Nelle pagine che seguono vengono presi
in esame i principali articoli della legge-quadro sull'handicap, valutando
quattro aspetti: contenuti, competenze, tempi di attuazione, finanziamenti
previsti. Nell'ultima colonna sono inserite le osservazioni di "Prospettive
assistenziali" e "Handicap & Scuola".
Sintesi dei contenuti della
legge-quadro |
Competenze |
Tempi di attuazione |
Finanziamenti |
Nostre osservazioni |
Art. 3 (Soggetti
aventi diritto) «È una persona handicappata colui che presenta una minorazione
fisica, psichica o sensoriale, stabilizzata o progressiva, che è causa di
difficoltà di apprendimento, di relazione o di integrazione lavorativa e tale
da determinare un processo di svantaggio sociale o di emarginazione. «La persona handicappata ha diritto alle prestazioni
stabilite in suo favore in relazione alla natura e alla consistenza della
minorazione, alla capacità complessiva individuale residua e alla efficacia
delle terapie riabilitative. «Qualora la minorazione, singola o plurima, abbia ridotto
l'autonomia personale, correlata all'età, in modo da rendere necessario un
intervento assistenziale permanente, continuativo e globale nella sfera
individuale o in quella di relazione, la situazione assume connotazione di
gravità. «Le situazioni riconosciute di gravità determinano
priorità nei programmi e negli interventi dei servizi pubblici». Art. 6 (Prevenzione e
diagnosi precoce) Prevede: informazione; educazione sanitaria; individuazione
e rimozione dei fattori di rischio prenatali, perinatali, post natali e ambientali;
controllo della gravidanza; isti- tuzione del libretto personale di ogni bambino. Art. 7 (Cura e
riabilitazione) Le relative prestazioni verranno definite mediante programmi
che prevedano pre stazioni sanitarie e sociali integrate tra loro. Art. 8 (Inserimento e integrazione sociale) L'inserimento e l'integrazione
sociale si realizzano mediante: interventi socio-psicologici, di assistenza
sociale e sanitaria, di aiuto personale. Comprendono, inoltre, le attività
dirette ad assicurare il superamento delle barriere architettoniche, il
diritto all'informazione ed allo studio, l'adeguamento delle attrezzature e
del personale dei servizi, l'integrazione nel mondo del lavoro, la
fruibilità dei mezzi di trasporto pubblico e privato, gli affidamenti e gli
inserimenti presso persone e nuclei familiari, le comunità alloggio, le case
famiglia e analoghi servizi residenziali, i centri socio-riabilitativi ed
educativi diurni, le attività extrascolastiche. Art. 9 (Servizio di aiuto personale) È previsto per «cittadini con
grave limitazione dell'autonomia personale». Le prestazioni restano
indeterminate, salvo il «servizio di interpretariato per i cittadini non udenti». Art. 10 (Interventi per handicappati
gravi) Possono essere istituite comunità alloggio e centri
socio-riabilitativi «per persone con handicap in situazione di gravità". Art. 12, comma 1 (Inserimento negli
asili nido) Al bambino da 0 a 3 anni handicappato è garantito
l'inserimento negli asili nido. Gli Enti locali e le USL (art. 13, comma 2)
possono prevedere l'adeguamento dell'organizzazione e del funzionamento
degli asili nido alle esigenze dei bambini con handicap. Possono, inoltre,
assegnare personale docente, operatori ed assistenti specializzati. Art. 12, comma 2 (Diritto all'educazione
e all'istruzione) È garantito il diritto all'educazione e all'istruzione
nelle sezioni di scuola materna, nelle classi comuni delle istituzioni scolastiche
di ogni ordine e grado e nelle istituzioni universitarie. Art 12, comma 9
(Scuole statali in centri di recupero) È prevista la possibilità di istituire sezioni staccate
della scuola statale presso centri di recupero e di riabilitazione pubblici e
privati, destinati a «minori handicappati temporaneamente impediti per
motivi di salute a frequentare la scuola». Art. 13, comma 1a (Accordi
di programma) L'integrazione scolastica nelle sezioni e classi comuni
delle scuole di ogni ordine e grado e nelle università si realizza anche
attraverso la programmazione coordinata dei servizi scolastici con quelli
sanitari, socio-assistenziali, culturali, ricreativi, sportivi e con altre
attività sul territorio gestite da enti pubblici e privati. Gli enti locali,
le USL e gli organi scolastici stipulano gli accordi di programma di cui
all'art. 27 della legge 8 giugno 1990, n. 142. Art. 13, comma 3 (Assistenza
per l'autonomia e la comunicazione personale) Gli Enti locali devono fornire nelle scuole di ogni ordine
e grado «l'assistenza per l'autonomia e la comunicazione personale degli
alunni con handicap fisici o sensoriali». Art. 13, comma 1e
(Sperimentazioni) È richiamata la sperimentazione di cui al DPR 419/1974. Art. 13, commi 3 e 4 (Docenti di sostegno) È
garantita l'attività di sostegno mediante l'assegnazione di docenti
specializzati per tutti gli ordini di scuola. Art. 17, commi 1-2-3-4 (Formazione
professionale) È previsto l'inserimento degli
handicappati negli ordinari corsi di formazione professionale dei centri
pubblici e privati, in classi comuni o in corsi specifici o in corsi prelavorativi. Per gli handicappati non in
grado di frequentare i corsi normali, sono istituiti corsi specifici. I corsi possono essere realizzati
anche all'interno dei centri di riabilitazione. Art. 17, comma 5 Sono previste iniziative di formazione e di avviamento al
lavoro in forme sperimentali: tirocini, contratti di formazione, iniziative
territoriali di lavoro guidato, corsi prelavorativi. Art. 18 (Integrazione
lavorativa) È prevista l'istituzione di un albo degli enti, istituzioni,
cooperative (sociali, di lavoro, di servizi), dei centri di lavoro guidato,
associazioni ed organizzazioni di volontariato che svolgono attività idonee
a favorire l'inserimento e l'integrazione lavorativa di persone
handicappate. Art. 19 (Collocamento
obbligatorio) Tra i soggetti aventi diritto al collocamento obbligatorio
(legge 482/1968) vanno compresi anche gli handicappati psichici. Ai fini dell'avviamento al lavoro, la valutazione della
persona handicappata tiene conto della capacità lavorativa e relazionale
dell'individuo e non solo della minorazione fisica o psichica. Art. 23, comma 1 -
prima parte (Attività sportive, turistiche e ricreative) L'attività e la pratica delle discipline sportive «sono favorite senza limitazione alcuna». comma 1 - seconda
parte Sono previsti «protocolli per la concessione dell'idoneità
alla pratica sportiva agonistica». comma 2 Gli impianti sportivi (compresi i connessi servizi) sono
realizzati in modo da essere accessibili e fruibili da parte degli handicappati. Art. 24 (Eliminazione
o superamento delle barriere architettoniche) È previsto che tutte le opere edilizie riguardanti
edifici pubblici e privati aperti al pubblico devono essere costruiti in
base alle norme vigenti che prevedono l'eliminazione e il superamento delle
barriere architettoniche. Art. 25 (Accesso alla
informazione e comunicazione) Sono previsti progetti volti a "favorire" l'accesso
all'informazione radiotelevisiva e alla telefonia. Art. 26 (Mobilità e
trasporti collettivi) «Le Regioni disciplinano le modalità con le quali i Comuni
dispongono gli interventi per consentire alle persone handicappate la
possibilità di muoversi liberamente sul territorio, usufruendo, alle stesse
condizioni degli altri cittadini, dei servizi di trasporto collettivo
appositamente adattati o di servizi alternativi. «I Comuni assicurano, nell'ambito
delle proprie ordinarie risorse di bilancio, modalità
di trasporto individuali per le persone handicappate non in grado di
servirsi dei mezzi pubblici». Art. 39 (Compiti delle Regioni) Possono provvedere ad interventi
sociali, educativo-formativi e riabilitativi nell'ambito del piano sanitario
nazionale e della programmazione regionale dei servizi sanitari, sociali e
formativo-culturali (comma 1). Il comma 2 indica dieci "possibilità",
nei limiti delle disponibilità di bilancio regionali. Si veda, in dettaglio,
il testo integrale dell'art. 39. Art. 40 (Compiti dei Comuni) Attuano gli interventi "nel
quadro della normativa regionale". Danno la priorità agli interventi
di riqualificazione, riordinamento e potenziamento dei servizi esistenti. Gli
statuti comunali disciplinano le modalità di coordinamento degli interventi
e l'organizzazione di un servizio di segreteria per i rapporti con gli
utenti. Articolo non previsto
dalla legge-quadro (Competenze delle Province). Art 42, commi 1 e 2
(Copertura finanziaria) Presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento
per gli affari sociali, è istituito un Fondo per la Integrazione degli
interventi regionali e delle province autonome a favore dei cittadini
handicappati. La ripartizione annuale del Fondo è fatta in proporzione
del numero di abitanti. comma 3 Dal terzo anno di applicazione della leggequadro, il
criterio di proporzionalità può essere integrato da altri criteri, con
riferimento a situazioni di particolare concentrazione di persone
handicappate e di servizi di altaspecializzazione, nonché a situazioni di
grave arretratezza di alcune aree |
Le Regioni disciplinano la materia nel quadro della
programmazione sanitaria e nei limiti delle proprie disponibilità di bilancio. È previsto che le prestazioni siano assicurate dal Ser vizio
sanitario nazionale, senza ulteriori specificazioni. Le Regioni possono legiferare in
materia, nei limiti delle proprie disponibilità di bilancio. Il Ministero della sanità di concerto
con il Ministro per gli affari sociali, definisce gli standard dei centri
socio-riabilitativi. Il servizio può essere istituito
dai Comuni o dalle Unità sanitarie locali. Attività aggiuntive possono essere
svolte da volontari o obiettori
di coscienza. Possono essere istituiti da Comuni anche
consorziati fra loro o con le Province, da Comunità montane, da Unità sanitarie
locali. Le Regioni possono prevedere, purché nei limiti delle proprie disponibilità di bilancio, interventi
sociali, educativi, formativi e riabilitativi (art. 39). Nulla è modificato rispetto alle competenze concernenti
le scuole materne, dell'obbligo e superiori. Provveditore agli studi, d'intesa con le USL e i centri di
recupero e di riabilitazione. Organi scolastici, Enti locali, USL. Enti locali. Ministero della pubblica istruzione e Organi collegiali
scolastici. Non specificate. Regioni. I corsi possono essere
istituiti da strutture pubbliche o private, da imprese e da organizzazioni
di volontariato. Il Ministro del lavoro fissa criteri e procedure per le
iniziative sperimentali. Le Regioni. Per le attività di integrazione lavorativa, Comuni, Consorzi
tra Comuni e tra Comuni e Province, Comunità montane, Unità sanitarie locali
stipulano convenzioni con enti, istituzioni e cooperative. Commissioni mediche a livello di USL, integrate da uno
specialista neurologo, psichiatra o psicologo. Non indicate. Ministero della Sanità. Regioni, Comuni, Consorzi di
Comuni, CONI. CER (Comitato edilizia residenziale) Cassa Depositi e Prestiti Enti pubblici e privati. Ministro delle poste e telecomunicazioni, RAI, SIP Regioni Comuni. Regioni. Comuni, Consorzi o Unioni di
Comuni, Comunità montane, Unità sanitarie locali (qualora le leggi regionali
attribuiscano loro la competenza). Province. Ministro per gli affari sociali, sentito il Comitato
nazionale per le politiche dell'handicap. I nuovi criteri sono approvati dal Comitato nazionale per
le politiche dell'handicap. |
Entro sei mesi dalla entrata in vigore della legge-quadro. Non indicati. Non indicati. Non indicati. Non
previsti. Non
indicati. Non indicati. Entro tre mesi, il Ministero della pubblica istruzione,
d'intesa con i Ministri pei gli affari sociali e della sanità, fissa gli indirizzi
per la stipula degli accordi d programma. Non è prevista nessuna altra scadenza circa la stipula
degli accordi di programma a livello locale e la loro attuazione. Non indicati. Non indicati nella legge-quadro. Restano quelli del DPR
419/1974. Non previsti dalla legge-quadro. Entro sei mesi le Regioni
adeguano i programmi pluriennali e i piani annuali di attuazione per le
attività di formazione professionale. Entro sei mesi. Entro sei mesi le Regioni disciplinano l'istituzione
dell'albo, che viene aggiornato ogni due anni. Lo schema per le convenzioni deve essere predisposto dal
Ministro del lavoro entro 120 giorni. Entro un anno. Non indicati. Nessuno. All'atto di rinnovo o in occasione di modifiche delle convenzioni
con RAI e SIP. Nessuno. Non indicati, salvo quanto previsto
dal comma 2 g) che recita: «Le Regioni possono provvedere (...) a disciplinare
con legge, entro sei mesi (...), i criteri relativi all'istituzione e
al funzionamento dei servizi di aiuto personale». Non indicati. |
Gli stanziamenti complessivi stabiliti dalla legge quadro sono 120 miliardi
per il 1992 e 150 «a decorrere» dal 1993. Nessun finanzia- mento specifico. Nessun finanziamento specifico. Nessun finanziamento specifico. Non sono previsti finanziamenti. Il servizio può essere
istituito esclusivamente nei limiti
delle risorse ordinarie di bilancio dei Comuni e delle Usl (art. 9) e delle Regioni (art. 39). Gli interventi possono
essere realizzati esclusivamente con le
ordinarie risorse di bilancio dei Comuni, Comunità montane, USL. Nessuno 4 miliardi (art. 42, comma 6 c) per il "potenziamento"
dei servizi di istruzione dei minori ricoverati di cui all'art. 12. Nessuno. Non previsti. 4 miliardi. Non possono essere incrementate
le dotazioni organiche del personale della scuola di ogni ordine e grado,
oltre i limiti consentiti dalle disponibilità finanziarie all'uopo preordinate
dal comma 6 h (art. 41). Per l'assunzione di personale docente di sostegno
nelle scuole secondarie di secondo grado sono stanziati (art. 42, comma 5,
lettera h) 19 miliardi per il 1992 e 38 per il 1993. «Una quota del fondo comune di cui all'art. 8 della legge
281/1970». Nessuno. Nessun stanziamento è previsto per il collocamento al
lavoro; vengono stanziati 2 miliardi e 300 milioni per pagare i membri aggiunti
delle Commissioni di cui all'art. 4. Nessuno. Nessuno. Nessuno aggiuntivo rispetto a quelli previsti da altre
leggi. 5 miliardi per progetti presentati da RAI e da SIP. Nessuno. Nei limiti delle disponibilità
di bilancio delle singole Regioni, integrate annualmente
dal "Fondo" di cui all'art. 42, comma 1. Queste ultime risorse debbono
essere utilizzate con priorità per prevenzione e handicap gravi. Nessuno. 120 miliardi per il 1992. 150 miliardi "a decorrere" dal 1993. |
Come vedremo analizzando i principali articoli, alle
persone con handicap non sono riconosciuti nuovi diritti sostanziali
esigibili, salvo quelli già previsti dalle leggi in vigore. Alcune agevolazioni sono concesse ai familiari di
handicappati (art. 33). Nella legge-quadro continua ad essere utilizzata la
dizione «handicap psichici» per identificare gli «handicap intellettivi» con
l'evidente conseguenza di confondere questi ultimi con i malati mentali. Tale
confusione ha impedito il collocamento obbligatorio degli handicappati intellettivi
per 20 anni, fino alla sentenza della Corte costituzionale n. 50 del 1990. Gli obiettivi indicati dall'art. 6 della legge-quadro
sull'handicap erano già previsti (anche se in maniera meno dettagliata) dalla
legge 23 dicembre 1978, n. 833 di riforma sanitaria. Le azioni concrete dovevano
e devono essere individuate dal piano sanitario nazionale (mai varato) e dai
piani regionali (approvati da poche Regioni). L'articolo 7 della legge-quadro sull'handicap è meno
specifico dell'art. 26 della legge 23 dicembre 1978, n. 833 di riforma sanitaria che recita: «Le prestazioni sanitarie
dirette al recupero funzionale e sociale dei soggetti affetti da minorazioni
fisiche, psichiche o sensoriali, dipendenti da qualunque causa, sono erogate
dalle unità sanitarie locali attraverso i propri servizi. L'unità sanitaria
locale, quando non sia in grado di fornire il servizio direttamente, vi
provvede mediante convenzioni con istituti esistenti nella regione in cui
abita l'utente o anche in altre regioni (...). Sono altresì garantite le
prestazioni protesiche nei limiti e nelle forme stabilite con le modalità di
cui al secondo comma dell'art. 3». L'articolo 8 si limita ad elencare gli interventi relativi
all'inserimento e alla integrazione sociale delle persone handicappate. Non
indica, invece, né chi deve istituire tale servizi o garantire tali
prestazioni, né i tempi di attuazione, né i finanziamenti. Solo alcuni degli
interventi previsti vengono poi ripresi nei successivi articoli della
legge-quadro. Fin d'ora osserviamo che: - il superamento delle barriere architettoniche negli edifici
pubblici e privati e nei mezzi di trasporto è già previsto da numerose
disposizioni (cfr., in particolare, DPR 384/1978 e le leggi 41/1986, 67/1988
e 13/1989); - la formazione professionale degli handicappati è prevista dalla
legge 845/1978; - l'inserimento al lavoro è disciplinato dalla legge n.
482/1968; - l'aiuto alle famiglie di origine, gli affidamenti
familiari a scopo educativo e gli altri interventi integrativi o sostitutivi
della famiglia d'origine sono contemplati dalla legge 184/1983. Per evitare confusioni, conflitti di competenza e vuoti di
intervento, le norme suddette avrebbero dovuto essere raccordate e, se del
caso, rese più incisive. Rileviamo, inoltre, che nella legge-quadro non si
indica la capienza massima delle comunità alloggio, delle case famiglie
(queste ultime citate all'art. 8, ma poi ignorate nei successivi) e degli
"analoghi" servizi residenziali. Gli standard sono previsti solo
per i centri socioriabilitativi. È estremamente grave che non sia sancita l'obbligatorietà
del servizio di aiuto personale, servizio indispensabile per gli
handicappati con ridotta o nulla autonomia. Si osservi che il legislatore
nello scorso secolo, con la legge 19 novembre 1889, n. 6535, aveva stabilito
l'obbligo dei Comuni di intervenire nei confronti delle persone che «per
insanabili difetti fisici o intellettuali non possono procacciarsi il modo di
sussistere". Le disposizioni della legge 6535/1889, mai abrogate, sono
state confermate dal RD 3 marzo 1934, n 383, che obbligava i Comuni a
provvedere all'assistenza degli inabili al lavoro (art. 91). Oltre a prevedere la realizzazione di comunità alloggio e
centri socio-riabilitativi solamente come pura "possibilità" di
intervento, il legislatore - accogliendo il parere della Commissione
bilancio della Camera - ha cancellato il comma 10 che prevedeva a questo
fine l'utilizzo di donazioni, lasciti, eredità, legati di privati. Poiché la legge-quadro non precisa che cosa va inteso per
"centri socio-riabilitativi", c'è il rischio che vengano creati
nuovi istituti di ricovero o potenziati quelli esistenti, addirittura
accorpati con strutture per anziani cronici non autosufficienti (cfr. art. 20
legge 67/1988, Decreto del Ministro della sanità 29 agosto 1989 n. 321 e
decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 22 dicembre 1989). Vi è una palese contraddizione fra l'inserimento negli
asili nido "garantito" dall'art. 12, comma 1 e la non prescrittività
dell'adeguamento dei nidi stessi alle esigenze dei bambini handicappati e
dell'assegnazione di personale specializzato (art. 13, comma 2). Inoltre, a
proposito della frequenza degli asili nido, non si parla esplicitamente di
inserimento in sezioni comuni. Nulla è previsto per l'inserimento degli handicappati
nelle scuole private, nelle parificate e nelle legalmente riconosciute, le
quali possono continuare - come avviene da anni - a rifiutare l'iscrizione
degli allievi con handicap, soprattutto se di natura intellettiva. Mentre si prevede il potenziamento di sezioni staccate
della scuola statale presso i centri di recupero, è stata soppressa la
disposizione che assicurava la continuità dell'educazione e dell'istruzione
anche ai minori costretti a domicilio per cause di salute per prognosi superiori
ai 60 giorni di lezione. C'è pertanto il rischio che, per i bambini accolti nei
centri di recupero, venga favorita la creazione di scuole interne, anziché -
come sarebbe preferibile - la frequenza di sezioni e classi comuni presso le
normali scuole esterne. Inoltre, riteniamo che la legge avrebbe dovuto dare
priorità a temporanee prestazioni domiciliari di sostegno scolastico, tutte
le volte che è possibile evitare al minore il ricovero in strutture sanitarie
o in centri di recupero. Gli accordi di programma sono già previsti dalla legge di
riforma delle autonomie locali n. 142/1990. Tuttavia, è positivo il fatto che
la legge quadro preveda la programmazione coordinata e non comprenda solo i
servizi scolastici, sanitari e socio-assistenziali, ma includa anche quelli
culturali, ricreativi, sportivi, ecc., anche se non va nascosta la difficoltà
di raggiungere intese di così vasta portata. La legge-quadro sull'handicap, nel prevedere il decreto
del Ministro della pubblica istruzione, che fissa i criteri per la stipula
di tali accordi di programma, non contempla il concerto anche con il Ministro
dell'interno. Come sarà possibile coinvolgere a pieno titolo gli Enti
locali, se il decreto della pubblica istruzione è predisposto solo d'intesa
con i Ministri per gli affari sociali e della sanità? Nulla è previsto nel caso in cui gli accordi di programma
a livello locale non vengano stipulati. II comma 3 dell'art. 13 ribadisce l'obbligo degli enti locali
già previsto dagli artt. 42-45 del DPR 616/1977. In realtà l'art. 42 del
suddetto DPR prevede l'assistenza agli handicappati "psico-fisici",
mentre l'art. 13 comma 3 della legge-quadro si riferisce solo ai «fisici e ai
sensoriali», dimenticando gli «psichici». Vi è il rischio che le sperimentazioni vengano attuate
anche in strutture speciali, riservate cioè ai soli handicappati, e che
siano previste integrazioni alla rovescia, e cioè con alunni non handicappati
che frequentano classi speciali, com'è in atto a Torino da anni nella
scuola media speciale per ciechi di via Nizza. Inoltre, poiché l'art. 13, comma
5 sancisce la priorità delle sperimentazioni proposte dalle scuole medie e
superiori, c'è il pericolo di concentrare nei plessi sperimentali non solo
alunni handicappati, ma anche personale di sostegno. Nel testo definitivo della legge-quadro
è stato soppresso il comma che estendeva a tutti gli ordini di scuola le
disposizioni più favorevoli già in atto per la scuola elementare (vedi la
legge 148/1990, art. 4, comma 4). Inoltre non sono precisati né i rapporti
numerici fra insegnanti di sostegno e handicappati inseriti, né la possibilità
di deroghe per i casi di handicap grave, superando anche la rigidità della
normativa attuale sull'organico di diritto. Si riporta il comma soppresso:
«I posti di sostegno per la scuola materna, elementare e secondaria di primo
e secondo grado, sono determinati nell'organico di diritto in modo da assicurare
un rapporto medio di un insegnante ogni quattro alunni handicappati;
deroghe a tale rapporto sono autorizzate in organico di fatto in presenza dì
minorazioni particolarmente gravi, per le quali la diagnosi funzionale
richiede interventi maggiormente individualizzati o a domicilio e nel caso di
alunni handicappati frequentanti scuole nelle zone di montagna e nelle
piccole isole. Le deroghe stesse sono confermate per tutti gli anni nei
quali persistono le condizioni che vi hanno dato luogo». I principi richiamati in questo
articolo sono già contenuti nella legge 21 dicembre 1978, n. 845. Non viene indicato che cosa si intende
per "corsi specifici" e per "corsi pre-lavorativi". Gli handicappati che vivono in
"centri di riabilitazione" possono frequentare corsi interni,
indipendentemente dalla fattibilità di iniziative di formazione professionale
nei normali centri di formazione esterni. Le funzioni delle Regioni in
materia di formazione professionale non sono richiamate nell'art. 39 della
leggequadro, che si riferisce proprio ai "Compiti delle Regioni". La legge-quadro, inoltre, non
tiene conto che la legge 142/1990 ha attribuito alle Province competenze in
materia dì formazione professionale. L'entità della quota non è indicata. C'è il rischio che
per "lavoro guidato" si intendano i vecchi, sorpassati e deleteri
laboratori protetti. Nel 1990, la Corte costituzionale ha sollecitato, per
l'ennesima volta, il legislatore ad «apprestare una completa normativa in
tema di avviamento al lavoro dei soggetti invalidi». Ancora una volta, la
legge-quadro sull'handicap elude totalmente il problema. La disciplina degli incentivi, delle agevolazioni e dei
contributi agli imprenditori ai fini dell'eventuale adattamento dei posti di
lavoro alle esigenze degli handicappati è prevista come pura «possibilità»
delle Regioni (art. 18, comma 6). Lo stesso discorso vale per le agevolazioni alle singole persone
handicappate per recarsi al posto di lavoro e per gli incentivi a svolgere
lavoro autonomo. Di fatto, le attività per l'integrazione lavorativa sono
"appaltate" a enti ed organizzazioni, con grave deresponsabilizzazione
degli enti locali. Per ricevere i finanziamenti, gli enti, le associazioni e
le cooperative non debbono necessariamente realizzare inserimenti lavorativi
di handicappati, ma solo svolgere attività che ne favoriscono l'integrazione. Sono state soppresse, infine, le disposizioni relative alla
«disciplina del rapporto di apprendistato», alla «indennità di addestramento
professionale», alla «fiscalizzazione degli oneri sociali» per l'assunzione
di lavoratori con un grado di invalidità superiore al 74 per cento. La disposizione dell'art. 14 stabilisce anche per gli
handicappati "psichici" il diritto al collocamento al lavoro
obbligatorio, diritto già sancito dalla Corte costituzionale con sentenza n.
50/1990. Per quanto concerne la denominazione "psichici"
e la conseguente confusione con gli handicappati "intellettivi",
si vedano le nostre osservazioni concernenti l'art. 3 della legge quadro. La rimozione degli ostacoli che impediscono l'esercizio di
attività sportive, turistiche e ricreative non è "assicurata" ma
solo "favorita". L'accessibilità e la fruibilità anche da parte degli handicappati
è già prevista da altre leggi in vigore. In sostanza l'art. 24 ribadisce quanto già previsto dalle
leggi vigenti. Il comma 1 dell'articolo stesso è incomprensibile. Soprattutto in tempi di ristrettezze economiche era preferibile
prevedere che le concessionarie dei servizi radiotelevisivi e telefonici
fossero tenute a destinare una quota fissa dei loro utili alla realizzazione
di tali progetti e riservare i 5 miliardi al finanziamento di altri articoli
della legge. Le norme contenute nell'art. 18 non sono prescrittive, per cui le Regioni ed i Comuni possono
anche non attuarle. È significativo che l'intervento dei Comuni sia consentito
esclusivamente «nell'ambito delle
proprie ordinarie risorse di bilancio». Nulla viene aggiunto dalla
legge-quadro sull'handicap circa le effettive competenze delle Regioni. Anche
in assenza della presente legge, le Regioni potevano e possono disporre tutti
gli interventi ora indicati e anche altri con il solo limite del rispetto
delle norme costituzionali. L'art. 39 svuota ulteriormente
l'efficacia della leggequadro, riducendo molti diritti essenziali degli
handicappati a pura "possibilità" di intervento ed i doveri relativi
degli enti pubblici a semplici "facoltatività". Alcune
"possibilità" elencate dall'art. 39 compromettono la piena attuazione
di articoli precedenti della stessa legge quadro. È il caso degli
"accordi di programma", previsti come obbligatori all'art. 13
comma 1a), ma la cui definizione, in merito alle modalità di coordinamento e
integrazione dei servizi da parte delle Regioni, non è vincolante. Infine, elencando le dieci
"possibilità" delle Regioni, non viene indicato alcun criterio di
priorità e di graduazione dei bisogni. Si lascia alle singole Regioni la
scelta fra necessità urgenti e altre di scarso peso, fra interventi
finalizzati ad una vera integrazione e altri che favoriscono
l'istituzionalizzazione. Nessuna ulteriore competenza viene
attribuita ai Comuni rispetto alle altre leggi vigenti. La facoltatività prevista
dall'art. 39 per le Regioni si ripercuote anche sulla attuazione dei servizi
comunali: come è possibile "attuare" gli interventi nel quadro della
normativa regionale, se le Regioni non sono obbligate a definirne
l'organizzazione? C'è di più, si detta ai Comuni
una priorità molto ambigua: «... dando priorità agli interventi di
riqualificazione, di riordinamento e di potenziamento dei servizi esistenti».
Ma, in molti casi, i servizi esistenti non sono destinati all'integrazione
ma all'inserimento in strutture emarginanti. La legge quadro sull'handicap ignora che l'art. 14 della
legge 8 giugno 1990, n. 142, "Ordinamento delle autonomie locali"
attribuisce alle Province funzioni in materia di viabilità, trasporti,
istruzione secondaria di secondo grado ed artistica, formazione
professionale, compresa l'edilizia scolastica. La legge 142/1990 ha previsto il trasferimento ai Comuni
singoli e associati delle competenze assistenziali delle Province in materia
di ciechi, sordi, altri handicappati, minori figli di ignoti, riconosciuti
dalla sola madre e quelli già di competenza dell'ex ONMI, senza stabilirne
le modalità e senza prevedere il contemporaneo trasferimento dei finanziamenti,
del personale, delle strutture e delle attrezzature. La legge-quadro sull'handicap ignora questa situazione
che, se non risolta, continuerà a ripercuotersi negativamente sull'utenza. Nessuna lira viene stanziata, in modo specifico, per la diagnosi
precoce, la riabilitazione, il servizio di aiuto personale, l'istituzione di
comunità alloggio, l'adeguamento dell'organizzazione e del funzionamento
degli asili nido, la formazione professionale e l'inserimento lavorativo,
l'eliminazione degli ostacoli che impediscono l'utilizzo dei trasporti
collettivi, ecc. Risorse vengono, invece, destinate al «potenziamento dei
servizi di istruzione dei minori ricoverati». Altre scelte di spesa paiono superflue come lo stanziamento
per i "Gruppi H" presso i Provveditorati agli Studi che non
comportano oneri aggiuntivi a quelli già previsti da altre disposizioni, o i
fondi per l'aggiornamento e la sperimentazione che il Ministro della pubblica
istruzione può reperire nell'ambito del suo bilancio ordinario, attraverso
una opzione prioritaria che riguardi l'integrazione scolastica degli handicappati.
Pericolosissima è, poi, la previsione che consente la scelta di altri criteri
di ripartizione del Fondo a partire dal terzo anno dall'entrata in vigore
della legge quadro sull'handicap. La disposizione rischia di incoraggiare una abnorme
concentrazione di handicappati in alcune aree e l'ampliamento anche di
grandi istituti, con la conseguenza di favorire la "deportazione
assistenziale" addirittura fra regione e regione. Perché, infine, "premiare" fra tre anni le
realtà territoriali che meno si sono impegnate, anziché incoraggiare quelle
che più hanno operato per l'integrazione? |
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