Prospettive assistenziali, n. 96, ottobre-dicembre 1991

 

 

ISTITUZIONE DEL SERVIZIO DI OSPEDALIZZAZIONE A DOMICILIO: UNA PROPOSTA DI LEGGE REGIONALE

 

 

Pubblichiamo integralmente la relazione e il testo della proposta di legge «Istituzione del servizio di ospedalizzazione a domicilio» presentato dal Gruppo comunista al Consiglio regionale piemontese in data 17 gennaio 1991.

 

Relazione

1. L'art. 32 della Costituzione stabilisce il principio che la tutela della salute è un diritto fondamentale dell'individuo e che la legge non può - in nessun caso - violare i limiti imposti dal rispetto della persona umana.

2. la legge regionale 23.4.1990, n. 37 comprende per l'assistenza specialistica ospedaliera risposte differenziate, ai vari livelli.

3. Entra a pieno titolo l'assistenza degenziale ospedaliera di day-hospital e, come: «importante alternativa al ricovero ospedaliero da svi­luppare nell'arco di vigenza del Piano..., la ospedalizzazione a domicilio che assicura, al malato precocemente dimesso al suo domicilio, i livelli di trattamento e di assistenza e l'intensità delle prestazioni proprie della struttura ospedaliera».

4. L'arco temporale di vigenza della legge 37 del 1990 che detta: «Norme per la programma­zione socio-sanitaria regionale e per il Piano so­cio-sanitario regionale» è di un triennio: 1990/92.

L'importanza dell'intervento alternativo al ri­covero è tale da rendere urgente l'avvio del ser­vizio di ospedalizzazione a domicilio e di diffon­derlo sull'intero territorio regionale.

Con la proposta di legge si vuole definitiva­mente puntare ad una prestazione per i pazienti non autosufficienti colpiti da malattie acute o croniche di alta qualificazione tecnica e di ga­rantita continuità da rendere - nei casi in cui sia possibile - nella realtà ambientale e rela­zionale ottimale per il malato: il proprio domi­cilio. È convinzione dei proponenti che per l'in­sieme delle prestazioni sanitarie ed assisten­ziali la scelta di moduli organizzativi di servizi alternativi al ricovero continuativo ed istituzio­nalizzante corrisponda a tre parametri essenzia­li: l'efficacia dell'intervento, la competitività dei casti e, ultimo ma primo nell'ispirazione, la qua­lità umana del servizio - che negli interventi alle persane deve essere metro valutativo prio­ritario - il rispetto indiscutibilmente più alto delle esigenze e dei diritti dei soggetti a cui si rivolgono.

Anche a livello medico, la sperimentazione di nuove modalità di assistenza ospedaliera alter­native al tradizionale ricovero istituzionalizzato e continuativo sta andando ben oltre le soluzioni del tipo di day-hospital. Per particolari catego­rie di pazienti affetti da patologie che possono essere efficacemente trattate anche al di fuori dell'ambiente ospedaliero si va sempre più af­fermando la validità della pratica della «ospeda­lizzazione a domicilio». Tale è il caso, ad esem­pio, dei portatori di neoplasie in fase terminale, delle persone colpite da malattie neurologiche quali la sclerosi a placche o da altre gravi ma­lattie neuromuscolari, di soggetti con gravi in­sufficienze respiratorie, di bambini affetti da gra­vi patologie invalidanti, di anziani affetti da pato­logie croniche. È ormai dimostrato che questi ed altri casi, dopo gli accertamenti specialistici e l'impostazione della terapia effettuati in ospe­dale, possano essere seguiti al domicilio del paziente mediante periodici controlli medici, generali e specialistici, assistenza infermieri­stica, somministrazione di medicinali e di presi­di medico-chirurgici.

Anche presso il domicilio del paziente può essere assicurata una assistenza tecnicamente qualificata al pari di quella erogata in ospedale, con il vantaggio di una condizione ambientale e relazionale più favorevole per il recupero psi­cofisico del malato, raggiungendo contempora­neamente l'obiettivo, di ridurre i ricoveri ospe­dalieri alle effettive necessità di cura in fase acuta e di ridurre i casti complessivi, come di­mostrato ampiamente dalle analisi sui costi fat­te in relazione alle sperimentazioni (Es.: Ospe­dale Molinette di Torino).

Ci si consenta un breve squarcio sulla pro­blematica di una realtà prioritariamente desti­nataria di questo servizio: gli anziani. Già la di­namica demografica attuale e in modo esponen­ziale le tendenze proiettate sul futuro prossimo mostrano con innegabile evidenza la crescita progressiva e costante della popolazione anzia­na: su scala nazionale attorno al 2000 gli ultra­sessantenni si attesteranno attorno al 17,4 per cento della popolazione, mentre i cittadini di oltre 75 anni rappresenteranno il 4,2 per cento, cioè circa 3 milioni di cittadini, con grande mag­gioranza di donne.

Le proporzioni di questo fenomeno sono tali da richiedere, se si vuole affermare una più al­ta qualità civile, una revisione profonda della stessa organizzazione sociale complessiva e certamente la definizione di strategie d'inter­vento sui bisogni e diritti primari - abitativi, di salute, di socialità - di reale lungimiranza e di coerente azione politica ed amministrativa. Vogliamo evidenziare in caso contrario la rapida acutizzazione di una ulteriore, prevedibile e per­ciò colpevole emergenza sociale. Riteniamo in sostanza che le istituzioni pubbliche debbano sapere per tempo - recuperando tempo già per­so - dotarsi di risorse e di politiche atte a ga­rantire alle persone anziane la loro integrazione e partecipazione nella vita comunitaria e la ga­ranzia dei propri diritti primari.

Si tratta di una conversione netta di politiche probabilmente possibili solo a condizione di una decisa ed ampia battaglia culturale che ripro­ponga al centro dei parametri valutativi delle politiche sociali e della salute non altro e non altri se non gli utenti, i destinatari delle politi­che stesse, uomini e donne in carne ed ossa.

Dentro questa ispirazione si colloca e acquista un senso anche esemplare la proposta di ospe­dalizzazione a domicilio che nella nostra Regio­ne ha un precedente di grande valore e di sicu­ro riferimento realizzata a Torino con il progetto sperimentale deliberato dall'USSL 1-23 nel 1984 e realizzato dall'Istituto di Gerontologia dell'Uni­versità, nonché due precedenti di legislazione regionale - seppure anch'essi in via sperimen­tale - per quanto attiene sia la nutrizione pa­renterale che enterale a domicilio approvate dal Consiglio regionale rispettivamente nell'aprile '85 e nel gennaio '88. Vogliamo ribadire subito, onde evitare facili e previste obiezioni, che si tratta di un servizio destinato ai «pazienti non autosufficienti, colpiti da malattie croniche ed acute, che possano beneficiare dell'apporto do­miciliare di familiari o di terzi» e che in una rea­listica ipotesi può corrispondere attualmente al 10 per cento delle persone gravemente non au­tosufficienti. Non si tratta quindi di pensarlo co­me un servizio esaustivo, né esclusivo, ma cer­tamente esemplare ed efficace.

In particolare la riconosciuta validità della esperienza condotta dall'équipe del professor Fabris a Torino deve essere raccolta e incorag­giare il livello legislativo e programmatorio re­gionale (per altro compreso nella legge regio­nale piemontese n. 37 del 1990) a scegliere l'isti­tuzione del servizio di ospedalizzazione a domi­cilio come realistica ed efficace organizzazione di prestazioni a pazienti non autosufficienti con malattie croniche. L’originalità della esperienza di Torino suscitando un forte interesse medico e scientifico ha stimolato una produzione di ri­flessioni e di materiali documentari già molto ricca che non vogliamo, né passiamo qui citare se non per un passaggio assai significativo: «Si­nora la disponibilità di cure di livello adeguato alle patologie più gravi e tipiche degli ammalati anziani si è realizzata prevalentemente negli ospedali, per tradizione culturale e per l'effet­tiva elevata qualificazione ed operatività della loro organizzazione. Ciò nonostante l'ospedale può divenire il luogo ove si accentuano scom­pensi sociali e psicologici. È un pericolo vissuto nell'attuale realtà ospedaliera perché essa sem­pre più è caratterizzata da una tendenza a privi­legiare la qualificazione strettamente tecnico­biologica delle prestazioni sanitarie. È invece necessario che la medicina si adegui a rispon­dere alle necessità del malato comprendendone i problemi in modo unitario, superando la con­cezione organicistica della materia, per affron­tarla in un'ottica più funzionale.

Gli elementi più perturbanti, durante la condi­zione di ricovero, risiedono nella tradizionale rigidità degli schemi di ospedalizzazione. L'in­gresso in ospedale può venire vissuto dal pa­ziente anziano, come un salto nel buio, e dal medico ospedaliera come un affidamento asso­luto alle sue capacità, con il quale acquisisce il diritto di risolvere ogni problema in termini di terapia. La degenza come atto rigoroso di sotto­missione in contropartita delle terapie; la dimis­sione come rottura di un legame ombelicale enfatizzato ma rassicurante. Alla negatività dì questi aspetti si contrappongono i vantaggi del­la qualificazione tecnica ed infermieristica, l'in­tensità e la continuità delle prestazioni.

La necessità di adattarsi ad una struttura sco­nosciuta, ampia e diversificata qual è l'ospeda­le sottrae energia utile a contrastare la sofferen­za generata dalla malattia. Se, per assurdo, un certo tipo di malato potesse portare con sé in ospedale una fetta del suo mondo, con tutto ciò che gli dà confort e sicurezza, probabilmente guarirebbe prima e più radicalmente. La strut­tura sanitaria impone radicali trasformazioni nel­le abitudini di vita: cambiamenti nell'orario dei pasti e del sonno, nella frequenza e qualità dei rapporti con i familiari ed amici, problemi nella relazione sia con gli altri ricoverati sia can il personale, di fronte al quale si è spesso passivi nella gestione della propria salute. La conse­guenza è uno stato di conflittualità stressante, che vede, come poli apposti, da una parte la ne­cessità di un comportamento utile all'adatta­mento all'ambiente, dall'altra il bisogno di pre­occuparsi per la propria sopravvivenza alla ma­lattia.

È possibile ritenere che l'ospedalizzazione do­miciliare, lasciando il malato nel proprio am­biente familiare, non richiedendo dispendio energetico per l'adattamento all'ambiente, con­senta un maggior recupero psicofisico» (1).

Nella proposta di legge si considera inoltre essenziale il ruolo, la collaborazione e la piena integrazione nell'équipe del medico di base e la disponibilità dei familiari o di terzi che assi­curino l'apporto continuativo essenziale.

Su questo punto poiché non vogliamo descri­vere la legge ma limitarci a commenti motivanti vogliamo sottolineare come, a fronte di una fa­cile e scandalistica cronaca sugli abbandoni da parte dei familiari, esista in realtà una vasta dimensione che non fa notizia di cure e di atten­zioni spesso prestate in condizioni disperate, senza supporto pubblico, dalle famiglie e da realtà di volontariato che già oggi fanno da rete di salvataggio di moltissime situazioni. Ritenia­mo che sia necessario da parte pubblica racco­gliere questa disponibilità, questa concreta e preziosissima risorsa sociale che è la solida­rietà e l'attività di cura agii altri per sostenerla, promuoverla ed attrezzarla con interventi strut­turati e certi come l'istituzione dell'ospedaliz­zazione a domicilio: il beneficio può essere ai pazienti, all'organizzazione sociale, alla consa­pevolezza civile che ha di sé la nostra società.

 

Testo della proposta di legge

 

Art. 1 - Finalità

La Regione Piemonte, in attuazione dell'art. 32 della Costituzione e della legge regionale n. 37 del 23 aprile 1990, istituisce il Servizio di ospedalizzazione a domicilio.

La finalità del Servizio di ospedalizzazione a domicilio è quella di offrire un'alternativa al ri­covero ed il vantaggio di una condizione ambien­tale e relazionale più favorevole per il recupero psicofisico del malato.

Il Servizio di ospedalizzazione a domicilio ha il compito di assicurare anche presso il domi­cilio del paziente una assistenza tecnicamente qualificata al pari di quella erogata in ospedale.

 

Art. 2 - Tempi e modalità di attuazione

Entro e non oltre il 31 gennaio 1991 le Unità socio-sanitarie locali istituiscono il Servizio di ospedalizzazione a domicilio.

Le linee di indirizzo, i parametri organizzativi compresi gli eventuali incrementi di piante or­ganiche, sono assunti con deliberazione del Con­siglio regionale entro 90 giorni dall'entrata in vigore della presente legge.

 

Art. 3 - Soggetti fruitori

Il Servizio è rivolto ai malati cronici ed a quel­li terminati ed in particolare ad anziani non au­tosufficienti che, beneficiando dell'apporto di fa­miliari a di terzi, possono, a giudizio medico, essere curati a domicilio.

Le patologie che possano essere efficacemen­te trattate anche al di fuori dell'ambiente ospe­daliero si individuano principalmente in:

- portatori di neoplasie in fase terminale;

- persone colpite da malattie neurologiche quali la sclerosi a placche o da altre gravi ma­lattie neuromuscolari;

- soggetti affetti da gravi patologie invali­danti;

- anziani affetti da patologie croniche.

 

Art. 4 - Competenze per la richiesta

La richiesta di fruizione del Servizio di ospe­dalizzazione a domicilio compete:

- all'équipe medica che ha avuto in carico il paziente durante il ricovero ospedaliero; oppure,

- al medico di base competente per territo­rio nel casa di paziente non ospedalizzato.

In entrambi i casi la richiesta è avanzata sen­tito il parere del paziente e dei familiari o dei terzi che si impegnano a provvedere con un ade­guato apporto domiciliare.

 

Art. 5 - Responsabilità della cura

Le prestazioni erogate a domicilio sono ga­rantite dall'Unità socio-sanitaria locale tramite un'équipe di cui fanno parte il medico di base, i medici specialistici, infermieri professionali e terapisti della riabilitazione dei servizi territo­riali ed ospedalieri.

L'équipe medico-ospedaliera che autorizza la dimissione precoce ha il compito di assicurare la presa in carico del paziente da parte del Ser­vizio di ospedalizzazione a domicilio della USSL di competenza.

 

Art. 6 - Convenzionamenti

Nei casi di assoluta impossibilità da parte del­le USSL di provvedere can proprio personale in­fermieristico e riabilitativo, è consentita la sti­pula di convenzioni con USSL limitrofe, con coo­perative di infermieri professionali e di riabili­tatori.

Entro 3 mesi dall'entrata in vigore della pre­sente legge, la Giunta Regionale, sentito il pa­rere della competente Commissione del Consi­glio Regionale, predispone lo schema tipo delle convenzioni.

 

Art. 7 - Integrazione tra servizi

Gli interventi del Servizio di ospedalizzazione a domicilio sono integrati - occorrendo - da prestazioni del Servizio socio-assistenziale e dagli altri servizi gestiti dalle USSL e dagli enti locali.

 

Art. 8 - Volontariato

Le USSL promuovono altresì l'intervento di organizzazioni di volontariato e di associazioni che hanno per scopo interventi di prevenzione e di assistenza per determinate patologie, sti­pulando con esse apposite convenzioni come previsto dalla legge regionale n. 44 del 27.8.84.

Tale intervento non può essere in nessun caso sostitutivo delle prestazioni fornite dai Servizi delle USSL.

Art. 9 - Programmazione

Entro 60 giorni dall'entrata in vigore della pre­sente legge, la Giunta regionale predispone una apposita direttiva per la formazione dl program­mi mirati di ospedalizzazione a domicilio da par­te delle USSL e per il relativo finanziamento.

Art. 10 - Relazione annuale

Al termine di ogni anno e con l'approvazione del bilancio preventivo, le USSL inviano alla Giunta regionale una relazione sull'applicazione e sulla efficacia del Servizio dì ospedalizzazione a domicilio, anche in relazione all'andamento delle degenze e dei costi ospedalieri.

 

Art. 11 - Norme finanziarie

Per l'attuazione della presente Legge è desti­nato per l'anno 1991 un importo pari all'1% della spesa sanitaria regionale.

Per gli anni successivi si provvede con gli stanziamenti stabiliti dalle Leggi di approvazio­ne dei bilanci.

 

 

(1) F. Fabris, L. Pernigotti, «L'ospedalizzazione a domi­cilio. Espressione di integrazione tra ospedale e territo­rio» in Animazione sociale, ottobre 1988, anno XVIII, n. 10.

 

 

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