Prospettive assistenziali, n. 97, gennaio-marzo 1992

 

 

ELEZIONI SCOLASTICHE E MINORI IN AFFIDAMENTO PREADOTTIVO O EDUCATIVO

MARISA PAVONE

 

 

In relazione alle elezioni per il rinnovo degli organi collegiali della scuola a durata triennale il Ministero della pubblica istruzione ha emesso tre ordinanze aventi per oggetto il "testo unificato" delle disposizioni concernenti rispettivamente gli organi a livello di circolo e di istituto, di Consiglio scolastico distrettuale, del Consiglio scolastico provinciale (1)

A proposito dell'elettorato attivo e passivo dei genitori degli alunni, si legge nelle ordinanze che questo spetta «ad entrambi i genitori e a co­loro che ne fanno legalmente le veci, intenden­dosi come tali le sole persone fisiche alle quali siano attribuiti, con provvedimento dell'autorità giudiziaria, poteri tutelari, ai sensi dell'art. 348 del codice civile. Sono escluse, pertanto, le per­sone giuridiche, in quanto, ai sensi dell'art. 20 del decreto del Presidente della Repubblica 31 mag­gio 1974, n. 416, il voto è personale» (2).

La disposizione ha sollevato non poche per­plessità, sia perché non contempla tutte le for­me di affidamento di minore oggi previste dal codice civile, sia perché rischia di escludere di fatto - se la sua lettura non viene integrata con quella di altre norme vigenti - tutte le famiglie affidatarie ai sensi della legge 4 maggio 1983, n. 184, che accolgono in modo stabile un minore in affidamento a scopo educativo. Sono, altresì, escluse tutte le persone che hanno minori in af­fidamento preadottivo.

Come abbiamo illustrato in un'altra nota (3), diversa può essere la situazione familiare che ri­guarda gli alunni iscritti a scuola. Il solo riferi­mento all'art. 348 del codice civile non è esau­stivo. Esso riguarda solamente la scelta del tu­tore in seguito alla morte di una persona che abbia lasciato figli in età minore o alla nascita di un figlio di genitori ignoti. In quest'ultimo caso, il minore deve essere inserito quanto prima in una famiglia adottiva ed assumerà lo stato di figlio legittimo degli adottanti. Nel caso di decesso del genitore che ha esercitato per ultimo la potestà, il giudice tutelare nomina tutore, salvo sussista­no gravi motivi, la persona designata dal genito­re stesso per testamento, per atto pubblico o per scrittura privata autenticata. Se manca tale designazione, la scelta avviene preferibilmente tra gli ascendenti o tra gli altri prossimi parenti o affini.

È chiaro che il solo riferimento all'art. 348 del codice civile non comprende la grande maggio­ranza delle altre situazioni in cui si vengono a trovare oggi alcuni dei minori iscritti a scuola, previste dallo stesso codice civile agli articoli 330 ("Decadenza della potestà sui figli"), 333 ("Condotta pregiudizievole ai figli"), 343 ("Aper­tura alla tutela") e successivi. Soprattutto, non contempla le situazioni di affidamento preadotti­vo e quella di affidamento familiare a scopo educativo previste dalla legge 4 maggio 1983, n. 184. L'affidamento familiare a scopo educativo è oggi alquanto frequente proprio perché indicato dal legislatore come intervento prioritario da at­tuare nei confronti di un minore «che sia tempo­raneamente privo di un ambiente familiare ido­neo» (art. 2, comma 1).

 

Necessità di una lettura integrata

Va ricordato, innanzitutto, che l'elettorato atti­vo e passivo non può essere limitato ai soli sog­getti previsti dall'art. 348 del codice civile. Il dirit­to all'educazione anche scolastica del minore è garantito, autonomamente, dalla Costituzione, art. 30, comma 2, indipendentemente da chi eserciti la tutela. Inoltre, come si è visto, limita­zioni o sospensioni della potestà parentale, con possibilità di allontanamento del minore, sono previste dagli art. 330, 333 e 343 del codice civi­le, nell'interesse del minore stesso.

È ovvio che nel caso di affidamento preadotti­vo la famiglia in cui è inserito il bambino svolge i compiti propri dei genitori essendo sospesa la potestà parentale dei genitori di origine. Ma à anche fuori di dubbio che tra i compiti delle per­sone con minori in affidamento familiare a sco­po educativo è compreso quello di istruire il minore. Recita l'art. 5, comma 1, della legge 184/1983: «L'affidatario deve accogliere presso di sé il minore e provvedere al suo mantenimento e alla sua educazione e istruzione, tenendo con­to dei genitori per i quali non vi sia stata pronun­cia ai sensi degli articoli 330 e 333 del codice ci­vile, o del tutore, ed osservando le prescrizioni eventualmente stabilite dall'autorità affidante».

Tenuto conto del fatto che l'affidamento fami­liare a scopo educativo può essere disposto:

- dai servizi dell'ente locale, se c'è il consen­so dei genitori di origine o del tutore;

- dal Tribunale per i minorenni, se manca tale assenso, ma è ritenuto indispensabile nell'inte­resse del bambino,

va ricordato che «la giurisprudenza di merito, pur pronunciandosi raramente sulla questione, ha deciso che l'affidamento familiare (...) trasfe­risce all'affidatario la potestà parentale nella pienezza; questi, poiché deve provvedere alla cura del minore, sostituisce ex lege i genitori nell'esercizio della funzione educativa» (4).

La Corte di Cassazione, con sentenza 17 otto­bre 1980, n. 5594, ha stabilito che gli affidatari sono titolari di poteri analoghi a quelli dei geni­tori esercenti la potestà e che pertanto devono ritenersi titolari di diritti soggettivi tutelabili in via giurisdizionale (5). Poiché, «i genitori legittimi, cui spetta l'esercizio della potestà, possono vantare un diritto soggettivo, in quanto pur se ta­le esercizio viene definito in dottrina come un potere-dovere, il diritto dei genitori di mantene­re, istruire ed educare i figli, è riconosciuto dall'art. 30 della Costituzione», la Suprema Cor­te ha ritenuto che gli affidatari «siano stati "de­legati" all'attuazione delle funzioni tutelari» (6).

Proprio sulla elezione dei rappresentanti dei genitori negli organi collegiali scolastici e a pro­posito del tenore dell'art. 19 del Dpr 31 maggio 1974 n. 416, si è pronunciato il Tribunale per i minorenni di Firenze, con decreto 5 novembre 1976, favorevole alla famiglia affidataria (7).

Recita tale decreto: «Ritenuto che agli affidata­ri - gli unici ad essere, in concreto, obbligati a educare e ad istruire un minore - non possono non essere stati attribuiti i correlativi poteri, fra i quali quello di partecipare agli adempimenti per la costituzione ed attività degli organi collegiali elettivi della scuola frequentata dal minore;

«ritenuto che la conferma di tale conclusione per quanto concerne l'attribuzione dei poteri connessi alla funzione educatrice, è da rinvenirsi proprio nella stessa disposizione dell'art. 19 del DPR 31 maggio 1974, n. 416, il quale, per la ele­zione dei rappresentanti dei genitori degli alunni negli organi collegiali, stabilisce che l'elettorato attivo e passivo spetta ai genitori degli alunni o a chi ne fa legalmente le veci;

«ritenuto cioè che il legislatore, proprio con l'espressione "chi ne fa le veci" al posto della usuale "esercente la patria potestà" non ha inte­so solo riferirsi a coloro che, al posto dei genitori esercitano la potestà parentale (tutori, adottanti in via ordinaria, affilianti, ecc.), ma altresì a tutti coloro che per provvedimento del giudice (affi­damento) (...) sostituiscono ex lege i genitori nell'esercizio della funzione educatrice» decreta (...).

Va precisato, fra l'altro, che la pronuncia del Tribunale per i minorenni di Firenze è preceden­te alla legge n. 183/1984 che ha, fra l'altro, di­sciplinato per la prima volta nel nostro Paese l'affidamento familiare a scopo educativo. Tali argomentazioni paiono oggi ancora più pre­gnanti alla luce delle nuove disposizioni, sia per quanto riguarda gli affidamenti disposti d'intesa con i genitori d'origine, sia - a maggior ragione - per quelli decisi dal Tribunale per i minorenni.

 

Necessità di una integrazione dei testi unificati

Una lettura integrata fra le disposizioni conte­nute nelle ordinanze ministeriali nn. 215, 216, 217 del luglio 1991 e le altre leggi citate, alla lu­ce dell'indirizzo giurisprudenziale richiamato, può consentire da un lato il pieno esercizio del diritto di elettorato attivo e passivo anche per le famiglie affidatarie (8), dall'altro scongiurare possibili ricorsi in via giurisdizionale.

È comunque necessario, a nostro avviso, provvedere ad una integrazione delle ordinanze ministeriali del luglio '91, che sostituiscono a lo­ro volta le ordinanze ministeriali 5.10.1976, 24.11.1976 e 25.11.1976 e successive integra­zioni e modificazioni.

Spiace dover sottolineare, tuttavia, che di tutto questo delicato argomento giuridico non si sia­no fatto carico gli estensori dei Testi unificati, i quali hanno ritenuto - giustamente - di conser­vare la disposizione delle ordinanze del 1976, là dove prevedono che «i rappresentanti legali de­gli istituti, ai quali sono affidati i minori, possono essere sentiti dal consiglio di circolo e di istituto sui problemi inerenti alla formazione degli alunni loro affidati».

In questo modo i nuovi testi unificati si preoc­cupano unicamente dei rapporti con eventuali istituti di assistenza in cui possono essere inse­riti minori che frequentano la scuola esterna, dimenticando di fatto gli altri interventi previsti dalla legge n. 184/1983: l'inserimento in una famiglia affidataria o in una comunità di tipo familiare.

Né si può dire che il ricovero in istituto sia la soluzione privilegiata dal legislatore; anzi, è l'ul­tima delle soluzioni indicate.

Le priorità di intervento sono infatti stabilite dall'art. 2 della legge 184/1983: «Il minore che sia temporaneamente privo di un ambiente fami­liare idoneo può essere affidato ad un'altra fami­glia, possibilmente con figli minori, o ad una per­sona singola, o ad una comunità di tipo familiare, al fine di assicurargli il mantenimento, l'educazio­ne e l'istruzione.

«Ove non sia possibile un conveniente affida­mento familiare, è consentito il ricovero del mi­nore in un istituto di assistenza pubblico o privato da realizzarsi di preferenza nell'ambito della re­gione di residenza del minore stesso».

Tali priorità e tale articolazione dovranno es­sere tenute presenti al momento di una dovero­sa modifica dei testi unificati.

 

 

 

(1) Ordinanza ministeriale n. 215 del 15 luglio 1991, "Te­sto unificato delle disposizioni concernenti l'elezione degli organi collegiali a livello di circolo e di istituto"; O.M. n. 216 del 15 luglio 1991, "Testo unificato delle disposizioni con­cernenti l'elezione degli organi. collegiali a livello di consi­glio scolastico distrettuale"; O.M. n. 217 del 15 luglio 1991, "Elezioni del consiglio scolastico provinciale".

(2) Cfr.: per le elezioni di Circolo e di Istituto,O.M. n. 215/1991, art. 7, punto 4; per le elezioni distrettuali, O.M. n. 216/1991, art. 6, punto 1; per le elezioni del consiglio sco­lastico provinciale, O.M. n. 217/1991, art. 7, punto 1.

(3) Cfr.: M. Pavone, "I documenti scolastici dei minori in adozione o affidamento familiare", in questo numero.

(4) Cfr. F. Ichino Pellizzi, Esperienze di affido familiare tra ipotesi legislativa e realtà, Franco Angeli, Milano, 1986, P.

(5) In Foro italiano, 1981, I, 69, col. 76-77 e in Ichino Pel­lizzi, cit., p. 43.

(6) Ibidem.

(7) Cfr. F. Ichino Pellizzi, cit. p. 42, alla cui nota 15 si ri­manda, fra l'altro, per l'ampia bibliografia relativa all'indi­rizzo giurisprudenziale.

(8) Il rapporto tra scuola e famiglia trova ulteriori ele­menti di dialogo, confronto e collaborazione proprio nel caso di minori inseriti in famiglie diverse da quella di origi­ne. Sul diritto dei minori ad avere una famiglia idonea e stabile, si veda fra l'altro: L. Alloero, M. Pavone, A. Rosati, Siamo tutti figli adottivi, Rosenberg & Sellier, Torino, 1991.

 

 

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