Prospettive assistenziali, n. 94, aprile-giugno 1991

 

 

Notiziario del Centro italiano per l'adozione internazionale

 

 

DESIDERI DEGLI ADULTI E BISOGNI DEI BAMBINI

 

Spesso si sente affermare che in Italia esistono circa 55.000 minori istituzionalizzati e che nei loro confronti non vi è disponibilità, da parte delle famiglie che intendono adottare, ad un acco­glimento genitoriale.

Al di là del fatto che una parte di questi è si­curamente in un'età in cui la soluzione adottiva presenta notevoli difficoltà, che altri ancora sono disabili e che questo prevede delle disponibilità e delle capacità molto particolari, non si può ne­gare che questo fenomeno pone in primo piano il problema dello scarto tra desideri della coppia e bisogni del minore, che rappresenta uno dei punti nodali esistente nel rapporto tra genitori e figli.

Il desiderio di un figlio, che solo in una situa­zione patologica si configura come vero e proprio bisogno, comprende molte variabili che si inter­secano con la storia individuale delle persone e con le risultanze della relazione di coppia; uno degli elementi unificanti sembra essere, comun­que, la presenza in ognuno di un bambino imma­ginario, di un bambino ideale che si pone in rela­zione con un genitore ideale, altrettanto fanta­stico ed immaginario.

Il problema sorge quando questa situazione tende a fissarsi rigidamente con la sovrapposi­zione meccanica del bambino ideale a quello reale, cioè quando al bambino reale, quello in carne ed ossa si chiede di poter aderire total­mente alle fantasie degli adulti rispondendo con una completa aderenza alle aspettative dei ge­nitori.

Se questa situazione rappresenta un pericolo ed un eventuale ostacolo ad un adattamento af­fettivo del minore in caso di paternità/maternità biologica, immaginiamoci cosa può rappresentare per un bambino che nasce con l'adozione e por­tatore, quindi, di qualunque età sia, di un prece­dente vissuto abbandonico che ha alimentato (e potrà alimentare in futuro) il suo senso di ina­deguatezza e l'abbassamento dei livelli di auto­stima.

La differenziazione delle procedure, dei con­trolli e degli interlocutori, fa sì che, rispetto a quella nazionale, l'adozione internazionale tenda a diventare un bacino preferenziale di raccolta di coppie che, rigidamente vincolate ai loro desi­deri (o bisogni?) e rinforzate da abili commer­cianti e venditori di illusioni, si riversano su chi non può difendersi, in modo violento e predato­rio, per soddisfare un misterioso diritto alla pa­ternità/maternità, non sancito dalla natura né tantomeno dalle leggi vigenti.

Così accade che in molti Paesi stranieri si ri­propone la realtà che si è sviluppata in Italia, con istituti e comunità piene di bambini grandicelli, magari portatori anche di malattie più o meno gravi, mentre continua il commercio dei piccolini, belli, biondi, bianchi, sani e simpatici, a colpi di 20.000/30.000 dollari USA per volta, presi diret­tamente in famiglie incapaci o impossibilitate (socialmente, culturalmente ed economicamente) a difendere i loro diritti e quelli dei loro figli.

Come si fa a ripetere ancora una volta che l'adozione deve essere portata a termine nel pre­minente interesse del minore? È possibile dover ancora ribadire che il minore deve essere sog­getto di diritto e non oggetto di gratificazione per adulti frustrati e malati? Ebbene, al di là della retorica e delle ispirazioni demagogiche, siamo ancora sommersi da una cultura adultocentrica che difficilmente può diventare compatibile con le aspirazioni dei bambini, da una cultura che vede la solidarietà come evento separato dagli affetti e dalle emozioni, la prima come un dovere sociale, un obbligo al quale non bisognerebbe sottrarsi perché «non è educazione», la secon­da come fatto assolutamente individuale, o al massimo di coppia, da non condividere per paura di mostrare i propri sentimenti.

Desiderio di un figlio, disponibilità affettiva, maturità personale e di coppia, senso profondo, partecipato ed affettivo di solidarietà sono ele­menti che devono integrarsi armonicamente per consentire una paternità/maternità serena e gra­tificante; ancor di più per un'adozione, nazionale o internazionale che sia, quelli citati sono fattori che devono essere posti come condizione indi­spensabile per ipotizzare un percorso genitoriale con il più basso indice di rischio possibile.

Al di là di quanto si potrà fare per combattere il traffico ed il mercato dei bambini, l'impegno odierno non può non essere orientato che allo sforzo di aiutare quelle famiglie che hanno una effettiva potenzialità e capacità di accoglimento a prendere in considerazione anche tutti quei bambini già grandicelli, istituzionalizzati, italiani o stranieri che siano, che sembrano destinati al­trimenti ad un futuro poco rassicurante, scarsa­mente gratificante e pieno di incognite.

 

 

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