Prospettive assistenziali, n. 94, aprile-giugno 1991
Notizie
VIOLENZE NEGLI ISTITUTI PER
ANZIANI
«W gli anziani», un'associazione composta da giovani
e persone della terza età nata all'interno del servizio agli anziani della
Comunità S. Egidio, ha svolto un'indagine che documenta come il «vivere male»
sia conseguente alla presenza nelle istituzioni di una serie di violazioni dei
diritti dei singolo anziano, ad una serie di abusi di cui gli anziani
ricoverati sono vittime.
L'indagine si è svolta nel corso di un anno, dal
marzo 1989 al marzo 1990, ed ha interessato, appunto, undici megastrutture di
tre grandi città italiane (Roma, Napoli, Genova) per un totale di circa 2800
anziani ricoverati.
Per un anno, dunque, gli operatori di «W gli anziani»
sono andati nelle strutture ed hanno annotato quello che personalmente hanno
visto, quello che è stato loro raccontato, verificandone l'attendibilità. Dal
voluminoso materiale raccolto sono stati estrapolati gli episodi che si
configurano come veri e propri abusi, violazioni di diritti certi e universali.
Gli abusi registrati sono in totale 426, circa 1 ogni
6 anziani. Abusi sepolti nel chiuso di istituzioni dove pochi entrano e ancora
di meno si fermano a guardare, a capire, ad ascoltare; violazioni destinate a
non essere mai conosciute, a non costituire occasione di riflessione, o di sdegno,
o di sanzione. Al primo posto la carenza di cure con 54 episodi; poi la carenza
di assistenza (37 episodi), o le cure errate (15), o la carenza di cibi e di
bevande (19), la carenza di oggetti (9), l'omissione di soccorso (4).
L'emersione di un universo di anziani lasciati a loro
stessi. Quello che manca non è il di più ma il necessario: l'acqua, il cibo, la
pulizia, il tuo bicchiere. Quando non si è abbandonati a sé stessi si è
maltrattati: 42 casi di maltrattamento fisico, 33 casi di maltrattamento
verbale: l'immagine di un rapporto conflittuale e aggressivo con il mondo
intorno, con il personale che spesso rappresenta l'unico mondo. Seguono le
limitazioni: della libertà personale (54 casi), della libertà religiosa (16),
dei diritto alla dignità e alla riservatezza (24). In istituto non puoi fare
quello che vuoi, ben al di là dei limiti posti da ogni forma di convivenza. In
istituto non è tuo il tempo, non è tuo il carpo, i suoi bisogni, i suoi
desideri, non sono più tuoi i tuoi beni: un abuso più difficile da censire,
eppure l'indagine ha fatto emergere 14 casi di appropriazione indebita di beni
e 11 casi di furto di oggetti; molti altri, forse, nascosti definitivamente
nella disabitudine degli anziani a possedere qualcosa, nella perdita anche dei
ricordo di ciò che si possedeva. Sono degli episodi, già tanti ma certo pochi
rispetto a quelli che avvengono senza che qualcuno se ne accorga. Emerge
l'esigenza che la pubblica opinione si assuma la frontiera della difesa dei
diritti dei vecchi istituzionalizzati come una frontiera propria, di civiltà,
di convivenza, su cui tutti ci troviamo, oggi come spettatori, domani come protagonisti.
(da ISIS, n. 44 del 29 ottobre 1990)
L'OPERATORE
SANITARIO PUÒ SEGNALARE AL GIUDICE SITUAZIONI PREGIUDIZIEVOLI PER LA SALUTE DEI
MINORI
Il potere di chiedere l'intervento da! giudice minorile,
ai sensi dell'art. 333 del codice civile nel caso che il genitore,
nell'esercizio della sua potestà, neghi il proprio consenso ad attività diagnostiche,
terapeutiche o assistenziali con grave pregiudizio della salute dei minore, «va ricondotto nella sfera degli ordinari
poteri amministrativi spettanti all'operatore dei Servizio sanitario, in
relazione al perseguimento delle finalità connesse alla tutela pubblicistica
dei diritto costituzionale alla salute». Con questa motivazione la Corte
costituzionale con la sentenza n. 26 dei 24 gennaio 1991 ha respinto la
questione di legittimità costituzionale, sollevata dal commissario di Stato
per la Regione siciliana, dell'art. 7, terzo comma, della legge approvata il 19
luglio 1990 dall'Assemblea regionale, avente per oggetto «Norme per la
salvaguardia dei diritti dell'utente dei Servizio Sanitario Nazionale e
istituzione dell'ufficio di pubblica
tutela degli utenti dei servizi sanitari».
Ad avviso del ricorrente i soli soggetti legittimati
dall'art. 333 dei codice civile al ricorso all'intervento del giudice minorile
sono i genitori, o chi eserciti la patria potestà, i parenti e il pubblico
ministero. La Corte ha ritenuto che l'intervento dell'operatore sanitario vada
ricondotto ad un potere di segnalazione o di denuncia dell'organo
amministrativo nei confronti dell'autorità giudiziaria, in caso di
comportamento «gravemente
pregiudizievole per la salute del minore».
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