Prospettive assistenziali, n. 94, aprile-giugno 1991
Editoriale
HANDICAP:
DALLA LEGGE QUADRO ALLA LEGGE BEFFA
In data 23 maggio 1991 la Commissione affari sociali
della Camera dei deputati ha assunto come riferimento base della legge quadro
sull'handicap il testo (riportato integralmente in questo numero) che è stato
inviato per parere alle competenti Commissioni e che verrà quindi sottoposto
all'approvazione della Camera stessa e successivamente al Senato (1).
La normativa prevista è estremamente deludente; in
alcune parti vengono addirittura cancellate le conquiste raggiunte nello
scorso decennio (2).
1. In particolare è compromessa l'integrazione
scolastica, assicurata fin dal 1971 dalla legge 118, il cui art. 28, comma 2,
prevedeva detta integrazione nelle «classi normali» o comuni.
Nelle stesure precedenti della legge quadro
sull'handicap tale norma era recepita. Ora, nell'ultimo testo, agli artt. 11 e
12 è scomparsa la parola «comuni», per cui, essendo prevista la abrogazione
della sopracitata legge 118/1971, l'integrazione scolastica non è più
assicurata. Possono quindi aprirsi varie possibilità di classi speciali e anche di scuole
speciali (3).
All'art. 11, punto 7, si prevedono «centri» (istituti? n.d.r.) di «ricupero e di riabilitazione, pubblici e
privati».
Infine
all'art. 11 punto 9 è consentito l'impiego di personale di dubbia professionalità.
2. Il secondo aspetto allarmante riguarda il percorso
parallelo ed emarginante tracciato con determinatezza per i «gravissimi». I
«gravissimi»sono definiti già con una certa ambiguità all'art. 2 e sono
«accertati» ll'art. 3 come bisognosi di «intervento assistenziale permanente»;
questo accertamento si trasforma di fatto in una diagnosi di non scolarizzabilità. Infatti, ad essi (non più
nominati negli articoli sull'integrazione scolastica) è riservato l'art. 9 (con
l'art. 8, punto ) con un'unica risorsa: «I
centri socioriabilitativi ed educativi» diurni e residenziali oltre a
«comunità alloggio» E questo senza limiti di età (da zero a cento anni).
3. È estremamente preoccupante l'impostazione generale
della legge quadro per il fatto che l'emarginazione permane diffusa, e qua e là
incoraggiata, in quei «centri» di vari indirizzi, richiamati in moltissimi
articoli, e mai denominati con il loro vero nome di «istituti». Tre gravi
omissioni in proposito:
a) non si indicano mai le priorità di intervento
alternative all'istituto (già previste per tutti i minori dalia legge 184/1983
sull'adozione e l'affidamento):
-
sostegno alla famiglia d'origine;
-
servizi primari per l'inserimento socialescolastico-lavorativo;
-
adozione di minori in situazione di abbandono materiale e morale;
-
affidamento familiare a scopo educativo;
-
istituzione di piccole comunità-alloggio di 6-8 posti al massimo;
b) nulla è prescritto circa i doverosi standard per
questi «centri»; anzi all'art. 9, sui gravissimi, si apre la strada alle RSA,
residenze sanitarie assistenziali, che dovrebbero accogliere diverse categorie
dagli handicappati agli anziani;
c) nulla di concreto è previsto in materia di
formazione professionale e di inserimento lavorativo.
4. Altro aspetto inaccettabile è costituito dal fatto
che nessuna norma è concepita come diritto certo dell'handicappato, diritto
che dovrebbe essere inequivocabile ed esigibile. Vi sono solo enunciazioni. Ne
deriva che i servizi e le prestazioni possono anche non essere istituiti. Così
è per alcuni fondamentali diritti: ad es., il servizio di aiuto personale (art.
8) espresso in forma non prescrittiva; il diritto al lavoro (art. 17 e seguenti)
sancito in forma non esigibile; le attività sportive (art. 23) risultano
essere solo «favorite»; all'art. 28 ove non si trova alcun cenno agli handicappati
non in grado di accedere ai mezzi pubblici di trasporto.
Nel migliore dei casi si profilano delle pure «possibilità»
di intervento, ma manca la precisazione concreta dei casi in cui spettano le
prestazioni e soprattutto manca ogni previsione per l'utente di far valere i
propri diritti, nonché la previsione di «sanzioni» nei confronti degli enti
inadempienti.
5. Vi è un condizionamento finanziario (cfr. l'art. 44)
che, se non verrà eliminato, condizionerà pesantemente l'attuazione della
legge.
6. Per quanto riguarda la formazione professionale
(art. 16) il testo licenziato dalla Commissione affari sociali della Camera
dei deputati non tiene conto che vi sono handicappati con piene potenzialità
lavorative (per cui è necessario il loro inserimento in classi comuni),
handicappati che necessitano di corsi specifici per conseguire la qualifica
(com'è il caso dei corsi per centralinisti ciechi) e handicappati (in
particolare quelli intellettivi di grado medio lieve) che, come dimostra
l'esperienza del Comune di Torino, sono in grado di essere formati per
l'inserimento lavorativo mediante appositi corsi denominati «prelavorativi»
(4).
L'art. 16 prevede che i corsi possono essere
istituiti anche presso i centri di riabilitazione, i quali - pertanto - vengono
ad assumere le caratteristiche di veri e propri ghetti. C'è il pericolo che i
«centri di lavoro guidato» (art. 16, punto 4), del tutto indefiniti (capienza
massima, tipologia dell'utenza, finalità, ecc.), siano o diventino strutture
di emarginazione (5).
7. Per quanto riguarda l'integrazione lavorativa degli
handicappati le norme previste (art. 17 e seguenti) hanno soprattutto lo scopo
di canalizzare l'inserimento lavorativo non nelle normali aziende, ma nelle
cooperative, nei centri di lavoro guidato e presso associazioni e organizzazioni
di volontariato. Infatti, i finanziamenti sono previsti esclusivamente per le
suddette organizzazioni. Fermo restando quanto osservato al punto 4 (il
diritto al lavoro continua a non essere esigibile), riteniamo immorale
prevedere contributi (art. 17) e sgravi fiscali (art. 19) a favore delle
aziende che assumono handicappati con piena capacità lavorativa.
In merito all'art. 18, i) testo licenziato dalla
Commissione affari sociali della Camera dei deputati non tiene conto delle
profonde differenze fra gli handicappati intellettivi (le cui menomazioni sono
di natura organica) e gli handicappati psichici (con problemi di natura
psichiatrica), differenze che devono essere considerate sia nella formazione
professionale o prelavorativa, sia nella definizione delle modalità da attuare
per un corretto inserimento lavorativo (6).
8. Vive perplessità suscita l'art. 34, il quale prevede
agevolazioni «in favore del parente o l'affine, entro il terzo grado, ovvero il
coniuge, qualora assistano, presso il proprio nucleo familiare, in modo
continuativo e permanente una persona con handicap gravissimo». Mentre concordiamo
sul sostegno alla famiglia, riteniamo che, in ogni caso, debba essere favorito
l'inserimento degli handicappati, anche gravissimi, nella scuola dell'obbligo
e successivamente in strutture aperte circa 40 ore settimanali.
Occorrerebbe
pertanto che venisse chiarito che l'assistenza è considerata continuativa anche
nei casi di frequenza di scuole e di centri diurni.
9. Conclusioni
Riteniamo che il testo licenziato dalla Commissione
affari sociali della Camera dei deputati non sia assolutamente in grado di
fornire risposte più positive di quelle attuali, soprattutto alle persone
handicappate non in grado di autodifendersi.
Dunque,
vi è la necessità di profonde modifiche.
Altrimenti
il nulla di nuovo è preferibile al peggio.
(1) Il testo licenziato dalla
Commissione affari sociali è quello approvato dal Comitato ristretto della
Commissione stessa. Il Ministro per gli affari sociali, Rosa Russo Jervolino,
ritiene necessario che l'approvazione da parte della Camera abbia luogo entro
giugno 1991.
(2) Ricordiamo che, grazie ad un
tempestivo intervento di associazioni (Comitato per l'integrazione scolastica
deg!i handicappati, CSA - Coordinamento sanità e assistenza fra i movimenti di
base, ecc.) e sindacati torinesi (cfr. «Handicap & Scuola», n. 7, aprile
1991), si è ottenuto un risultato importante su due articoli molto gravi:
- è stato modificato l'art. 2 bis in
cui l'accertamento dell'handicap comprendeva «le specifiche potenzialità di
integrazione sociale e scolastica» con conseguenze gravissime di esclusione
aprioristica di molti handicappati;
- è stato eliminato l'art. 15 bis che
introduceva scuole speciali gravemente emarginanti per non meglio specificati
«cerebrolesi e pluriminorati».
(3) In questo senso si possono
interpretare l'art. 11 in cui si fa riferimento al «diritto all'educazione e
all'istruzione delle persone handicappate nelle sezioni di scuola materna e
nelle classi delle Istituzioni scolastiche» e l'art. 12 che prevede che
l'integrazione scolastica abbia luogo «nelle sezioni di scuola materna e nelle
scuole di ogni ordine e grado».
(4) Nella collana «Quaderni di
promozione sociale» edita da Rosenberg & Sellier, usciranno nelle prossime
settimane i seguenti due volumi:
- EMILIA DE RIENZO - COSTANZA
SACCOCCIO - MARIA GRAZIA BREDA, Il lavoro
conquistato - Storie di inserimento di handicappati intellettivi in aziende
pubbliche e private;
- MARIA GRAZIA BREDA - MARCELLA RAGO,
Formare per l'autonomia - Strumenti per
la formazione professionale degli handicappati intellettivi.
(5) Il CSA, Coordinamento sanità e
assistenza fra i movimenti di base di Torino, ha disposto i seguenti emendamenti
relativi all'art. 16:
- dopo le parole «gli ordinari corsi
di formazione professionale» del punto 1 aggiungere «dei centri pubblici e
privati».
- Le parole da «e garantiscono agli
allievi handicappati» a «attività del centro di formazione professionale» del
punto 1 sono soppresse e sostituite dalle seguenti: «Per i soggetti non in
grado di conseguire la qualifica professionale, nei comuni Centri di formazione
professionale, sono istituiti corsi prelavorativi della durata di anni tre,
con un monte ore annuo non inferiore a 900. Detti corsi comprendono il
tirocinio presso normali aziende pubbliche e private, attività di laboratorio
e teoriche».
- Il punto 2 è soppresso e sostituito
da quanto segue: «L'istituzione dei corsi dl cui al precedente punto 1 compete
ai Comuni aventi una popolazione superiore ai 50 mila abitanti alla data del 31
dicembre 1990. I corsi sono attuati anche per gli allievi handicappati residenti
nei Comuni limitrofi a quelli precedentemente indicati, secondo quanto verrà
definito dalle Regioni e dalie Province di Trento e di Bolzano, le quali devono
precisare i bacini di utenza entro e non oltre 120 giorni dall'entrata In
vigore della presente legge».
- Il punto 3 è soppresso e sostituito
da quanto segue: «Le norme di cui ai precedenti punti 1 e 2 si applicano ai
Centri di formazione pubblici e privati».
- Le parole «centri di lavoro guidato» sono sostituite dalle
seguenti «corsi prelavorativi».
(6) Le proposte del CSA sono le seguenti:
Modifiche per l'art.
17:
Prima dell'art. 17 sono inserite le
seguenti norme: «Le aziende e gli enti pubblici e privati di qualsiasi natura,
aventi più di 20 dipendenti, entro e non oltre 90 giorni dall'entrata in vigore
della presente legge, sono tenuti ad inviare agli uffici provinciali del
lavoro e della massima occupazione l'elenco dei dipendenti, compresi quelli
assunti in base alle norme sul collocamento obbligatorio. Entro i successivi
180 giorni le aziende e gli enti pubblici e privati che non hanno alle loro
dipendenze lavoratori handicappati nella misura prevista dalla legge 482/1968,
sono tenuti ad assumerne nella percentuale che verrà stabilita dalle Regioni e
dalle Province di Trento e Bolzano competenti per territorio.
«Detta percentuale verrà stabilita
tenendo conto delle esigenze produttive, dei livelli di disoccupazione e delle
qualifiche professionali dei lavoratori handicappati disoccupati, sentito il
parere degli uffici del lavoro e della massima occupazione del territorio.
«Il suddetto termine di 180 giorni
può essere prorogato dalle Regioni e dalle Province di Trento e Bolzano competenti
per territorio, esclusivamente nei casi in cui, per il corretto inserimento
lavorativo, sia necessario provvedere all'aggiornamento o riqualificazione o
riconversione professionale dei lavoratori handicappati disoccupati.
«Le Regioni e le Province di Trento e
Bolzano definiscono la quota dei lavoratori con ridotta capacità lavorativa
che devono essere assunti in base alle norme precedenti.
«Le Regioni e le Province di Trento e
Bolzano possono modificare le aliquote percentuali fissate negli artt. 11, 12.
13 della legge 482/1968, nonché quelle stabilite dall'art. 9 della legge
suddetta per la ripartizione dei posti riservati alle categorie protette
sentito il parere degli uffici del lavoro e della massima occupazione
competenti per territorio, al fine di favorire l'assunzione di invalidi con
piena o ridotta capacità lavorativa». Al riguardo si fa presente che l'art. 26
della legge 482/1968 consente una diversa ripartizione delle aliquote
percentuali degli handicappati aventi diritto al collocamento obbligatorio, in
modo da consentire il subentro di altri soggetti nei casi in cui non vi siano
invalidi collocabili dl certe categorie. Detta diversa ripartizione, attuabile
con decreti del Presidente della Repubblica su proposta del Ministro del
lavoro (decreti mai emanati) avrebbero, per esempio, consentito agli invalidi civili
d'essere collocati al lavoro occupando i posti vuoti a causa della mancanza di
richieste da parte degli invalidi di guerra.
- Al punto 5 dopo le parole «Alle persone handicappate»
aggiungere le seguenti «con ridotta capacità lavorativa».
- Al punto 5 aggiungere il seguente
comma: «La suddetta indennità di addestramento professionale spetta fino al
raggiungimento della piena capacità lavorativa e, comunque, per un periodo non
superiore ai due anni».
- Al punto 6 dopo le parole «per
l'assunzione delle persone handicappate» aggiungere le seguenti «tenendo conto
della loro piena o ridotta capacità lavorativa».
Emendamenti per l'art. 18:
- Aggiungere il seguente punto 3.
«Nei casi in cui le Commissioni di cui all'art. 3, integrate - se del caso -
come previsto dal precedente punto 1, accertino che il soggetto non ha capacità
o potenzialità sufficienti per l'inserimento lavorativo, rilasciano una
motivata certificazione. Detta certificazione dà diritto all'inserimento in un
centro diurno aperto almeno 40 ore settimanali, la cui istituzione e
caratteristiche vengono definite dalle Regioni e dalle Province di Trento e
Bolzano entro e non oltre 90 giorni dall'approvazione della presente legge».
- Occorrerebbe, inoltre, prevedere un
aumento delle sanzioni previste dalla legge 482/1968 nei confronti delle
aziende e degli enti pubblici e privati che violano le norme della legge
stessa.
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