Notiziario dell'Unione per la lotta contro l’emarginazione
sociale
PRIMI SUCCESSI DELLA
PROPOSTA DI LEGGE DI INIZIATIVA POPOLARE
A seguito della presentazione della proposta di legge
regionale di iniziativa popolare «Interventi sanitari a favore degli anziani
cronici non autosufficienti e realizzazione delle residenze sanitarie
assistenziali», la Giunta della Regione Piemonte ha varato il 2 agosto 1991, il
provvedimento n. 333-8499 «Deliberazione attuativa del Piano socio-sanitario
regionale sulle residenze sanitarie assistenziali per anziani non autosufficienti»
in cui, fra l'altro, è previsto quanto segue:
- «nelle RSA
con ricettività da 20 a 60 posti letto deve essere individuato un medico responsabile»;
- «le RSA
per anziani, con oltre 60 posti letto e fino a 120, devono essere dotate di un
direttore sanitario responsabile».
Aver ottenuto che le RSA siano dirette da un medico è
un nastro grande successo e dimostra che - finalmente - la Regione Piemonte
considera gli anziani cronici non autosufficienti come persone malate, anche
se resta ancora molto da fare per arrivare alla piena affermazione e attuazione
dei loro diritti. Occorrerà impegnarsi a fondo per ottenere che le attuali
case di riposo per anziani cronici non autosufficienti siano trasformate in
strutture sanitarie che garantiscano cure adeguate ed una accettabile qualità
della vita agli attuali ospiti e a quelli futuri (potremmo anche essere noi!).
Inoltre si segnala che nella delibera suddetta e in
quella del 2 agosto 1991 n. 332-8498 (Residenze sanitarie assistenziali per i
disabili) è stabilito che i parenti di ricoverati nelle RSA per anziani e per
disabili non sono tenuti a versare alcun contributo, fermo restando che il
ricoverato (anziano o handicappato) può chiedere gli alimenti ai suoi parenti.
L'importo eventualmente versato dai parenti al ricoverato farà parte del
reddito del ricoverato stesso.
La delibera precisa quanto segue: «In nessun caso, comunque l'ingresso nella
RSA (...) può essere subordinato alla sottoscrizione dell'impegno al pagamento
della retta da parte dei parenti». Pertanto la Giunta regionale riconosce
che tutte le sottoscrizioni imposte da Comuni e USSL ai parenti di ricoverati
sono stati e sono dei veri e propri abusi. A questo proposito consigliamo i
parenti di disdire l'impegno sottoscritto inviando una lettera raccomandata
R.R. il cui testo può essere richiesto alla segreteria del Comitato promotore
della proposta di iniziativa popolare, c/o Prospettive
assistenziali, via Artisti 34, 10124 Torino.
Purtroppo, le suddette deliberazioni della Giunta
della Regione Piemonte non contengono solo gli aspetti positivi sopra indicati,
ma includono anche disposizioni estremamente negative:
- non prevedono obbligatoriamente la creazione di
servizi sanitari domiciliari e dei centri diurni indicati dall'art. 20 della
legge 11 marzo 1988 n. 67, con la conseguenza che molti anziani saranno
ricoverati per la carenza degli interventi domiciliari;
- stabiliscono che le strutture esistenti, qualsiasi
sia la loro capienza (anche mille posti letto!), la loro organizzazione
interna e la collocazione territoriale possano essere riconosciute come RSA.
Non è previsto alcun studio di fattibilità. È solamente richiesta la
predisposizione di un programma di adeguamento, per la cui realizzazione non
sono previste scadenze di sorta;
-
assolutamente insufficiente è la dotazione del personale:
-
minuti 1 (uno) al giorno per paziente per le prestazioni assicurate dai medici;
- minuti 24 (lordi) di infermiere (professionale o generico).
Al riguardo si fa presente che il decreto del Ministro della sanità 13
settembre 1988 prevede 110 minuti, integrati da 34 minuti di personale addetto
alla riabilitazione;
- 100 minuti (lordi) di assistenza generica per
ospite al giorno, comprensiva del riassetto del letto, escluse le mansioni di
pulizia generale, tempo gravemente insufficiente per persone non
autosufficienti spesso con doppia incontinenza e da imboccare. I tempi
attualmente previsti negli istituti (IRV e Carlo Alberto) gestiti dal Comune di
Torino sono nettamente superiori, anche se assolutamente inadeguati;
- l'assenza di indicazioni concernenti il riequilibrio
territoriale delle RSA. Al riguardo è, invece, consentito che le USSL «il cui fabbisogno non può essere coperto
tramite RSA esistenti sul proprio territorio possono convenzionarsi con strutture
ubicate in altra USSL». Non è nemmeno stabilito che debbano essere
individuate prioritariamente in USSL limitrofe, più facilmente accessibili da
parte dei congiunti e non sono indicate misure per garantire la transitorietà
dell'utilizzo delle RSA site in altre USSL;
- non si capisce per quale motivo gli anziani malati
cronici non autosufficienti ricoverati nelle RSA, le quali dovranno assumere
anche le funzioni svolte dagli attuali reparti di lungodegenza, possano essere
curati dai medici di medicina generale o dei servizi specialistici. Si
ritiene, invece, che debba essere prevista una organizzazione specifica che
assicuri le cure tutti i giorni e durante tutte l'arco delle 24 ore. A questo
proposito non si comprende perché le RSA aventi meno di 20 posti letto non
abbiano nemmeno un medico responsabile;
- è assai strano che il direttore sanitario responsabile
delle RSA (figura prevista solo per le RSA con più di 60 posti letto) debba
appartenere «all'area funzionale di
prevenzione e sanità pubblica, preferibilmente specializzato in organizzazione
di servizi sanitari di base» e non essere, ad esempio, specializzato in
geriatria;
- non è accettabile che nella stessa RSA possano
essere ricoverati non solo handicappati fisici, intellettivi e sensoriali
(minori e adulti), ma addirittura anche disabili psichici e cioè malati
psichiatrici;
- il personale delle RSA per anziani non autosufficienti
e per disabili a gestione diretta ha una doppia dipendenza amministrativa: gli
operatori dipendono dalle USL, quelli di appoggio dal comparto assistenziale
(Comuni) con tutte le gravi conseguenze che è facile prevedere.
ESPOSTO ALLE PROCURE
PIEMONTESI SULLE CASE DI RIPOSO CHE ABUSIVAMENTE RICOVERANO ANZIANI MALATI
Le strutture
di ricovero delle persone malate, comprese le case di riposo e le residenze protette,
possono operare solo dopo aver ottenuto l'autorizzazione a funzionare di cui
all'art. 193 della legge 1265/1934.
Al riguardo
riportiamo il testo integrale dell'esposto inviato in data 11 novembre 1991 dal
CSA - Comitato per la difesa dei diritti degli assistiti alle Procure della
Repubblica presso le Preture del Piemonte.
Sarebbe
opportuno che analoghi esposti venissero presentati alle altre Procure del
nostro Paese, in modo da promuovere la cessazione dell'abusivismo.
Testo dell'esposto
Da anni la gestione dei servizi per gli anziani
malati cronici non autosufficienti da parte della Regione Piemonte, delle USSL
e dei relativi presidi socio-assistenziali presenta aspetti difformi rispetto
alle vigenti norme.
Infatti, la gestione stessa si fonda, in aperto
contrasto con le leggi vigenti, sul non riconoscimento del diritto degli
anziani malati cronici non autosufficienti alle cure sanitarie nelle forme previste
per tutti i cittadini (cfr. l'allegato A).
Non solo gli ospedali, quasi sempre, non ammettono e
dimettono gli anziani cronici non autosufficienti avanzando pretesti
inveritieri (gli ospedali sarebbero destinati dalla legge solo alle persone con
malattie acute, mentre devono provvedere anche ai malati cronici), ma prosperano
le strutture residenziali che ricoverano persone ammalate senza essere in
possesso dell'autorizzazione prevista dall'art. 193 della legge 1265/1934 che
recita: «Nessuno può aprire o mantenere in esercizio ambulatori, gabinetti di
analisi per il pubblico a scopo di accertamento diagnostico, case o pensioni
per gestanti senza speciale autorizzazione del Prefetto il quale la concede
dopo aver sentito il parere della Regione.
«L'autorizzazione predetta è concessa dopo che sia
stata assicurata l'osservanza delle prescrizioni stabilite nella legge di
Pubblica Sicurezza per l'apertura dei locali ove si dà alloggio per mercede.
«Il contravventore alla presente disposizione ed alle
prescrizioni che il Prefetto ritenga di imporre nell'autorizzazione è punito
con l'arresto fino a due mesi o con l'ammenda da lire un milione a due milioni».
Ciò premesso, questo Comitato chiede ai Pretori del
Piemonte di voler disporre le necessarie indagini al fine di accertare se vi
sono strutture residenziali:
a) prive dell'autorizzazione prevista dalla legge
della Regione Piemonte 23 agosto 1982 n. 20 e successive integrazioni e
modifiche, che accolgono anziani o minori o adulti, fatto che si ritiene debba
essere perseguito ai sensi dell'art. 665 del codice penale;
b) prive dell'autorizzazione di cui al sopra citato
art. 193 della legge 1265/1934 che ricoverano persone malate. Per dette
strutture occorrerebbe, inoltre, accertare se il personale medico,
infermieristico e riabilitativo è adeguato alle esigenze dei malati;
c) se le strutture sono state regolarmente autorizzate
dai vigili dei fuoco per quanto concerne la prevenzione e l'estinzione degli
incendi:
d) se sussistono reati a carico dei funzionari e degli
operatori che non hanno segnalato all'Autorità giudiziaria i reati di cui sono
venuti a conoscenza o che hanno consentito o non denunciato il funzionamento
di strutture prive delle autorizzazioni previste dalle leggi vigenti.
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