Prospettive assistenziali, n. 94, aprile-giugno 1991

 

 

Notiziario dell'Associazione nazionale famiglie adottive e affidatarie

 

 

GLI INSULTI DI FURIO COLOMBO ALL'ANFAA

 

 

Pubblichiamo integralmente l'articolo di Furio Colombo «Caso Wertmüller - Il sorriso punito d'un bimbo», apparso su La Stampa del 16 aprile 1991 e la replica del Presidente dell'ANFAA, riportata sul giornale suddetto con numerosi tagli su aspetti importanti, tagli non autorizzati dall'Autore, e le espressioni di solidarietà all'ANFAA stessa sottoscritte da numerose personalità.

 

Articolo di Furio Colombo

Un amico americano ha letto del caso Wert­müller (un ente, l'Anfaa, «vuole vedere chiaro» sull'arrivo di una bella bambina neonata in casa della regista e del marito Enrico Job) e mi ha detto: «Ma voi in Italia avete troppe polizie. La Pubblica Sicurezza, i Carabinieri, le Guardie di Finanza, questa Anfaa... non potreste semplifica­re un poco?».

Ingenuamente ha pensato che l'Anfaa sia un corpo di polizia. Lo avranno pensato anche altri italiani. L'Anfaa infatti è lo stesso ente che si è preoccupato di far togliere la bambina Serena Cruz a una famiglia di genitori che l'amavano teneramente e dove viveva con un fratellino, per affidarla a una coppia buona ma sconosciuta alla bambina, in nome di una violazione formale a una legge. Insomma il destino, la felicità, l'identità, i legami affettivi di una bambina (che allora ave­va tre anni e che adesso vive in clandestinità) contro la violazione formale del comma di una legge. Tutti ricorderanno il bel libro appassionato che Natalia Ginzburg aveva scritto in difesa di Serena. Ricorderanno anche la ferma risposta della scrittrice all'accusa dell'ente Anfaa: «Non ci ha neppure interpellati». Aveva detto la Ginz­burg: «Non c'era alcun bisogno di sentirli. La sto­ria di Serena è lì, sotto gli occhi di tutti».

Adesso parlano di nuovo. Dicono che intendo­no verificare se e come questa bambina è arriva­ta in casa Wertmüller-Job. Come è noto gli inte­ressati hanno già rivelato la loro storia: Maria, la bimba, è figlia di Job e Lina Wertmüler è stata felice di prenderla fra le braccia. Si vedono, nelle foto dei rotocalchi, due volti raggianti accanto alla faccina della nuova venuta.

In un mondo pieno di bambini curdi e di bam­bini albanesi, mentre I'Unicef disperatamente se­gnala l'immensa folla di bambini in imminente pericolo di vita, una scena d'amore ha suscitato la pronta reazione dell'Anfaa. «Andiamo a vedere che cosa c'è sotto questa felicità», sembra si siano detti i dirigenti di quell'ente.

E adesso veniamo alla domanda che avrà tenu­to in sospeso molti lettori. Ma chi sono gli im­placabili agenti di questo ente italiano che attira attenzione anche all'estero per il suo rigido tipo di interventi da tempi del Muro?

Svelarlo, temo, non farà luce sull'evento e con­fonderà le idee di molti, ma su un giornale non si può nascondere la verità. L'Anfaa è la «Associa­zione delle famiglie affidatarie» cioè di coloro che ricevono in custodia o adozione i bambini soli al mondo. Lo so, lo so, questa sigla non solo non spiega, ma confonde. Anche al tempo di Se­rena molti di noi non hanno mai capito come mai questa associazione, privata, umana, e di solida­rietà, si sia schierata con dura fermezza dietro la forma della legge, sostenendo di fronte all'opi­nione pubblica disorientata l'espianto della pic­cola Serena (che è stata data a gente buona però sconosciuta alla piccola, che invece conosceva e amava la sua famiglia).

Si direbbe che questa associazione, almeno il suo portavoce (che ho conosciuto in un dibat­tito televisivo come un signore facile alla collera) appena vedono il sorriso intorno a un nuovo bam­bino, a cui si promette cura e amore, sentono lo strano impulso di mobilitarsi. Capisco la doman­da dell'amico americano.

lo ne ho un'altra. Ma l'Anfaa non dovrebbe pen­sare a tutti i bambini che non sono ancora arri­vati nelle braccia di una coppia solida, buona e felice? Non potrebbe occuparsi della tragedia dei bambini romeni? Non potrebbe entrare in rap­porto almeno epistolare con l'Unicef, che avreb­be molte storie da raccontare? Non avrebbe vo­glia di fare un giro fra i bimbi dei genitori drogati o malati di Aids? Non vorrebbe decidere di rap­presentare davvero le famiglie, cioè l'amore?

Forse, però, c'è solo un equivoco. Forse l'asso­ciazione farebbe una cosa buona a cercarsi una voce più umana, la voce di qualcuno preoccupato di farsi capire e di capire, quando interviene in pubblico. Lo dico nell'interesse di un gruppo che ha un grande ruolo nella vita italiana. Eppure vie­ne scambiato per un altro corpo di polizia.

 

Lettera del Presidente dell'ANFAA del 16.4.1991

Letto l'articolo che, con acredine, Furio Colom­bo ha dedicato all'Associazione Nazionale Fami­glie Adottive e Affidatarie (ANFAA), ho avuto il dubbio che non abbia ancora voluto capire che i bambini non possono essere venduti e comprati a discrezione degli adulti.

Questo principio sancito dalla nostra legisla­zione e dalla Convenzione internazionale sui di­ritti dell'infanzia approvata il 20.11.1989 dall'As­semblea Generale delle Nazioni Unite non fa par­te solo del patrimonio culturale dell'ANFAA ma delle persone che, giorno dopo giorno, con dedi­zione, non tanto convinti che la carriera valga una vita quanto di rendersi utili agli indifesi, sono impegnate a far rispettare i diritti dei bambini. tenendo conto non solo delle esigenze di quando è infante, ma anche di quando sarà adolescente e dovrà lottare per inserirsi anche nella società.

È ovvio che differenze troppo accentuate di età fra genitori e figli sono in genere sconsigliabili sia per motivi educativi, sia per il rischio mag­giore dell'adottato di rimanere orfano. Poiché il numero dei bambini adottabili è di gran lunga inferiore alle domande di adozione, l'ANFAA ritiene che sia giusto provvedere a individuare la famiglia nell'interesse preminente del minore.

L'occasione dell'intervento del noto articolista è stata fornita dall'esposto che io, nella mia qua­lità di Presidente Nazionale dell'ANFAA, ho inol­trato alla Procura della Repubblica di Brescia, in merito all'arrivo di una neonata in casa della re­gista Wertmüller e del marito Enrico Job.

A questo punto le soluzioni possibili sono solo due: la magistratura accerta che l'inserimento della bambina è avvenuto nel rispetto dei suoi diritti, oppure che questi diritti sono stati lesi.

Nel primo caso, che è quello che ci auguriamo, tutti felici e contenti; nel secondo, la piccola ve­drà riconosciuto il suo diritto a non essere sog­getta alle decisioni del primo che passa e che se la prende.

Sorprende che un così acuto ed attento osser­vatore dei fatti socio-economici mondiali non ab­bia colto e analizzato il caso, riportato in contem­poranea dai giornali, dei sei bambini venduti dai loro genitori. Stando alla logica del fustigatore della nostra Associazione, la strumentalizzazione tragica e tremenda dei sei piccoli, trasformati in merce da esitare al miglior offerente, sarebbe solo una «violazione formale del comma di una legge».

È proprio il rispetto della persona-bambino che ci divide da Furio Colombo arroccato com'è alla visione adulto-centrica di un mondo di madri e padri-padroni; e, direi senza speranza, tenuto conto che a distanza di anni condivide ancora le tesi espresse dalla Ginzburg in un suo libretto costruito distorcendo la realtà dei fatti, allo sco­po di dimostrare che la compravendita dei bam­bini è un atto d'amore.

Discutere di un problema con chi lo orecchia soltanto è una fatica improba: come si fa a spie­gare che una ANFAA, per quanto dinamica, è im­potente ad affrontare i problemi che mortificano e uccidono i bambini del mondo e che quindi è bene che non disperda le proprie scarse risorse in imprese impossibili?

Che senso ha che si scriva all'UNICEF per sa­pere quanto già si sa? Circa i bambini in abban­dono, figli di malati di AIDS e sieropositivi essi stessi, oppure handicappati, l'ANFAA non si è limitata a fare un giro di conforto come facevano i re quando c'era il colera: vi sono soci dell'ANFAA (e altri) che questi bambini li hanno in casa, in affidamento o in adozione. Uno di loro mi faceva vedere il suo bambino con Aids conclamato e mi diceva: «presto morirà ma almeno avrà un buon ricordo di questo mondo».

Nessuno di quelli che mi conoscono mi consi­dera «un signore facile alla collera», ma come una persona che non ha perso la capacità di in­dignarsi; mi indigna chi, specie se operatore dell'informazione, con saccente distacco si permet­te di giudicare e dare suggerimenti a vanvera senza preoccuparsi di documentarsi e senza sfor­zarsi di capire le ragioni dei suoi interlocutori.

Nel recente passato la Ginzburg definì noi e quanti operano per una fattiva crescita della nuo­va cultura dell'infanzia «i tiepidi», oggi Furio Co­lombo ci indica come poliziotti e pompieri dei buoni sentimenti; a suo tempo Alessandro Ga­lante Garrone, sulle pagine di questo giornale, disse che siamo degli apostoli laici: mi creda il mio illustre antagonista, a noi, considerata la sta­tura etica, umana e dottrinale del Professore, va bene così.

 

Solidarietà per l'ANFAA

I sottoscritti, che da anni conoscono l'impegno dell'Anfaa (Associazione nazionale famiglie adot­tive e affidatarie) che opera ininterrottamente dal 1962 per la tutela dei minori in situazione di ab­bandono o con gravi difficoltà familiari, di fronte alle affermazioni di Furio Colombo (La Stampa del 16 aprile) esprimono stima e solidarietà all'Anfaa, ai suo presidente e ai soci che dedicano gratuita­mente il loro tempo e le loro energie per il rico­noscimento e l'attuazione dei diritti dei suddetti minori.

I bambini hanno l'esigenza e il diritto di cre­scere nella loro famiglia; solamente in casi di abbandono materiale e morale occorre ricercare, come giustamente prevede la legge 184 del 1983, una famiglia idonea sia per capacità educative, sia per età.

Il traffico e il mercato dei bambini, comunque mascherati, sono modalità inaccettabili per i mi­nori sotto il profilo etico, giuridico, umano e so­ciale.

Seguono le firme: Andrea Bartoli, direttore Centro studi e programmi sociali e sanitari - Ro­ma; C.S.A. Coordinamento sanità e assistenza fra i movimenti di base - Torino; Massimo Dogliot­ti, giudice del Tribunale di Genova e docente uni­versitario di diritto privato - Genova; Carlo Hanau, C.I.V. Coordinamento italiano del volontariato - Bologna; Anna Gallo, Associazione solidarietà vo­lontariato a domicilio ASVAD - Torino; Giovanni Mons. Nervo, Fondazione Zancan - Padova; Giu­seppe Pasini, Direttore Caritas italiana - Roma; Luisa Quaranta e Annamaria Masini, Coordina­mento genitori democratici - Roma; Paola e Al­fredo Mazza, Gruppo famiglie affidatarie - Monca­lieri; Unione per la lotta contro l'emarginazione sociale - Ivrea; Cooperativa Praie - Montaldo Do­ra (To); Associazione volontari per l'assistenza sul territorio - Ivrea: C.I.S.F. Centro internaziona­le studi famiglia Milano; Ai.Bi. Associazione, amici dei bambini - Melegnano; Servizio sociale internazionale - Roma; Luigi Ciotti, responsabile del Gruppo Abele; gruppo Odissea 33, Chivasso; Centro italiano per l'adozione internazionale; Centro italiano famiglie pro-adozione - Torino.

 

 

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