio per l'assunzione al termine di un periodo di tirocinio.
Ruolo del sindacato
Sul fronte sindacale è possibile prevedere:
1) una tutela dei lavoratori handicappati (o dei loro
familiari) già inseriti nel posto di lavoro (flessibilità dell'orario di
lavoro, permessi anche ai familiari...);
2) prevedere l'adeguamento del posto di lavoro
(barriere architettoniche, adattamenti ergonomici...);
3)
concordare la disponibilità dell'azienda all'utilizzo di tirocini formativi;
4) favorire la costituzione di comitati territoriali
per l'osservazione delle necessità formative e occupazionali delle persone
handicappate presenti nel territorio da inserire al lavoro;
5) avvalersi della possibilità del contratto part-time
anche per le persone handicappate che lo richiedono;
6) proporre un salario di ingresso circoscritto nel
tempo e regolamentato dal contratto collettivo della categoria di
appartenenza, in caso di comprovata resa produttiva inferiore alla norma verificata
dalla componente sindacale, con il supporto dei tecnici dell'Usl (16);
7) utilizzare l'integrazione salariale (una parte di
salario corrisposto dall'azienda, una parte dall'Ente locale) per favorire la
costituzione di rapporti dì lavoro con imprese non soggette al collocamento
obbligatorio. Anche in questo caso la durata dell'intervento/incentivo sarà
concordata preventivamente tra le parti.
Va detto che l'utilizzo di tali incentivi o sgravi
nei confronti del datore di lavoro, sono utilizzabili oggi, in particolare in
questo momento, per favorire - in assenza di una legislazione efficace - gli
inserimenti al lavoro anche delle persone handicappate finora escluse (come ad
esempio gli insufficienti mentali) o che hanno particolari problemi derivanti
dalla natura dell'handicap.
QUALI RISCHI IN ATTESA DELLA
RIFORMA
Le cooperative
A fronte delle oggettive difficoltà di inserimento
lavorativo delle persone handicappate nelle normali aziende, si sente sovente
parlare delle cooperative come risoluzione ottimale del problema:
- le
cooperative integrate che al pari delle piccole aziende si prefiggono di
essere un pezzo del mercato del lavoro e sono quindi per i soci lavoratori
un'occasione stabile di lavoro. Hanno le caratteristiche di un'impresa e si
prefiggono la produttività;
- le
cooperative di solidarietà che si sono sviluppate in particolare proprio in
riferimento all'inserimento lavorativo di persone handicappate, in molti casi
promosse dagli stessi genitori o familiari preoccupati per il futuro «inattivo»
del figlio.
Queste sono le cooperative che rappresentano il rischio
reale di riproposizione del laboratorio protetto, poiché è più facile cadere
nell’ottica del «vaso contenitore», piuttosto che diventare attori protagonisti
di inserimenti lavorativi. Non per tutte, naturalmente, ma può accadere, quando
sono costrette a tenere bassi costi di produzione (per rendere competitivi i
prezzi dì vendita dei prodotti) e non possono di conseguenza permettersi di
retribuire equamente i soci handicappati.
La cooperativa può essere senz'altro un'opportunità
di lavoro o anche un mezzo di avviamento al lavoro, soprattutto se è carente la
formazione professionale: non va vista però come il solo posto di lavoro da
offrire alle persone handicappate in grado di svolgere attività lavorative
(piene o ridotte), né può essere sostitutiva (o alternativa) ai posti di
lavoro previsti nelle normali aziende.
È (lo ripetiamo) una delle possibilità dell'attuale
mercato del lavoro e pertanto deve poter garantire a tutti i soci, compresi
quelli handicappati, un compenso reale; le borse di lavoro vanno determinate
quindi nel tempo e trasformate in assunzioni, così come previsto per le
aziende.
Anche gli incentivi eventualmente previsti dovrebbero
essere forniti nella stessa misura e con le stesse modalità previste per le
aziende di dimensioni equiparabili alle cooperative e, come queste, non
soggette agli obblighi previsti dalla legge sul collocamento obbligatorio.
Inoltre - così come per le aziende - si dovrebbe
tenere conto per ogni agevolazione della capacità lavorativa della persona
inserita, differenziando gli interventi e gli incentivi a seconda dei casi (ad
esempio per molti handicappati fisici o sensoriali sono sufficienti contributi
erogati inizialmente per l'adeguamento o l'adattamento del posto di lavoro, che
permettono poi una normale resa produttiva alla persona).
I centri di laboratorio protetto
Non possiamo che essere contrari all'istituzione di
laboratori protetti, per persone handicappate in possesso di capacità
lavorative.
I laboratori protetti non hanno mai permesso
l'inserimento lavorativo, rappresentando di fatto soluzioni «parcheggio» le
cui attività hanno un puro carattere di intrattenimento delle persone
handicappate (17).
È drammatico pensare di rispondere al bisogno di
lavoro delle persone handicappate, isolandole in queste situazioni di
emarginazione, prive di ogni contatto con la normalità.
Gli handicappati con capacità lavorative hanno
diritto a percorsi formativi professionali o prelavorativi nei normali centri
di formazione professionale o nelle comuni scuole superiori.
E hanno diritto ad un posto di lavoro al pari degli
altri cittadini e con gli altri cittadini.
Allo stesso modo troviamo rischioso riproporre
laboratori protetti - così come viene fatto anche nel testo del 28 giugno 1990
(redatto dal Comitato ristretto della II Commissione permanente per la riforma
della 432/68 al Senato), senza distinguere o definire la capacità lavorativa delle
persone handicappate che dovrebbero usufruire di tale proposta, ma soprattutto
evidenziando il pericolo reale che le aziende:
-
non assumeranno più persone handicappate;
-
affideranno ai laboratori protetti i soliti lavori ripetitivi;
-
le persone handicappate, anche con una piena capacità lavorativa, non si
potranno realizzare;
-
gli handicappati saranno di fatto esclusi dalla vita sociale.
I reparti speciali nelle aziende
C'è già purtroppo una tendenza all'isolamento e
all'emarginazione riscontrabile nella creazione di reparti speciali, destinati
solo ad handicappati (18).
Da un lato essi dimostrano che è vero che un
handicappato adibito ad un posto di lavoro idoneo può raggiungere una piena
capacità lavorativa. Dall'altro, tuttavia, non è pensabile accettare un sistema
di lavoro che separi la persona handicappata dalla fabbrica e dalla condizione
di normalità, indispensabile per un equilibrio globale della persona e un
reale inserimento.
I lavoratori inidonei
Non si può negare il diritto al lavoro per le persone
handicappate e «sostituirle» nella chiamata obbligatoria con le persone che
hanno contratto l'invalidità sul posto di lavoro, dopo una normale assunzione.
La questione della computabilità degli addetti che
sono divenuti invalidi durante lo svolgimento del rapporto di lavoro nelle
aliquote del personale cine le imprese sono tenute ad occupare ai sensi della
legge 482/68, è stata ripetutamente affrontata anche dalla giurisprudenza, che
finora si è orientata nel senso della non computabilità.
Il problema che si presenta, ovviamente anche con
risvolti delicati sul piano umano, può essere risolto se, anche in questo caso,
si valuta la capacità lavorativa della persona e si ricerca di conseguenza
una attività lavorativa diversa, ma idonea alle sue mutate condizioni fisiche,
all'interno dell'azienda.
Residenze sanitarie
assistenziali (RSA)
È prevista la realizzazione o l'acquisizione di
strutture residenziali per handicappati minorenni e adulti alle quali sono riservati
400 miliardi per il primo triennio (1200 in nove anni) (19).
Ci occupiamo anche di questo aspetto perché è un rischio
ormai oggettivamente comprovato che negli ultimi dieci anni si sono registrate
nei confronti degli handicappati due tendenze soltanto in apparenza opposte:
in un primo momento sono state fortemente aumentate le prestazioni
assistenziali (garanzia del minimo vitale ai totalmente inabili), in un
secondo momento si è voluto escludere gli handicappati dal lavoro e si sono
riproposte le soluzioni del ricovero assistenziale.
Attraverso una confusa vicenda di decreti, di leggi e
di atti amministrativi e giurisdizionali, si è limitato il diritto al lavoro,
si è messo in discussione l'inserimento scolastico, sono stati ridotti i
servizi sul territorio, si è diffusa la psicologia dei «falsi invalidi» e,
mentre da un lato si vietava «per sentenza» il lavoro agli handicappati
psichici, dall'altro si sono previsti, per l'appunto, migliaia di posti letto
per gli inabili al lavoro.
Per le persone handicappate risulta spianata la
strada per il ricovero (in istituto, in centri specializzati, nei laboratori
protetti...), mentre non lo è quella per l'inserimento al lavoro e nella vita
sociale (20).
CONCLUSIONI
L'affermazione del diritto al lavoro per le persone
handicappate richiede una nuova impostazione culturale e politica.
L'erogazione di un sussidio, il ricovero in un istituto o la simulazione di un
inserimento lavorativo in un laboratorio protetto costituiscono una facile
semplificazione per chi desidera rimuovere il problema senza restarva
investito.
Per contrastare questa tendenza è necessario riconquistare
la consapevolezza della solidarietà e delle battaglie per i diritti sociali.
A fronte delle resistenze, anche di ordine culturale,
che si incontrano, la risposta della società non può essere quella del ripiego
assistenziale, ma quella dell'impegno civile per l'affermazione del diritto
al lavoro di chi, sebbene handicappato, vuole e deve potersi realizzare anche
con il lavoro.
ANCHE TU PUOI
- Raccogliere
l'adesione di gruppi, Enti, Uffici, Associazioni, Sindacati, servizi di
territorio, centri di formazione professionale... che si occupano o seguono
queste prob:ematiche.
Le firme devono essere inviate alla segreteria del
gruppo informale =Handicappati e società» e saranno consegnate ai
parlamentari che sono impegnati nella stesura della nuova legge e presentate,
di volta in volta, nel corso delle iniziative che il gruppo informale attiverà.
-
Contribuire alla sua diffusione:
nell'ambito
del tuo gruppo, associazione... di appartenenza;
in
occasione di dibattiti, convegni, seminari, incontri sulle tematiche
dell'handicap;
chiedendo
la pubblicazione nelle riviste locali, provinciali, regionali e nei quotidiani
della tua realtà.
Copie
del documento possono essere richieste alla segreteria.
- Promuovere a
tua volta incontri e dibattiti sul tema proposto dal documento: «Il diritto
al lavoro per le persone handicappate». Le persone del gruppo informale sono
disponibili a collaborare e a intervenire. Rivolgersi alla segreteria.
- Cominciare a
concretizzare queste idee sollecitando gli amministratori, i sindacati, gli
operatori del tuo territorio affinché realizzino inserimenti al lavoro di
persone handicappate.
Recapito segreteria gruppo informale «Handicappati e
società» c/o Maria Grazia Breda, Via Foligno 70, 10141 Torino, Tel.
011/21.13.98.
(1) Il gruppo è nato nel gennaio 89
ed ha elaborato un primo documento «Handicappati e società: quali valori, quali
diritti, quali doveri» che è stato presentato nella Sala della Sacrestia, aula
del Parlamento, in Roma, il 13 febbraio 1990. Al documento hanno aderito:
Angelini Paola, Comitato '80 contro l'emarginazione, Potenza; Armellin Lino,
Deputato DC; Bartoli Andrea, Centro studi e programmi sociali sanitari
(CSPSS); Battaglia Augusto, Comunità di Capodarco; Bebel Tarantelli Carol.
Deputato SI; D. Benzi Oreste, Associazione Papa Giovanni XXIII di Rimini;
Bertone Pinuccia, Deputato SI; Breda Maria Grazia. CSA (Coordinamento sanità e
assistenza fra i movimenti di base, Torino); Bentivogli Franco, Segretario
Confederale CISL; Benvenuto Giorgio, Segretario Generale UIL; Bianchi
Giovanni, Presidente Nazionale ACLI; Bobba Gigi, Segretario Nazionale ACLI;
Bonini Giorgio, Coordinamento Enti Servizio Civile, Modena; Carboni Gloria,
Lega Nazionale per l'emancipazione degli handicappati; Chiodini Anna, ANFFAS
di Bologna; Cocanari Flavio, Responsabile del problemi dell'handicap, CISL;
Colombini Leda, Deputato PCI; Consorti P. Luigi, Coordinamento romano amici
degli handicappati; Contardi Anna. Associazione Bambini Down; Coppola Celso,
Dirigente di servizio sociale del Ministero di grazia e giustizia; De Giuseppe
Giorgio, Deputato DC; Di Marzio Silvia, Comunità S. Egidio; Dignani Wanda, Deputato
PCI; Faloppa Marisa, Presidente Comitato per la Integrazione scolastica,
Torino; Ferraguti Isa, Deputato PCI; Filippi Maria, Presidente Nazionale
Coordinamento Donne Acliste; Garavaglia Mariapia, Sottosegretario alla Sanità;
Giordano Gabriella, AIAS; Grimaldi Roberto, Lega Nazionale per il diritto al
lavoro degli handicappati; Guidetti Serra Bianca, Deputato; Guidi Antonio,
Ufficio Handicap CGIL; Lama Luciano, Senatore PCI; Lucà Mimmo, Vice-Presidente
Nazionale Patronato ACLI; Mancinelli Mario, Fondazione Camminiamo insieme,
Salerno; Mango Luisa, ISTISSS; Marini Franco, Segretario Generale CISL; Meggiolaro
Paolo, Associazione Papa Giovanni XXIII, Rimini; Migliasso Angela, Deputato
PCI; Don Monterubbianesi Franco, Comunità di Capodarco; Nocera Salvatore, Movimento
Apostolico Ciechi; Pancaldi Andrea, Rassegna Stampa Handicap; Panizza Giacomo,
Comunità Progetto Sud; Sac. Pasini Giuseppe, Direttore Caritas Italiana;
Passuello Franco, Vice Presidente Nazionale ACLI; Piro Franco, Deputato PSI;
Prato Giuseppe, Commissione Scuola PLI; Rizzi Michele, Segretario Nazionale
Gioventù Aclista; Rollero Piero, Ispettore tecnico periferico Gruppo H
Provveditorato, Torino; Salatini Mimma, Associazione Italiana Sclerosi
Multipla; Schirripa Giorgio, Gruppo Infanzia Psichiatria Democratica; Selleri
Gianni, ANIEP; Serra Teresa, AIAS; Staglianò Igor, Consigliere Regionale DP;
Svevo Maria Paola, Movimento Femminile DC; Tavazza Luciano Presidente
Nazionale MOVI; Tedesco Giglia, Senatore PCI; Tomassini Rita, Responsabile dei
problemi dell'handicap UIL; Tortello Mario, Direttore «Quaderni promozione
sociale»; Trentin Bruno, Segretario Generale CGIL; Zagaria Enza, Lega
Nazionale per il diritto al lavoro degli handicappati.
Il
documento è stato pubblicato da: Prospettive
assistenziali, n. 88, ottobre-dicembre 1989; Esistenza, n. 6, novembre-dicembre 1989; Italia Caritas Documentazione, n. 4, 1989; Anch'io, dicembre 1989; Handicap
& scuola, n. 3/4, novembre 1989-gennaio 1990; Alogon, n. 1, novembre 1989; Cultura
nuova dell'handicap, novembre-dicembre 1989; Insegnare all'handicappato, gennaio 1990; La San Vincenzo in Italia, gennaio-febbraio 1990 (sintesi): Fogli di Informazione e coordinamento del
MOVI, n. 3/4, dicembre 1989; L'agenda,
febbraio 1990; Associazione Bambini Down, Sindrome Down, n. 2/1989; Appunti
(Gruppo Solidarietà. Via Cavour 1 - Mie di Maiolati), gennaio-febbraio 1990; Sempre, gennaio 1990; Amici dei Lebbrosi, n. 2, febbraio 1990;
La Rete, n. 1, gennaio 1990 e n. 2,
febbraio 1990; Riabilitazione oggi,
n. 1, gennaio 1990; Rassegna Stampa
Handicap, n. 1, gennaio 1990; UIL
Sanità, n. 6-7, 1-15 aprile 1990; AIAS,
maggio-giugno 1990; Il segreto di
Pulcinella, n. 3, aprile 1990; Ex,
n. 6, giugno 1990; Armonia anni verdi,
n. 5, maggio 1990; Rassegna di
pensionistica, marzo-aprile 1990; Notiziario
del Centro di documentazione di Pistoia, n .115, gennaio 1990; Bambini in ospedale, n. 15, febbraio
1990; Conquiste del lavoro, 22 agosto
1990; Rivista di Servizio Sociale, n.
2, giugno 1990; Famiglia Cristiana,
citazione, n. 51/89.
Il gruppo
di lavoro si incontra presso l'Associazione Bambini Down, viale delle Milizie
106, Roma. Informazioni possono essere richieste alla segreteria del gruppo:
c/o Maria Grazia Breda, via Foligno 70 - 10149 Torino, telef. 011/211398.
(2)
Numerosi sono ancora oggi coloro che auspicano il ritorno all'esclusione dalla
società di chi è diverso. Si invocano o, peggio, si programmano nuove strutture
speciali, istituti specializzati per ogni tipologia e categoria di handicap,
laboratori protetti, reparti speciali nelle fabbriche, a volte addirittura
villaggi o città interamente per handicappati.
Citiamo ad
esempio il traguardo che si propone in Sicilia, don Ferlauto che ha avviato la
costruzione di una città «telematica», l'«Oasi Città aperta» che conterrà
duemila abitanti handicappati e no, provenienti da tutta Italia: un «megaghetto
che ci riporterebbe indietro di secoli a quelle concentrazioni subumane di
poveri, di mentecatti, di ciechi, di storpi e di quant'altri infelici
disturbavano la società "civile"». Cfr. Piero Rollero, «Oasi di Troina: ghetto in
preoccupante espansione», Prospettive
assistenziali n. 88, ottobre-dicembre 1989, p. 6.
(3) Sentenza n. 50 del 31 gennaio
1990, pubblicata sulla G.U. n. 6 - Serie Speciale del 7.2.1990. Ricordiamo
anche la Convenzione dell'Organizzazione Internazionale del Lavoro (B.I.T.) n.
159 del 20.6.1983 sulla riabilitazione professionale e sull'impiego degli
handicappati, che già orientava in questo senso.
(4) A titolo esemplificativo pensiamo
ad apprendimenti che aiutino a leggere l'ora, utilizzare un mezzo di trasporto,
presentarsi con abbigliamento adatto, conoscere normali pratiche di pulizia e
igiene, utilizzo di documenti di uso comune e personale (carta di identità,
assegno, raccomandate...)... ma soprattutto a come muoversi all'interno
dell'azienda, al rispetto dell'orario di lavoro, all'esecuzione degli ordini
impartiti...
(5) L'utilizzazione delle intese,
regolate per la scuola dalla circolare del Ministero della Pubblica Istruzione
n. 258 del 1983, ha mostrato di essere un valido strumento di programmazione
sia nel campo dell'orientamento scolastico e professionale, sia nel settore
della formazione professionale e prelavorativa, con la messa a punto di intese
specifiche per settore e tipologia di handicap, laddove sono insufficienti o
mancanti corsi idonei. Ricordiamo infatti che nella legge nazionale n. 845178
c'è solo una affermazione del tutto generica circa le opportunità di formazione
per gli handicappati, soprattutto per gli insufficienti mentali.
Si ricorda comunque che le intese non
sono una legge, ma frutto di una circolare e pertanto dipendono in larga misura
dalla volontà delle diverse parti m causa: politici, amministratori, operatori,
sindacati, forze sociali.
Oggi un sostegno legislativo delle
intese può essere rinvenuto negli accordi di programma di cui all'art. 27 della
legge 142/90.
(6) Ad esempio, sono persone la cui
produttività, o meglio, capacità lavorativa, non è da intendersi esclusivamente
riferita allo svolgimento del lavoro, che può essere pari agli altri
lavoratori, ma piuttosto alla costanza nel tempo, alle eventuali assenze dovute
a malattia o cura o impossibilità a mantenere i ritmi di lavoro imposti dalla
produzione. Pensiamo in particolare agli insufficienti mentali, ai malati
psichiatrici, ma anche a chi è epilettico o dializzato o talassemico...
(7) Segnaliamo, ad esempio, l'intesa
siglata il 12.2.1986 dal Comune di Torino (Assessorato al lavoro e formazione
professionale), dalle Organizzazioni sindacali CGIL-CISLUIL e dal CSA,
Coordinamento sanità e assistenza fra i movimenti di base, che prevede l'avvio
da parte del Comune di «corsi
prelavorativi per insufficienti mentali», intesa rinnovata il 27 dicembre
1989.
Si tratta di classi di 15-18 allievi
insufficienti mentali (con certificazione) che non sono in grado ai frequentare
i corsi normali di formazione professionale e di raggiungere la qualifica
finale, a causa dell'alto contenuto nozionistico/teorico che tali corsi
contengono. Sono però soggetti che possiedono potenzialità lavorative, che
fanno presumere in un possibile inserimento lavorativo al quale vengono
preparati appunto con i corsi prelavorativi.
Caratteristica di questi corsi è
l'alternanza tra una parte teorica (minima) e il tirocinio sul posto di
lavoro, che invece occupa una parte rilevante del monte ore. I corsi
prelavorativi non si prefiggono l'obiettivo d? una «qualifica», ma si
preoccupano di aumentare l'autonomia globale del soggetto in modo da rendere
possibile un collocamento lavorativo in attività che prevedono lo svolgimento
di mansioni semplici. Per tali ragioni gli allievi insufficienti mentali dei
corsi vengono avviati a tirocini diversi nell'arco del periodo formativo, allo
scopo di aumentare la loro flessibilità e capacità lavorativa. Le classi di
allievi con insufficienza mentale dei corsi prelavorativi sono inserite nei
centri di formazione professionale normale per favorire momenti dì attività
comune con le altre classi.
(8) La nostra proposta nasce dalla
convinzione che qualunque commissione non può decidere, salvo nei casi di
piena evidenza (ad esempio amputati) senza avere una conoscenza approfondita
delle condizioni psico-fisiche dei richiedenti. D'altra parte non potrebbe
neppure impiegare ore e ore per compiere detti accertamenti. Per tali ragioni
proponiamo una istruttoria tecnica preliminare della domanda di invalidità da
parte dei servizi medico-legali delle Usl (identificazione formale dei
richiedente, esami clinici, eventuali accertamenti diagnostici, raccolta ed
esame della scheda sanitaria, documentazione sanitaria...).
(9) La Costituzione all'art. 38
dichiara che «ogni cittadino inabile al lavoro o sprovvisto dei mezzi
necessari per vivere ha diritto al mantenimento e all'assistenza sociale». È
indubbio che la società debba pertanto intervenire - attraverso l'Ente Locale -
con un sostegno tangibile alla persona inabile e alla sua famiglia, attraverso
la messa a disposizione di tutti quegli interventi che possano garantire il
più a lungo possibile la sua permanenza nel proprio ambiente di vita. Vanno
quindi garantiti servizi diurni di almeno 40 ore settimanali, comprendenti
attività socioricreative, ludiche, riabilitative, sportive..., nonché piccole
comunità alloggio (8-10 utenti) per chi non può continuare a restare a casa,
inserite nelle normali abitazioni.
(10) La
percentuale del 7% è stata oggettivamente stimata di recente dalle
Associazioni aderenti all'«Assemblea permanente per la riforma della 482». Si
può richiedere il documento aggiornato anche dei dati relativi alle persone
handicappate occupate e non, presentato nel corso del seminario di Grosseto,
del 5/7.10.1990 alla segreteria dell'Assemblea c/o Gianna Spinuso, via Rosazza
52, 00153 Roma.
(11) Le
eccezioni attualmente previste da varie norme di legge circa gli esoneri
dall'obbligo di assunzione per alcune situazioni oggettive delle aziende,
dovrebbero di volta in volta essere oggetto di dibattito e di opportuna
contrattazione con le forze sociali, per evitare che possano essere utilizzate
come grimaldello per aggirare il principio di fondo qui proposto.
(12)
L'emendamento proposto dalle Organizzazioni Sindacali CGIL-CISL-UIL, ha
permesso al riguardo la riformulazione dell'originarlo testo redatto dal
Comitato ristretto della II Commissione permanente per la riforma della 482/68.
Riproduciamo di seguito la prima formulazione del Comitato ristretto del
28.6.90; l'emendamento proposto da CGIL-CISL-UIL; l'ultimo testo redatto
dell'11.10.1990.
Comitato
ristretto - 28 giugno 1990
Art. 14 - (Esoneri)
1. Le norme
concernenti le quote di riserva di cui all'art. 12, non si applicano agli enti
morali, associazioni sindacali, fondazioni, partiti politici, associazioni e
privati datori di lavoro che non perseguono fini di lucro e le cui attività
siano finalizzate ad assistenza, beneficenza, recupero, riabilitazione,
ricerca scientifica e tecnologica, promozione e diffusione della cultura o
comunque solidarietà sociale.
2. Sono
fatti salvi i diritti acquisiti a norma della legge 2 aprile 1968 n. 482 per i
lavoratori in servizio alla data di entrata in vigore della presente legge.
3. I datori
di lavoro di cui al presente articolo che volontariamente intendano assumere
persane inabili di cui all'art. 3 della presente legge possono accedere agli
elenchi di cui all'art. 4 mediante richiesta nominativa. Per i lavoratori così
assunti spettano le agevolazioni previste dall'art. 20 della presente legge.
Emendamento
CGIL - CISL - UIL
Art. 14
- comma 1: eliminare: «non» e aggiungere alla fine del
comma: «utilizzando la richiesta nominativa»;
- comma 3: sostituire con: «ai
datori di lavoro citati in questo articolo spettano le agevolazioni previste
dall'art. 20 della presente legge».
Ultimo
testo - 11 ottobre 1990
Art. 13 - (Norme particolari)
1. Le norme
concernenti le quote di riserva di cui all'art. 11 non si applicano - in
considerazione del valore sociale delle finalità perseguite - alle attività
che, escludendo ogni scopo di lucro, si svolgano nel campo della solidarietà
sociale, dell'assistenza e della riabilitazione nonché della promozione e della
ricerca e della cultura.
2. Per i
partiti politici, le organizzazioni sindacali e sociali ed enti da essi
promossi, il calcolo dell'aliquota di cui all'art. 11 tiene conto del solo
personale tecnico e operativo, con esclusione di quanti svolgano funzioni
dirigenti a ricoprano cariche elettive, ancorché retribuite.
3. I datori
di lavoro di cui al presente articolo che volontariamente assumano persone
disabili di cui all'art. 3 della presente legge possono accedere agli elenchi
di cui all'art. 4 mediante richiesta nominativa e fruiscono delle agevolazioni
previste dall'art. 19 della presente legge.
(13)
All'art. 5, comma d, la legge 56/1987 prevede che tra i compiti delle
Commissioni regionali per l'impiego (CRI) ci sia quello di predisporre
programmi di inserimento al lavoro di lavoratori con minorazioni fisiche e mentali
o comunque di difficile collocamento, in collaborazione con le imprese
disponibili, integrando le iniziative con le attività di orientamento, di
formazione, di riadattamento professionale svolte o autorizzate dalla Regione.
All'art. 17
(convenzioni tra imprese e commissioni regionali o circoscrizionali per
l'impiego) si precisa che l'impresa o il gruppo di imprese anche tramite le
corrispondenti associazioni sindacali, possono proporre alla commissione
regionale o circoscrizionale per l'impiego un programma di assunzione di
lavoratori, ivi compresi quelli di cui alla legge 2 aprile 1968, n. 482.
(14) Con il
contratto di formazione-lavoro sono state introdotte alcune agevolazioni che
possiamo individuare nei seguenti elementi: flessibilità, nel senso che si
lascia all'azienda la facoltà di giudicare quando e se l'apprendimento è
avvenuto, in modo da procedere alla trasformazione in contratto di lavoro a
tempo indeterminato; formazione, intesa come strumento atto a promuovere e consentire
l'acquisizione delle capacità produttive specifiche per quel determinato
processo produttivo; agevolazioni contributive: per tutto il periodo di tempo
che l'azienda utilizza tale contratto, lo Stato sopporta gli oneri sociali
relativi; retribuzione: viene riconosciuto un salario in ingresso ridotto e
livelli più bassi rispetto a quello finale; modalità di ricerca del personale:
avviene con selezione nominativa dell'azienda che non è obbligata a sottostare alle graduatorie dell'Ufficio di
collocamento; termini del contratto
di formazione-lavoro: non c'è obbligatorietà di assunzione, anche se dai dati
forniti dalla stessa Confindustria risultano trasformati in contratti a tempo
indeterminato circa l'85% dei contratti di formazione-lavoro.
(15) La legge 9 gennaio 1989 n. 13
«Disposizioni per favorire il superamento e l'eliminazione delle barriere architettoniche
negli edifici privati» comprende tra gli edifici privati anche gli edifici sedi
di aziende soggette e non soggette al collocamento obbligatorio.
(16) Questo allo scopo di incentivare
l'assunzione anche di persone con limitata autonomia fisica o psichica, senza
gravare eccessivamente sull'andamento dell'azienda e della produzione, durante
il periodo necessariamente più lungo di avviamento al lavoro.
(17) Auspichiamo che tali centri -
oggi sovente lasciati o «delegati» all'iniziativa privata - rientrino presto
nella normale programmazione degli Enti locali per garantire in qualità e
quantità le prestazioni assistenziali indispensabili per chi, gravemente compromesso
sia fisicamente che psichicamente, non può svolgere attività lavorative
proficue.
(18) Ad esempio le UPA, unità produttive accessoristiche,
realizzate dalla FIAT di Torino.
(19) Decreti del Ministro della
sanità del 29 agosto 1989 pubblicato su G.U. n. 221 del 21 settembre 1989 e del
Presidente del Consiglio dei Ministri del 22 dicembre 1989 in G.U. n. 2 del 3
gennaio 1990.
(20) Con queste premesse siamo
ovviamente preoccupati non solo per i massicci finanziamenti previsti per le
RSA, ma anche per le scarse indicazioni che sono state fornite dai decreti di
cui alla nota 19 circa la capienza e la tipologia dell'utenza. Le RSA possono
infatti avere capienza di 60-120 posti letto ed essere suddivise in nuclei di
20 posti per vari tipi di utenza (anziani cronici non autosufficienti,
handicappati...) tutte accorpate nella stessa struttura. Per questo abbiamo
ritenuto importante riprendere qui anche questo aspetto che riguarda gli
interventi residenziali, poiché è, a nostro avviso, urgente che a livello
ministeriale e, successivamente a livello regionale, siano dati criteri precisi
che stabiliscano che le RSA destinate alle persone handicappate sono
equiparabili alle comunità alloggio (capacità massima 10 utenti), inserite nel
normale contesto abitativo e con tipologia dell'utenza differenziata in base
all'handicap e alle possibilità di convivenza.
www.fondazionepromozionesociale.it