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UN'ALTRA CONFERMA DELLA
INESISTENZA DEL PARCHEGGIO ESTIVO DEGLI ANZIANI IN OSPEDALE
Da anni insistiamo sulla necessità che i giornali
riferiscano notizie vere sulla situazione degli anziani.
Una informazione certamente errata è quella del parcheggio
estivo degli anziani in ospedale e in istituto.
Al riguardo, ricordiamo l'articolo di C. Hanau e R.
Monetti, Stagionalítà dei ricoveri in
ospedale, con particolare riferimento agli anziani, in Prospettive assistenziali, n. 87,
luglio-settembre 1989, in cui, sulla base dei dati raccolti su tutti i dimessi
in Italia negli anni 1972 e 1982, si dimostra che nei mesi di luglio e agosto
non vi è alcun aumento degli anziani ricoverati in ospedale. Anzi «le rilevazioni riferite agli ammessi in
giugno, luglio, agosto (culmine delle ferie annuali) vedono una progressiva
diminuzione della percentuale mensile dei ricoverati della quarta età» (1).
Una conferma della non fondatezza dell'opinione
comune sul fenomeno dell'ospedalizzazione estiva degli anziani viene dalla
Procura della Repubblica presso la Pretura di Torino, la quale ha chiesto alle
direzioni sanitarie degli ospedali cittadini di essere informata circa
eventuali casi di anziani ricoverati in ospedale senza alcun valido motivo
sanitario, ma non ha ricevuto alcuna segnalazione in merito.
Mentre è ovvio che vi sono singoli casi di abbandono
da parte dei familiari, è deplorevole che il direttore sanitario di un
importante ospedale privato di Roma abbia dichiarato alla televisione che gli
anziani cronici non autosufficienti sono abbandonati tutto l'anno in ospedale.
Forse il dirigente ritiene che le persone inguaribili non debbano essere curate
dal Servizio sanitario nazionale, ma dai congiunti.
VOLONTARIATO: NON BASTA
VOLERE
Pubblicità
Progresso ha intrapreso una massiccia
campagna pubblicitaria sul volontariato, impostata sullo slogan «Basta volere».
Il testo pubblicato da numerosi giornali e riviste è
il seguente: «Ogni anno, in Italia, 4
milioni di persone si dedicano ad opere di volontariato. Superuomini? No,
gente normale. Che però ha aggiunto qualcosa alla propria vita: la possibilità
di rendersi utile al prossimo. Servono altri come loro: cose da fare ce ne sono
tante. Stare vicino a chi soffre perché è malato, solo o emarginato. Aiutare
chi è senza casa o senza lavoro. Dare una mano a chi già opera nel campo della
tossicodipendenza e dell'infanzia. Proteggere i beni ambientali e culturali. Lo
stato non può, e non riesce, ad arrivare a tutto. Le organizzazioni di
volontariato diventano così l'unica risorsa capace di trasformare il
contributo di ognuno, anche il più piccolo, in una concreta ricchezza per la
società. In ogni città ci sono associazioni, laiche e religiose. Scegliete
pure quella che preferite e chiamatela: ha senz'altro bisogno di persone.
Speciali come voi».
Al riguardo, riportiamo integralmente la lettera
inviata in data 21 agosto 1991 dal
CSA, Coordinamento sanità e assistenza fra i movimenti di base a Pubblicità Progresso, lettera rimasta
finora senza alcun seguito a dimostrazione che anche il suddetto organismo dà
spazio solo ad una sola ben precisa linea politica.
Testo della lettera del CSA
«In
relazione alla pubblicità apparsa sui quotidiani e in onda nelle radio e
televisioni a carattere nazionale, che ha per tema il "volontariato",
il nostro Coordinamento desidera esprimere il suo apprezzamento per
l'iniziativa, ma anche, se possibile, offrire alcuni spunti di riflessione e
qualche suggerimento, frutto di una esperienza di volontariato che conta più di
venti anni di attività.
«In primo
luogo il nostro timore è che la campagna, così come è stata finora impostata,
promuova sì un maggior coinvolgimento delle persone verso il
"bisogno" del prossimo, ma si limiti poi a indirizzare l'azione dei
volontari solo verso interventi "tampone", non risolutivi in maniera
definitiva dei problemi e delle cause che hanno procurato la situazione di
bisogno.
«Da tempo
ormai è maturato tra le Associazioni di volontariato, che regolarmente si
incontrano per esempio al Centro di Lucca, che tra 1 compiti del volontariato,
oltre a quello diretto dell'assistenza alla persone in difficoltà, vi è quello
di promuovere azioni volte a cambiare o semplicemente a far applicare le leggi
vigenti in modo che siano rispettati i diritti della persona.
«Vi è dunque
un altro volontariato, il volontariato "promozionale", sorto alla
fine degli anni '70, che ha quale obiettivo primario proprio la lotta
all'emarginazione. L'azione di questo tipo di volontariato è volta al
sollecito, allo stimolo attraverso iniziative di vario genere degli enti tenuti
ad intervenire (Parlamento, Governo, Regioni, Province, Comuni, Comunità
montane, Unità locali) affinché adempiano ai loro compiti e siano realizzati
quei servizi sociali, assistenziali, sanitari... necessari per garantire il
rispetto delle esigenze delle persone.
«Vorremmo
altresì osservare che il volontariato "promozionale" può - a
differenza di quello solo gestionale - svolgere questa azione perché:
a)
l'assunzione diretta di casi personali o familiari pone il volontariato
gestionale nella necessità di scendere a mediazioni con le autorità: a volte,
se si denunciassero pubblicamente certe carenze, si rischierebbe di danneggiare
chi deve ricorrere ad altri perché sta male, col pericolo di farlo star peggio;
b)
l'esperienza dice che, spesso, gli enti intervengono immediatamente per
togliere al denunciante, sia esso un singolo volontario o un gruppo, la
possibilità di venire a conoscenza di altri casi.
«Il
volontariato promozionale - meno condizionabile - è quindi più libero di
svolgere un ruolo appunto di stimolo, di sollecito, di denuncia nei confronti
di chi è tenuto a intervenire.
«Questo
perché ci pare che, innanzitutto, la partecipazione indispensabile e
insostituibile del cittadino che decide di regalare il suo tempo e impegnarsi a
favore di altri, non può essere usata dagli enti preposti come alibi per non
adeguare 1 servizi (il volontariato non deve sostituire per esempio il
personale insufficiente...), ma non può nemmeno diventarne un complice
indiretto, limitandosi a guardare cosa succede senza fare nulla per cambiare la
realtà.
«Confidiamo
che questo nostro piccolo contributo sia accolto e trasferito nei vostri messaggi.
«Abbiamo
bisogno di cittadini che siano portavoce dei diritti delle persone indifese,
quelle che per le loro condizioni di vita non sono neppure in grado di
difendere i propri diritti».
DIRITTO ALL'ASTENSIONE DAL
LAVORO DELL'AFFIDATARIO DURANTE I TRE MESI SUCCESSIVI ALL'INGRESSO DEL BAMBINO
IN FAMIGLIA
Con sentenza n. 346 decisa l'11 luglio 1991, la Corte
costituzionale ha dichiarato «la
illegittimità costituzionale del primo comma dell'art. 7 legge 9 dicembre 1977 (Parità di trattamento tra uomini e donne in materia di lavoro), nella
parte in cui non consente al lavoratore affidatario di minore ai sensi
dell'art. 10 della legge 4 maggio 1983, n.
184, l'astensione dal lavoro durante
i primi tre mesi successivi all'effettivo ingresso del bambino nella famiglia
affidataria, in alternativa alla moglie lavoratrice».
(1)
Si
veda, inoltre, l'editoriale del n. 67, luglio-settembre 1984 di Prospettive assistenziali, Anziani
cronici: obblighi del servizio sanitario e l'alibi dei figli ingrati.
www.fondazionepromozionesociale.it