PROPOSTA DI LEGGE
REGIONALE DI INIZIATIVA POPOLARE «RIORDINO DEGLI INTERVENTI SANITARI A FAVORE
DEGLI ANZIANI CRONICI NON AUTOSUFFICIENTI E REALIZZAZIONE DELLE RESIDENZE
SANITARIE ASSISTENZIALI» (*)
RELAZIONE
La situazione degli anziani cronici non autosufficienti
continua da anni ad essere estremamente preoccupante, come risulta dai
seguenti titoli dei giornali:
- «Il triste calvario di una donna di 73 anni - l'ospedale non la vuole -
Ammalata troppo vecchia» (Gazzetta del
Popolo, 16 dicembre 1979);
-
«Una grave denuncia contro gli ospedali - L'anziano scaricato» (La Stampa, 28 maggio 1984);
-
«Grave denuncia di un lettore di Stampa Sera - C'è chi specula sui malati?» (Stampa Sera, 31 gennaio 1985);
- «L'inchiesta sulla casa per anziani Villa Giovanni
XXIII - Erano ceffoni e tranquillanti le sole cure a Verrua Savoia» (La Stampa, 15 febbraio 1985);
- «Comincia ad Alba il processo contro direttore e
assistente della "casa di cura" - Calci, pugni, schiaffi, morti. Si
riparla di "Villa Serena" ma questa volta in Tribunale» (Stampa Sera, 26 aprile 1985);
- «Conclusa il processo per le disfunzioni
dell'ospizio di San Maurizio - Per i Poveri Vecchi 11 condanne» (La Stampa, 21 giugno 1985);
- «Vecchi non autosufficienti e medici nel ghetto -
Il Servizio sanitario li ha dimenticati» (Stampa
Sera, 15 febbraio 1986);
-
«Danno e beffe in ospedale» (La Voce del
Popolo, 11 ottobre 1987);
- «Ospite di una casa di riposo di Bruino è giunto in
ospedale con piaghe piene di larve - Orribile morte di un anziano» (La Stampa, 27 ottobre 1987);
- «Una donna accompagnata dal marito al pronto
soccorso - Stava morendo e l'hanno dimessa» (La Repubblica, 5 dicembre 1990);
- «Crocefissi ai letti dell'ospizio - Lager per
anziani con rette da milionari» (La
Repubblica, 12 dicembre 1990);
- «Senza cure perché vecchia - Respinta, con
frattura, da due ospedali» (La Stampa,
13 febbraio 1991).
Inoltre il recente scandalo delle pensioni lager di
Torino, ha messo in evidenza le deplorevoli conseguenze derivanti dalle sempre
più insopportabili carenze esistenti nel campo degli interventi sanitari e
sociali, carenze che colpiscono in primo luogo gli anziani cronici non
autosufficienti.
Scopi della proposta di legge
La proposta di legge di iniziativa popolare non nasce
dalle armai rituali considerazioni sul progressivo invecchiamento della
popolazione e tanto meno dalle interpretazioni catastrofiche che
(volutamente?) non tengono conto che, parallelamente all'aumento dell'età
media della popolazione, c'è stato uno sviluppa considerevole del livello di
autonomia delle persone statisticamente definite anziane.
La proposta di legge regionale parte invece da uno
degli eventi più inquietanti della comunità piemontese: il rifiuto di
riconoscere agli anziani malati cronici non autosufficienti, in violazione
delle leggi vigenti, l'esigenza e il diritto alle prestazioni sanitarie nelle
forme riconosciute a tutti gli altri cittadini. Intende, inoltre. affermare la
priorità degli interventi sanitari domiciliari.
Il progetto di legge è, dunque, volutamente parziale;
non affronta, infatti, tutti gli aspetti innovativi, sanitari e sociali,
necessari per migliorare la qualità della vita e riconoscere alla popolazione
anziana i diritti di piena cittadinanza.
La gravità della situazione italiana degli anziani
cronici non autosufficienti è tale che una identica proposta di legge è stata
presentata al Consiglio regionale lombardo; un analogo progetto è stato
dichiarato ricevibile dal Consiglio della Regione Emilia-Romagna.
Chi sono gli anziani cronici non autosufficienti
Sono persone, spesso di età superiore ai 75-80 anni,
che sono colpite da patologie le cui conseguenze si prolungano nel tempo
determinando limitazioni della loro autonomia (impossibilità d1 movimento,
incapacità di alimentarsi da soli, incontinenza urinaria c/o fecale, ecc.).
Si tratta dunque di soggetti che, a causa della
gravità delle malattie fisiche c/o psichiche e dei loro esiti, hanno bisogno di
cure e, nello stesso tempo, non sono in grado di provvedere a loro stesse se non
con l'aiuto continuo, totale e permanente di altri soggetti.
Nei casi più gravi, il malato cronico non autosufficiente
ha bisogno dell'intervento di altre persane per soddisfare esigenze che non è nemmeno
in grado di manifestare (fame, sete, caldo freddo, ecc.).
Anche il ceto medio è costretto a chiedere di essere
assistito
Ognuno di noi può essere colpito da cronicità e da
non autosufficienza: è successo anche a personalità della cultura, della
politica e dello spettacolo.
Da una recentissima ricerca svolta dall'Istituto di
Geriatria dell'Università di Torino fra 300 ricoverati presso l'IRV, Istituto
di riposo per la Vecchiaia (struttura gestita direttamente dal Comune di
Torino), risulta che l'attività lavorativa prevalentemente svolta prima del
pensionamento era così distribuita: operaio 83, casalinga 62, artigiano 47,
collaboratrice familiare 27, contadino 22, commerciante 21, impiegato 21,
insegnante 4, professionista 11.
Dunque, almeno un terzo dei ricoverati appartenevano
al ceto medio durante l'attività lavorativa e, probabilmente, fino al momento
in cui sono stati colpiti da cronicità e da non autosufficienza. Quindi,
rifiutati dagli ospedali ed esauriti i fondi disponibili (la retta in casa di
cura è di 100-250 mila lire al giorno, la presenza di una «infermiera» privata
in ospedale per il turno notturno costa più di 2 milioni al mese), hanno dovuto
ricorrere al ricovero in un istituto assistenziale e, magari, subire
l'affronto di dover chiedere al Comune di integrare la retta che non erano in
grado di pagare can i propri mezzi.
I dati sopra citati sui ricoverati dell'IRV si riferiscono
a scelte lavorative (nei decenni scorsi compiute quasi sempre in età giovanile)
risalenti all'incirca agli anni 1920-1940. Pertanto, è prevedibile che negli
anni futuri, se continuerà l'attuale negazione del diritto dei vecchi alle cure
sanitarie, aumenterà in misura consistente il numero degli anziani cronici non
autosufficienti già appartenenti al ceto medio che saranno costretti al
ricovero assistenziale. AI riguardo, occorre anche ricordare che quasi sempre
la situazione di cronicità e non autosufficienza non è coperta dalle
assicurazioni private.
L'emarginazione si estende anche ai giovani
Il rifiuto di prestare le cure agli anziani cronici
non autosufficienti, secondo le modalità previste per tutti gli altri
cittadini, si estende anche ai giovani.
Ad esempio, su La
Stampa del 22 ottobre 1989 con il titolo «Ragazza di Lecco - In coma viene
"sfrattata" dall'ospedale», viene riferito che l'Ospedale di Lecco
pretende la dimissione di Laura, una ragazza di 21 anni in coma vigile da 16 mesi,
in quanto a deve lasciare il suo letto perché serve a pazienti più gravi» (Il Resegone, del 27 ottobre 1989).
Un'altra agghiacciante vicenda è quella di Alberto Q.
di 22 anni, segnalata da La Stampa
del 3 aprile 1990 con il titolo «Muore per AIDS, nessuno lo vuole - All'Amedeo
di Savoia non possono più tenerlo - I parenti di un giovane malato e non
autosufficiente non sanno a chi rivolgersi». Da notare che il padre del giovane
è ricoverato in un altro ospedale per un tumore e che gli zii pagano due
infermiere private perché seguano il ragazzo in ospedale.
Le leggi vigenti
Le leggi vigenti sanciscono, senza ombra di dubbio,
il diritto degli anziani cronici non autosufficienti alle cure sanitarie,
comprese - occorrendo - quelle ospedaliere.
Si cita, in primo luogo, la legge 4 agosto 1955 n.
692, che ha riconosciuto ai pensionati ed ai loro familiari il diritto non solo
alle cure sanitarie domiciliari e ambulatoriali, ma anche a quelle ospedaliere.
Va ricordato che in quel periodo i lavoratori
dipendenti avevano diritto solo ad un massimo di 180 giorni di ricovero
ospedaliero. A partire dal 181° giorno dovevano pagare di tasca loro, salvo che
fossero iscritti nelle liste comunali dei poveri.
Orbene, la legge di cui sopra (mai abrogata),
riconoscendo le maggiori esigenze degli anziani, ha stabilito per i pensionati
il diritto alle cure ospedaliere senza limiti di durata. Dai resoconti
parlamentari risulta che tale diritto spetta sia per le malattie acute che per
quelle croniche. Va altresì ricordato che, al fine di assicurare le cure di
cui sopra, il Parlamento, con la stessa legge 692 del 1955, ha aumentato i
contributi a carico dei lavoratori e dei datori di lavoro.
Pertanto, è sbagliato parlare di cure gratuite: i
lavoratori hanno pagato e pagano per essere curati dal Servizio sanitario
nazionale nei casi di malattia acuta e cronica.
Altre leggi dello Stato hanno sancito il diritto
degli anziani cronici non autosufficienti alle cure, comprese quelle praticate
negli ospedali o in altre strutture sanitarie. Si ricorda, in particolare, che
l'articolo 29 della legge 12 febbraio 1968 n. 132, tuttora in vigore, impone
alle Regioni di programmare i posti letto degli ospedali tenendo conto delle
esigenze dei malati «acuti, cronici,
convalescenti e lungodegenti».
Va altresì osservato che la legge 13 maggio 1978 n.
180 stabilisce che le unità sanitarie locali devono assicurare a tutti i
cittadini, qualsiasi sia la loro età, le necessarie prestazioni dirette alla
prevenzione, cura e riabilitazione delle malattie mentali. Al riguardo si
precisa che le Province hanno trasferito alle USL il personale ed i finanziamenti
concernenti tutti i pazienti psichiatrici, compresi gli anziani cranici non
autosufficienti.
Inoltre, la legge di riforma sanitaria obbliga le USL
a provvedere alla «tutela della salute
degli anziani, anche al fine di
prevenire e di rimuovere le condizioni che possono concorrere alla loro emarginazione». Le prestazioni
devono essere fornite agli anziani, come a tutti gli altri cittadini, qualunque
siano «le cause, la fenomenologia e la
durata» delle malattie.
Infine la legge 23
ottobre 1985 n. 595 stabilisce che ogni mille abitanti deve essere
destinato almeno un posto letto alle funzioni di riabilitazione.
Il diritto degli anziani cranici non autosufficienti
alle cure ospedaliere, sancito dalle leggi vigenti; è confermato dal fatto che
mai i presidenti delle USSL piemontesi hanno respinto le oltre mille richieste
scritte formulate dagli interessati o dai loro familiari per evitare le
dimissioni dagli ospedali.
Integrazione dei servizi sanitari, sociali e
assistenziali
L'integrazione dei servizi sanitari e assistenziali
è stata strumentalizzata trasferendo la competenza ad intervenire nei
confronti degli anziani cronici non autosufficienti al comparto assistenziale.
Detto trasferimento - lo ripetiamo - è stato attuato in violazione alle leggi
vigenti.
La proposta di legge di iniziativa popolare è stata
elaborata partendo dalla considerazione che la sanità (e così dicasi per 1a
scuola, la casa, i trasporti, ecc.) deve assumere direttamente tutte le valenze
sociali che sono necessarie per diagnosi corrette, cure adeguate e
riabilitazioni tempestive.
L'assunzione delle valenze sociali (rispetto delle
esigenze e della dignità dei soggetti, umanizzazione delle prestazioni,
promozione di valide relazioni familiari e sociali, ecc.) deve coinvolgere non
solo tutto il personale, ma essere punto di riferimento nell'organizzazione
dei servizi, nella progettazione delle strutture, nella individuazione delle
figure professionali occorrenti, nella formazione e aggiornamento del
personale, in sostanza in tutte le attività domiciliari, ambulatoriali,
ospedaliere e di altra natura di competenza del comparto sanitario.
Al riguardo si ricorda che, in base alla Costituzione
(art. 38), le prestazioni
assistenziali spettano esclusivamente al «cittadino inabile al lavoro e
sprovvisto dei mezzi necessari per vivere».
Atti della Regione Piemonte
Di fronte all'indirizzo chiarissimo assunto dalle leggi
nazionali, stanno invece gli atti assunti dalla Regione Piemonte che,
richiamandosi all'ambiguo decreto del Presidente del Consiglio del Ministri
dell'8.8.1985, ha adottato deliberazioni orientate a mantenere l'anziano
gravemente malato, e per questo non autosufficiente, all'interno dei servizi
assistenziali.
Si segnala inoltre che non sono molto chiare le
indicazioni sulle RSA contenute nella legge regionale 23 aprile 1990 n. 37 «Norme
per la programmazione socio-sanitaria regionale e per il piano socio-sanitario
regionale per il triennio 1990/92». Infatti la RSA è definita «una struttura a prevalente valenza
sanitaria, per pazienti che non sono assistibili a domicilio e che richiedono
un elevato livello di assistenza infermieristica, di interventi riabilitativi
e di supporto sociale, in contrapposizione ad un ridotto impegno di intervento
medico». Non si comprende, cioè, se le RSA verranno gestite dal settore
sanitario (come auspichiamo) o da quello assistenziale.
Va altresì precisato che la suddetta legge regionale
non prevede l'istituzione obbligatoria del servizio di ospedalizzazione a
domicilio da parte delle USSL. Pertanto c'è il rischio che, com'è avvenuto per
il precedente piano socio-sanitaria, il servizio di ospedalizzazione a
domicilio non venga istituito, con la conseguenza che continuino ad esserci
richieste di ricovero di giovani, adulti e anziani non autosufficienti motivate
dalla assenza o carenza dei servizi domiciliari.
Inoltre c'è i1 pericolo reale che nelle RSA vengano
inserite persone (ad esempio anziani autosufficienti in tutto o in parte,
handicappati, malati di AIDS, tossicodipendenti, ecc.) con la conseguenza che
dette strutture diventino ghetti di emarginati.
Limiti del progetto di legge
La proposta di legge di iniziativa popolare non
prende in esame gli interventi a carattere preventivo e di promozione della
salute, anche se detti interventi, com'è noto, sono di fondamentale
importanza. Al riguardo si osserva la carenza di piani concreti per la
prevenzione della cronicità e della non autosufficienza.
È evidente che adeguate prestazioni diagnostiche,
curative e riabilitative ridurrebbero il numero delle persone croniche non
autosufficienti e quindi diminuirebbe il fabbisogno di posti letto in RSA.
Caratteristiche della proposta di legge
Le
principali finalità della proposta di legge di iniziativa popolare sono:
1. ottenere che agli anziani cronici non autosufficienti
sia riconosciuto il diritto alle cure sanitarie nelle forme riconosciute a
tutti gli altri cittadini malati;
2. affermare la priorità degli interventi sanitari domiciliari.
In particolare, la proposta di iniziativa popolare prevede l'istituzione in
tutte le USSL del servizio di ospedalizzazione a domicilio, funzionante da sei
anni presso l'USSL Torino VIII. Detto servizio deve essere garantito almeno 12
ore al giorno per tutti i giorni. Al riguardo, si esprimono dubbi sulla
idoneità della cosiddetta assistenza domiciliare integrata, poiché si tratta di
attività gestita a livello individuale da ciascun medica di base. Fra l'altro,
il medico di base non interviene né il sabato (salvo che la richiesta sia stata
avanzata il giorno precedente), né la domenica, né nei giorni festivi infrasettimanali.
Al riguardo si veda l'articolo «Ospedalizzazione a domicilio e assistenza
domiciliare integrata» in Prospettive
assistenziali, n. 94, aprile-giugno 91;
3. sempre sulla base della priorità degli interventi
domiciliari, la proposta prevede l'istituzione di centri diurni per i pazienti
parzialmente o totalmente non autosufficienti, in modo da garantire idonee
prestazioni ai pazienti stessi e dare, nello stesso tempo, un aiuto concreto
ai familiari che li accolgono a casa loro. Tanto per fare un esempio, si pensi
al gravoso impegno dei familiari dei dementi senili;
4. prevedere le RSA come presidi sanitari. Per
evitare che esse diventino dei ghetti, nella proposta di legge si prevede, in
particolare, una ricettività massima di 40 posti letto, l'articolazione in
gruppi di 10 persone, il collegamento funzionale fra RSA e ospedale anche al
fine di favorire l'interscambio del personale fra servizi ospedalieri e RSA,
la definizione degli standards relativi ai personale. Circa le RSA si ricorda
che l'art. 20 della legge 11 marzo 1988 n. 67 prevede che esse siano destinate solo agli «anziani che non possono
essere assistiti a domicilio o in presidi poliambulatoriali extraospedalieri
ed ospedali diurni».
Affinché siano fornite risposte adeguate alle
esigenze dei soggetti, è prevista la costituzione in ogni distretto di una «Unità
valutativa geriatrica» (art. 7).
Per gli handicappati, i malati psichici (art. 12) sono previste RSA con una capienza
non superiore ai 10 posti.
In
tutte le RSA è previsto un comitato di partecipazione (art. 4).
Il divieto di esercizio di attività sanitarie da
parte delle case di riposo e strutture similari non fa altro che ribadire
quanto stabilito dalle leggi vigenti (Cfr., in particolare, l'art. 193 della
legge 1265/1934).
L'art. 11 della proposta di legge stabilisce che le
norme della proposta di legge di iniziativa popolare si applichino anche agli
adulti cronici non autosufficienti di qualsiasi età e patologia. Infine l'art.
14 detta le norme transitorie in modo che le strutture pubbliche e private che
intendono accogliere anziani o adulti cronici non autosufficienti abbiano il
tempo necessario per adeguarsi alla normativa prevista per le RSA.
Gratuità delle prestazioni
Come è già stato ricordato in precedenza, i lavoratori
hanno versato e versano contributi per essere curati nei casi di malattia acuta
e cronica. I versamenti sono stati e sono effettuati anche dai lavoratori
autonomi oltre che dai dipendenti pubblici. Attualmente la tassa sulla salute
viene pagata anche da coloro che hanno pensioni di importo superiore ai 18
milioni annui.
Pertanto - lo ripetiamo - non è esatto parlare di
cure sanitarie gratuite nei confronti degli anziani cronici non
autosufficienti.
Mentre è evidente che il Parlamento può modificare
la situazione attuale, è inaccettabile che, per ottenere il pagamento di parte
della retta di ricovero, la Regione Piemonte e le USSL non riconoscano agli
anziani cronici non autosufficienti la condizione di malati e abbiano
attribuito la competenza ad intervenire al settore assistenziale.
Un altro abuso praticato dalle USSL e dal Comune di
Torino è la richiesta di contributi economici ai parenti di anziani cronici
non autosufficienti.
Adesioni
Alla proposta di legge di iniziativa popolare hanno
aderito: Norberto Bobbio - Filosofo e Senatore a vita, Achille Ardigò -
Sociologo, Mons. Giovanni Nervo - Presidente della Fondazione Zancan, Don
Giannino Piana - Docente di Teologia, Alessandro Galante Garrone - Giurista,
Mario Umberto Dianzani - Rettore dell'Università di Torino, Alberto Conte -
Pro-Rettore, Luigi De Rosa - Provveditore agli Studi di Torino, Fabrizio
Fabris - Direttore dell'Istituto di Geriatria della Università di Torino, Gian
Maria Bravo - Presidente della Facoltà di Scienze Politiche, Ludovico
Bergamini - Direttore dell'Istituto di Clinica delle Malattie del Sistema
Nervoso e Preside della Società di Neurologia, Franco Bolgiani - Facoltà di
Lettere e Filosofia dell'Università di Torino, Nicola Tranfaglia - Dipartimento
di Storia della Università di Torino, Arnaldo Bagnasco - Dipartimento di
Scienze Sociali dell'Università di Tarino, Gastone Cottino - Università di
Torino - Facoltà di Giurisprudenza, Tilde Giani Gallino - Università di
Torino - Facoltà di Magistero, Luigi Ciotti - Coordinatore del Gruppo Abele,
Luciano Tavazza - Presidente Nazionale del MO.V.I. - Movimento di Volontariato
Italiano, Roberto Lovera - Presidente ANAPACA - Assistenza Ammalati Cronici,
Carlo Trevisan - Esperto Problemi Sociali, Francesco De Barberis - Consiglio
Generale Internazionale delle Società di S. Vincenzo de' Paoli, Maria Luisa
Addario Saroni - Direttore Scuola per Assistenti Sociali di Torino, Mariella
Peirone - Direttore Scuola per Educatori Firas, Centro per i Diritti del
Cittadino Umberto Terracini di Torino e Moncalieri, Lega per i Diritti
dell'Uomo, ONMPIC - Opera Nazionale Mutilati Poliomielitici e Invalidi Civili,
Associazione Piemontese delle Cooperative di Servizi della Lega Piemonte, CGIL
- Funzione pubblica del Comprensorio di Torino, Chiesa Evangelica Valdese,
SPI-CGIL - Leghe di Moncalieri-Trofarello-La Loggia, Don Oreste Benzi -
Presidente Associazione Papa Giovanni XXIII, Ernesto Olivero - Fondatore e
Animatore del SER.MI.G., Unione Cittadina di Torino del Partito Liberale
Italiano.
Appello al Consiglio regionale piemontese
Data l'allarmante situazione degli anziani cronici
non autosufficienti e il loro diritto a ricevere le cure sanitarie secondo
quanto previsto dalle leggi vigenti, si fa appello al Consiglio regionale
piemontese affinché la proposta di legge di iniziativa popolare venga al più
presto esaminata ed approvata.
Comitato Promotore
Fanno parte del Comitato promotore
della proposta dl legge di iniziativa popolare le seguenti organizzazioni:
Associazione Solidarietà e Volontariato a Domicilio (ASVAD); Associazione
Volontari S. Donato - Campidoglio - Parella; Centro documentazione «Paolo
Otelli»; CGIL Funzione pubblica USSL Torino V111; Comitato dei Parenti dei
Ricoverati presso l'IRV; Cooperativa a r.l. Promozione Sociale; CSA - Comitato
per la difesa del diritti degli assistiti; Gruppo «Odissea 33» di Chivasso;
Movimento Diocesano Pensionati e Anziani, SANA (Solidarietà Anziani Non
Autosufficienti), Sezione di Ivrea dell'ULCES (Unione per la lotta contro
l'emarginazione sociale); Sezione di Torino della Lega Nazionale per il diritto
al lavoro degli handicappati, Sezione di Torino della UILDM (Unione per la
lotta contro la distrofia muscolare); UIL Pensionati Piemonte.
TESTO
DELLA PROPOSTA DI LEGGE DI INIZIATIVA POPOLARE PER LA REGIONE PIEMONTE:
RIORDINO DEGLI INTERVENTI SANITARI A FAVORE DEGLI ANZIANI CRONICI NON
AUTOSUFFICIENTI E REALIZZAZIONE DELLE RESIDENZE SANITARIE ASSISTENZIALI
Art. 1 (Servizi sanitari territoriali)
L'obiettivo principale della legge è quello di
promuovere le cure sanitarie adeguate nei confronti degli anziani cronici non
autosufficienti.
Ferme restando le competenze specifiche degli
ospedali, i servizi sanitari non ospedalieri rivolti agli anziani cranici non
autosufficienti vengono erogati a livello domiciliare e distrettuale.
Gli
interventi sanitari domiciliari si articolano, con diversi gradi di intensità,
in:
a)
prestazioni mediche di base;
b)
prestazioni infermieristiche e riabilitative di base;
c)
consulenza geriatrica e specialistica;
d)
ospedalizzazione r- domicilio.
Gli interventi sanitari a livello distrettuale, di
tipo residenziale o semiresidenziale, sono erogati attraverso:
a)
centri diurni di distretto;
b)
day hospitals aggregati a divisioni ospedaliere o a distretti sanitari;
c)
residenze sanitarie assistenziali (RSA).
I servizi sanitari domiciliari e distrettuali operano
in stretto collegamento con i corrispondenti servizi socio-assistenziali
territoriali.
Per realizzare l'obiettivo del mantenimento dell'anziano
cronico non autosufficiente nell'ambito familiare essi si avvalgono anche li
interventi volti a rendere compatibile l'ambiente abitativo con la disabilità
dell'anziano. Rientrano fra questi interventi l'abbattimento di barriere
architettoniche, l'allacciamento telefonica, la ristrutturazione di servizi
igienici, la fornitura di letti antidecubito, l'applicazione di corrimano,
ecc.
Art. 2 (Ospedalizzazione
a domicilio)
Per ospedalizzazione a domicilio si intende
l'intervento a domicilio di équipes ospedaliere che, o su richiesta del medico
di famiglia o perché hanno avuto in carico l'anziano nel proprio reparto per
patologie ad alto rischio invalidante, ne seguono, d'intesa con il paziente, la
famiglia e il medico di base, l'evoluzione a domicilio al fine di non
prolungare inutilmente il ricovero in ospedale, ottimizzando gli interventi
riabilitativi e rendendo compatibili terapie complesse con il mantenimento o
il reinserimento precoce in un ambiente familiare.
Le USSL con proprio atto individueranno i reparti
ospedalieri che, per effetto della specializzazione raggiunta e della
tipologia prevalente dei loro ricoverati, dovranno realizzare le funzioni di
dimissione protetta e di ospedalizzazione a domicilio fornendo ad essi tutte
le strutture, il personale e i supporti operativi necessari.
Il servizio di ospedalizzazione a domicilio può essere
assicurato altresì da équipes operative territoriali delle USSL, le quali
devono essere in grado di fornire le prestazioni di cui al primo comma del
presente articolo.
Nelle USSL prive di strutture ospedaliere e di
équipes territoriali, il servizio di ospedalizzazione a domicilio è istituito
tramite convenzione con USSL limitrofe o, qualora questa soluzione non sia
realizzabile, mediante appositi rapporti convenzionali.
Entro e non oltre quattro mesi dall'approvazione
della presente legge, la Regione deve emanare apposite norme per assicurare
l'istituzione dei servizio di ospedalizzazione a domicilio da parte di tutte le
USSL.
Art. 3 (Residenze sanitarie
assistenziali)
Le residenze sanitarie assistenziali (RSA) sono
presidi sanitari che assicurano prestazioni curative e riabilitative ad anziani
cronici non autosufficienti attuando la massima integrazione con le risorse
familiari e sociali del territorio. La loro programmazione e realizzazione fa
riferimento a precisi ambiti territoriali: i quartieri, le circoscrizioni, i
piccoli comuni.
Le
RSA devono rispettare alcuni standards strutturali e funzionali minimi:
a)
recettività non superiore a 40 anziani con articolazione in gruppi di 10;
b) unità abitative singole per una o due persone,
con superficie non inferiore a 24 mq, dotate ciascuna di veranda, servizio
igienico completo, erogatore di ossigeno, citofono e telefono;
c) servizi comuni costituiti da cucina dove possano
essere confezionati e assunti i pasti; soggiorno di mq 32 per ogni gruppo di 10
anziani; palestra per le attività motorie e di riabilitazione; locali di
socializzazione e di incontro con familiari, amici e volontari;
d)
giardino attrezzato di mq 100 ogni 10 anziani.
L'organico
delle RSA fa riferimento a quanto previsto dal D.M. 13.9.88.
Nelle
RSA operano équipes ospedaliere o territoriali.
È vietata nelle RSA la creazione di primariati.
L'USSL garantisce il collegamento funzionale fra
ospedale e RSA, anche al fine di favorire l'interscambio del personale fra
servizi ospedalieri ed extraospedalieri.
Il ricovero degli anziani in RSA in nessun caso deve
essere considerato definitivo. Esso va invece utilizzato con flessibilità
anche per penodi relativamente circoscritti e ripetibili nel tempo, secondo
le reali esigenze dell'anziano e del suo contesto familiare.
Art. 4 (Comitato di partecipazione e
controllo)
In ogni RSA viene costituito un Comitato di
partecipazione e controllo composto da una rappresentanza degli utenti, dei
familiari, delle organizzazioni sindacali maggiormente rappresentative e
delle associazioni di volontariato presenti sul territorio. Il Comitato vigila
sulla gestione delle RSA e deve essere sentito prima di ogni provvedimento
dell'USSL che modifichi la struttura o l'organizzazione della RSA stessa.
Le attività di socializzazione nelle RSA vengono
programmate e gestite dal competente servizio sociale territoriale in stretta
collaborazione con le équipes e con il Comitato di partecipazione e controllo
di cui al precedente comma.
La Regione assume, entro quattro mesi dall'approvazione
della presente legge, un atto di indirizzo per dare attuazione alle norme di
cui al presente articolo.
Art. 5
(Centri diurni)
I centri diurni di distretto sono strutture sanitarie
che intervengono nei confronti degli anziani parzialmente o totalmente non
autosufficienti, attuando programmi di cura, di riabilitazione e di
socializzazione lungo l'arco di 8-12 ore giornaliere per 6 giorni alla
settimana. Le prestazioni sono a carico del Fondo sanitario nazionale.
Art. 6 (Day Hospitals)
I day hospitals, aggregati ai reparti ospedalieri o
ai distretti sanitari, sono servizi sanitari che erogano interventi di
carattere diagnostico, curativo e riabilitativo di tipo specialistico. Le USSL
sono tenute ad elaborare entro quattro mesi un programma di attivazione di
tali servizi dando priorità a quelli aggregati ai reparti di geriatria,
pneumologia, cardiologia, oncologia, medicina, ortopedia.
Art. 7 (Unità di valutazione
geriatrica)
Presso ogni distretto viene istituita una Unità di
valutazione geriatrica (UVG) con il compito di valutare le domande di
prestazioni sanitarie e decidere i piani di intervento personalizzati al singolo
anziano, tenuto conto di tutti i fattori sanitari e socio-ambientali.
Fanno
parte della UVG almeno:
-
il medico di famiglia;
-
il geriatra consulente;
-
l'assistente sociale;
-
il coordinatore della RSA.
Art. 8 (Dimissioni ospedaliere)
I responsabili dei reparti ospedalieri e le direzioni
sanitarie ospedaliere non possono dimettere anziani cronici non
autosufficienti senza preventiva intesa con il degente, la famiglia, il medico
di base e i servizi territoriali che devono garantire le prestazioni necessarie
o a livello domiciliare o a livello distrettuale.
Deve essere garantita parità di diritto degli anziani
cronici non autosufficienti nell'accesso alle strutture ospedaliere ed
extra-ospedaliere attraverso sistemi di prenotazione e liste d'attesa
controllabili dal diretto interessate e dal medico di fiducia.
La Regione emana, entra quattro mesi dall'approvazione
della presente legge, apposite norme per regolamentare questa materia.
Art. 9 (Mobilità del personale)
Il personale di ruolo operante nelle case di riposo e
direttamente impegnato nell'assistenza agli anziani cronici non autosufficienti
può optare per l'inquadramento nei ruoli dell'USSL a un livello pari a quello
ricoperto all'interno dell'ente di provenienza. L'opzione riguarda il personale
medico assunto a tempo indeterminato, le assistenti sociali, gli infermieri o
infermiere professionali o generici, gli ausiliari, gli assistenti domiciliari,
i tecnici della riabilitazione e gli addetti ai servizi tecnici e
amministrativi.
Art. 10 (Finanziamento)
Alla costruzione o ristrutturazione delle residenze
sanitarie assistenziali si procederà utilizzando quota parte del Fondo di
10.000 miliardi stanziato per il triennio 89-91, come anche il ricavato di alienazioni di beni patrimoniali delle
USSL precedentemente destinati a reparti per lungodegenza o strutture similari.
Le USSL, entro quattro mesi dall'approvazione della
presente legge, sono tenute a presentare alla Regione un piano generale di
attivazione delle RSA secondo i parametri di cui all'art. 3.
Art. 11 (Aventi diritto)
Le disposizioni di cui alla presente legge si
applicano agli adulti cronici non autosufficienti di qualsiasi età e patologia.
Art. 12 (Le RSA per gli altri soggetti
non autosufficienti)
Le RSA per gli altri soggetti non autosufficienti di
cui al decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 22 dicembre 1989 (handicappati, malati psichici, ecc)
non possono avere una capienza superiore ai 10 posti, né possono essere accorpate
fra di loro.
Ai soggetti di cui al comma precedente, se minorenni,
si applicano le norme della legge 4 maggio 1983 n. 184 «Disciplina
dell'adozione e dell'affidamento dei minori».
Art. 13 (Divieto di esercizio di
attività sanitarie)
Le case di riposo o strutture analoghe comunque denominate,
pubbliche o private, non sono abilitate a erogare prestazioni sanitarie nei confronti
di anziani cronici non autosufficienti.
Tale funzione viene assicurata dal Servizio sanitario
nazionale attraverso strutture ospedaliere ed extraospedaliere e in
particolare attraverso la realizzazione delle residenze sanitarie assistenziali
(RSA).
Art. 14 (Norme transitorie)
In via transitoria e per un periodo non superiore ai
3 anni dalla data di approvazione
della presente legge, in attesa che le USSL della Regione organizzino la rete
delle residenze sanitarie assistenziali (RSA), le case di riposo o case
protette, pubbliche o private, continueranno ad erogare le prestazioni
diagnostiche, curative e riabilitative anche ai cittadini cronici non autosufficienti,
con retta a totale carico del Fondo sanitario nazionale, previo accertamento da
parte dell'USSL della non autosufficienza e sempre che la struttura sia
pubblica o convenzionata.
Al momento della attivazione delle RSA, si procede
al trasferimento dei cronici non autosufficienti dalle case di riposo in cui
sono ricoverati, sempre che non sia possibile il loro rientro in famiglia.
(*) Testo definitivo presentato al
Presidenti dei Consigli della Regione Lombardia il 9 luglio 1991 e della Regione
Piemonte in data 13 luglio 1991. La relazione qui riportata è allegata al
progetto presentato in Piemonte.
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