Prospettive assistenziali, n. 94, aprile-giugno 1991

 

 

Libri

 

 

MASSIMO DOGLIOTTI, Affidamento e adozione, Giuffrè Editore, Milano, 1990, pagine XII - 399, L. 38.000.

 

Il volume di Massimo Dogliotti (magistrato e decente universitario, noto specialista di diritto della famiglia) fa parte della collana del prestigioso «Trattato di diritto civile e commerciale» fondato da Antonio Cicu e Francesco Messineo ed attualmente diretto da Luigi Mengoni.

Si tratta indubbiamente di un'opera che sotto un profilo rigorosamente giuridico (e quindi destinata prevalentemente agli studiosi ed agli ope­ratori del diritto) delinea un quadro dell'attuale disciplina dell'adozione e dell'affidamento di cui si avvertiva da tempo l'esigenza, poiché nel pur vasto panorama in cui si è andata esprimendo nell'arco degli ultimi anni la letteratura specia­listica continua finora ad essere piuttosto esi­guo il numero degli autori che si sono impegnati a tracciare una esposizione organica della mate­ria. Infatti, a parte il fondamentale studio di A.C. Moro (L'adozione speciale, 1976, peraltro re­datto sotto la vigenza della normativa ormai su­perata del 1967) e se si escludono alcuni prege­voli commentari della legge 184 (ultimo dei quali quello del Sacchetti), la maggioranza degli scritti si è limitata ad occuparsi isolatamente di singoli argomenti, senza inquadrarli in una visione uni­taria.

Già nel primo capitolo («Adozione e diritti dei minori») si entra nel vivo del problema, e, con puntuali riferimenti di prospettiva storica e com­parata, la disciplina giuridica dell'adozione è esa­minata con un efficace sguardo d'assieme nell'ambito della teoria dei diritti del minore, come diretta attuazione dei precetti costituzionali, co­sì come è ripreso con maggior ricchezza di detta­gli anche nel terzo capitolo («L'adozione dei mi­nori. Criteri ispiratori ed evoluzione culturale, giurisprudenziale, normativa»).

È pregio indiscutibile ed evidente del libro quello di insistere con estrema chiarezza sul fat­to che l'adozione dei minori introdotta nel 1967 e poi compiutamente sviluppata e tutelata dalla legge 184 del 1983 è da interpretare ed applicare come una necessaria attuazione dei principi inde­rogabili della Costituzione Italiana. Si tratta di un forte richiamo alla coerenza ed alla responsa­bilità collettiva, particolarmente apprezzabile in questa insidiosa congiuntura, in cui anche le mas­sime cariche dello Stato sembra facciano a gara per fuorviare la pubblica opinione delegittimando gli organi costituzionali e dando della Costitu­zione un'immagine distorta, come di un qualcosa che dovrebbe essere messo da parte perché non più adatto ai tempi, mentre al contrario va affer­mato con forza che mai come in questo difficile momento di conflittualità e di marasma generale dovrebbe essere ben presente e chiaro a tutti quanto sia indispensabile portare finalmente a compimento quei programmi che vennero lucida­mente disegnati oltre quarant'anni fa con l'obiet­tivo di realizzare una società giusta ed umana.

Anche il paragone della legislazione italiana che l'Autore tratteggia con riferimento all'espe­rienza di altri Paesi sta a denotare con efficacia quale livello di maturità e di impegno sociale la legge 167 prima e la 184 poi abbiano raggiunto sulla linea di quelle direttive, ulteriormente arricchite dalla riforma del diritto di famiglia intervenuta nel 1975, ed in virtù della quale l'istituzione familiare è stata identificata con un modello di comunità in cui ci si deve prefiggere l'educazione del fanciullo rispettandone e valoriz­zandone le capacità, le inclinazioni e le aspira­zioni.

Ma dove soprattutto si manifesta l'utilità dei libro è nelle lucide considerazioni che ne scan­discono lo sviluppo. Ed ecco che, nel quarto ca­pitolo dedicato ai «soggetti» del rapporto adotti­vo, si esaltano le ragioni che inducono a ritenere tale rapporto di esclusiva spettanza del nucleo familiare (viene spontaneo - a questo propo­sito - raffrontare queste considerazioni con le espressioni di coloro che vorrebbero fare del rap­porto adottivo un «diritto» dell'adulto e come ta­le da riconoscere all'anziano, al singolo, al se­parato, al divorziato e all'omosessuale, per poi ottenere analogo ed incondizionato riconoscimen­to per le tecniche di ingegneria genetica).

Nel capitolo dedicato alla situazione di abba~n­dono sono illustrati i motivi che hanno indotto il legislatore a non dare rilevanza al consenso dei genitori naturali all'adozione e ci si sofferma tra l'altro sull'esigenza che la dichiarazione di ab­bandono debba essere pronunciata dall'autorità giudiziaria minorile (unico serio garante istitu­zionale in tema di diritti personalissimi) facendo esclusivo riferimento alle peculiarità del caso concreto, nell'ottica di preservare l'integrità dello sviluppo psico-fisico del minore e distin­guendo rigorosamente l'abbandono dalle difficol­tà familiari transitorie o comunque suscettibili di altre e diverse misure, e senza cadere nella trappola ideologica (e che spesso e volentieri af­fiora in certe facili polemiche) di far carico al giudice minorile di risolvere pregiudizialmente le contraddizioni sociali e le emarginazioni cultu­rali che sono quasi sempre alla base dell'abban­dono.

Un apposito capitolo è riservato all'adozione internazionale. Accanto ai pregi della legge 184, che ha per la prima volta dato regolamentazione giuridica a questa forma di adozione oggi preva­lente nella pratica, nell'intento di prevenire tutti quei gravi abusi che si erano manifestati per la situazione di «anarchia selvaggia» determinatasi fina al 1983 (e che consentiva praticamente a tutti di ottenere dalle Corti di Appello la «deliba­zione» degli affidamenti di minori stranieri otte­nuti sotto qualsiasi forma all'estero), sano oppor­tunamente segnalate le lacune legislative che andrebbero al più presto colmate per consentire un effettivo controllo sulla reale situazione di ab­bandono del minore straniero e per scongiurare il sempre possibile aggiramento dei divieti legi­slativi in materia di affidamenti preadottivi (forie­ri, il più delle volte, di gravissimi rischi educativi ai danni dei minori) e che rendono indilazionabile l'approvazione di accordi bilaterali o plurilaterali con gli Stati di provenienza dei minori e l'intro­duzione dell'obbligo per le coppie richiedenti di far capo agii enti autorizzati dallo Stato.

Di evidente utilità si manifesta anche la con­sultazione dei capitoli dedicati agli affidamenti familiari e all'adozione in casi particolari (dove è tra l'altro posto l'accento sul pericolo che l'isti­tuto venga utilizzato - soprattutto in certe realtà del Paese - ad assicurare una copertura giuri­dica ad affidamenti arbitrari di minori ed a falsi riconoscimenti di figli naturali).

Un'attenzione tutta particolare merita, infine, il capitolo finale, in cui si denuncia l'attuale pro­pensione dei mass-media e dell'ambito politico a dare risposte emotive e superficiali all'esplo­dere di alcuni casi pesantemente condizionati dalla conflittualità degli adulti. Meritano atten­zione, soprattutto, le meditate preoccupazioni dell'Autore relativamente ad alcune proposte di legge presentate da varie forze politiche, tutte accomunate dalla più o meno scoperta finalità di allentare sensibilmente i controlli di legalità dell'autorità giudiziaria e di delegittimare le at­tuali competenze dei tribunali minorili sugli affi­damenti di minori, quando non anche al palese incoraggiamento di pratiche dirette all'introdu­zione clandestina di minori stranieri nel territorio dello Stato (con le nefaste conseguenze che tutti possono immaginare).

PIER GIORGIO GOSSO

 

 

AA.VV., Nascere, amare, morire - Etica della vita e della famiglia, oggi, Edizioni Paoline, Cinisello Balsamo (Milano), 1989, pp. 245, L. 16.000.

 

Il volume dal titolo molto impegnativo, riporta gli atti del convegno del Centro Internazionale Studi Famiglia (CISF) tenuto a Milano dal 2 al 5 giugno 1988. II convegno, avverte nell'introdu­zione il curatore della pubblicazione S. Spinsanti, non era finalizzato all'inseguimento della bioetica come moda culturale. Raccogliendo, invece, il diffuso senso di smarrimento di fronte alla sem­pre meno percepibile linea di demarcazione tra il lecito e l'illecito nei segmenti iniziali e finali della vita umana, il convegno ha voluto proporre una lettura dei fatti rivolta piuttosto a mettere in evidenza l'ambivalenza dell'intervento umano sulla vita, ma senza rinunciare a muovere da un presupposto di speranza.

Gli interventi sono ordinati secondo tre filoni: un'analisi della società in trasformazione, l'aspet­to giuridico e politico dei problemi trattati, e in­fine la proposta di un'etica a servizio della vita.

L'elemento innovativo che il convegno del CISF ha voluto introdurre nella problematica della bioetica è la famiglia. «La famiglia è un luogo in cui il costante braccio di ferro tra natura e desiderio, tra costrizione e libertà, trova una specie di regolazione spontanea... La famiglia è, oggi come ieri, un buon luogo per nascere, amare e morire. E anche un buon luogo per risolvere i pro­blemi etici che pone oggi l'applicazione della tecnologia a tutto l'arco della vita umana, dalla nascita alla morte».

Sempre nell'introduzione, che è indicativa del­la prospettiva sotto cui le problematiche sono esaminate, si rileva come non solo la bioetica ma anche la medicina tendenzialmente ignori la famiglia, riducendo la malattia ad un fatto orga­nico che avviene nel corpo del singolo individuo e che il medico cerca di rimuovere per ristabilire la salute. «L'esclusione della famiglia diventa addirittura tragica quando si tratta di assicurare al malato che non guarisce una morte con digni­tà... Proprio la punta più avanzata del progresso tecnologico ci porta quindi a riscoprire l'aggrega­zione più autentica e tradizionale, riconoscendole il valore di contenitore naturale della vicenda esistenziale».

L'indicazione globale che viene dagli studiosi convenuti a confronto sul nascere, amare, morire, quale vicenda umana dei massimo spessore etico, è univoca: nella famiglia non salo è possibile tu­telare la vita, ma prendersi cura di essa. Senza la struttura fondamentale della reciprocità, che la famiglia rende possibile e garantisce, la vita umana perde il carattere di qualità che la rende appetibile.

CRISTINA BARBOTTO

 

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