LEGGE FINANZIARIA 1992 (*)
Nel 1990, dodici organizzazioni di volontariato di
carattere nazionale avevano elaborato un documento col quale si proponevano
«di dare voce più forte e chiara ai punti di vista degli ultimi, alle loro
attese e alle loro rivendicazioni rispetto ad una più equa destinazione della
ricchezza di cui il paese dispone» (1).
In quel documento si evidenziava il progressivo
snaturamento dello «Stato sociale» dovuto alla progressiva erosione della spesa
sociale a vantaggio di quella per interessi. Il crescente debito dello Stato,
infatti, provoca un dirottamento delle risorse dagli impieghi di carattere sociale
(sanità, scuola, assistenza, servizi) al finanziamento della rendita
speculativa con un conseguente danno per i ceti più deboli della popolazione e
una caduta di solidarietà per il paese nel suo insieme. La crescita della spesa
per interessi, infatti, si traduce in finanziamento, da parte dello Stato,
della crescita del potere di acquista e della ricchezza privata dei ceti più
forti, di coloro, cioè, che dispongono di capitali da offrire in prestito allo
Stato.
Le ultime leggi finanziarie non sono riuscite a
contrastare questa tendenza a causa della debolezza delle istituzioni e della
forza contrattuale dei ceti più forti. Cresce, sì, il reddito nazionale, ma
crescono anche le disuguaglianze alimentate anche da quelle istituzioni che,
invece di tutelare i diritti del più deboli, sanno solo mostrarsi forti nei
loro confronti per cedere a pressioni di chi ha più potere contrattuale.
Questa dinamica riduce le possibilità di governo politico del Paese e rende di
fatto la nostra democrazia sempre meno reale. Nella logica del contratto,
inoltre, lo Stato e le sue istituzioni diventano sempre più deboli: ciò
dequalifica la spesa pubblica, produce un venir meno dei principi di solidarietà
sanciti dalla Costituzione e fa sì che perdano in termini di efficacia e di
efficienza i servizi sociali.
La dinamica contrattuale, che pensa di risolvere
tutto nella logica dello scambio, favorisce il potere lobbistico e il potere
mafioso all'interno delle istituzioni, riduce il valore della solidarietà ad
un capitolo che riguarda solo atteggiamenti individuali.
Alcuni ci sembrano
particolarmente gravi:
- il «centenario» della legge Crispi sulle opere pie
è trascorso senza che si sia più parlato di riforma dell'assistenza;
- la proposta di modifica della riforma sanitaria
del 1978 (in parte già attuata con il commissariamento delle UU.SS.LL.) punta
tutto sulla «managerialità», ma sembra accentuare la prospettiva
«aziendalistica» in un settore che invece potrebbe e dovrebbe essere comunque
caratterizzato da una dimensione di solidarietà sociale e di
corresponsabilità della collettività. La mancanza di un quadro di riferimento
legislativo organico sul versante dell'assistenza e dei servizi sociali
determina ancora approcci settoriali e per categorie, che mantengono aperto il
varco a «leggine» corporative;
- la mancata approvazione del piano sanitario
nazionale che comporta la non presenza di sicuri punti di riferimento anche per
la determinazione dei criteri di allocazione delle risorse: la spesa storica
conserva immutata le sue caratteristiche mentre la spesa per gli investimenti
è praticamente inesistente. Conseguentemente i problemi rimangono quelli di
sempre.
È urgente, a nostro giudizio, promuovere un nuovo e
più vasto senso di solidarietà che comprenda le forme «brevi», basate sui
rapporti familiari e privati, le forme «lunghe», che arrivano a coinvolgere
tutte le componenti della società, quelle a più alta carica emotiva, suggerite
dalle urgenze e dalle emergenze e quelle meno coinvolgenti, ma pur necessarie,
che richiedono tempi lunghi di educazione e programmazione e un attento uso
delle risorse a fronte dei bisogni attuali e prevedibili.
Tutto ciò richiede uno Stato meno sottoposto ai
ricatti della logica dello scambio, più sicuro e più stabile, con la capacità
di programmare tempi lunghi e non attento solo a gestire il presente.
Non è indifferente a questo riguardo la riforma
istituzionale su cui tanto si dibatte in questo periodo.
La «società dei due terzi», infatti, nella quale ì
soggetti più forti e più garantiti costituiscono la maggioranza, rischia di
stravolgere il senso stesso della democrazia. Le istituzioni democratiche si
trasformano sempre di più in strumenti con cui la maggioranza benestante tutela
e favorisce i propri interessi privatistici, emarginando la minoranza dei
poveri.
Non è senza significato che negli ultimi sette anni
il numero delle persone economicamente povere sia andato progressivamente
crescendo fino a superare nell'ultimo anno gli otto milioni e mezzo di unità.
I ceti medi, e non tanto quelli alti che hanno meno
interesse a godere dei servizi dello Stato sociale, sono poco disponibili a perdere
qualcuno dei privilegi che hanno acquisito e non permetteranno allo Stato di
diminuire le prestazioni a loro favore, né di aumentare il loro contributo per
il benessere di tutti. Ecco il vero problema che, a questo punto, è di «etica
politica» e coinvolge i criteri stessi di acquisizione del consenso da parte
dei gruppi e dei partiti politici.
Il
problema è di triplice natura:
a)
come reperire i fondi;
b)
come evitare aumenti irrazionali della spesa;
c)
quali priorità dare alla spesa delle risorse disponibili.
a) Come reperire i fondi
Si
deve innanzitutto perseguire una tenace lotta all'evasione e all'elusione
fiscale.
Dal punto di vista economico, esse sono un grave
danno all'intera economia del Paese; dal punto di vista etico, sono particolarmente
inaccettabili in quanto, sottraendo risorse destinate all'uso comune,
rappresentano un regalo che I più ricchi e i più,protetti fanno a se
stessi a spese dei più poveri e dei cittadini onesti.
Ci sembra importante insistere anche sulla tassazione
delle rendite d'impresa e dei grandi patrimoni, per realizzare un sistema
contributivo proporzionato, all'effettivo ammontare dei guadagni e che non
gravi prevalentemente sui lavoratori dipendenti.
Al contrarlo, gli interventi dl solo ripianamento di
cui tanto si parla, quali l'alienazione dei beni dello Stato e le
privatizzazioni, servono momentaneamente a tappare i buchi esistenti, ma non
costituiscono una soluzione a lunga scadenza perché tolgono allo Stato risorse
che forse potrebbero rilevarsi utili in seguito per fini di solidarietà e
vanno comunque a incrementare la ricchezza di chi è già ricco.
b) Come evitare aumenti irrazionali della spesa
Si è d'accordo sulla necessità di ridurre la spesa
pubblica, anche perché essa attualmente non raggiunge lo scopo di assicurare
servizi efficienti per i cittadini più deboli. Oggi la spesa pubblica è in
gran parte destinata alle retribuzioni del personale e al finanziamento di
servizi inefficienti, ma è svincolata da qualunque verifica sulla efficacia
rispetto agli obiettivi prefissati.
Si rende quindi necessario progettare ed avviare un
sistema di monitoraggio dei servizi pubblici, che si basi sul concetto di
solidarietà sociale, sulla valutazione dei costi e dei benefici, sul vincolo
della verifica.
Molto importante a questo fine ci sembra la
responsabilizzazione degli amministratori e dei funzionari pubblici.
Ci sembra inoltre importante insistere sulla
necessità di uniformare in un nuovo sistema i mille rivoli di prelievo e di
erogazione di contributi pubblici. L'attuale «giungla» favorisce interessi
particolari e i gruppi sociali che sanno organizzarsi meglio, senza incidere
su posizioni di rendita e parassitarie consolidate.
c) Quali priorità dare alla
spesa delle risorse disponibili
Ci sembra importante sottolineare che l'autonomia
impositiva degli enti locali sia accompagnata sempre dai criteri di
solidarietà sociale, di valutazione dei costi e dei benefici, del vincolo
della verifica, di cui già sopra si parlava.
La spesa pubblica va indirizzata verso servizi
effettivi ed efficienti e non verso semplici trasferimenti monetari a singoli,
famiglie e gruppi.
Tutto
ciò presuppone alcune assunzioni di responsabilità:
- da parte dello Stato, un diverso e più efficiente
apparato amministrativo, la cui realizzazione appare sempre più urgente;
- da parte delle imprese, una maggiore sensibilità
verso la necessità di contribuire alle spese della comunità nazionale;
-
da parte dei sindacati, una partecipazione alla gestione della riforma
dell'amministrazione dello Stato e una attenzione a non cadere nella
difesa di interessi corporativi;
- da parte dei cittadini, una maggiore attenzione
alle proprie responsabilità verso il bene comune (partecipazione politica,
competenza e onestà nei propri doveri di lavoro, senso di solidarietà
sociale).
Obiettivi di fondo
Alla luce di questo quadro generale, è nostra
convinzione che sia prioritario perseguire alcuni obiettivi di fondo
nell'elaborazione di politiche sociali:
- riaffermare la centralità della persona e dei suoi
bisogni come criterio per la definizione degli interventi, accentuando la
prevenzione del disagio, della malattia, delle necessità individuali;
- rispettare l'unicità della persona mantenendo la
globalità degli interventi e ricercando una reale integrazione tra i servizi
sociali;
- valorizzare l'apporto della famiglia in relazione
agli interventi di politiche sociali, non nel senso della privatizzazione dei
bisogni o del generico trasferimento monetario alle famiglie gravate da
situazioni di disagio, sofferenze, malattia, emarginazione, bensì nella
prospettiva di garantire il singolo nel gruppo soprattutto attraverso una
politica dei servizi e non della monetarizzazione;
- controllare il governo della spesa e attuare un
controllo di efficienza (che per una riqualificazione della spesa deve
significare anche efficacia ed economicità), ridare capacità di scelta sul
versante dell'entrata e della spesa agli enti territoriali per
responsabilizzare gli amministratori nei confronti dei cittadini contribuenti;
- attivare processi di valutazione come prassi di
lavoro permanente rispetto ai servizi sociali. Base della valutazione è un
efficiente sistema di flussi informativi, necessario presupposto per la
costruzione di indici e di standard di comportamento medio con cui affrontare
le singole realtà, per far emergere le disfunzioni su cui intervenire e per
individuare le «soglie minime» degli interventi sociali.
Proposte e priorità
1. Nel complesso di questo quadro diventa quanto mai
urgente la riforma dei servizi sociali. La legge al riguardo, pur essendo
inserita nei programmi degli ultimi governi, non ha ancora avviato il suo iter.
Occorre un quadro normativo certo, per il quale l'assistenza non diventi una
arbitraria e intermittente concessione dello Stato sottoposta ad altri valori
ed evenienze; ma un diritto soggettivo del cittadino che si traduce in precisi
strumenti e in procedure trasparenti, al fine di evitare discriminazioni,
abusi, lungaggini burocratiche, ingiustizie e sprechi. La normativa ,diventa
ancora più urgente con il varo della legge 142/90, che affida agli Enti locali
la competenza dei servizi sociali che rischiano così, senza un quadro di
riferimento nazionale, di aumentare le differenze tra categorie di cittadini e
tra territori del paese.
È così urgente definire anche l'autonomia impositiva
degli Enti locali costituiscano il corredo fissa da destinare ai servizi
sociali, perché la definizione delle competenze non sia una nuova affermazione
senza conseguenze per mancanza di mezzi e di risorse (v. questione dei ticket
sanitari).
Riteniamo opportuno che la legge di riforma dei
servizi sociali e la legge sull'autonomia impositiva degli Enti locali
costituiscono il corredo di accompagnamento della legge finanziaria.
2. È urgente la definizione di una politica degli
alloggi che favorisca le famiglie meno abbienti e le giovani famiglie. Il
fondo ex-Gescal, ad oggi ancora trattenuto sulla busta-paga dei lavoratori,
potrebbe costituire la base per un rilancio di investimenti nell'edilizia
pubblica.
Una seria politica degli alloggi deve porsi da un
lato l'obiettivo di garantire il diritto ad una abitazione dignitosa per tutti
i cittadini (in situazioni di integrazione sociale s non di ghettizzazione)
come base irrinunciabile per un'esistenza che possa dirsi umana, dall'altro la
riaffermazione dell'importanza del «proprio domicilio come elemento di
stabilità sociale, significativo per la salute e l'equilibrio complessivo delle
persone» e quindi dell'impegno a privilegiare gli interventi ed i servizi
domiciliari di tipo innovativo.
3. La drammatica situazione di molti paesi del Terzo
Mondo e il crollo dei regimi comunisti impongono ai paesi economicamente più
sviluppati come il nostro profonde riflessioni circa la politica di
cooperazione internazionale e circa la politica di accoglienza degli immigrati.
Si dovranno rendere più efficaci e più trasparenti i
meccanismi di decisione circa l'utilizzo dei fondi in dotazione al Ministero
degli affari esteri per la cooperazione allo sviluppo. È per questo necessario
riconsiderare le priorità di intervento, stabilite attualmente in base a
criteri politici, privilegiando invece le zone più povere del mondo e i settori
di base più trascurati (es.: sanità, agricoltura, istruzione, ecc.). Si potrà
inoltre giungere a distinguere anche istituzionalmente tra cooperazione di
tipo commerciale e cooperazione di solidarietà internazionale.
Si dovranno infine assicurare i diritti fondamentali
di cittadinanza agli stranieri già accolti sul nostro territorio. La legge
finanziaria dovrebbe dotare le Regioni di un fondo speciale da utilizzare,
con la collaborazione delle realtà del privato sociale, in progetti di
sperimentazione che vanno a concretizzare alcuni dei diritti fondamentali di
cittadinanza (casa, lavoro, istruzione di base e professionale, servizi
sociali ed assistenza) per gli immigrati.
4. Va inoltre aumentato lo sforzo, anche finanziario,
per investimenti finalizzati a creare nuova occupazione, soprattutto tra i
giovani e al Mezzogiorno.
Ciò va realizzato abolendo gli interventi straordinari,
le forme di precariato o di semplice trasferimento monetario alle imprese e
alle famiglie, favorendo invece tutti quegli interventi. legislativi che
sostengono lo sviluppo di lavoro associato e imprenditoriale, soprattutto tra i
giovani e le donne.
5. La qualificazione dei servizi esige inoltre una
attenzione a operatori, dirigenti e amministratori, alla loro formazione e
motivazione da sostenere con iniziative è stanziamenti non puramente
simbolici.
6. Bisogna evitare che la ricerca in atto di nuove
forme e modelli della difesa armata del Paese si traduca in un indiscriminato
aumento dei fondi destinati alle spese militari a danno della spesa sociale.
Serve, invece, un maggiore impegno per la
realizzazione di condizioni di vita e dì relazioni politiche e commerciali più
giuste tra i popoli, nella consapevolezza che questa, e non il potenziamento
degli arsenali militari, è la via maestra per costruire e difendere la pace.
7. La legge finanziaria dovrà prevedere un fondo per
il varo della legge istitutiva dell'assegno sociale minimo per i nuclei
familiari dei cittadini anziani e indigenti.
A tale proposito chiediamo la costituzione di una
commissione di studio, che esamini la questione in tutta la sua complessità e
con l'urgenza dovuta. Le nostre organizzazioni si dichiarano altresì
disponibili a collaborare allo studio di questa legge.
(*) Il presente documento è stato
approvato e sottoscritto dai Presidenti dei seguenti organismi e associazioni
nazionali: Caritas Italiana, Associazione Volontari Ospedalieri (AVO),
Coordinamento Nazionale Comunità di Accoglienza (CNCA), Federazione Nazionale
della Cooperazione Sociale, Consorzio Cooperative Integrate, Conferenza
Permanente dei Presidenti delle Associazioni e Federazioni Nazionali di
volontariato (Associazione Nazionale Pubbliche Assistenze, Società San Vincenzo
de' Paoli, Confederazione Nazionale Misericordie d'Italia, Movimento di
Volontariato Italiano (Mo.V.I.), Gruppi di Volontariato Vincenziano,
Associazione Italiana Club Alcolisti in trattamento, Radio Club Ciechi
d'Italia, Associazione Cattolica Internazionale a servizio della Giovane,
Telefono Amico Italia, Associazione per il Volontariato nelle Unità Locali dei
Servizi Socio-sanitari, Segretariato Enti ed Assistenti Volontari operanti nel
carcerario, Federazione degli Organismi Cattolici di Servizio Internazionale
Volontario (F.O.C.S.I.V.), Associazione Papa Giovanni XXIII, Volontari della
Croce Rossa).
Alla Conferenza Permanente aderiscono
anche alcuni Centri Studi e Fondazioni: Laboratorio delle Politiche Sociali
(LABOS), Osservatorio Meridionale, Fondazione Zancan, Fondazione Camminiamo
Insieme.
(1) Cfr. CARITAS ITALIANA, Ripartire
le risorse per rimuovere gli ostacoli: legge finanziaria e attese dei cittadini
più deboli, in Prospettive assistenziali,
n. 89, gennaio-marzo 1990.
www.fondazionepromozionesociale.it