Prospettive assistenziali, n. 97, gennaio-marzo 1992

 

 

ANALISI SINTETICA DELLA LEGGE-QUADRO SULL'HANDICAP

 

Nelle pagine che seguono vengono presi in esame i principali articoli della legge-quadro sull'handicap, valutando quattro aspetti: contenuti, competenze, tempi di attuazione, finanziamenti previsti. Nell'ultima colonna sono inserite le osservazioni di "Prospettive assistenziali" e "Handicap & Scuola".

 

Sintesi dei contenuti della legge-quadro

Competenze

Tempi di attuazione

Finanziamenti

Nostre osservazioni

Art. 3 (Soggetti aventi diritto)

«È una persona handicappata colui che presenta una minorazione fisica, psichica o

sensoriale, stabilizzata o progressiva, che è causa di difficoltà di apprendimento, di relazione o di integrazione lavorativa e tale da determinare un processo di svantaggio sociale o di emarginazione.

«La persona handicappata ha diritto alle prestazioni stabilite in suo favore in relazione alla natura e alla consistenza della minorazione, alla capacità complessiva individuale residua e alla efficacia delle terapie riabilitative.

«Qualora la minorazione, singola o plurima, abbia ridotto l'autonomia personale, corre­lata all'età, in modo da rendere necessario un intervento assistenziale permanente, continuativo e globale nella sfera individua­le o in quella di relazione, la situazione as­sume connotazione di gravità.

«Le situazioni riconosciute di gravità deter­minano priorità nei programmi e negli inter­venti dei servizi pubblici».

 

Art. 6 (Prevenzione e diagnosi precoce)

Prevede: informazione; educazione sanitaria; individuazione e rimozione dei fattori di

rischio prenatali, perinatali, post natali e ambientali; controllo della gravidanza; isti-

tuzione del libretto personale di ogni bambino.

 

Art. 7 (Cura e riabilitazione)

Le relative prestazioni verranno definite mediante programmi che prevedano pre stazioni sanitarie e sociali integrate tra loro.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Art. 8 (Inserimento e integrazione sociale)

L'inserimento e l'integrazione sociale si realizzano mediante: interventi socio-psi­cologici, di assistenza sociale e sanitaria, di aiuto personale. Comprendono, inoltre, le attività dirette ad assicurare il superamento delle barriere architettoniche, il diritto all'in­formazione ed allo studio, l'adeguamento delle attrezzature e del personale dei servi­zi, l'integrazione nel mondo del lavoro, la fruibilità dei mezzi di trasporto pubblico e privato, gli affidamenti e gli inserimenti presso persone e nuclei familiari, le comu­nità alloggio, le case famiglia e analoghi servizi residenziali, i centri socio-riabilitativi ed educativi diurni, le attività extrascolasti­che.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Art. 9 (Servizio di aiuto personale)

È previsto per «cittadini con grave limitazio­ne dell'autonomia personale». Le prestazio­ni restano indeterminate, salvo il «servizio di interpretariato per i cittadini non udenti».

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Art. 10 (Interventi per handicappati gravi)

Possono essere istituite comunità alloggio e centri socio-riabilitativi «per persone con handicap in situazione di gravità".

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Art. 12, comma 1 (Inserimento negli asili nido)

Al bambino da 0 a 3 anni handicappato è garantito l'inserimento negli asili nido. Gli Enti locali e le USL (art. 13, comma 2) pos­sono prevedere l'adeguamento dell'orga­nizzazione e del funzionamento degli asili nido alle esigenze dei bambini con handi­cap. Possono, inoltre, assegnare personale docente, operatori ed assistenti specializ­zati.

 

Art. 12, comma 2 (Diritto all'educazione e all'istruzione)

È garantito il diritto all'educazione e all'istruzione nelle sezioni di scuola mater­na, nelle classi comuni delle istituzioni sco­lastiche di ogni ordine e grado e nelle isti­tuzioni universitarie.

 

Art 12, comma 9 (Scuole statali in centri di recupero)

È prevista la possibilità di istituire sezioni staccate della scuola statale presso centri di recupero e di riabilitazione pubblici e pri­vati, destinati a «minori handicappati tem­poraneamente impediti per motivi di salute a frequentare la scuola».

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Art. 13, comma 1a (Accordi di programma)

L'integrazione scolastica nelle sezioni e classi comuni delle scuole di ogni ordine e grado e nelle università si realizza anche attraverso la programmazione coordinata dei servizi scolastici con quelli sanitari, so­cio-assistenziali, culturali, ricreativi, sportivi e con altre attività sul territorio gestite da enti pubblici e privati. Gli enti locali, le USL e gli organi scolastici stipulano gli accordi di programma di cui all'art. 27 della legge 8 giugno 1990, n. 142.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Art. 13, comma 3 (Assistenza per l'autono­mia e la comunicazione personale)

Gli Enti locali devono fornire nelle scuole di ogni ordine e grado «l'assistenza per l'auto­nomia e la comunicazione personale degli alunni con handicap fisici o sensoriali».

 

Art. 13, comma 1e (Sperimentazioni)

È richiamata la sperimentazione di cui al DPR 419/1974.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Art. 13, commi 3 e 4 (Docenti di sostegno)

È garantita l'attività di sostegno mediante l'assegnazione di docenti specializzati per tutti gli ordini di scuola.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Art. 17, commi 1-2-3-4 (Formazione profes­sionale)

È previsto l'inserimento degli handicappati negli ordinari corsi di formazione profes­sionale dei centri pubblici e privati, in classi comuni o in corsi specifici o in corsi prela­vorativi.

Per gli handicappati non in grado di fre­quentare i corsi normali, sono istituiti corsi specifici.

I corsi possono essere realizzati anche all'interno dei centri di riabilitazione.

 

 

 

 

 

 

Art. 17, comma 5

Sono previste iniziative di formazione e di avviamento al lavoro in forme sperimentali: tirocini, contratti di formazione, iniziative territoriali di lavoro guidato, corsi prelavo­rativi.

 

Art. 18 (Integrazione lavorativa)

È prevista l'istituzione di un albo degli enti, istituzioni, cooperative (sociali, di lavoro, di servizi), dei centri di lavoro guidato, asso­ciazioni ed organizzazioni di volontariato che svolgono attività idonee a favorire l'in­serimento e l'integrazione lavorativa di per­sone handicappate.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Art. 19 (Collocamento obbligatorio)

Tra i soggetti aventi diritto al collocamento obbligatorio (legge 482/1968) vanno com­presi anche gli handicappati psichici.

Ai fini dell'avviamento al lavoro, la valuta­zione della persona handicappata tiene conto della capacità lavorativa e relaziona­le dell'individuo e non solo della minorazio­ne fisica o psichica.

 

Art. 23, comma 1 - prima parte (Attività spor­tive, turistiche e ricreative)

L'attività e la pratica delle discipline sporti­ve «sono favorite senza limitazione alcuna».

 

comma 1 - seconda parte

Sono previsti «protocolli per la concessione dell'idoneità alla pratica sportiva agonisti­ca».

 

comma 2

Gli impianti sportivi (compresi i connessi servizi) sono realizzati in modo da essere accessibili e fruibili da parte degli handi­cappati.

 

Art. 24 (Eliminazione o superamento delle barriere architettoniche)

È previsto che tutte le opere edilizie riguar­danti edifici pubblici e privati aperti al pub­blico devono essere costruiti in base alle norme vigenti che prevedono l'eliminazione e il superamento delle barriere architettoni­che.

 

Art. 25 (Accesso alla informazione e comu­nicazione)

Sono previsti progetti volti a "favorire" l'ac­cesso all'informazione radiotelevisiva e alla telefonia.

 

 

 

 

Art. 26 (Mobilità e trasporti collettivi)

«Le Regioni disciplinano le modalità con le quali i Comuni dispongono gli interventi per consentire alle persone handicappate la possibilità di muoversi liberamente sul ter­ritorio, usufruendo, alle stesse condizioni degli altri cittadini, dei servizi di trasporto collettivo appositamente adattati o di servizi alternativi.

«I Comuni assicurano, nell'ambito delle pro­prie ordinarie risorse di bilancio, modalità di trasporto individuali per le persone handi­cappate non in grado di servirsi dei mezzi pubblici».

 

Art. 39 (Compiti delle Regioni)

Possono provvedere ad interventi sociali, educativo-formativi e riabilitativi nell'ambito del piano sanitario nazionale e della pro­grammazione regionale dei servizi sanitari, sociali e formativo-culturali (comma 1).

Il comma 2 indica dieci "possibilità", nei li­miti delle disponibilità di bilancio regionali. Si veda, in dettaglio, il testo integrale dell'art. 39.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Art. 40 (Compiti dei Comuni)

Attuano gli interventi "nel quadro della nor­mativa regionale". Danno la priorità agli in­terventi di riqualificazione, riordinamento e potenziamento dei servizi esistenti. Gli sta­tuti comunali disciplinano le modalità di coordinamento degli interventi e l'organiz­zazione di un servizio di segreteria per i rapporti con gli utenti.

 

 

 

 

 

 

 

Articolo non previsto dalla legge-quadro (Competenze delle Province).

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Art 42, commi 1 e 2 (Copertura finanziaria)

Presso la Presidenza del Consiglio dei Mi­nistri, Dipartimento per gli affari sociali, è istituito un Fondo per la Integrazione degli interventi regionali e delle province autono­me a favore dei cittadini handicappati.

La ripartizione annuale del Fondo è fatta in proporzione del numero di abitanti.

 

comma 3

Dal terzo anno di applicazione della legge­quadro, il criterio di proporzionalità può es­sere integrato da altri criteri, con riferimen­to a situazioni di particolare concentrazione di persone handicappate e di servizi di alta­specializzazione, nonché a situazioni di grave arretratezza di alcune aree

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Le Regioni disciplinano la materia nel quadro della programmazione sanitaria e nei limiti delle proprie disponibilità di bilancio.

 

 

È previsto che le prestazioni siano assicurate dal Ser vizio sanitario na­zionale, senza ulte­riori specificazioni.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Le Regioni possono legiferare in mate­ria, nei limiti delle proprie disponibilità di bilancio.

Il Ministero della sa­nità di concerto con il Ministro per gli af­fari sociali, defini­sce gli standard dei centri socio-riabili­tativi.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il servizio può esse­re istituito dai Co­muni o dalle Unità sanitarie locali. Atti­vità aggiuntive pos­sono essere svolte da volontari o obiettori di coscienza.

 

 

 

 

 

 

 

 

Possono essere isti­tuiti da Comuni an­che consorziati fra loro o con le Provin­ce, da Comunità montane, da Unità sanitarie locali.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Le Regioni possono prevedere, purché nei limiti delle pro­prie disponibilità di bilancio, interventi sociali, educativi, formativi e riabilitati­vi (art. 39).

 

 

 

 

 

 

Nulla è modificato rispetto alle compe­tenze concernenti le scuole materne, dell'obbligo e supe­riori.

 

 

 

Provveditore agli studi, d'intesa con le USL e i centri di recupero e di riabili­tazione.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Organi scolastici, Enti locali, USL.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Enti locali.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ministero della pub­blica istruzione e Organi collegiali scolastici.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Non specificate.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Regioni.

I corsi possono es­sere istituiti da strutture pubbliche o private, da impre­se e da organizza­zioni di volontariato.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Il Ministro del lavoro fissa criteri e proce­dure per le iniziative sperimentali.

 

 

Le Regioni.

Per le attività di inte­grazione lavorativa, Comuni, Consorzi tra Comuni e tra Co­muni e Province, Comunità montane, Unità sanitarie locali stipulano conven­zioni con enti, istitu­zioni e cooperative.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Commissioni medi­che a livello di USL, integrate da uno specialista neurolo­go, psichiatra o psi­cologo.

 

 

 

 

 

 

 

Non indicate.

 

 

 

 

 

 

 

Ministero della Sa­nità.

 

 

 

 

Regioni, Comuni, Consorzi di Comuni, CONI.

 

 

 

                        

CER (Comitato edili­zia residenziale)

Cassa Depositi e Prestiti

Enti pubblici e pri­vati.

 

 

 

 

 

Ministro delle poste e telecomunicazio­ni, RAI, SIP

 

 

 

 

 

 

Regioni

Comuni.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Regioni.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Comuni, Consorzi o Unioni di Comuni, Comunità montane, Unità sanitarie locali (qualora le leggi re­gionali attribuiscano loro la competenza).

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Province.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Ministro per gli affa­ri sociali, sentito il Comitato nazionale per le politiche dell'handicap.

 

 

 

 

 

 

 

 

I nuovi criteri sono approvati dal Comi­tato nazionale per le politiche dell'handi­cap.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Entro sei mesi dalla entrata in vigore della legge-quadro.

 

 

 

 

 

 

 

Non indicati.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Non indicati.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Non indicati.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Non previsti.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Non indicati.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Non indicati.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Entro tre mesi, il Mi­nistero della pubbli­ca istruzione, d'inte­sa con i Ministri pei gli affari sociali e della sanità, fissa gli indirizzi per la stipu­la degli accordi d programma.

Non è prevista nes­suna altra scadenza circa la stipula degli accordi di programma a livello locale e la loro attuazione.

 

 

 

 

 

 

Non indicati.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Non indicati nella legge-quadro. Re­stano quelli del DPR 419/1974.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Non previsti dalla legge-quadro.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Entro sei mesi le Regioni adeguano i programmi plurien­nali e i piani annuali di attuazione per le attività di formazio­ne professionale.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Entro sei mesi.

 

 

 

 

 

 

 

Entro sei mesi le Regioni disciplinano l'istituzione dell'al­bo, che viene ag­giornato ogni due anni.

Lo schema per le convenzioni deve essere predisposto dal Ministro del la­voro entro 120 gior­ni.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Entro un anno.

 

 

 

 

 

Non indicati.

 

 

 

 

 

 

Nessuno.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

All'atto di rinnovo o in occasione di mo­difiche delle con­venzioni con RAI e SIP.

 

 

 

 

Nessuno.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Non indicati, salvo quanto previsto dal comma 2 g) che re­cita: «Le Regioni possono provvedere (...) a disciplinare con legge, entro sei mesi (...), i criteri re­lativi all'istituzione e al funzionamento dei servizi di aiuto personale».

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Non indicati.

 

Gli stanziamenti

complessivi stabiliti dalla legge quadro sono 120 miliardi per il 1992 e 150 «a decorrere» dal 1993.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Nessun finanzia-

mento specifico.

 

 

 

 

 

 

 

 

Nessun finanziamento specifico.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Nessun finanzia­mento specifico.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Non sono previsti fi­nanziamenti. Il ser­vizio può essere istituito esclusiva­mente nei limiti delle risorse ordinarie di bilancio dei Comuni e delle Usl (art. 9) e delle Regioni (art. 39).

 

 

 

 

 

 

 

Gli interventi posso­no essere realizzati esclusivamente con le ordinarie risorse di bilancio dei Co­muni, Comunità montane, USL.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Nessuno

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

4 miliardi (art. 42, comma 6 c) per il "potenziamento" dei servizi di istruzione dei minori ricoverati di cui all'art. 12.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Nessuno.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Non previsti.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

4 miliardi.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Non possono esse­re incrementate le dotazioni organiche del personale della scuola di ogni ordi­ne e grado, oltre i li­miti consentiti dalle disponibilità finan­ziarie all'uopo preordinate dal­ comma 6 h (art. 41). Per l'assunzione di personale docente di sostegno nelle scuole secondarie di secondo grado sono stanziati (art. 42, comma 5, lettera h) 19 miliardi per il 1992 e 38 per il 1993.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

«Una quota del fon­do comune di cui all'art. 8 della legge 281/1970».

 

 

 

Nessuno.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Nessun stanzia­mento è previsto per il collocamento al lavoro; vengono stanziati 2 miliardi e 300 milioni per pa­gare i membri ag­giunti delle Com­missioni di cui all'art. 4.

 

 

 

 

Nessuno.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Nessuno.

 

 

 

 

 

 

Nessuno aggiuntivo rispetto a quelli pre­visti da altre leggi.

 

 

 

 

 

 

 

 

5 miliardi per pro­getti presentati da RAI e da SIP.

 

 

 

 

 

 

Nessuno.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Nei limiti delle di­sponibilità di bilan­cio delle singole Re­gioni, integrate an­nualmente dal "Fon­do" di cui all'art. 42, comma 1. Queste ultime risorse deb­bono essere utiliz­zate con priorità per prevenzione e han­dicap gravi.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Nessuno.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

120 miliardi per il 1992.

150 miliardi "a de­correre" dal 1993.

 

Come vedremo analizzando i principali articoli, alle persone con handicap non sono riconosciuti nuovi diritti sostanziali esigibili, salvo quelli già previsti dalle leggi in vigore.

Alcune agevolazioni sono concesse ai familiari di handicappati (art. 33).

Nella legge-quadro continua ad essere utilizzata la dizione «handicap psichici» per identificare gli «handicap intellettivi» con l'evidente conseguenza di confondere questi ultimi con i malati mentali. Tale confusione ha impedito il collocamento obbligatorio degli handicappati intellettivi per 20 anni, fino alla sentenza della Cor­te costituzionale n. 50 del 1990.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Gli obiettivi indicati dall'art. 6 della legge-quadro sull'handicap erano già previsti (anche se in maniera meno dettagliata) dalla legge 23 dicembre 1978, n. 833 di riforma sanitaria. Le azioni concrete dovevano e de­vono essere individuate dal piano sanitario nazionale (mai varato) e dai piani regionali (approvati da poche Regioni).

 

L'articolo 7 della legge-quadro sull'handicap è meno specifico dell'art. 26 della legge 23 dicembre 1978, n.

833 di riforma sanitaria che recita: «Le prestazioni sanitarie dirette al recupero funzionale e sociale dei sog­getti affetti da minorazioni fisiche, psichiche o senso­riali, dipendenti da qualunque causa, sono erogate dal­le unità sanitarie locali attraverso i propri servizi. L'uni­tà sanitaria locale, quando non sia in grado di fornire il servizio direttamente, vi provvede mediante convenzio­ni con istituti esistenti nella regione in cui abita l'utente o anche in altre regioni (...). Sono altresì garantite le prestazioni protesiche nei limiti e nelle forme stabilite con le modalità di cui al secondo comma dell'art. 3».

 

L'articolo 8 si limita ad elencare gli interventi relativi all'inserimento e alla integrazione sociale delle perso­ne handicappate. Non indica, invece, né chi deve isti­tuire tale servizi o garantire tali prestazioni, né i tempi di attuazione, né i finanziamenti. Solo alcuni degli inter­venti previsti vengono poi ripresi nei successivi articoli della legge-quadro.

Fin d'ora osserviamo che:

- il superamento delle barriere architettoniche negli edifici pubblici e privati e nei mezzi di trasporto è già previsto da numerose disposizioni (cfr., in particolare, DPR 384/1978 e le leggi 41/1986, 67/1988 e 13/1989); - la formazione professionale degli handicappati è prevista dalla legge 845/1978;

- l'inserimento al lavoro è disciplinato dalla legge n. 482/1968;

- l'aiuto alle famiglie di origine, gli affidamenti familiari a scopo educativo e gli altri interventi integrativi o so­stitutivi della famiglia d'origine sono contemplati dalla legge 184/1983.

Per evitare confusioni, conflitti di competenza e vuoti di intervento, le norme suddette avrebbero dovuto essere raccordate e, se del caso, rese più incisive. Rileviamo, inoltre, che nella legge-quadro non si indica la capienza massima delle comunità alloggio, delle ca­se famiglie (queste ultime citate all'art. 8, ma poi igno­rate nei successivi) e degli "analoghi" servizi residen­ziali. Gli standard sono previsti solo per i centri socio­riabilitativi.

 

È estremamente grave che non sia sancita l'obbligato­rietà del servizio di aiuto personale, servizio indispen­sabile per gli handicappati con ridotta o nulla autono­mia. Si osservi che il legislatore nello scorso secolo, con la legge 19 novembre 1889, n. 6535, aveva stabilito l'obbligo dei Comuni di intervenire nei confronti delle persone che «per insanabili difetti fisici o intellettuali non possono procacciarsi il modo di sussistere". Le di­sposizioni della legge 6535/1889, mai abrogate, sono state confermate dal RD 3 marzo 1934, n 383, che ob­bligava i Comuni a provvedere all'assistenza degli ina­bili al lavoro (art. 91).

 

Oltre a prevedere la realizzazione di comunità alloggio e centri socio-riabilitativi solamente come pura "possi­bilità" di intervento, il legislatore - accogliendo il pare­re della Commissione bilancio della Camera - ha can­cellato il comma 10 che prevedeva a questo fine l'utiliz­zo di donazioni, lasciti, eredità, legati di privati.

Poiché la legge-quadro non precisa che cosa va inteso per "centri socio-riabilitativi", c'è il rischio che vengano creati nuovi istituti di ricovero o potenziati quelli esi­stenti, addirittura accorpati con strutture per anziani cronici non autosufficienti (cfr. art. 20 legge 67/1988, Decreto del Ministro della sanità 29 agosto 1989 n. 321 e decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 22 dicembre 1989).

 

Vi è una palese contraddizione fra l'inserimento negli asili nido "garantito" dall'art. 12, comma 1 e la non pre­scrittività dell'adeguamento dei nidi stessi alle esigen­ze dei bambini handicappati e dell'assegnazione di personale specializzato (art. 13, comma 2). Inoltre, a proposito della frequenza degli asili nido, non si parla esplicitamente di inserimento in sezioni comuni.

 

 

 

 

 

Nulla è previsto per l'inserimento degli handicappati nelle scuole private, nelle parificate e nelle legalmente riconosciute, le quali possono continuare - come av­viene da anni - a rifiutare l'iscrizione degli allievi con handicap, soprattutto se di natura intellettiva.

 

 

 

Mentre si prevede il potenziamento di sezioni staccate della scuola statale presso i centri di recupero, è stata soppressa la disposizione che assicurava la continuità dell'educazione e dell'istruzione anche ai minori co­stretti a domicilio per cause di salute per prognosi su­periori ai 60 giorni di lezione.

C'è pertanto il rischio che, per i bambini accolti nei centri di recupero, venga favorita la creazione di scuo­le interne, anziché - come sarebbe preferibile - la fre­quenza di sezioni e classi comuni presso le normali scuole esterne.

Inoltre, riteniamo che la legge avrebbe dovuto dare priorità a temporanee prestazioni domiciliari di soste­gno scolastico, tutte le volte che è possibile evitare al minore il ricovero in strutture sanitarie o in centri di re­cupero.

 

Gli accordi di programma sono già previsti dalla legge di riforma delle autonomie locali n. 142/1990. Tuttavia, è positivo il fatto che la legge quadro preveda la pro­grammazione coordinata e non comprenda solo i servi­zi scolastici, sanitari e socio-assistenziali, ma includa anche quelli culturali, ricreativi, sportivi, ecc., anche se non va nascosta la difficoltà di raggiungere intese di così vasta portata.

La legge-quadro sull'handicap, nel prevedere il decre­to del Ministro della pubblica istruzione, che fissa i cri­teri per la stipula di tali accordi di programma, non contempla il concerto anche con il Ministro dell'inter­no. Come sarà possibile coinvolgere a pieno titolo gli Enti locali, se il decreto della pubblica istruzione è pre­disposto solo d'intesa con i Ministri per gli affari sociali e della sanità?

Nulla è previsto nel caso in cui gli accordi di program­ma a livello locale non vengano stipulati.

 

II comma 3 dell'art. 13 ribadisce l'obbligo degli enti lo­cali già previsto dagli artt. 42-45 del DPR 616/1977. In realtà l'art. 42 del suddetto DPR prevede l'assistenza agli handicappati "psico-fisici", mentre l'art. 13 comma 3 della legge-quadro si riferisce solo ai «fisici e ai sen­soriali», dimenticando gli «psichici».

 

Vi è il rischio che le sperimentazioni vengano attuate anche in strutture speciali, riservate cioè ai soli handi­cappati, e che siano previste integrazioni alla rovescia, e cioè con alunni non handicappati che frequentano classi speciali, com'è in atto a Torino da anni nella scuola media speciale per ciechi di via Nizza. Inoltre, poiché l'art. 13, comma 5 sancisce la priorità delle sperimentazioni proposte dalle scuole medie e superiori, c'è il pericolo di concentrare nei plessi speri­mentali non solo alunni handicappati, ma anche perso­nale di sostegno.

 

Nel testo definitivo della legge-quadro è stato soppres­so il comma che estendeva a tutti gli ordini di scuola le disposizioni più favorevoli già in atto per la scuola ele­mentare (vedi la legge 148/1990, art. 4, comma 4). Inol­tre non sono precisati né i rapporti numerici fra inse­gnanti di sostegno e handicappati inseriti, né la possi­bilità di deroghe per i casi di handicap grave, superan­do anche la rigidità della normativa attuale sull'organi­co di diritto. Si riporta il comma soppresso: «I posti di sostegno per la scuola materna, elementare e secon­daria di primo e secondo grado, sono determinati nell'organico di diritto in modo da assicurare un rap­porto medio di un insegnante ogni quattro alunni han­dicappati; deroghe a tale rapporto sono autorizzate in organico di fatto in presenza dì minorazioni particolar­mente gravi, per le quali la diagnosi funzionale richiede interventi maggiormente individualizzati o a domicilio e nel caso di alunni handicappati frequentanti scuole nelle zone di montagna e nelle piccole isole. Le dero­ghe stesse sono confermate per tutti gli anni nei quali persistono le condizioni che vi hanno dato luogo».

 

I principi richiamati in questo articolo sono già conte­nuti nella legge 21 dicembre 1978, n. 845.

Non viene indicato che cosa si intende per "corsi spe­cifici" e per "corsi pre-lavorativi".

Gli handicappati che vivono in "centri di riabilitazione" possono frequentare corsi interni, indipendentemente dalla fattibilità di iniziative di formazione professionale nei normali centri di formazione esterni.

Le funzioni delle Regioni in materia di formazione pro­fessionale non sono richiamate nell'art. 39 della legge­quadro, che si riferisce proprio ai "Compiti delle Regio­ni".

La legge-quadro, inoltre, non tiene conto che la legge 142/1990 ha attribuito alle Province competenze in materia dì formazione professionale.

 

L'entità della quota non è indicata. C'è il rischio che per "lavoro guidato" si intendano i vecchi, sorpassati e de­leteri laboratori protetti.

 

 

 

 

Nel 1990, la Corte costituzionale ha sollecitato, per l'ennesima volta, il legislatore ad «apprestare una com­pleta normativa in tema di avviamento al lavoro dei sog­getti invalidi». Ancora una volta, la legge-quadro sull'handicap elude totalmente il problema.

La disciplina degli incentivi, delle agevolazioni e dei contributi agli imprenditori ai fini dell'eventuale adatta­mento dei posti di lavoro alle esigenze degli handicap­pati è prevista come pura «possibilità» delle Regioni (art. 18, comma 6).

Lo stesso discorso vale per le agevolazioni alle singole persone handicappate per recarsi al posto di lavoro e per gli incentivi a svolgere lavoro autonomo.

Di fatto, le attività per l'integrazione lavorativa sono "appaltate" a enti ed organizzazioni, con grave dere­sponsabilizzazione degli enti locali.

Per ricevere i finanziamenti, gli enti, le associazioni e le cooperative non debbono necessariamente realizzare inserimenti lavorativi di handicappati, ma solo svolgere attività che ne favoriscono l'integrazione.

Sono state soppresse, infine, le disposizioni relative al­la «disciplina del rapporto di apprendistato», alla «in­dennità di addestramento professionale», alla «fiscaliz­zazione degli oneri sociali» per l'assunzione di lavora­tori con un grado di invalidità superiore al 74 per cen­to.

 

La disposizione dell'art. 14 stabilisce anche per gli handicappati "psichici" il diritto al collocamento al la­voro obbligatorio, diritto già sancito dalla Corte costitu­zionale con sentenza n. 50/1990.

Per quanto concerne la denominazione "psichici" e la conseguente confusione con gli handicappati "intellet­tivi", si vedano le nostre osservazioni concernenti l'art. 3 della legge quadro.

 

 

 

La rimozione degli ostacoli che impediscono l'esercizio di attività sportive, turistiche e ricreative non è "assicu­rata" ma solo "favorita".

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

L'accessibilità e la fruibilità anche da parte degli handi­cappati è già prevista da altre leggi in vigore.

 

 

 

 

In sostanza l'art. 24 ribadisce quanto già previsto dalle leggi vigenti. Il comma 1 dell'articolo stesso è incom­prensibile.

 

 

 

 

 

 

 

 

Soprattutto in tempi di ristrettezze economiche era pre­feribile prevedere che le concessionarie dei servizi ra­diotelevisivi e telefonici fossero tenute a destinare una quota fissa dei loro utili alla realizzazione di tali progetti e riservare i 5 miliardi al finanziamento di altri articoli della legge.

 

Le norme contenute nell'art. 18 non sono prescrittive, per cui le Regioni ed i Comuni possono anche non at­tuarle.

È significativo che l'intervento dei Comuni sia consenti­to esclusivamente «nell'ambito delle proprie ordinarie risorse di bilancio».

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Nulla viene aggiunto dalla legge-quadro sull'handicap circa le effettive competenze delle Regioni. Anche in assenza della presente legge, le Regioni potevano e possono disporre tutti gli interventi ora indicati e anche altri con il solo limite del rispetto delle norme costitu­zionali.

L'art. 39 svuota ulteriormente l'efficacia della legge­quadro, riducendo molti diritti essenziali degli handi­cappati a pura "possibilità" di intervento ed i doveri re­lativi degli enti pubblici a semplici "facoltatività". Alcune "possibilità" elencate dall'art. 39 comprometto­no la piena attuazione di articoli precedenti della stes­sa legge quadro. È il caso degli "accordi di program­ma", previsti come obbligatori all'art. 13 comma 1a), ma la cui definizione, in merito alle modalità di coordi­namento e integrazione dei servizi da parte delle Re­gioni, non è vincolante.

Infine, elencando le dieci "possibilità" delle Regioni, non viene indicato alcun criterio di priorità e di gradua­zione dei bisogni. Si lascia alle singole Regioni la scel­ta fra necessità urgenti e altre di scarso peso, fra inter­venti finalizzati ad una vera integrazione e altri che fa­voriscono l'istituzionalizzazione.

 

Nessuna ulteriore competenza viene attribuita ai Co­muni rispetto alle altre leggi vigenti.

La facoltatività prevista dall'art. 39 per le Regioni si ri­percuote anche sulla attuazione dei servizi comunali: come è possibile "attuare" gli interventi nel quadro del­la normativa regionale, se le Regioni non sono obbliga­te a definirne l'organizzazione?

C'è di più, si detta ai Comuni una priorità molto ambi­gua: «... dando priorità agli interventi di riqualificazione, di riordinamento e di potenziamento dei servizi esisten­ti». Ma, in molti casi, i servizi esistenti non sono desti­nati all'integrazione ma all'inserimento in strutture emarginanti.

 

La legge quadro sull'handicap ignora che l'art. 14 della legge 8 giugno 1990, n. 142, "Ordinamento delle auto­nomie locali" attribuisce alle Province funzioni in mate­ria di viabilità, trasporti, istruzione secondaria di se­condo grado ed artistica, formazione professionale, compresa l'edilizia scolastica.

La legge 142/1990 ha previsto il trasferimento ai Co­muni singoli e associati delle competenze assistenziali delle Province in materia di ciechi, sordi, altri handi­cappati, minori figli di ignoti, riconosciuti dalla sola ma­dre e quelli già di competenza dell'ex ONMI, senza sta­bilirne le modalità e senza prevedere il contemporaneo trasferimento dei finanziamenti, del personale, delle strutture e delle attrezzature.

La legge-quadro sull'handicap ignora questa situazio­ne che, se non risolta, continuerà a ripercuotersi nega­tivamente sull'utenza.

 

Nessuna lira viene stanziata, in modo specifico, per la diagnosi precoce, la riabilitazione, il servizio di aiuto personale, l'istituzione di comunità alloggio, l'adegua­mento dell'organizzazione e del funzionamento degli asili nido, la formazione professionale e l'inserimento lavorativo, l'eliminazione degli ostacoli che impedisco­no l'utilizzo dei trasporti collettivi, ecc.

Risorse vengono, invece, destinate al «potenziamento dei servizi di istruzione dei minori ricoverati».

Altre scelte di spesa paiono superflue come lo stanzia­mento per i "Gruppi H" presso i Provveditorati agli Stu­di che non comportano oneri aggiuntivi a quelli già pre­visti da altre disposizioni, o i fondi per l'aggiornamento e la sperimentazione che il Ministro della pubblica istruzione può reperire nell'ambito del suo bilancio or­dinario, attraverso una opzione prioritaria che riguardi l'integrazione scolastica degli handicappati. Pericolosissima è, poi, la previsione che consente la scelta di altri criteri di ripartizione del Fondo a partire dal terzo anno dall'entrata in vigore della legge quadro sull'handicap.

La disposizione rischia di incoraggiare una abnorme concentrazione di handicappati in alcune aree e l'am­pliamento anche di grandi istituti, con la conseguenza di favorire la "deportazione assistenziale" addirittura fra regione e regione.

Perché, infine, "premiare" fra tre anni le realtà territo­riali che meno si sono impegnate, anziché incoraggiare quelle che più hanno operato per l'integrazione?

 

 

 

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