ELEZIONI
SCOLASTICHE E MINORI IN AFFIDAMENTO PREADOTTIVO O EDUCATIVO
MARISA PAVONE
In relazione alle elezioni per il rinnovo degli
organi collegiali della scuola a durata triennale il Ministero della pubblica
istruzione ha emesso tre ordinanze aventi per oggetto il "testo unificato"
delle disposizioni concernenti rispettivamente gli organi a livello di circolo
e di istituto, di Consiglio scolastico distrettuale, del Consiglio scolastico
provinciale (1)
A proposito dell'elettorato attivo e passivo dei genitori
degli alunni, si legge nelle ordinanze che questo spetta «ad entrambi i genitori e a coloro che ne fanno legalmente le veci,
intendendosi come tali le sole persone fisiche alle quali siano attribuiti,
con provvedimento dell'autorità giudiziaria, poteri tutelari, ai sensi
dell'art. 348 del codice civile. Sono escluse, pertanto, le persone
giuridiche, in quanto, ai sensi dell'art. 20 del decreto del Presidente della
Repubblica 31 maggio 1974, n. 416, il voto è personale» (2).
La disposizione ha sollevato non poche perplessità,
sia perché non contempla tutte le forme di affidamento di minore oggi previste
dal codice civile, sia perché rischia di escludere di fatto - se la sua lettura
non viene integrata con quella di altre norme vigenti - tutte le famiglie
affidatarie ai sensi della legge 4 maggio 1983, n. 184, che accolgono in modo
stabile un minore in affidamento a scopo educativo. Sono, altresì, escluse
tutte le persone che hanno minori in affidamento preadottivo.
Come abbiamo illustrato in un'altra nota (3), diversa
può essere la situazione familiare che riguarda gli alunni iscritti a scuola.
Il solo riferimento all'art. 348 del codice civile non è esaustivo. Esso
riguarda solamente la scelta del tutore in seguito alla morte di una persona che
abbia lasciato figli in età minore o alla nascita di un figlio di genitori
ignoti. In quest'ultimo caso, il minore deve essere inserito quanto prima in
una famiglia adottiva ed assumerà lo stato di figlio legittimo degli adottanti.
Nel caso di decesso del genitore che ha esercitato per ultimo la potestà, il
giudice tutelare nomina tutore, salvo sussistano gravi motivi, la persona
designata dal genitore stesso per testamento, per atto pubblico o per
scrittura privata autenticata. Se manca tale designazione, la scelta avviene
preferibilmente tra gli ascendenti o tra gli altri prossimi parenti o affini.
È chiaro che il solo riferimento all'art. 348 del
codice civile non comprende la grande maggioranza delle altre situazioni in
cui si vengono a trovare oggi alcuni dei minori iscritti a scuola, previste
dallo stesso codice civile agli articoli 330 ("Decadenza della potestà sui
figli"), 333 ("Condotta pregiudizievole ai figli"), 343
("Apertura alla tutela") e successivi. Soprattutto, non contempla le
situazioni di affidamento preadottivo e quella di affidamento familiare a
scopo educativo previste dalla legge 4 maggio 1983, n. 184. L'affidamento
familiare a scopo educativo è oggi alquanto frequente proprio perché indicato
dal legislatore come intervento prioritario da attuare nei confronti di un
minore «che sia temporaneamente privo di
un ambiente familiare idoneo» (art. 2, comma 1).
Necessità di una lettura integrata
Va ricordato, innanzitutto, che l'elettorato attivo
e passivo non può essere limitato ai soli soggetti previsti dall'art. 348 del
codice civile. Il diritto all'educazione anche scolastica del minore è
garantito, autonomamente, dalla Costituzione, art. 30, comma 2,
indipendentemente da chi eserciti la tutela. Inoltre, come si è visto, limitazioni
o sospensioni della potestà parentale, con possibilità di allontanamento del
minore, sono previste dagli art. 330, 333 e 343 del codice civile,
nell'interesse del minore stesso.
È ovvio che nel caso di affidamento preadottivo la
famiglia in cui è inserito il bambino svolge i compiti propri dei genitori
essendo sospesa la potestà parentale dei genitori di origine. Ma à anche fuori
di dubbio che tra i compiti delle persone con minori in affidamento familiare
a scopo educativo è compreso quello di istruire il minore. Recita l'art. 5,
comma 1, della legge 184/1983: «L'affidatario
deve accogliere presso di sé il minore e provvedere al suo mantenimento e alla
sua educazione e istruzione, tenendo conto dei genitori per i quali non vi sia
stata pronuncia ai sensi degli articoli 330 e 333 del codice civile, o del
tutore, ed osservando le prescrizioni eventualmente stabilite dall'autorità
affidante».
Tenuto conto del fatto che l'affidamento familiare a
scopo educativo può essere disposto:
- dai servizi dell'ente locale, se c'è il consenso
dei genitori di origine o del tutore;
- dal Tribunale per i minorenni, se manca tale
assenso, ma è ritenuto indispensabile nell'interesse del bambino,
va
ricordato che «la giurisprudenza di
merito, pur pronunciandosi raramente sulla questione, ha deciso che
l'affidamento familiare (...) trasferisce all'affidatario la potestà parentale
nella pienezza; questi, poiché deve provvedere alla cura del minore,
sostituisce ex lege i genitori nell'esercizio della funzione educativa»
(4).
La Corte di Cassazione, con sentenza 17 ottobre
1980, n. 5594, ha stabilito che gli affidatari sono titolari di poteri analoghi
a quelli dei genitori esercenti la potestà e che pertanto devono ritenersi
titolari di diritti soggettivi tutelabili in via giurisdizionale (5). Poiché,
«i genitori legittimi, cui spetta l'esercizio della potestà, possono vantare un
diritto soggettivo, in quanto pur se tale esercizio viene definito in dottrina
come un potere-dovere, il diritto dei genitori di mantenere, istruire ed
educare i figli, è riconosciuto dall'art. 30 della Costituzione», la Suprema
Corte ha ritenuto che gli affidatari «siano stati "delegati"
all'attuazione delle funzioni tutelari» (6).
Proprio sulla elezione dei rappresentanti dei
genitori negli organi collegiali scolastici e a proposito del tenore dell'art.
19 del Dpr 31 maggio 1974 n. 416, si è pronunciato il Tribunale per i minorenni
di Firenze, con decreto 5 novembre 1976, favorevole alla famiglia affidataria
(7).
Recita tale decreto: «Ritenuto che agli affidatari - gli unici ad essere, in concreto,
obbligati a educare e ad istruire un minore - non possono non essere stati
attribuiti i correlativi poteri, fra i quali quello di partecipare agli
adempimenti per la costituzione ed attività degli organi collegiali elettivi
della scuola frequentata dal minore;
«ritenuto
che la conferma di tale conclusione per quanto concerne l'attribuzione dei
poteri connessi alla funzione educatrice, è da rinvenirsi proprio nella stessa
disposizione dell'art. 19 del DPR 31 maggio 1974, n. 416, il quale, per la elezione
dei rappresentanti dei genitori degli alunni negli organi collegiali,
stabilisce che l'elettorato attivo e passivo spetta ai genitori degli alunni o
a chi ne fa legalmente le veci;
«ritenuto cioè
che il legislatore, proprio con l'espressione "chi ne fa le veci" al
posto della usuale "esercente la patria potestà" non ha inteso solo
riferirsi a coloro che, al posto dei genitori esercitano la potestà parentale
(tutori, adottanti in via ordinaria, affilianti, ecc.), ma altresì a tutti
coloro che per provvedimento del giudice (affidamento) (...) sostituiscono ex
lege i genitori nell'esercizio della funzione educatrice» decreta (...).
Va precisato, fra l'altro, che la pronuncia del
Tribunale per i minorenni di Firenze è precedente alla legge n. 183/1984 che
ha, fra l'altro, disciplinato per la prima volta nel nostro Paese
l'affidamento familiare a scopo educativo. Tali argomentazioni paiono oggi
ancora più pregnanti alla luce delle nuove disposizioni, sia per quanto
riguarda gli affidamenti disposti d'intesa con i genitori d'origine, sia - a
maggior ragione - per quelli decisi dal Tribunale per i minorenni.
Necessità di una integrazione dei testi unificati
Una lettura integrata fra le disposizioni contenute
nelle ordinanze ministeriali nn. 215, 216, 217 del luglio 1991 e le altre leggi
citate, alla luce dell'indirizzo giurisprudenziale richiamato, può consentire
da un lato il pieno esercizio del diritto di elettorato attivo e passivo anche
per le famiglie affidatarie (8), dall'altro scongiurare possibili ricorsi in
via giurisdizionale.
È comunque necessario, a nostro avviso, provvedere ad
una integrazione delle ordinanze ministeriali del luglio '91, che sostituiscono
a loro volta le ordinanze ministeriali 5.10.1976, 24.11.1976 e 25.11.1976 e
successive integrazioni e modificazioni.
Spiace dover sottolineare, tuttavia, che di tutto
questo delicato argomento giuridico non si siano fatto carico gli estensori
dei Testi unificati, i quali hanno ritenuto - giustamente - di conservare la
disposizione delle ordinanze del 1976, là dove prevedono che «i rappresentanti legali degli istituti, ai
quali sono affidati i minori, possono essere sentiti dal consiglio di circolo e
di istituto sui problemi inerenti alla formazione degli alunni loro affidati».
In
questo modo i nuovi testi unificati si preoccupano unicamente dei rapporti con
eventuali istituti di assistenza in cui possono essere inseriti minori che
frequentano la scuola esterna, dimenticando di fatto gli altri interventi
previsti dalla legge n. 184/1983: l'inserimento in una famiglia affidataria o
in una comunità di tipo familiare.
Né si può dire che il ricovero in istituto sia la
soluzione privilegiata dal legislatore; anzi, è l'ultima delle soluzioni
indicate.
Le priorità di intervento sono infatti stabilite
dall'art. 2 della legge 184/1983: «Il
minore che sia temporaneamente privo di un ambiente familiare idoneo può essere
affidato ad un'altra famiglia, possibilmente con figli minori, o ad una persona
singola, o ad una comunità di tipo familiare, al fine di assicurargli il
mantenimento, l'educazione e l'istruzione.
«Ove non sia
possibile un conveniente affidamento familiare, è consentito il ricovero del
minore in un istituto di assistenza pubblico o privato da realizzarsi di
preferenza nell'ambito della regione di residenza del minore stesso».
Tali priorità e
tale articolazione dovranno essere tenute presenti al momento di una
doverosa modifica dei testi unificati.
(1) Ordinanza ministeriale n. 215 del
15 luglio 1991, "Testo unificato delle disposizioni concernenti
l'elezione degli organi collegiali a livello di circolo e di istituto";
O.M. n. 216 del 15 luglio 1991, "Testo unificato delle disposizioni concernenti
l'elezione degli organi. collegiali a livello di consiglio scolastico
distrettuale"; O.M. n. 217 del 15 luglio 1991, "Elezioni del
consiglio scolastico provinciale".
(2) Cfr.: per le elezioni di Circolo
e di Istituto,O.M. n. 215/1991, art. 7, punto 4; per le elezioni distrettuali,
O.M. n. 216/1991, art. 6, punto 1; per le elezioni del consiglio scolastico
provinciale, O.M. n. 217/1991, art. 7, punto 1.
(3) Cfr.: M. Pavone, "I documenti scolastici dei minori
in adozione o affidamento familiare", in questo numero.
(4) Cfr. F. Ichino Pellizzi, Esperienze di affido familiare tra ipotesi
legislativa e realtà, Franco Angeli, Milano, 1986, P.
(5) In Foro italiano,
1981, I, 69, col. 76-77 e in Ichino Pellizzi, cit., p. 43.
(6) Ibidem.
(7) Cfr. F. Ichino Pellizzi, cit. p.
42, alla cui nota 15 si rimanda, fra l'altro, per l'ampia bibliografia
relativa all'indirizzo giurisprudenziale.
(8) Il
rapporto tra scuola e famiglia trova ulteriori elementi di dialogo, confronto
e collaborazione proprio nel caso di minori inseriti in famiglie diverse da
quella di origine. Sul diritto dei minori ad avere una famiglia idonea e
stabile, si veda fra l'altro: L. Alloero, M. Pavone, A. Rosati, Siamo tutti figli adottivi, Rosenberg
& Sellier, Torino, 1991.
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