Prospettive assistenziali, n. 93, gennaio-marzo 1991
ROSANNA BENZI, IL VIZIO DI VIVERE
Amava la vita. Era allegra e
ironica. Fino all'ultimo; fino a quando un male incurabile ha troncato la sua
voglia di vivere. Rosanna Benzi, 43 anni non ancora compiuti, ventinove
trascorsi in un polmone d'acciaio nella sua camera dell'ospedale San Martino di
Genova, si è spenta il 4 febbraio scorso; sofferente ma lucida, il sorriso
sulle labbra, nonostante quest'ultima malattia che la consumava giorno per
giorno.
Rosanna Benzi, una donna
«simbolo» delle battaglie contro l'emarginazione dei più deboli (anche se usare
questo vocabolo, «simbolo», è già farle un torto perché può significare volerla
inquadrare in una categoria). Certo, una testimonianza di come si possa
affrontare la vita con determinazione e coraggio, nonostante l'immobilità
forzata, la dipendenza totale da una macchina per poter respirare, le pareti
d'una stanza d'ospedale.
Quel polmone d'acciaio
dell'ospedale San Martino di Genova poteva essere considerato una «prigione»
per tanti. Non per lei. Ha continuato a guardare il mondo intero attraverso uno
specchio ed il mondo ha conosciuto il suo volto riflesso in quello specchio,
la sua determinazione nel voler affrontare sul serio i problemi, anche i più
difficili (anche i temi «tabù», come il rapporto tra sessualità ed handicap,
per fare un solo esempio).
Rosanna ha guidato battaglie per
i diritti degli handicappati, ha fondato e diretto una rivista stampata in
seimila copie («Gli altri»), ha
scritto due libri («Il vizio di vivere»,
«Girotondo in una stanza», Rusconi
Editore), uno dei quali è diventato un film diretto da Dino Risi, protagonista Carol Alt.
Una vita ricca di amicizie, relazioni umane, lavoro.
È il 1962 quando una polmonite
virale la paralizza, provocando una grave insufficienza respiratoria. Rosanna
ha tredici anni. Poco dopo entra nel polmone d'acciaio («il mio scaldabagno»,
diceva lei con ottimismo), per non uscirne più, se non in qualche rara
occasione per partecipare a manifestazioni pubbliche. La sua storia è rimbalzata
sui giornali quando Papa Roncalli, Giovanni XXIII, le ha scritto una lettera,
cinque giorni prima di morire, per «ringraziarla per la sua voglia di vivere».
In ventinove anni, Rosanna Benzi
ha saputo svolgere una attività intensissima a sostegno dei diritti degli handicappati.
Si è innamorata ed è stata contraccambiata. Ha coltivato anche il desiderio di
avere un figlio, per arrivare a concludere: «Ma averlo sarebbe stato un atto
di egoismo, non d'amore. Un bambino ha bisogno di essere tenuto in braccio da
sua madre».
Poche settimane prima di morire
ha rilasciato una intervista alla Rai: «Spero che il lavoro che ho iniziato
vada avanti. Spero di lasciare di me l'immagine di una donna con pregi e
difetti. Un po' matta, un po' ironica. Spero di non aver fatto brutte figure
...». La vogliamo ricordare così, al di là degli schemi che pretendono di
catalogare la «diversità» e la «norma», invece di lasciar spazio
alla originalità di ogni persona umana ed al valore d'ogni vita.
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