Prospettive assistenziali, n. 97, gennaio-marzo 1992

 

 

I DOCUMENTI SCOLASTICI DEI MINORI IN ADOZIONE O AFFIDAMENTO FAMILIARE

MARISA PAVONE (*)

 

 

Con sempre maggiore frequenza, capi istituto o singoli insegnanti si trovano a dover affrontare concretamente situazioni che riguardano alunni in affidamento preadottivo, in affidamento familiare o in adozione.

Qualche esempio. Con che cognome iscrivere a scuola un minore in affidamento preadottivo? Negli elenchi dei genitori aventi diritto al voto per l'elezione degli organi collegiali scolastici, debbono essere inseriti i genitori di origine, op­pure quelli affidatari? Ancora: come debbono essere compilate le certificazioni scolastiche per conciliare due diverse esigenze: la necessi­tà che tali documenti ufficiali vengano intestati con il nome reale dell'alunno al momento in cui sono emessi e la necessità - altrettanto impor­tante - di non consentire l'eventuale identifica­zione di un minore "a rischio giuridico di adozio­ne" o in affidamento preadottivo? Come compi­lare i tabelloni scolastici, in modo da soddisfare le stesse contrastanti esigenze or ora citate?

Tanti altri interrogativi possono sorgere, sin dal momento delle iscrizioni (residenza dell'alunno, certificati di vaccinazione...) e, via via, durante l'anno scolastico.

Può essere particolarmente utile, perciò, indivi­duare alcuni dei principali problemi che si sono presentati nella pratica quotidiana e, a fianco di ognuno, indicare ciò che le leggi o le norme am­ministrative espressamente prevedono, oppure come - in assenza di indicazioni precise del le­gislatore o dell'amministrazione scolastica - tali problemi possono essere affrontati sulla base delle esperienze già realizzate, nell'interesse primario del minore e del suo diritto alla riserva­tezza.

 

Rapporti tra minori e famiglia d'origine

Diversa può essere, innanzitutto, la situazione familiare o extrafamiliare che riguarda i singoli minori iscritti a scuola. Sostanzialmente, si pos­sono verificare i seguenti casi:

- minori che vivono stabilmente con i genitori di origine (o con uno solo di questi);

- minori che vivono stabilmente con parenti sino al quarto grado (nonni, zii...);

- minori in affidamento pre-adottivo (di solito, dura un anno);

- minori in adozione;

- minori in adozione "in casi particolari" (co­me previsto dall'art. 44 della legge 184/1983: adozione da parte di parenti fino al sesto grado e di persone con le quali vi erano rapporti stabili e duraturi preesistenti alla perdita dei genitori; adozione da parte del coniuge, nel caso in cui il minore sia figlio adottivo dell'altro coniuge...);

- minori in affidamento familiare a scopo edu­cativo, deciso con il consenso della famiglia di origine tramite il servizio sociale dell'Ente locale;

- minori in affidamento familiare a scopo edu­cativo, realizzato senza il consenso della fami­glia di origine, ma disposto dal Tribunale per i minorenni nell'interesse del bambino o del ra­gazzo;

- minori che vivono in istituto o in comunità-­alloggio;

- minori che vivono per più di sei mesi presso terzi, cioè persone non parenti sino al quarto grado (1).

Ai fini di un discorso focalizzato sulla situazio­ne familiare del minore in relazione alla iscrizio­ne ed alla frequenza scolastica, è utile, inoltre, conoscere se il bambino o il ragazzo stesso mantiene o meno i rapporti con i genitori e/o pa­renti sino al quarto grado e in quale misura.

Nel caso di affidamento familiare a scopo educativo, di inserimento in una comunità-allog­gio o di ricovero in istituto, il minore può trovarsi nella condizione in cui continua a mantenere rapporti con la famiglia d'origine o con uno solo dei genitori, oppure - per decisione del Tribu­nale per i minorenni - a non avere più alcun rapporto o a conservare rapporti limitati. Vi sono anche casi in cui il Tribunale stesso stabilisceche il bambino (o il ragazzo) può continuare ad incontrare uno od entrambi i genitori in "sede neutra" (ad esempio, presso i servizi sociali del Comune o dell'USL), con cadenze periodiche preventivamente fissate.

Dal punto di vista dei genitori d'origine, pos­siamo invece trovarci nella situazione in cui:

- continuano ad esercitare la potestà paren­tale nei confronti di figli accolti per periodi più o meno lunghi presso altra famiglia;

- la potestà parentale è sospesa;

- la potestà parentale è stata dichiarata de­caduta dall'autorità giudiziaria.

È ovvio che, in relazione alle singole situazio­ni, diverse sono le conseguenze rispetto ai pro­blemi che si pongono nel corso della frequenza scolastica.

 

Le questioni che riguardano la residenza

Anche sotto questo profilo, la casistica è mol­to variegata. Vediamo le situazioni più comuni.

 

Affidamenti familiari a scopo educativo decisi consensualmente con i genitori di origine

Il minore può conservare la residenza presso il suo nucleo familiare primario o assumerla presso la famiglia affidataria.

 

Affidamenti familiari non consensuali

Anche in questo caso, il minore può continua­re a mantenere la residenza presso il suo nu­cleo di origine o assumere quella degli affidatari. In alcune realtà locali, di fronte a determinate si­tuazioni rispetto alle quali è particolarmente im­portante difendere la riservatezza del minore, l'Ente affidante (Comune, USL) -che, in genere, è anche quello che ha la tutela del minore stes­so - ha scelto un'altra strada: iscrivere il bambi­no o il ragazzo, per tutto il tempo necessario a ridargli uno status familiare certo, in una resi­denza anagrafica convenzionale presso un pro­prio servizio (ad esempio, la sede di una comu­nità alloggio).

 

Affidamenti a rischio giuridico di adozione

L'esperienza relativa al servizio di affidamento familiare ha mostrato come si possano verifica­re situazioni in cui i minori, inizialmente affidati a scopo educativo ad una famiglia, diventino in seguito adottabili. Di fronte a questi casi, sono necessarie alcune precauzioni per evitare un nuovo successivo sradicamento.

Tali situazioni sono state, fra l'altro, definite da una "Intesa" tra Tribunale per i minorenni - Re­gione Piemonte - Comune di Torino come quelle relative a casi di minori a rischio giuridico di ado­zione, cioè di bambini o ragazzi per i quali la ma­gistratura minorile ha aperto una procedura di adottabilità che, in caso di ricorsi, può durare anche diversi anni. Per evitare una permanenza prolungata in istituto o in comunità, in attesa di una decisione definitiva, tale "Intesa" prevede - prima in Italia - che si possa disporre un affida­mento a scopo educativo ad una famiglia già di­chiarata idonea all'adozione. In seguito, se la di­chiarazione di adottabilità diventa definitiva, l'af­fidamento familiare è trasformato in adozione, evitando al minore nuovi traumi di separazione.

Il minore "a rischio giuridico di adozione" vie­ne, in genere, iscritto presso la residenza ana­grafica convenzionale creata dall'ente che ha in carico il caso.

 

Differenze tra adozione e affidamento familiare

 

Affidamento familiare

Adozione

Ha lo scopo di assicurare ad un minore che - per diversi motivi - non può per un tempo più o meno lungo continuare a vivere con i suoi genitori o parenti, di crescere in un ambiente familiare ed evitare il ricovero in istituto.

 

L 'affidamento può essere disposto:

- dai servizi dell'ente locale, se c'è il consenso dei genitori d'origine o del tutore;

- dal Tribunale per i minorenni, se manca tale assenso, ma l'affidamento stesso è ritenuto indi­spensabile nell'interesse del bambino.

 

L'affidamento familiare ha un carattere esclusivamente educativo, non interrompe i rapporti con la famiglia di origine e non determina alcun rapporto di parentela fra minore affidato e famiglia affidataria. L'affidamento cessa al compimento dei 18° anno di età da parte del minore.

Ha lo scopo esclusivo di dare un famiglia ai minori che ne sono privi e che si trovano in situazione di abbandono morale e ma­teriale. La dichiarazione di adozione è preceduta da un anno di affidamento preadottivo (da non con­fondersi con l'affidamento familiare). Sono adottabili solo i minori dichiarati in stato di adottabilità dal Tribunale per i minorenni, perché privi di assistenza materiale e morale da parte dei genitori o dei parenti tenuti a provve­dervi.

 

 

 

 

Con l'adozione cessa ogni rapporto dell'adotta­to con la famiglia d'origi­ne. L'adottato assume lo stato di figlio legittimo de­gli adottanti, oltre a stabi­lire pieni rapporti di pa­rentela con tutti i con­giunti degli adottanti.

Fonte: M. Pavone, F. Tonizzo, M. Tortello, Dalla parte dei bambini, Rosenberg & Sellier, Torino, 1989.

 

 

Adozioni

Per evitare che la famiglia in cui vive il minore (e nell'intento primario di tutelare il diritto alla ri­servatezza del bambino stesso), nel periodo di affidamento preadottivo il minore può essere iscritto presso la residenza anagrafica conven­zionale stabilita dall'ente locale. Ciò vale, ovvia­mente, per gli affidamenti pre-adottivi che ri­guardano bambini italiani e non nel caso di ado­zione internazionale. In quest'ultimo caso, il mi­nore viene iscritto sullo stato di famiglia dei futu­ri genitori adottivi, su presentazione del decreto di affidamento pre-adottivo.

 

Le questioni che riguardano l'iscrizione scolastica

L'iscrizione al nido, alla scuola materna e dell'obbligo va fatta sulla base della residenza di fatto del minore. La famiglia affidataria deve pre­sentare una dichiarazione che attesti l'affida­mento.

Nel caso di affidamenti a rischio o di affida­menti pre-adottivi di minori italiani, la dichiara­zione dovrebbe essere rilasciata dal Tribunale per i minorenni al momento dell'abbinamento. Per le stesse ragioni di riservatezza prima citate, è opportuno che le scuole si limitino a prendere solo visione di tale dichiarazione e non la trat­tengano nel fascicolo personale del minore. Analogamente, si dovrebbe procedere per tutti gli altri documenti necessari per l'iscrizione. Nel fascicolo stesso potrebbe essere inserita una dichiarazione del capo d'istituto che attesta di aver preso visione di tutto quanto richiesto per l'iscrizione.

Vi sono regolamenti relativi all'organizzazione di asili nido e scuole materne (redatti dall'ente locale, da organi collegiali scolastici o da altre istituzioni), per i quali la situazione di affidamen­to familiare a scopo educativo costituisce priori­tà per l'accoglimento della domanda di iscrizio­ne. Sugli elenchi riguardanti l'avvenuta ammis­sione non dovrebbero, però, essere riportati i nomi d'origine dei minori in affidamento pre­adottivo, per evitarne l'identificazione.

 

Le certificazioni scolastiche

Le pagelle sono documenti ufficiali e, come tali, necessariamente devono essere intestate con il nome reale che il minore ha nel momento in cui vengono emesse. È opportuno, però, usa­re tutti quegli accorgimenti che possono con­sentire al minore stesso di non essere conside­rato "diverso" e, soprattutto, di non essere iden­tificato. Fra gli accorgimenti possibili, da sce­gliere in relazione al singolo caso: la compila­zione di doppie pagelle; oppure, la consegna di quelle ufficiali alle persone che hanno minori in affidamento preadottivo; e ancora, l'uso preva­lente del nome e del doppio cognome, antepo­nendo quello degli affidatari; ecc.

Lo stesso discorso vale per i tabelloni scola­stici, che hanno un analogo carattere di ufficiali­tà. In alcuni casi, può essere utile concordare con la famiglia affidataria come "far apparire" il nome del minore in bacheca, nell'interesse esclusivo di quest'ultimo e per la tutela della do­verosa riservatezza.

Non si ha notizia di "protocolli" relativi a que­sta delicata materia, stilati con la partecipazione di Provveditorati agli studi, Enti locali e giudici per i minorenni. È bene, comunque, che i do­centi facciano presente ai capi istituto la prassi ritenuta più opportuna per affrontare i singoli casi, in modo che questa possa essere nota e restare agli atti.

Anche a questo riguardo, è importante presta­re la dovuta attenzione per evitare indicazioni che consentano a terze persone il collegamento tra il cognome di origine e quello della futura fa­miglia adottiva, oppure per evitare che il minore si veda costretto a far conoscere ai compagni di scuola la sua situazione.

 

Organi collegiali scolastici e diritto di voto

Sull'argomento vedasi in questo numero l'arti­colo "Elezioni scolastiche e minori in affidamen­to preadottivo o educativo”.

 

I trasferimenti scolastici

Il nulla-osta per i trasferimenti viene trasmes­so d'ufficio e indica il nome della scuola presso la quale avviene il passaggio. In casi di affida­menti "a rischio giuridico di adozione" o di affi­damenti pre-adottivi (nel solo caso di adozione nazionale), questa prassi rischia di esporre il minore interessato a interferenze arbitrarie della sua privacy. Sarebbe opportuno che l'ammini­strazione scolastica fosse autorizzata ad assu­mere le iniziative necessarie per poter redigere un nulla-osta più generico che consenta il tra­sferimento ad altra scuola senza fornire gli estremi per identificare la nuova situazione sco­lastica (e, quindi, anche familiare) del minore. Tale certificato potrebbe essere consegnato agli operatori rappresentanti del tutore che ne aves­se fatto esplicita richiesta.

 

Le gite scolastiche

L'autorizzazione deve essere firmata da chi esercita la potestà parentale o dal tutore. Per evitare complicazioni dell'ultima ora, è bene de­positare presso la scuola all'inizio dell'anno una dichiarazione nella quale chi esercita la potestà parentale o il tutore esprime consenso a che il minore svolga tutte le attività organizzate dalla scuola, comprese le uscite esterne. Rispetto ad ogni singola iniziativa, sarà poi sufficiente la sola firma degli affidatari. In questo quadro, un pro­blema specifico è quello che riguarda carte di identità e passaporti. Tali documenti possono essere richiesti solo dai genitori o dal tutore. In casi eccezionali, il giudice tutelare può autoriz­zarne l'espatrio, ad esempio a scopo turistico, in assenza del consenso dei genitori. Tuttavia, è bene organizzarsi in modo da non aver bisogno di seguire questa prassi che peraltro - essendo discrezionale e richiedendo più tempo - non assicura un risultato certo. Per soggiorni di va­canza e di studio, l'autorizzazione deve essere data dai genitori o dal tutore.

 

Necessità di "Intese" anche locali

Per molti problemi - che pure quotidianamen­te assillano famiglie, capi istituto e docenti - non vi sono indicazioni precise da parte della amministrazione scolastica centrale. È necessa­rio, quindi, fare riferimento alle prassi instaurate in alcune aree territoriali, sollecitate più di altre dall'incalzare dei problemi.

Ma, nell'interesse primario dei minori, c'è for­se bisogno di fare un passo in avanti decisivo, che eviti una alea di incertezza, con tutti i rischi che ciò può comportare per i soggetti più debo­li: i bambini ed i ragazzi stessi.

Da alcune parti, è stata avanzata l'ipotesi dì stipulare "Intese" a livello locale che coinvolga­no Scuola, Comuni e USL, Tribunale per i mino­renni, come già si sta facendo rispetto ad altri problemi che chiamano in causa le competenze di enti diversi (l'handicap, il disagio scolasti­co...).

In ogni caso, è opportuno che l'amministra­zione scolastica - i cui operatori a tutti i livelli sono comunque chiamati in causa dalla legge 184/1983 che disciplina l'adozione e l'affida­mento familiare - assuma le iniziative necessa­rie per garantire, sentito il parere dell'autorità giudiziaria minorile e degli Enti locali, il rispetto dell'anonimato e il diritto ad una crescita senza nuovi traumi di tutti quei minori che, per motivi più diversi, hanno trovato un nuovo status fami­liare.

 

 

 

(*) L'articolo è ripreso da “Scuola e Didattica”, n. 4, 15 ottobre 1991.

(1) A proposito di quest'ultima situazione, va ricordato che la legge 184/1983, art. 9, quinto e sesto comma, stabi­lisce: «Chiunque, non essendo parente entro il quarto gra­do, accoglie stabilmente nella propria abitazione un minore, qualora l'accoglienza si protragga stabilmente per un perio­do superiore ai sei mesi, deve, trascorso tale periodo, darne segnalazione al giudice tutelare (...). La omissione della se­gnalazione può comportare l'inidoneità ad ottenere affida­menti familiari o adottivi e l'incapacità all'ufficio tutelare. Nello stesso termine di cui al comma precedente uguale se­gnalazione deve essere effettuata dal genitore che affidi stabilmente a chi non sia parente entro il quarto grado il fi­glio minore per un periodo non inferiore a sei mesi».

 

 

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