Notiziario del Centro italiano per l'adozione
internazionale
TRAFFICO DI BAMBINI: DAL
BAMBINO OGGETTO AL BAMBINO SOGGETTO
Pubblichiamo
la sintesi della sezione C della Conferenza mondiale sul tema «Adozione internazionale
tra norma e cultura» svoltasi a Milano nei giorni 16, 17 e 18 marzo 1990.
La sintesi è
stata predisposta dal Dr. Massimo Camiolo, specialista in psicologia e giudice
onorario del Tribunale per i minorenni di Milano.
I lavori della sessione sono stati costantemente
accompagnati da interventi che, senza riserva alcuna, condannano il traffico di
bambini, dietro qualunque fine o motivazione possa essere giustificato.
Vi è una concreta preoccupazione per l'entità che il
fenomeno sta assumendo, soprattutto rispetto al fatto che il traffico di
minore pone l'adozione internazionale nel suo insieme in una situazione a
rischio, guardata con diffidenza e condizionata da procedure spesso troppo
disinvolte.
Le cause di ciò sono state rintracciate sia nelle
contraddizioni legali e sociali interne ai Paesi di provenienza dei bambini,
sia nell'atteggiamento e nella cultura dei Paesi riceventi, che troppo spesso
fanno prevalere il senso di appropriazione rispetto al senso di accoglimento.
Per traffico non si intende la mera compra-vendita
di minori, bensì tutte le situazioni di prevaricazione in cui il bambino da
soggetto di diritto diventa oggetto di manipolazione per il soddisfacimento di
bisogni ed aspettative degli adulti.
L'esperienza di questi ultimi anni sembrerebbe
dimostrare che l'istituto adozionale rischia di trasformarsi da intervento a
favore di minori abbandonati che non trovano collocazione sostitutiva nel
loro Paese a strumento predatorio per famiglie sterili, fisicamente e/o
psicologicamente, che non esitano a indurre situazioni di distacco dei
bambini dalle famiglie d'origine, tramite l'opera di mediatori e trafficanti
senza scrupoli.
Accanto al traffico illegale e perseguito dalla
legge, fa capolino un «traffico legale», difficilmente individuabile e, di
conseguenza, perseguibile, che si basa su elementi -di arretratezza contenuti
nelle leggi sull'adozione esistenti in alcuni Paesi in via di sviluppo.
In Brasile, ad esempio, è ancora tollerata l'adozione
per scrittura pubblica che consente il «passaggio diretto» di un minore dalla
famiglia d'origine alla «famiglia adottiva», con scarso controllo da parte
dell'Autorità giudiziaria minorile ed un implicito rischio di illecito
difficilmente dimostrabile; a nulla sembra valere l'impegno dei Giudici
minorili brasiliani per mettere fine a questa procedura se non vengono
concretamente annullate le disposizioni contenute nell'obsoleto codice
minorile.
L'esperienza indiana dà conferma che una normativa
chiara ed applicata in modo rigoroso, può servire a ridurre drasticamente il
traffico di bambini, garantendo quindi oltre che protezione anche delle
risposte adeguate ai bisogni dei minori.
In India, per poter procedere all'adozione internazionale,
bisogna che l'associazione o agenzia straniera sia riconosciuta ed autorizzata
dallo Stato e deve collaborare con gli enti nazionali per attività di
prevenzione dell'abbandono e di assistenza sociale. Inoltre sono state
aumentate le attività di controllo sulle agenzie indiane, autorizzate a
collaborare con quelle straniere, sia sull'aspetto metodologico che sui piano
economico e finanziario, al fine di ridurre il potere di condizionamento che
enti stranieri agivano, grazie alla disponibilità di ingenti capitali.
La già citata realtà brasiliana, che comunque è
abbastanza rappresentativa rispetto ai Paesi latino-americani, prevede tre tipi
di adozione, di cui uno solo, l'adozione semplice, accessibile ai cittadini
stranieri. L'art. 20 del codice minorile prevede, in sostanza, che il cittadino
straniero possa adottare solo con l'adozione semplice un minore per il quale
sia già stato dichiarato lo «stato di abbandono»: l'adozione per scrittura
pubblica, quindi, non sarebbe consentita ma, estendendo l'interpretazione della
norma, se il minore non si trova ancora in stato di abbandono, verrebbe a
cadere il limite previsto, per cui anche allo straniera viene concessa questa
possibilità, innescando un meccanismo di ricerca «casa per casa» con l'aiuto
di sciagurati intermediari.
Nella Repubblica federale tedesca la situazione
dell'adozione sembra essere molto simile a quella italiana, con una grossa
sperequazione tra numero di bambini adottabili e domande di adozione, così che
la scelta internazionale tende ad aumentare in modo incontrollabile. Vi è una
legge che punisce la intermediazione a fine di lucro, ma le possibilità di
accertamento sono oltremodo scarse, per cui, anche in questo Paese, si sente
la necessità di strumenti di controllo più efficaci e di convenzioni bilaterali
fra Stati in modo tale che i bambini non diventino anch'essi un indicatore
dello sfruttamento dei Paesi ricchi verso quelli in via di sviluppo, già
espropriati di risorse naturali e di merci, oltre che utilizzati per
incrementare il traffico di «mogli» e di lavoratori clandestini a basso costo
e lo sfruttamento della prostituzione maschile e femminile.
I tentativi fatti in Francia non sembrano aver
offerto i risultati sperati per combattere il traffico di minori; sono
previste delle autorizzazioni ad operare in campo adozionale molto limitate,
soprattutto rispetto ai Paesi referenti ed ai corrispondenti nei Paesi di
origine dei bambini, oltre che nei controlli sui costi delle procedure
adozionali che devono essere pubblicizzati e specificati. Sono, altresì,
previste le revoche alle autorizzazioni, ma, al di là di affermazioni di principio,
i controlli specifici non sono sempre efficaci e la situazione dell'adozione
internazionale sembra essere assimilabile a quella italiana e a quella tedesca.
In Norvegia, l'adozione internazionale può avvenire
solo tramite le tre agenzie autorizzate dallo Stato che vedono al loro interno
l'integrazione tra volontari e liberi professionisti. Vi è un rigido controllo
da parte del Ministero degli affari sociali e della polizia di frontiera.
Le coppie possono usufruire di gruppi di sostegno e
conversazione oltre che di colloqui individuali, e le agenzie possono
esprimere un loro parere sulle coppie, mentre il rilascio dell'idoneità è di
esclusiva competenza dei servizi pubblici. Sono attivate delle riunioni a
scadenza trimestrale tra i rappresentanti delle tre agenzie e vi è una
costante consultazione tra le agenzie dei Paesi scandinavi al fine di
omogeneizzare criteri di intervento e procedure adozionali.
Il raggiungimento di un discreto successo contro il
traffico di bambini è positivamente condizionato da un'organizzazione in cui
il controllo sociale è capillare e dal fatto che la Norvegia ha solo circa 4
milioni di abitanti.
In Italia, l'adozione internazionale sta diventando
ormai l'unico sbocco adozionale, visto l'esiguo numero di bambini italiani
adottabili annualmente; rimane però il fatto che su poco più di 2.000 bambini
stranieri entrati a scopo di adozione nel 1988, solo il 10% proviene tramite
pratiche seguite dalle sette associazioni riconosciute e autorizzate dallo
Stato; un altro 10% circa è a carico di associazioni e agenzie non autorizzate,
mentre il restante 80% è il risultato di iniziative individuali nei confronti
delle quali è estremamente difficile attivare controlli seri.
A seguito di episodi accaduti in questi due ultimi
anni in Italia, che poco o nulla hanno a che fare con l'adozione, si è creata
un'area di opinioni estremamente critica anche se disomogenea nei confronti
della legge 184/1983, composta da fautori di uno sfrenato permissivismo nei confronti
del traffico di bambini e da sostenitori di una modifica in senso restrittivo
di alcuni articoli della legge stessa.
In realtà, questa legge sembra essere estremamente
misurata ed equilibrata, a patto che se ne interpretino gli articoli chiave
secondo lo spirito che aveva ispirato il legislatore, magari con il sostegno
di ulteriori articoli di legge esplicativi.
In sostanza, il traffico dei minori va stigmatizzato
come vero e proprio crimine sul piano legale e l'adozione internazionale va
accompagnata da una sconfitta della cultura dell'espropriazione, oltre che da
norme e procedure che nulla lascino al caso e all'improvvisazione.
Per
ciò che riguarda i Paesi riceventi, viene sottolineata la necessità che:
1) vengano al più presto firmati degli accordi
bilaterali o multilaterali tra Stati, oltre che convenzioni internazionali;
vengano al più presto pubblicizzati i criteri che consentano rapidamente la
nomina di un numero adeguato di associazioni riconosciute e autorizzate ad
operare in campo adozionale che:
a) rendano più efficace la preparazione e la
selezione delle famiglie aspiranti all'adozione internazionale;
b) garantiscano procedure ineccepibili e rapporti
diretti con l'autorità giudiziaria minorile del Paese di provenienza del
minore;
c) rifiutino di operare laddove le norme o le
procedure non consentono effettive garanzie sullo stato di abbandono del
minore;
d) si pongano come garanti tra le istituzioni
italiane e quelle straniere, assumendosi integralmente le responsabilità da
ciò derivanti;
e) seguano, in collaborazione con i servizi pubblici,
l'inserimento del minore nella nuova realtà familiare;
f) riferiscano dell'inserimento e delle condizioni
generali del minore, secondo quanto previsto dalla normativa e dall'accordo
specifico con il magistrato straniero, per tutto il periodo precedentemente
concordato;
g) si attivino al fine di raggiungere omogeneità
delle procedure e dei criteri operativi, nel rispetto delle peculiarità e delle
culture d'origine;
h) non si occupino solamente di adozione
internazionale, ma si mobilitino per iniziative di diffusione culturale,
formazione, sostegno e solidarietà nel proprio Paese e in quelli di origine
dei bambini, oltre che di denuncia di abusi e di richiamo alla autorità per la sua
competenza;
2) venga definitivamente sancito che la scelta
adozionale non può rappresentare un fatto privato dei cittadini e, così come
accade per l'adozione nazionale, che il minore straniero deve godere della
stessa protezione del minore italiano che si trova nella stessa condizione;
3) l’adozione internazionale può essere effettuata
solamente attraverso organismi, enti, associazioni appositamente vagliati,
riconosciuti e autorizzati, soggetti a controlli effettivi e costanti sulle
procedure e sui bilanci, e sottoposti a revoca delle autorizzazioni stesse,
qualora non fossero seguite le indicazioni di legge relative agli accordi
sottoscritti;
4) siano attivati momenti formativi ed informa-tivi
che vedano il coinvolgimento degli organismi preposti al controllo ed alla
verifica della adozione internazionale, quali Ambasciate, Consolati, Polizia
di frontiera, Tribunali minorili, Servizi territoriali, al fine di una
maggiore responsabilizzazione e competenze operative;
5) venga sensibilizzata la classe politica affinché
si sforzi di non utilizzare i problemi minorili esclusivamente a fini
elettoralistici o di interessi di parte, bensì si renda disponibile a concepire
i bisogni dei bambini come bisogni dell'intera società.
Per
ciò che riguarda i Paesi di provenienza dei minori, va sottolineata la
necessità che:
-
vengano attivate prioritariamente politiche di prevenzione dell'abbandono;
- sia incentivata l'adozione nazionale e l'affidamento
familiare, ricorrendo all'adozione internazionale solo come ultima soluzione
possibile;
- siano abbattute sul piano culturale le posizioni
estreme che individuano l'adozione internazionale come risoluzione a tutti i
problemi o come nemico da abbattere per questioni ideologiche o di immagine;
- vengano modificate quelle norme che, vecchie di
anni e retaggio di culture ormai superate, non rispondono più ai bisogni
effettivi dei minori, comprese quelle che riguardano l'adozione internazionale;
- l'adozione internazionale venga effettuata solo
tramite intervento del magistrato minorile e senza intermediazioni individuali;
- il minore avviato all'adozione internazionale sia
precedentemente dichiarato in stato di abbandono e non passi direttamente da
una famiglia all'altra;
- l'adozione internazionale possa essere fatta solo
tramite l'intermediazione di una associazione o agenzia straniera
precedentemente autorizzata e riconosciuta dallo Stato di appartenenza e
successivamente riconosciuta e autorizzata anche dallo Stato di provenienza
del minore.
In conclusione va posto il problema che le istituzioni
pubbliche devono poter rappresentare degli interlocutori capaci e autorevoli,
fortemente responsabilizzati alla difesa della cultura della adozione non
disgiunta da un'indispensabile cultura dell'infanzia.
Va altresì valorizzata l'esperienza e la professionalità
delle associazioni che, se ben controllate, possono svolgere una
indispensabile funzione di stimolo e di supporto rispetto all'opinione
pubblica ed ai servizi, purché si muovano effettivamente nel preminente
interesse dei minori e rispettino i compiti che la norma loro assegna,
superando divisioni spesso speciose e ponendosi altresì come alleati dei
bambini di fronte al loro utilizzo come oggetti.
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