LE ESPERIENZE DELL'ANFAA,
DELL'ULCES E DEL CSA IN MATERIA Di ATTUAZIONE DI LEGGI E DI DELIBERAZIONI: UN
ESEMPIO SIGNIFICATIVO IN MERITO ALLA LEGGE 431/1967 SULL'ADOZIONE SPECIALE (*)
È ovvio che l'ottenimento di leggi nazionali o
regionali e di deliberazioni di Comuni, Unità sanitarie (o socio-sanitarie)
locali, di Province e di altri enti è una conquista estremamente importante
per i movimenti di base che operano per la difesa dei diritti delle persone che
non sono in grado di autodifendersi. L'approvazione dei suddetti provvedimenti,
infatti, costituisce il riconoscimento normativo delle esigenze dei cittadini
più deboli.
Tuttavia, si tratta di una tappa e non di un
traguardo. Infatti, occorre che gli interventi previsti sulla carta vengano
concretizzati in modo adeguato e tempestivo. Inidoneità, frammentarietà e
ritardi delle prestazioni possono determinare disagi, sofferenze o, anche,
violazioni di diritti umani fondamentali. D'altronde non sono rari i casi in
cui le disfunzioni hanno messo e mettono in pericolo la coesione dei nuclei
familiari o, addirittura, la stessa vita delle persone.
Al
momento dell'attuazione si presentano problemi a volte complessi.
In primo luogo, non solo le istituzioni, ma anche i
movimenti di base devono dare alle norme una interpretazione corretta. Ciò può
essere difficile nei casi in cui, per l'approvazione delle disposizioni in
oggetto, è stato necessario mediare fra concezioni diverse o anche contrapposte.
Di qui l'esigenza di proseguire, innanzitutto, nel
conservare - e se possibile potenziare - la coesione di tutte le organizzazioni
che hanno contribuito alla approvazione delle leggi o delle deliberazioni
anche perché, in base alle esperienze dell'ANFAA, dell'ULCES e del CSA, molto
spesso vi sono numerose difficoltà o impedimenti da superare.
È un momento molto arduo in quanto sono molti coloro
- persone e gruppi - che cessano o riducono il loro impegno al momento della
ratifica dei provvedimenti da parte degli organi competenti (Parlamento,
Consigli regionali, comunali, provinciali, ecc.).
La prosecuzione delle iniziative riguarda sia
l'azione culturale che quella rivendicativa. Com'è ovvio, è altresì necessario
garantire, in tutta la misura del possibile, una puntuale e continua
informazione.
Per ottenere l'attuazione di una legge o di una
deliberazione, può anche essere necessario predisporre piattaforme
rivendicative nei confronti degli organi coinvolti e individuare gli obiettivi
intermedi.
Ancora, può accadere che, per la piena applicazione
di una legge, sia assolutamente indispensabile ottenere l'approvazione di
altri provvedimenti. È il caso, ad esempio, delle norme relative alle piante
organiche dei Tribunali e Procure per i minorenni, esigenza messa in rilievo
dall'entrata in vigore della legge sull'adozione speciale.
Nell'azione diretta ad ottenere l'applicazione di
leggi e deliberazioni, occorre tener conto che vi sono istituzioni e gruppi che
intervengono attivamente per bloccare l'attuazione dei provvedimenti
approvati, mettendo in atto contromisure di vario tipo.
Un'esperienza significativa
La legge 5 giugno 1967
n. 431 istitutiva della adozione
speciale è approvata dal Parlamento praticamente all'unanimità, preceduta da
una limpida dichiarazione del Concilio Ecumenico Vaticano II che, nel decreto
sull'apostolato dei laici, precisa: «Tra le svariate opere di apostolato
familiare ci sia concesso enumerare le seguenti: infantes derelictos in filios adoptare» (Cfr. la
successiva nota 9).
I mass media e la stampa specializzata sono sempre
stati estremamente favorevoli alle sistemazioni presso famiglie adottive dei
minori in situazione di abbandono materiale e morale.
Vi
sono dunque tutti i presupposti per una positiva attuazione della legge.
Invece, inaspettatamente per molti operatori e volontari,
sorgono difficoltà di vario genere, che in certi casi costituiscono veri e
propri boicottaggi della legge 431/1967.
Le iniziative dell'ANFAA e dell’ULCES per
l'attuazione della legge 5 giugno 1967 n. 431
Subito dopo la
promulgazione della legge 5 giugno 1967 n. 431, istitutiva dell'adozione speciale,
l'Associazione nazionale famiglie adottive e affidatarie diffonde tre documenti
(1).
Nel primo, risultando che «notevole perplessità regni nell'ambiente giudiziario e in quello
degli operatori sociali riguardo all'applicazione delle norme recentemente
approvate in materia di adozione», si precisa il punto di vista dell’ANFAA
in merito alle finalità dell'adozione, ai minori da segnalare, alla relazione
informativa al e del giudice tutelare, ai complessi accertamenti concernenti
la situazione di abbandono materiale e morale da parte dei genitori e dei
parenti tenuti a provvedere, alla dichiarazione dello stato di adottabilità,
alla forza maggiore, ai minori non riconosciuti, alle prescrizioni ai genitori
e ai parenti, alla necessità della selezione degli aspiranti adottanti, allo
studio del bambino, all'abbinamento bambino-genitori adottivi, alla vigilanza
sull'affidamento preadottivo, ai motivi in base ai quali è necessario l'intervento
dei servizi sociali, ai compiti dell'ufficio centrale per la rieducazione dei
minorenni, alle funzioni degli uffici distrettuali di servizio dei Tribunali
per i minorenni e dei servizi sociali degli enti assistenziali.
Il secondo documento ha lo scapo di fornire un aiuto
tecnico ai Giudici tutelari e ai magistrati dei Tribunali per i minorenni.
Infatti, tratta i seguenti problemi: la scheda nominativa per la segnalazione
dei minori (di cui l'ANFAA propone un modello che fornisce gratuitamente) (2),
il censimento degli enti (3) e istituti di assistenza (4); gli aggiornamenti
delle segnalazioni e gli affidamenti familiari a scopo educativo.
Il terzo documento riguarda le norme transitorie, e
cioè le disposizioni che consentono la pronuncia dell'adozione speciale (che
attribuisce lo status di figlio legittimo) nei confronti di coloro che sono
stati adottati con l'adozione ordinaria (che non assegna la condizione di
figli legittimi degli adottanti, in quanto gli adottati stessi, fra l'altro,
conservano i rapporti giuridici con le loro famiglie d'origine, anche se queste
ultime li hanno totalmente abbandonati sul piano materiale e morale).
Consapevoli della rilevante portata innovativa della
legge 5 giugno 1967 n. 431 sull'adozione speciale, l'ANFAA e l'ULCES assumono
diverse iniziative per favorirne la piena applicazione.
In primo luogo promuovono seminari di studio in modo
che amministratori, magistrati, operatori e volontari possano individuare le
strade da percorrere per una corretta interpretazione delle norme, assicurando
ai minori in situazione di abbandono un sollecito inserimento presso idonee
famiglie adottive (5).
In secondo luogo, mediante l'invio di documentazione,
viene fornita una dettagliata informazione agli enti di assistenza e ai
giudici tutelari in merito alla nuova legge ed agli adempimenti di loro
competenza. In altri casi, a detta informazione provvedono personalmente soci e
volontari dell'ANFAA e dell'ULCES.
Ad esempio, con inizio dal 6 dicembre 1967 e termine
il 26 aprile 1968, l'assistente sociale dell'ANFAA intervista i responsabili di
41 istituti di assistenza all'infanzia della città di Torino. Dall'indagine
risulta che nessuno di essi ha adempiuto all'invio, obbligatorio per legge, al
Giudice tutelare degli elenchi trimestrali dei minori ricoverati e che solo due hanno una conoscenza adeguata della legge
sull'adozione speciale. Quanto sopra si verifica nonostante che l'approvazione
della legge 431/1967 sia stata ampiamente pubblicizzata dai mezzi di informazione
di massa. Addirittura 22 istituti non
sanno nemmeno che la legge stessa è in vigore.
Alla data del 30 giugno 1968, cioè dopo oltre un anno dall'entrata in vigore della legge sulla
adozione speciale, ben 24 istituti fra quelli visitati non hanno ancora
proceduto all'invio degli elenchi trimestrali.
Viene inoltre accertato che «fra gli altri numerosi istituti di protezione e assistenza all'infanzia
situati nel mandamento della Pretura di Torino (ne esistono in totale ancora
circa 100) solo 8 hanno ottemperato agli obblighi di cui al 3° comma dell'art.
31415» (6), il quale prevede
quanto segue: «Le istituzioni pubbliche o
private di protezione o assistenza all'infanzia trasmettono trimestralmente
al giudice tutelare del luogo ove hanno sede, l'elenco dei ricoverati o assistiti.
Il giudice tutelare, assume le necessarie informazioni, riferisce al Tribunale
per i minorenni sulle condizioni di quelli fra i ricoverati o assistiti che
risultano in situazione di abbandono, specificandone i motivi».
Un altro tipo di intervento riguarda l'approfondimento
di situazioni specifiche. Ad esempio, l'ULCES informa in data 12 gennaio 1968 le autorità giudiziarie del capoluogo
ligure (Procuratore Generale della Repubblica, Presidente del Tribunale per i
minorenni, Procuratore della Repubblica dello stesso Tribunale per i
minorenni, Giudice tutelare) che «sono
stati segnalati al Giudice tutelare di Genova solo quattro o cinque minori
privi di assistenza materiale e morale da parte dei genitori e dei parenti
tenuti a provvedervi».
Nell'esposto viene inoltre precisato quanto segue: «Risulta anche che nessun ente o istituto
di assistenza ha inviato al Giudice tutelare di Genova gli elenchi di cui al 3°
comma dell'art. 314/5 (n.d.r. si
tratta di elenchi trimestrali dei minori ricoverati in istituti o assistiti) e che nessuna segnalazione è giunta al
Tribunale per i minorenni di Genova ai fini della dichiarazione di stato di
adottabilità. Ciò costituisce, a nostro avviso, una violazione macroscopica
degli obblighi che la legge 431/1967 impone agli enti e istituti assistenziali
e preghiamo gli organi a cui la presente è inviata di accertare se sussistano i
reati previsti dal codice penale e dall'art. 19 del R.D. 24 dicembre 1934 n.
2316. Tale violazione è ancora più grave allorquando si consideri che dai
registri dello stato civile di Genova risulta che sono ancora aperte le tutele
relative ai nati negli anni 1965-66-67 dei minori non riconosciuti di cui
all'allegato elenco».
Nell'elenco di cui sopra sono indicati i nominativi
di 105 minori non riconosciuti, la cui omessa segnalazione impediva il loro
inserimento familiare (7).
Ciò nonostante, il Procuratore generale della
Repubblica, Carmelo Spagnuolo, non fa assolutamente nulla, come l'ULCES
accerta in un colloquio avuto con lo stesso magistrato.
Altre iniziative
Per promuovere la piena e corretta attuazione della
legge sull'adozione speciale, sono state assunte altre iniziative quali:
- l'organizzazione di convegni, conferenze,
dibattiti, molti dei quali effettuati con la partecipazione del Dr. Michel
Soulé, noto esperto francese in materia di adozione;
- la traduzione e diffusione di articoli sui deleteri
effetti della carenza di cure familiari, sulle modalità di intervento per la
preparazioneselezione degli aspiranti adottanti;
- la sollecitazione continua nei confronti dei
Ministeri di grazia e giustizia e dell'interno, dei Parlamentari, del Consiglio
Superiore della Magistratura, degli Amministratori degli enti locali e delle
Autorità giudiziarie;
-
gli interventi nei riguardi dei mezzi di informazione di massa.
Tre settori prioritari di intervento
Il bilancio dei primi sei mesi di applicazione della
legge sull'adozione speciale è molto deludente: solo 5 Tribunali per i
minorenni hanno pronunciato stati di adottabilità (80 a Milano, 72 a Torino, 53
a Napoli, 40 a Bologna, 1 a Lecce); gli altri 19 organi giudiziari minorili,
nemmeno una dichiarazione di abbandono, neppure nei confronti dei figli di
ignoti per i quali la procedura stabilita dalla legge 5 giugno 1967 n. 431 è
semplicissima: sì tratta solo di verificare l'atto integrale di nascita ed
emettere il provvedimento (8).
Ma le carenze riguardano soprattutto i giudici tutelari (900 in tutta
Italia) che, salvo casi isolati, rimangono nell'attesa passiva che gli enti e
gli istituti di assistenza segnalino i minori in situazione di presunto
abbandono e trasmettano gli elenchi trimestrali dei fanciulli ricoverati o
assistiti.
Preso atto della amara realtà, l'ANFAA e l'ULCES
scelgono come prioritari tre settori di intervento:
- stimolare gli istituti di assistenza a rispettare
le norme della legge sull'adozione speciale e procedere a denunce anche penali
degli enti che, nonostante le ripetute sollecitazioni, continuassero ad essere
inadempienti;
- promuovere l'istituzione di piante organiche
autonome per i Tribunali e le procedure per i minorenni;
-
proporre una completa riorganizzazione degli uffici del giudice tutelare.
Il boicottaggio dell'adozione speciale da parte degli
istituti di assistenza.
Anche se vi sono istituti pubblici e privati di
assistenza che collaborano attivamente per l'attuazione della legge
sull'adozione speciale, molti, nei fatti, la boicottano con la conseguenza di
impedire a migliaia di bambini in situazione di abbandono morale e materiale di
crescere circondati dall'affetto di una vera famiglia.
Di conseguenza, il 29 marzo 1968 l'ANFAA invia ai
Vescovi italiani una lettera in cui è scritto quanto segue: «Questa Associazione si duole di dover
constatare che la stragrande maggioranza degli istituti di assistenza e di
protezione all'infanzia non ha ancora ottemperato agli obblighi della legge 5
giugno 1967 n. 431 sull'adozione speciale.
Ciò
costituisce non solo una violazione della legge, ma arreca grave pregiudizio ai
bambini soli, ritardando la loro sistemazione in famiglie adottive e
impedendola definitivamente ai fanciulli che hanno compiuto gli anni otto nel
neriodo intercorrente dall'entrata in vigore della legge (7 luglio 1967) al
giorno della segnalazione di cui al 2° comma dell'art. 314/5 o al momento della
trasmissione del primo elenco ai sensi del 3° comma dell'art. 314/5» (9).
II boicottaggio della legge sull'adozione speciale da parte degli istituti di ricovero è confermato
da numerose fonti:
- il Corriere
della Sera del 1° dicembre '67 riporta una lettera del Dr. D'Orsi,
Presidente del Tribunale per i minorenni di Milano, in cui si afferma: «È necessario che siano tenuti sotto controllo
tutti gli istituti non sempre solleciti nell'inviare i prescritti elenchi dei
minori ricoverati o assistiti»;
- il Dr. Battistacci, Giudice del Tribunale per i
minorenni di Perugia, scrive su Cronache
e opinioni, maggio 1968, quanto segue:
«La prima difficoltà che si incontra nell'attuare la legge è l'ostilità
piuttosto aperta e generalizzata degli istituti che dovrebbero segnalare ai
giudici tutelar! i minori presso di loro ricoverati (...). Tale ostilità che
induce molti istituti a non effettuare segnalazioni o a cavillare sul loro
obbligo di effettuarle deriva da preconcetti verso la nuova forma di
assistenza e di cura dei minori rappresentata dall'inserimento in una famiglia
e soprattutto dal fatto che ci si preoccupa che quanti più minori saranno
ritenuti in stato di abbandono e quindi suscettibili di adozione, tanto più si
ridurrà la popolazione dei ricoverati, e quindi delle relative rette da
percepire»;
- intervenendo sul n. 4, 1968 di Vie assistenziali, il Dr. Lusi, Presidente del Tribunale per i
minorenni di Napoli, dichiara: «Si può
dire che il numero degli istituti che hanno provveduto (anche con notevole
ritardo) alla trasmissione degli elenchi è stato del tutto trascurabile in
percentuale, se si pensi che da una prima sommaria indagine, per quanto
concerne il distretto di Napoli (Campania e Molise), si può arguire che gli
istituti sarebbero per lo meno duecento, mentre il numero di quelli denunzianti
è di appena poche unità»;
- a sua volta il Procuratore generale della
Repubblica di Caltanissetta nella relazione tenuta l’11 gennaio 1969 sostiene quanto segue: «Deludenti sono, contrariamente alle
nostre aspettative, i dati statistici relativi alle adozioni speciali, di cui
alla legge 5 giugno 1967 n. 431; le dichiarazioni di adottabilità emesse nel
periodo in esame sono appena tre, i decreti di adozione soltanto quattro.
«Bisogna però
guardarsi dal trarre, dai dati riferiti, affrettate conclusioni negative,
poiché, se la nuova legge ha avuto finora scarsa applicazione, ciò è avvenuto
non già perché la legge medesima non abbia trovato largo favore nelle nostre
generose popolazioni - numerose sono infatti le domande pendenti davanti al
Tribunale per i minorenni - ma perché - secondo quanto mi è stato riferito dal
detto tribunale - non si è provveduto da parte di chi ne avrebbe avuto l'onere,
agli adempimenti richiesti dall'art. 314/5 della citata legge n. 431, il quale,
com'è noto, pone a carico dei pubblici ufficiali e degli organi scolastici
l'obbligo di riferire al più presto al tribunale per i minorenni, tramite il
giudice tutelare, sulle condizioni di ogni minore in situazione di abbandono
di cui vengano comunque a conoscenza, e a carico delle istituzioni pubbliche o
private di protezione e assistenza all'infanzia l'obbligo di trasmettere al
giudice tutelare del luogo ove hanno sede l'elenco dei ricoverati o assistiti.
«È da notare
che la situazione di figlio di genitori ignoti legittima senz'altro la
dichiarazione dello stato di adottabilità, che può essere anche provocata
dall'ente che assiste il minore.
«Orbene,
nessuna delle 98 istituzioni pubbliche e private di protezione e di assistenza
esistenti nel distretto si è avvalsa della facoltà di provocare quella
dichiarazione; quel che è peggio, soltanto due delle predette istituzioni, e
precisamente l'Amministrazione provinciale e l'ONMI di Caltanissetta, hanno
trasmesso, nel periodo preso in considerazione, i prescritti elenchi mentre
altre tre istituzioni, fra le quali l'Amministrazione provinciale e l’ONMI di
Enna, hanno adempiuto all'obbligo soltanto nel secondo semestre del 1968, in
seguito a sollecito diramato a tutti gli uffici interessati dalla Presidenza
del Tribunale per i minorenni, che ha anche chiesto l'intervento delle
Prefetture di Caltanissetta e di Enna».
Un'altra lettera viene indirizzata dall'ANFAA in data
20 settembre 1969 alle autorità religiose del Piemonte per segnalare la
perdurante disapplicazione della legge sull'adozione da parte degli istituti
di assistenza, facendo presente che: «nel
gennaio 1969 questa Associazione, dopo aver inviato senza esito agli istituti
di assistenza all'infanzia svariati solleciti perché venissero adempiuti gli
obblighi imposti a detti istituti dell’art. 314/5, 3° comma; della legge 5
giugno 1967 n. 431 (trasmissione trimestrale al giudice tutelare degli elenchi
dei minori ricoverati o assistiti), visitava ad uno ad uno gli istituti, di
cui all'elenco riportato in seguito, spiegando l'obbligo di cui sopra.
«A ciascun
istituto veniva inoltre consegnata una copia della legge 5.6.1967, n. 431, e
un ciclostilato di cui si unisce copia (...).
«Ciononostante
e nonostante che la vita in istituto costringa i bambini a subire i deleteri
effetti, scientificamente accertati, della carenza di cure familiari, molti
sono gli istituti visitati ancora inadempienti.
«Si allega
pertanto l'elenco di quelli dipendenti dall'autorità ecclesiastica o con
personale religioso che non hanno mai adempiuto alla trasmissione degli elenchi
trimestrali dei minori ricoverati o assistiti o che vi adempiono con notevole
ritardo» (10).
Nella stessa lettera, l'ANFAA informa i Vescovi
circa i risultati di una indagine svolta fra il luglio e il dicembre 1968 per
accertare l'atteggiamento nei confronti dell'adozione da parte degli istituti
di assistenza all'infanzia, la maggior parte dei quali dipende dall'autorità
ecclesiastica o funziona con personale religioso.
Per
tale rilevazione era stata inviata da un socio dell'Associazione la seguente
lettera:
«Mia moglie ed io siamo venuti dopo lunga riflessione
nella determinazione di accogliere nella nostra famiglia una bambina o un
bambino dai 6 ai 14-15 anni.
«Siamo in grado di poter provvedere a tutte le sue
necessità sia morali che materiali. Abitiamo in una zona molto salubre, le
scuole sono vicine e l'alloggio è di nostra proprietà. Mia moglie è casalinga
ed io sono impresario edile.
«Se fosse possibile, preferiremmo poter adottare una bambina o un bambino, ma
saremmo anche d'accordo, se vi fossero difficoltà per l'adozione, di tenerla in
semplice affidamento, naturalmente con spese a nostro carico.
«La pregherei di farmi sapere quali referenze e quali
documenti devo presentare e quando è possibile venire nel Suo istituto per
conoscere la bambina.
«La ringrazio anticipatamente della Sua risposta che
mi auguro favorevole e Le porgo i miei rispettosi saluti».
Le lettere sono inviate a 88 istituti. Di essi, 25
non rispondono e 49 dichiarano di non aver minori che possano essere affidati o
adottati (molti istituti, però, allegano alla lettera di risposta un conto
corrente e dei volantini in cui i bambini ospiti dell'istituto vengono indicati
come abbandonati).
Fra
le risposte ricevute, si segnalano le seguenti:
a) lettera della superiora dell'orfanotrofio
femminile Antoniano di Via dei Mille 177,
Bari: «Spiacente di non poterLa
accontentare per l'orfana che Lei chiede. Le nostre sono tutte piccole e poi
le nostre regole non permettono che siano date ad altre persone estranee, ma
giunte all'età, debbono essere consegnate ai parenti, e se questi mancano ai
tutori.
«Assicuro
che farò pregare per Lei e sposa al glorioso Santo perché le faccia trovare in
qualche altro istituto la piccola desiderata».
b) lettera dell'Orfanotrofio femminile Antoniano di
Salita Belvedere 15, Genova-Sampierdarena: «In
risposta alla loro distinta lettera, vengo a dirLe che mi è impossibile
accontentarLe dato che le nostre regole proibiscono dare le piccole a
chicchessia, tranne che ai loro parenti prossimi e tutori.
«Sono venuta
a conoscenza che vi è un Istituto di minorenni, si rivolgano al Pretore della
Città e spero potranno trovare un appoggio.
«Con l'augurio che il Santo le renda
felici, ossequio distintamente».
c) lettera dell'Orfanotrofio Antoniano Mi Rogazionisti
di Viale Colli Aminei 39, Napoli: «In risposta alla Sua delicata letterina
pervenutaci siamo molto spiacenti di darLe una risposta negativa in quanto la
legge non ci consente di cedere bambini in adozione. Giustamente Le sembrerà
un assurdo ma, purtroppo, la legge è questa e noi non possiamo farci niente.
Impossibilitati a concretizzare un gesto così nobile Le promettiamo tutto il
nostro interessamento nella preghiera perché S. Antonio l'assista e La protegga
in ogni azione, L'accompagni sempre lungo le infide strade del mondo moderno,
Le doni tutto quanto occorra perché la Sua vita e quella di Sua moglie scorrano
serene e tranquille. Sicuri che non ci serberà rancore per qualcosa che è
assolutamente contro la nostra volontà Le auguriamo, dal profondo del cuore ed
unitamente alla Sua gentile consorte, giorni avvenire migliori e luminosi
apportatori di salute, pace e provvidenza».
d) lettera dell'Istituto Antoniano Femminile di Via
Circonvallazione Appia 1946, Roma: «Siamo in possesso della sua del 27-7 c.a.
in cui ci esprime il suo vivo desiderio, insieme alla sua gentile consorte, di
voler adottare una delle nostre orfane, dai 6 ai 12-14 anni di vita.
«Siamo
spiacenti doverle rispondere che non abbiamo la possibilità di venire incontro
alla sua richiesta, perché il Regolamento della nostra Istituzione esclude in
modo assoluto concessioni di adozioni. Pur considerando gli aspetti positivi
che le singole richieste potrebbero presentare, l'orientamento e
l'impostazione del nostro programma di educazione e formazione non considera
possibilità di rilasciare le nostre bambine prima della raggiunta età.
«Ringraziando della cortese considerazione, la salutiamo con deferenza».
e) lettera dell'Opera Pia Pro Orfani Infanti di Via
Turati 7, Milano (Istituto in Barlassina):
«Siamo veramente spiacenti di non poter
aderire al Suo desiderio, in quanto le speciali condizioni che regolano il
nostro Istituto, non ci permettono di fare alcuna pratica per adozione: infatti
il nostro Istituto non ha sede tutoria, ma è solamente Istituto di ricovero».
Altre indagini compiute dall'ANFAA e da altri
organismi confermano la gravità della disapplicazione della legge sull'adozione
speciale. Ad esempio, citiamo quella svolta nei 1968 e nel primo semestre 1969
da R. Pettigiani sugli istituti ed enti d'assistenza all'infanzia del Piemonte
(11). L'inchiesta è effettuata tramite colloqui con il personale dirigente
delle istituzioni in base ad una scheda di rilevazione.
Le strutture prese in esame sono 227, circa i due
terzi di quelle operanti in Piemonte; i minori ricoverati in dette strutture
sono 15.963.
Prima di procedere alle singole interviste, vengono
presi accordi con i giudici tutelari nel cui mandamento hanno sede gli enti ed
istituti.
Dall'indagine emerge che vi sono dirigenti che
addirittura ignorano l'esistenza della legge sull'adozione speciale, che solo
65 istituti su 227, a distanza di circa un anno dall'entrata in vigore della
legge stessa, hanno inviato almeno un elenco trimestrale al giudice tutelare.
I motivi addotti sono la non conoscenza dovuta alla
mancata lettura dei giornali, il non aver ricevuto ordini e chiarificazioni
dagli organi superiori ecclesiastici o dalle autorità civili.
Dopo alcuni mesi dal primo incontro si effettua un
controllo presso i giudici tutelari per rilevare se gli istituti inadempienti
hanno eseguito gli obblighi che loro competono per legge. Risulta che solo 81
dei suddetti istituti inadempienti hanno incominciato ad inviare gli elenchi
dei minori ricoverati e 22 hanno preso contatti col giudice tutelare da cui
dipendevano per essere esonerati in quanto svolgono -un'attività
prevalentemente scolastica o funzionano come pensionati.
Altri 59 tuttavia non hanno fatto nulla pur avendo
assicurato, quando è avvenuto l'incontro con l'assistente sociale, che
avrebbero mandato al più presto gli elenchi ora che erano al corrente dei loro
obblighi.
Segnalazioni dell'ANFAA e dell'ULCES alla
magistratura
Constatata l'estesissima disapplicazione della legge
sull'adozione speciale e la conseguente impossibilità dei minori in situazione
di abbandono materiale e morale di essere inseriti presso famiglie adottive,
tenuto conto degli scarsi risultati ottenuti e valutata l'impossibilità assoluta
di svolgere una capillare azione informativa, l'ANFAA e l'ULCES provvedono ad
inoltrare denunce penali. Per citare la situazione più significativa, gli
esposti all'autorità giudiziaria sfociano nell'inchiesta del Pretore Infelisi
che mobilita un migliaio di carabinieri. Sono ispezionati gli istituti di Roma
di assistenza all'infanzia e sono accertate numerose e gravi irregolarità.
Alcuni titoli dei giornali: «Pretore indaga a Roma sulle adozioni difficili - Il magistrato ha
sequestrato libri e registri all'Opera maternità e infanzia»; «Perché se la
legge è inaccepibile, solo pochissimi riescono ad adottare bambini? Molti
istituti si opporrebbero per non perdere le rette delle province»; «Si allarga
lo scandalo degli orfanotrofi "vivai di corruzione a spese dello
Stato"»; «Non segnalavano i bimbi da adottare per continuare a percepire
le rette»; «Mandato di comparizione per i dirigenti dell’ONMI» (12).
In particolare l'indagine giudiziaria rileva che numerosi
sono gli istituti di assistenza che hanno omesso di inviare al Giudice
tutelare l'elenco dei minori ricoverati negli istituti, elenchi prescritti
dall'art. 314/5 della legge 5 giugno 1967 n. 431 sull'adozione speciale.
Fra gli imputati c'è Mons. Patrizio Carrol Abbing,
Presidente della Città dei Ragazzi di Roma (13).
Per assolvere l'imputato, il Giudice istruttore
Antonio Alibrandi arriva a sostenere - incredibile ma vero - che «non essendo l'assistenza sociale attività
la cui territorialità è riservata alla Pubblica Amministrazione, e quindi
pubblico servizio, l'esercizio di essa non costituisce esercizio di un pubblico servizio» (14).
A seguito del provvedimento suddetto, sono prosciolti
tutti i dirigenti degli istituti privati che non hanno rispettato gli obblighi
sanciti dalla legge sull'adozione speciale.
Va segnalato che l'inchiesta del Pretore Infelisi
scatena reazioni accesissime da parte di autorità religiose.
La più violenta è quella del Cardinale dell'Acqua,
il quale indirizza il seguente comunicatoproclama ai sacerdoti, ai religiosi e
alle religiose addetti agli istituti di beneficenza e d'assistenza di Roma: «Mancherei ad un dovere, quello di vostra
fratello maggiore in Cristo, se in questo momento, per tanti di voi penoso, non
vi assicurassi che, più che mai, vi sono vicino col pensiero e soprattutto con
la preghiera, condividendo, con animo particolarmente grato per il grande bene
che in umiltà e sacrificio compite in Roma, le vostre attuali sofferenze.
«Ogni animo
retto apprezza il vostro apostolato: padri e madri sanno bene quanto a voi devono
per l'educazione dei loro figli.
«Misconoscere
quello che la Chiesa compie da secoli in Roma nel campo assistenziale e benefico;
mettere in dubbio le premurose cure con cui anime verginali, consacrate al
Signore, assistono la fanciullezza abbandonata, trascurata o ammalata,
significherebbe rinnegare una realtà del passato e del presente e sarebbe segno
di ingratitudine.
«È certo
motivo di vivo rammarico constatare come spesso molti, can sorprendente
superficialità, dimenticano l'opera generosa della Chiesa per la tutela fisica
e morale della gioventù. Ma nessuno potrà cancellare dalla storia le meravigliose
pagine di abnegazione scritte da sacerdoti, da religiosi e da religiose, a Roma,
in favore della fanciullezza anche durante l'ultima guerra. Come non ricordare
quel grande Pontefice che fu Pio XII, il quale nulla risparmiò perché a tanti
bambini giungesse un po' di latte ed al quale si deve, fra l'altro, la
iniziativa del "Villaggio Don Bosco" - entusiasticamente favorita
dall'allora sostituto Mons. Montini - che salvò tanti giovanetti, i quali vagavano
abbandonati e smarriti per le strade cittadine?
«Per questo
il popolo romano, con manifestazioni plebiscitarie, volle esprimere un filiale
grazie al "suo Papa".
«Né potranno
essere eventuali, singoli episodi - sempre dolorosi e da deplorarsi fermamente
- ad offuscare l'opera di istituti, che in ogni parte del mondo offrono un
mirabile esempio di concreta attuazione del comandamento supremo di Cristo:
"Amatevi l'un l'altro".
«Né certa
stampa scandalistica può dirsi destinata a favorire il progresso civile,
sociale e morale dell'Italia.
«In questi
giorni ho riletto le parole del Maestro Divino riportate nel Vangelo della scorsa
domenica: "A voi che ascoltate, io dico... fate del bene a quelli che vi
odiano, benedite quelli che vi maledicono, pregate per quelli che vi
insultano".
«La nostra
orazione salga fervida al Signore per coloro che pensano - illudendosi - di intaccare
la bellezza della nostra Chiesa cattolica, denigrando le sue benefiche
istituzioni.
«Non temete:
continuate a compiere serenamente il vostro dovere; abbiate sempre presente
la parola di Gesù: "Sarò con voi: le forze avversarie non
prevarranno".
«Dio ci assista,
ci guidi, ci benedica!» (15).
A questo punto l'ANFAA e l'ULCES decidono di rendere
pubblica la corrispondenza intercorsa con la Segreteria di Stato del Vaticano
(16).
1 Lettera inviata dall'ULCES il 2 febbraio '70 alla
Segreteria di Stato: «Si unisce fotocopia
della lettera inviata dal Pontificio istituto educativo femminile del Sacro
Cuore di Pompei (17) e si prega
codesta Reverendissima Segreteria di Stato di prendere le necessarie misure per
evitare che gli istituti religiosi di assistenza all’infanzia continuino ad
agire in violazione dei diritti fondamentali dei bambini (diritto alla famiglia)
e in violazione delle leggi vigenti.
Si unisce
altresì copia della lettera inviata dall'Associazione Nazionale Famiglie
adottive alle autorità religiose (18) ove sono precisate ingiustificate posizioni
da parte di molti istituti religiosi di assistenza all'infanzia.
Grato di
conoscere le determinazioni di codesta Reverendissima Segreteria di Stato,
porgo f migliori ossequi».
2 Lettera inviata all'ULCES dalla Segreteria di Stato
in data 18 agosto 1970 a firma del Sostituto Mons. G. Benelli: «Mi riferisco all'esposto fatto qui
pervenire in data 2 febbraio 1970, con cui Ella invita questa Segreteria di
Stato a voler prendere "le necessarie misure per evitare che gli istituti
religiosi di assistenza all'infanzia continuino ad agire in violazione dei
diritti fondamentali dei bambini e in violazione delle leggi vigenti".
«In pari
tempo, Ella allegava, fra l'altro, copia di una lettera inviata dall'Associazione
Famiglie Adottive alle Autorità religiose, ove erano elencati gli istituti che
continuerebbero a violare tali norme.
«Al
riguardo, mi permetto di farLe presente che, da informazioni circostanziate
assunte dagli Organi ecclesiastici competenti, le suddette indicazioni non sono
risultate del tutto esatte».
3 Lettera inviata dall'ULCES alla Segreteria di Stato
Mons. G. Benelli il 15 ottobre 1970: «Desidero
significarLe che nella Sua risposta del 18 agosto 1970 (Prot. n. 15543)
all'esposto che Le avevo inviato, viene riconosciuto che vi sono istituti di
assistenza all'infanzia retti o dipendenti da religiosi che non inviano gli
elenchi trimestrali di cui alla legge 5.6.67 n. 431. Così facendo, detti
istituti impediscono ai bambini di avere una famiglia, com'è loro diritto
naturale oltre che riconosciuto dalle leggi italiane.
«Si
sottolinea che gli inadempimenti relativi all'invio degli elenchi trimestrali
riguardano istituti situati in tutte le zone d'Italia. Il fatto è pertanto
molto più esteso di quanto segnalato nel citato mio esposto.
«Questa
Unione, di fronte all'importanza vitale per i bambini di crescere circondati
dall'affetto di una famiglia e all'impossibilità, scientificamente
dimostrata, degli istituti di rispondere alle esigenze umane e sociali dei
minori, confida che la Segreteria di Stato vorrà adoperarsi perché gli
istituti di assistenza all'infanzia adempiano ai loro obblighi».
Purtroppo da parte di molti esponenti della Chiesa,
compresi i già citati Cardinale Dell'Acqua, Mons. Benelli e Gobbi, la difesa
dei diritti dei bambini e la segnalazione dei danni psico-fisici del ricovero
in istituto vengono interpretate come denigrazione delle persone che, spesso
con gravi sacrifici personali,. operano nelle istituzioni.
Altri ostacoli
Come spesso avviene quando si segnalano inadempienze
o carenze delle istituzioni, vi sono organizzazioni che agiscono non a difesa
delle persone danneggiate, ma degli enti responsabili delle irregolarità.
È il caso dell'intervento dell'UNEBA, Unione nazionale
enti di assistenza e beneficenza (19), che sul n. 5, maggio 1968 della sua
pubblicazione «Azione assistenziale», commentando l'articolo di Prospettive assistenziali «Bilancio dei
primi sei mesi di applicazione della legge sulla adozione speciale» (20), cerca
di mettere in dubbio la fondatezza della denuncia delle violazioni della legge
sull'adozione speciale, insinuando che l'ULCES «citi, quali fonti particolarmente autorevoli, alcuni articoli,
apparsi qualche tempo fa su due quotidiani milanesi, che, a voler essere
indulgenti, possono attribuirsi soltanto ad articolisti del tutto inesperti in
materia, quando non addirittura in mala fede».
Si deve osservare che gli articolisti suddetti
riportavano interviste rilasciate dal Presidente del Tribunale per i minorenni
di Milano e da un Giudice onorario dei medesimo Tribunale e che le affermazioni
critiche dei due suddetti magistrati erano state confermate da altri giudici
(21).
L'estrema gravità della situazione dell'infanzia
ricoverata in istituti di assistenza è comprovata anche dalle vicende dei
Celestini di Prato e dei ricoverati nell'Istituto di Grottaferrata diretto da
Maria Diletta Pagliuca (22).
Per una valutazione corretta delle condizioni di
vita, spesso disumane, dei minori istituzionalizzati, si tenga presente che le
vicende dei Celestini e dell'Istituto «Santa Rita» di Grottaferrata durano
anni e anni prima che le autorità competenti decidano la chiusura dei due
convitti (23)
In merito alla vicenda dei Celestini, il Pubblico
Ministero afferma: «Paradossalmente prima
ancora che l'Istruttoria che ha dato origine a questo processo arrivasse sul
tavolo del magistrato, ce n'era già una, compiuta ma rimasta nel cassetti di
enti pubblici, di provveditori agli studi, di medici provinciali e financo di
prefetti; una istruttoria che, nel corso del procedimento, corrispondeva, come
mi accorsi, all'istruttoria penale che stava scoprendo quello che si era
nascosto dietro la facciata del pio istituto pratese. Questi documenti, non
avulsi dal contesto processuale, costituiscono una prima prova e suscitano un
senso di sgomento per !'inazione degli organi pubblici che come pubblico ministero
sento il dovere di sottolineare. Non solo - infatti - rappresentano uno
squarcio profondo nella vita dei "Celestini", ma nella nostra vita
pubblica. È incredibile che soltanto l'iniziativa di un singolo abbia
costretto alla fine, ad aprire i tanti cassetti chiusi e farne uscire quelle
prove che si bloccavano davanti all'isola delle infelicità che era l'istituto
diretto da Padre Leonardo» (24).
La inattività di coloro che sono a conoscenza della
gravissima situazione dei Celestini (Prefetto, ONMI, Consiglio comunale,
Vescovo di Prato, Provveditore agli Studi) consente che per anni i bambini
continuino ad essere percossi anche duramente. Ogni sera sono costretti ad
accusarsi pubblicamente delle loro mancanze e da queste autoaccuse il direttore
Padre Leonardo Pelegatti trae spunto per impartire punizioni e ammonimenti.
Dalle risultanze processuali risulta, inoltre, che le
condizioni igieniche dell'istituto erano pessime e che di tanto in tanto
scoppiavano e si propagavano malattie epidemiche.
Il nutrimento è scarso e la direttrice didattica
scrive che «i bambini arrivano in classe
spesso affamati».
I piccoli ricoverati sono costretti a ingoiare per
castigo una pappa di pane condita con olio di fegato di merluzzo; quale
punizione alcuni bambini sono obbligati a leccare il pavimento, altri la loro
pipì.
Gli insegnanti statali delle scuole interne segnalano
casi di vero e proprio sadismo; i ragazzi sono costretti a pregare un'ora e
mezza, digiuni, prima di andare a scuola; alle 12 in classe dovrebbero
interrompere le lezioni per recitare l'Angelus; «cantano preghiere in giardino e pregano durante il giorno per i
benefattori a lungo, immobili, con le braccia alzate per essere più vicini a
Dio». Negli atti processuali si
legge inoltre che: «i bambini (ve ne erano di 4-5-6 anni) (...)
potevano sottrarsi alla mostruosa cappa del silenzio, a loro costantemente
imposta, soltanto per la misera mezz'ora destinata alla loro ricreazione e che,
per ben quattro volte al giorno e per ore intere, venivano rinserrati in Chiesa
e costretti a pregare».
Per quanto riguarda l'istituto di Grottaferrata,
diretto da Maria Diletta Pagliuca, riportiamo uno stralcio della relazione
stilata a seguito della ispezione disposta dal Pretore di Frascati in data 6
giugno 1969: «Superata la iniziale opposizione
della direttrice e rinvenute subito dopo le chiavi, gli inquirenti si portavano
direttamente al secondo piano... ed entravano in un dormitorio... Vi trovarono
13 ragazzi che dormivano sistemati in coppie su sette lettini, tranne l'A. che
dormiva solo, ciascuno con la testa verso la spalliera e legati tra loro per le
gambe. Anche le braccia erano avvinte, mediante catenelle assicurate con
lucchetti o con legacci di stoffa, alle opposte spalliere del letto; l'ambiente
era impregnato di fetore» (25).
La situazione degli uffici giudiziari
minorili
Come abbiamo già rilevato, la legge 5 giugno 1967 n. 431 istitutiva
dell'adozione speciale, affida notevoli e delicati compiti ai Tribunali e alle
Procure per i minorenni, nonché ai giudici tutelari.
Numerosi sono i magistrati minorili che denunciano
subito dopo gravi carenze strutturali e organizzative. Perciò, allo scopo di
raccogliere elementi oggettivi da presentare alle autorità competenti
(Parlamento, Ministero della sanità, Consiglio Superiore della Magistratura,
ecc.); l'ANFAA effettua, per conto dell'Unione italiana giudici per i minori,
due indagini conoscitive sul funzionamento degli uffici giudiziari minorili
(26).
La prima si estende a tutti i Tribunali e le Procure
per i minorenni ed ha lo scopo di conoscere i dati relativi alle attività
penati, civili e amministrative svolte da detti uffici nel primo semestre del 1968 ed alla situazione del personale, dei
locali e dei mezzi materiali esistente al 1° ottobre 1968.
I dati sono raccolti sul posto da assistenti sociali
che conferiscono con magistrati, cancellieri e segretari.
Non è possibile avere colloqui can i magistrati dei
Tribunali per i minorenni di Caltanissetta e Catania, assenti al momento
dell'indagine nonostante il congruo preavviso; inoltre i dati loro richiesti
non sono mai pervenuti.
Un'altra indagine conoscitiva, condotta con il metodo
del questionario, è svolta per accertare il funzionamento degli uffici dei
giudici tutelari delle preture aventi sede nelle città capoluogo di provincia.
Restituiscono il questionario compilato 22 uffici tutele su 92 e cioè il 22%.
Dalle interviste effettuate e dai dati raccolti nel
corso delle due inchieste emerge quanto segue:
1. a conferma della situazione di quasi abbandono in
cui si trova la giustizia minorile in Italia è sufficiente il seguente dato: su
6.800 giudici che compongono l'organico della magistratura italiana, lavorano a
tempo pieno nei 24 Tribunali per minorenni, nelle 24 Procure per i minorenni e
nelle 900 Procure complessivamente solo 65 magistrati;
2. nessun Tribunale e nessuna Procura per i minorenni
ha personale, locali e mezzi materiali adeguati alla necessità. La maggior
parte di detti uffici segnala tutte e tre le carenze. Mancano addirittura
sedie, scrivanie, scaffali, macchine da scrivere;
3. per quanto concerne i locali, si rileva che il
R.D.L. 20 luglio 1934 n. 1404 prevede che i Tribunali e le Procure per i
minorenni e le sezioni di Corte d'appello per i minorenni debbano avere sede
negli edifici destinati a centri di osservazione o in locali appositi; in ogni
caso non nei locali delle Preture, dei Tribunali ordinari o delle Corti di
appello. Nonostante che la norma sia in vigore da 34 anni, essa è disapplicata
per quanto concerne molte sedi di Tribunali e di Procure per i minorenni
(Ancona, Brescia, Cagliari, Caltanissetta, Catanzaro, L'Aquila, Lecce, Perugia,
Potenza, Reggio Calabria, Trento e Trieste), e cioè in 13 sedi su 24; inoltre
non è rispettato da tutte le sezioni delle Corti di appello per i minorenni;
4. le attività dei Tribunali e delle Procure per i
minorenni sono praticamente paralizzate nel periodo feriale e cioè per circa
tre mesi;
5. le maggiori carenze sono riscontrate nei Tribunali
e nelle Procure per i minorenni con personale (magistrati, segretari,
cancellieri) a tempo parziale;
8. la legge 12 marzo 1968 n. 181 non è ancora applicata,
infatti vi sono Tribunali e Procure dove i magistrati lavorano di fatto a
tempo parziale, mentre dovrebbero essere a tempo pieno (ad esempio: Procure di
Firenze, Venezia e Torino) (27);
7. la legge relativa all'adozione speciale, attribuendo
nuove incombenze al Tribunale per i minorenni, evidenzia le carenze già
esistenti in passato e specialmente lo scarso coordinamento, in quanto le
prassi attuate per la sua applicazione differiscono in modo notevole da un tribunale
all'altra. Ad esempio, numerose sono le adozioni ordinarie pronunciate a Napoli
e a Lecce per la ritenuta ammissibilità dell'adozione tradizionale per i
fanciulli di età inferiore agli anni 8 privi di assistenza materiale e morale.
Questa interpretazione non è condivisa da altri tribunali per i minorenni. Fra
le altre situazioni di carenza si segnala, come esempio significativo, che il
Tribunale per i minorenni di Catanzaro ha ricevuto 1721 segnalazioni di
abbandono ed in sei mesi ha emanato un solo provvedimento;
8. gli uffici tutele sono del tutto inadeguati per
quanto concerne il personale ed i mezzi materiali: locali, scrivanie,
scaffali, schedari. Il personale a tempo parziale non può certo assicurare
uno svolgimento della attività degli uffici tutele adeguato all'importanza dei
compiti previsti dalle leggi vigenti per la tutela dei minori e degli adulti
incapaci per cui ne deriva spesso un vuoto di giustizia per le persone
maggiormente bisognose di tutela. Ad esempio, solo 3 giudici tutelari su 22
hanno visitato un istituto. Questa essendo la situazione degli uffici tutele
delle Preture aventi sede nelle città capoluogo di provincia, è facile
immaginare il funzionamento degli uffici tutele delle piccole preture, spesso
rette da vice-pretori onorari;
9. tutti gli intervistati (magistrati, cancellieri e
segretari) richiedono l'autonomia funzionale dei tribunali e delle procure per
i minorenni (28).
In base agli elementi raccolti con le due indagini,
l'ANFAA e l'ULCES ottengono la presentazione alla Camera dei Deputati, da
parte degli On. Mussa Ivaldi Vercelli e Macchiavelli, della proposta di legge
n. 210 «Modifiche alla legge istitutiva del Tribunale per i minorenni e alle
relative norme di attuazione». La proposta viene approvata con la legge 9
marzo 1971 n. 35, legge che istituisce le piante organiche dei magistrati
addetti ai Tribunali e alle Procure per i minorenni.
Purtroppo, non viene approvata l'altra proposta
sollecitata dall'ANFAA e dall'ULCES, la n. 211 anch'essa di iniziativa degli
On. Mussa Ivaldi Vercelli e Macchiavelli, diretta ad ottenere che «i magistrati che esercitano le funzioni di
giudici tutelari presso le preture aventi sede nelle città capoluogo di
provincia non possono svolgere incarichi presso altri uffici giudiziari».
Purtroppo, ancora oggi, la stragrande maggioranza
dei giudici tutelari svolgono le funzioni loro assegnate dalla legge in modo
saltuario, compatibilmente con le altre attività ad essi assegnate, per cui non
vengono assolti in modo adeguato o sono del tutto trascurati i compiti di
protezione dei minori e degli adulti incapaci.
Alcune considerazioni generali
Come si è visto in merito all'attuazione della legge
sull'adozione speciale, numerose sono le difficoltà che si possono incontrare
per l'applicazione di un provvedimento.
Di conseguenza occorre, in tutta la misura del
possibile, mantenere viva l'attenzione della opinione pubblica sulle esigenze
delle persone nei cui confronti è stato varato il provvedimento di cui si
chiede l'attuazione.
Pertanto va continuata l'azione culturale e intrapreso
il confronto sulle cose da fare con tutte le parti in causa: istituzioni
pubbliche, magistrati, operatori, sindacati. È altresì necessario dare continuità
alle alleanze realizzate.
In base alle esperienze dell'ANFAA, dell'ULCES e del
CSA, occorre che il ventaglio delle iniziative da intraprendere sia il più
ampio possibile, anche per evitare che, se vengono creati ostacoli non
immediatamente superabili (come una sentenza contraria della magistratura), si
possa procedere attraverso le altre vie aperte.
Ad esempio, ritornando all'attuazione della legge
sull'adozione speciale, le negative prese di posizione di personalità della
Chiesa cattolica sono state contrastate da altri esponenti.
Al riguardo, si riporta quanto scritto da Don Luciano
Allais, delegato per l'assistenza della diocesi di Torino e direttore del
locale centro immigrati, sulla Voce del
Popolo, settimanale della stessa diocesi: «Non dobbiamo reagire col complesso delle vittime. Da alcune parti infatti
si sono sparse lacrime a favore delle suore, che con gravi sacrifici svolgono
la loro opera senza limiti di tempo, mal pagata e senza riconoscimento, ed ora
sono anzi oggetto di attacchi e critiche pesanti. In realtà in discussione non
è la dedizione delle singole suore, ma il "servizio" dell'assistenza.
«In questi
episodi di cronaca vedrei l'occasione per proporre in modo serio un discorso
della assistenza nella Chiesa. Si confonde troppo facilmente la carità con il
servizio. II servizio compete allo Stato e la Chiesa anche in questo campo
svolge opera di supplenza.
«I servizi
molte volte sono commissionati dallo Stato ai religiosi - i quali non devono
piangere per le difficoltà in cui si dibattono, ma devono denunciare la
disorganizzazione, il caos, le carenze giuridiche che permettono le situazioni
abnormi: non subire passivamente o correre ai ripari come copertura delle
deficienze, ma fare finalmente un discorso serio sugli operatori, sul
contenuto, sugli strumenti precisi del/, assistenza; un discorso moderno,
all'avanguardia. Se necessario, è nostro dovere lottare, protestare e persino
astenersi dalla prestazione di un servizio (se non va a danno dell'utente), ma
assolutamente non si può restare passivi, inerti, di fronte alle disfunzioni.
«Dobbiamo
avere questo atteggiamento critico, dobbiamo chiedere che il problema della
assistenza, che è prioritario in uno stato moderno, abbia interventi
prioritari. Dobbiamo chiedere inoltre la partecipazione della comunità al
problema dell'assistenza. È un problema della comunità, come la sanità e la
casa. E questo significa anche dimensionare il servizio al territorio, aprirlo
alla comunità. Un esempio: si fa un istituto per minori in via Artom, ma
diventa l'istituto di via Artom, gestito dalla comunità, al servizio della comunità,
dentro la comunità. Tutti responsabili, tutti partecipi, nessuna emarginazione,
nemmeno per i bambini. E se il personale è religioso, non si tratta più di un
istituto che obbedisce a disposizioni dell'autorità religiosa, di solito fatte
in un altro clima storico e sociale; ma si tratta di un servizio qualificato
che ciascuno potrà attuare vivendo come "persona" il cristianesimo» (29).
Numerosi, inoltre, sono stati in proposito gli
interventi di giuristi, di sociologi, di operatori sanitari e sociali, di
amministratori e di organizzazioni di base: un'altra verifica concreta della
efficacia delle alleanze con gruppi e persone.
(*) Sulle iniziative dell'ANFAA,
dell'ULCES e del CSA si vedano gli articoli apparsi su Prospettive assistenziali: «Esperienze di volontariato
promozionale», n. 79, luglio-settembre 1987; «Obiettivi, strumenti e criteri
di intervento del volontariato promozionale attuato dall'ANFAA, dall'ULCES e
dal CSA», n. 83, luglio-settembre 1988; «I diritti del cittadino debole:
riferimento prioritario del volontariato promozionale praticato dall'ANFAA,
dall’ULCES e dal CSA», n. 87, luglio-settembre 1989; «I comportamenti delle
istituzioni nelle esperienze dell'ANFAA, dell'ULCES e del CSA», n. 88,
ottobre-dicembre 1989; «Priorità delle iniziative culturali per un positivo confronto
con le istituzioni alla luce delle esperienze dell’ANFAA, dell’ULCES e del
CSA», n. 89, gennaio-marzo 1990; «L'azione rivendicativa condotta dall'ANFAA,
dall’ULCES e dal CSA», n. 91, luglio-settembre 1990.
(1) Essi recano le date del 23 giugno
e del 21 e 26 ottobre 1967 e sono riportati sul n. 2, ottobre-dicembre '67 di Attualità e notizie dell'Unione per la promozione dei diritti del
minore, diventata poi Prospettive
assistenziali nel 1968.
(2) La scheda nominativa (la cui
compilazione spetta alle istituzioni pubbliche e private di assistenza
all'infanzia) ha lo scopo di fornire le notizie essenziali dei singoli minori
ricoverati in istituti assistenziali. La scheda è proposta dall'ANFAA sulla
base di una interpretazione estensiva della legge 5 giugno 1967 n. 431, la
quale prevede l'invio di elenchi trimestrali dei minori istituzionalizzati o
assistiti. L'ANFAA invia alcune decine di migliaia di schede nominative ai
Giudici tutelari, ai Tribunali per i minorenni e agli enti assistenziali che
ne fanno richiesta.
(3) Nel 1967 gli uffici di assistenza
operanti in Italia sono oltre 40 mila: 8055 Comuni, 8055 Enti comunali di
assistenza (autonomi rispetto alle Amministrazioni comunali), 8055 Comitati comunali
dell'ONMI, 94 sedi provinciali della stessa, 30 enti nazionali per le varie
categorie di invalidi e di orfani con le relative sedi periferiche, 9407 IPAB (Istituzioni pubbliche di assistenza e
beneficenza), 7038 patronati scolastici, 2300 casse scolastiche per gli
allievi poveri delle scuole medie, ecc.
(4) A distanza di oltre 20 anni è
doloroso constatare che la stragrande maggioranza delle Regioni non ha ancora
attuato il censimento degli istituti che ricoverano minori. Analoga
constatazione, purtroppo, va fatta per le strutture assistenziali di ricovero
dì handicappati e di anziani. Va però segnalato che le Regioni Emilia-Romagna e
Toscana hanno approvato leggi specifiche per l'istituzione dell'anagrafe dei
cani (cfr. Prospettive assistenziali,
n. 83, luglio-settembre 1988).
(5) Al riguardo, si ricordano, fra gli altri, il seminario di Ivrea organizzato
dalia Provincia di Torino dal 22 al 23 settembre 1967, la tavola rotonda
dell'ONMI tenutasi a Roma il 22 novembre 1967, il seminario di informazione ai
giudici minorili che ha avuto luogo a Roma dall'8 al 13 gennaio 1968, il
seminario di Grottaferrata del 15-20 gennaio 1968 promosso dal Ministero di
grazia e giustizia e dall'ONMI, il seminario organizzato a Bologna il 17, 18 e
19 marzo 1968 dall'Unione Giudici minorili e dall'ANFAA Si ricorda inoltre il
seminario di studio «Problemi dell'infanzia sala, dell'adozione e
dell'affidamento familiare», tenutosi ad Assisi nei giorni 14, 15 e 16 maggio
1967 su iniziativa dell'ULCES.
(6) Cfr. Renata Pettigiani, Indagine
sull'applicazione della legge sull'adozione speciale da parte delle istituzioni
di assistenza, Prospettive assistenziali,
n. 3/4, luglio-dicembre 1968.
Deludenti furono anche i rapporti
diretti stabiliti dalla Sezione lombarda dell'ANFAA con 27 dei 33 Giudici tutelari
del distretto di Milano nel periodo dal 15 marzo al 15 luglio 1968. Cfr.
Patrizia Pagliari Taccani, Contatti con i giudici tutelari del distretto di
Milano: alcune considerazioni, Ibidem.
(7) Cfr. Alcune attività dell'ULCES,
in Prospettive assistenziali, n. 1,
gennaio-marzo 1968.
(8) Come risulta dall'Annuario
statistico di assistenza e della previdenza sociale, ISTAT, vol. XVI, Roma,
1969, alla data del 1° gennaio 1967 i minori ricoverati sono: 7.345 nei
brefotrofi di cui 2.326 figli di ignoti; 96.084 negli orfanotrofi; 87.233 negli
istituti per poveri e abbandonati, oltre a 54.819 assistiti in colonie
permanenti.
(9) Ne!la lettera suddetta, l'ANFAA
segnala inoltre il «disagio morale e
spirituale, specie delle famiglie adottive, nel constatare la permanenza di
divieti di accesso al sacerdozio e allo stato religioso alle persone nate fuori
dal matrimonio» e richiama il decreto
sull'apostolato dei laici che al paragrafo 11 recita: «Fra le svariate
opere d! apostolato familiare cl sia concesso enumerare le seguenti:
"Infantes derelictos in filios adoptare"». L'espressione latina
del testo dice molto di più di quanto dica la traduzione italiana autentica:
«Adottare come figli i bambini abbandonati». «In filios» esprime e giustamente
«la risultanza effettiva di piena filiazione», mentre «come figli» può sembrare
semplicemente un paragone.
Si ricorda inoltre che in quel
periodo vi erano addirittura istituzioni scolastiche religiose che non
accettavano come allievi i nati fuori dal matrimonio. Ad esempio la Direzione
del convitto «Guglielmo Marconi», con sede a Ruta di Camogli, diretto dai Padri
Scolopi, in data 9 settembre 1967 scrive al Sig. C.G. segnalando che non può
essere ammesso in quanto «il regolamento
interno non ammette deroghe per i figli illegittimi o di famiglia irregolare».
(10)
L'elenco comprende 53 istituti del Piemonte.
(11) Cfr. Renata Pettignani,
«Indagine conoscitiva su alcuni istituti ed enti di protezione e assistenza
all'infanzia esistenti in Piemonte»,
in Prospettive assistenziali, n,
8/9, ottobre 1969 - maggio 1970.
(12) Nel
1970 l'Opera nazionale per la maternità e l'infanzia è il maggior ente
assistenziale italiano. Dispone di una sede nazionale, di 94 federazioni
provinciali e di 8.055 comitati comunali.
(13) In quel periodo Mons. Carrol
Abbing è anche Presidente dell'Associazione italiana delle Città dei Ragazzi.
(14)
L'ordinanza del Giudice istruttore Alibrandi è criticata da Giorgio
Battistacci nell'articolo «Assolto per aver violato la legge sull'adozione
speciale» pubblicato da Prospettive
assistenziali, n. 30, aprile-giuqno 1975. Nello stesso numero è riportata
integralmente l'ordinanza
in oggetto.
(15) Un'altra reazione di difesa è la
lettera dell'Amministratore Apostolico di Imola, Mons. Aldo Gobbi, che su
«L'Avvenire» del 16 marzo 1971, scrive fra l'altro, rivolgendosi alle suore: «Che cosa succederebbe se domani mattina
portaste in piazza, magari a Roma davanti a qualche ministero, tutto il vostro
carico di povertà e di dolore: i paralitici, gli spastici, gli abbandonati,
gli orfani, gli innumerevoli bambini assistiti? Sareste forse costrette anche
voi a fare cortei della protesta perché la gente veda!».
(16) Cfr. Reazioni ai recenti
scandali dell'assistenza, in Prospettive
assistenziali, n. 13, gennaio-marzo 1971.
(17) II testo integrale della lettera
è il seguente: «Gent.mo Sig. Bodenzi, già
altra volta l'assicurai che le bambine non si muoveranno di qui. Se stanno
contente lei ha potuto constatarlo di persona. Non dubiti per qualunque cosa
dovesse sentire. Son le assistenti sociali che si son messe in festa di
togliere le bambine dagli istituti. Sua Eccellenza si è fatto sentire e qui non
sono più venute. Perciò stia tranquillo».
(18) La lettera è stata Inviata
dall'ANFAA alle autorità religiose in data 20 settembre 1969. Ampi stralci sono
stati riportati nelle pagine precedenti di questo articolo.
(19) Ora UNEBA è la sigla dell'Unione nazionale libere
iniziative assistenziali.
(20) Cfr. Prospettive assistenziali, n. 1, gennaio-marzo
1968.
(21) Alcune delle suddette
dichiarazioni sono state riportate nel paragrafo «Segnalazioni dell'ANFAA e
dell’ULCES alla magistratura».
(22) Nel volume curato da B. Guidetti
Serra e F. Santanera, Il Paese dei
Celestini - Istituti di assistenza sotto processo, Einaudi, Torino, 1973,
sono riportate le sentenze pronunciate dalla magistratura nei confronti di
responsabili di maltrattamenti inflitti ai minori istituzionalizzati.
(23) Le prime segnalazioni sul
pessimo funzionamento dell’Istituto dei Celestini risalgono al 1956, mentre la
chiusura è avvenuta solo dieci anni dopo.
(24) Cfr. Il Resto del Carlino del 29 settembre
1968. Si veda inoltre F. Santanera, Sulle responsabilità penali dei funzionari
in materia di vigilanza, in Prospettive
assistenziali, n. 13, gennaio-marzo 1971.
(25) B.
Guidetti Serra - F. Santanera, Il Paese
dei Celestini, op. cit. L'Istituto di Grottaferrata, autorizzato al
funzionamento in data 30 giugno 1951, viene chiuso il 6 giugno 1969. Si veda
inoltre l'editoriale del n. 15, luglio-settembre 1971, di Prospettive assistenziali «Le responsabilità del Ministero
dell'interno in merito ai fatti di Grottaferrata».
(26) Cfr.
F. Santanera, Funzionalità degli uffici giudiziari minorili in relazione
all'applicazione della legge sull’adozione speciale, in Maternità e infanzia, n. 5, maggio 1969.
(27) La
legge 12 marzo 1968 n. 181, proposta dall'On. Macchiavelli su iniziativa
dell'ANFAA, modifica profondamente la situazione dei Tribunali per i
minorenni. Infatti prevede che tutti i magistrati addetti ai Tribunali per i
minorenni e relative Procure di Firenze, Milano, Napoli, Palermo, Roma e Torino
vi lavorino a tempo pieno. Non è più consentito che detti giudici possano
svolgere funzioni presso altri organismi. Prima della legge suddetta, in
genere, l'attività marginale è svolta presso i Tribunali per i minorenni e
quella principale presso i Tribunali ordinari e le Corti di appello o di
assise. Per i Tribunali per i minorenni di Bari, Bologna, Cagliari, Catania,
Catanzaro, Genova, Lecce e Venezia la legge 181/1968 stabilisce che le norme
sopra indicate si applichino solo ai Presidenti dei Tribunali minorili ed ai
Procuratori della Repubblica e non agli altri magistrati.
(28) L'indagine sugli uffici minorili ha
riguardato anche la raccolta dei dati relativi ai procedimenti civili e penali
pendenti, pervenuti e definiti, alle attività rieducative, al movimento dei
minori detenuti e internati, al personale, ai mezzi materiali, ecc. Cfr. F.
Santanera, Funzionalità..., op. cit.
(29) Cfr. Reazioni ai recenti
scandali sull'assistenza, in Prospettive
assistenziali, n. 13, gennaio-marzo 1971.
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