Prospettive assistenziali, n. 97, gennaio-marzo 1992

 

 

Editoriale

 

LA LEGGE-QUADRO SULL'HANDICAP: UNA SCATOLA VUOTA

 

 

Dopo anni di proposte, di lotte e di speranze, finalmente è stata promulgata la legge 5 feb­braio 1992 n. 104 "Legge-quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate" (cfr. Gazzetta Ufficiale, Supplemento Ordinario n. 39 del 17 febbraio 1992).

Ma, dopo tanta attesa, gli handicappati, le loro famiglie, gli operatori della scuola e dei servizi, le associazioni di tutela si trovano di fronte ad una scatola pressoché vuota, il cui involucro pare predisposto più ai fini della campagna elettorale per il rinnovo delle Camere, che allo scopo di sancire i diritti fondamentali delle persone handicappate e di renderli esigibili.

 

Una scatola vuota

Che la nuova legge-quadro sull'handicap sia una scatola pressoché vuota è dimostrato dalle seguenti constatazioni:

1. le norme non esplicitano in modo inequivo­cabile i diritti degli handicappati, salvo l'enun­ciazione di quelli all'educazione e all'istruzione nelle sezioni e classi comuni (art. 12);

2. non vengono sanciti nuovi diritti sostanziali rispetto a quelli già previsti dalle altre leggi in vi­gore;

3. la legge non prevede procedure specifiche per rendere i servizi direttamente esigibili; essi possono essere attuati o non essere istituiti, senza alcuna possibilità di intervento o di ricor­so degli handicappati e dei loro familiari nei confronti della pubblica amministrazione;

4. le prestazioni riguardano indifferentemente tutti gli handicappati, senza che di volta in volta venga fatto riferimento alla piena, ridotta o nulla autonomia, con il rischio di un inutile assisten­zialismo;

5. non vi sono adeguamenti o modifiche alla legge 482/1968 sul collocamento obbligatorio al lavoro (1), nonostante che la Corte costituziona­le - con la sentenza n. 50 del 1990 - abbia per l'ennesima volta rivolto «un pressante invito a che il Parlamento possa sollecitamente appre­stare una completa normativa in tema di avvia­mento al lavoro dei soggetti invalidi»;

6. è prevista l'erogazione di fondi a enti, asso­ciazioni, cooperative che non sono tenute ad assumere handicappati, essendo solamente ri­chiesto che «svolgano attività idonee a favorire l'inserimento e l'integrazione lavorativa di perso­ne handicappate»;

7. fra le forme di "integrazione lavorativa" (art. 18) sono inclusi i centri di lavoro guidato e cioè i vecchi, sorpassati e deleteri "laboratori protetti"; nessun strumento concreto viene invece assi­curato per l'effettivo inserimento nei posti di la­voro normali e per incentivarne la realizzazione;

8. nulla è stabilito per l'aggregazione dei Co­muni con poche decine o poche centinaia di abitanti, che da soli non sono in grado di istituire i servizi previsti dalla legge;

9. non essendo sancito il diritto degli handi­cappati a numerosi servizi (ad esempio, la fre­quenza dei centri diurni per coloro che, a causa delle loro condizioni intellettive e/o fisiche, non sono in grado di svolgere alcuna attività lavorati­va), le norme sulla astensione facoltativa dal la­voro dei loro familiari (art. 33) rischiano di esse­re usate dalle Amministrazioni (Comuni, USL) per addossare ai congiunti compiti e funzioni che competono ai servizi;

10. la copertura finanziaria è fortemente ina­deguata ai veri bisogni (vengono stanziati 120 miliardi di lire per il 1992 e 150 miliardi a partire dal 1993, per un totale di 270 miliardi e non di 420 miliardi come è stato comunicato dal Mini­stero degli affari sociali alle Agenzie di stampa e successivamente mai corretto); ma l'aspetto an­cora più grave è che le "condizioni" imposte dal­la Commissione Bilancio della Camera dei de­putati hanno stravolto radicalmente il significato di molti articoli-chiave, col risultato di non sanci­re più diritti inalienabili, ma di concedere "per favore" ciò che invece va garantito per diritto;

11. non vengono affrontati i temi dell'interdi­zione e della inabilitazione, nonostante che le norme in vigore non rispondano più alle esigen­ze delle persone handicappate prive di autono­mia e che - da anni - eminenti giuristi abbiano formulato significative proposte di modifica.

Forse, i Parlamentari che hanno varato la leg­ge-quadro ritengono che le persone handicap­pate, i loro familiari, le associazioni siano inca­paci di analizzare e valutare un testo legislativo e che si accontentino, come è avvenuto anni or sono, di semplici promesse. Può essere questa una spiegazione per capire perché la legge­quadro sull'handicap sia infarcita di «le Regioni, i Comuni, le USL, possono...» (invece di "garanti­scono", "assicurano", "devono"), frequentemen­te con l'aggiunta dell'espressione «nei limiti del­le proprie ordinarie risorse di bilancio».

 

Le attese inevase

La legislazione in vigore relativa all'integrazio­ne sociale, scolastica e lavorativa delle persone handicappate - al di là della legge-quadro - abbraccia oggi quasi tutti gli aspetti del proble­ma; prima ancora di essere modificate, molte norme debbono essere pienamente applicate e, semmai, vi era bisogno di superare la frammentarietà delle disposizioni e di raccoglierle in un provvedimento organico.

Perciò, la legge-quadro sull'handicap doveva rappresentare il riordino della delicata e com­plessa materia, ai fini di garantire l'effettivo inse­rimento sociale, scolastico, lavorativo e di assi­curare il raggiungimento della massima autono­mia possibile delle singole persone handicap­pate.

Vi era anche la necessità di varare una legge che superasse il luogo comune handicappato = soggetto di assistenza, prevedendo, da una par­te, quegli interventi che possono garantire una piena o una sufficiente autonomia (sostegno al nucleo familiare, abolizione delle barriere archi­tettoniche, continuità dell'intervento educativo dopo la scuola dell'obbligo, formazione pre-la­vorativa, inserimento al lavoro, trasporti accessi­bili...) e lasciando, d'altra parte, al settore assi­stenziale solo la soluzione di quei problemi che non è possibile risolvere diversamente a causa della gravità delle condizioni dei soggetti.

Il testo licenziato definitivamente dal Parla­mento al termine della decima legislatura repub­blicana non solo non provvede ad un significati­vo riordino delle disposizioni già in vigore (sia sufficiente ricordare che la legge-quadro non specifica il rapporto da prevedere tra insegnanti di sostegno e alunni handicappati, ma rimanda direttamente alle leggi vigenti relative ai singoli ordini di scuola!), non solo non fa chiarezza ri­spetto ad alcuni problemi aperti (ad esempio, le Regioni dovranno gestire le risorse finanziarie provenienti dal Fondo per l'integrazione istituito presso la Presidenza del Consiglio-Dipartimento per gli affari sociali, ma non sono obbligate a le­giferare in materia), ma introduce nuovi motivi di incertezza e di contraddizione circa le compe­tenze effettive degli enti e l'esigibilità dei servizi.

Merita ancora una volta sottolineare ciò che è capitato a proposito dell'art. 28 della legge 118/ 1971, là dove prevedeva: «Sarà facilitata la fre­quenza alle scuole medie superiori». Ci sono vo­luti sedici anni ed una sentenza della Corte co­stituzionale (n. 215/1987) per cambiare «sarà» in un prescrittivo «è» e «facilitata» in un «assicu­rata», per rendere effettivo tale diritto. Quanti ri­corsi alla Corte costituzionale dovremmo mette­re in cantiere nei prossimi anni per chiedere che siano resi esigibili i diritti fondamentali degli handicappati? E quali garanzie ci sono circa l'accoglimento dei ricorsi?

 

Una politica miope del legislatore

Nessuna prescrittività è prevista dalla legge­quadro rispetto al sostegno alla famiglia d'origi­ne ed agli interventi a livello domiciliare, specie nel caso di handicap gravi. Nessuno incentivo viene dato per assicurare l'effettivo inserimento al lavoro in normali aziende pubbliche o private di quegli handicappati con ridotta capacità lavo­rativa, ma per i quali una occupazione può ga­rantire un buon livello di autonomia e l'uscita dal circuito assistenziale. Tali disposizioni non ap­paiono nel testo definitivo. Una politica miope. «Non si può non esprimere un vivo rammarico anche perché in una visione della finanza pubbli­ca capace di valutare i costi sociali effettivi, non limitandosi a pure operazioni contabili, ambedue le disposizioni (le agevolazioni per le persone con handicappati gravissimi e la fiscalizzazione degli oneri sociali in caso di assunzione di handi­cappati con ridotta capacità lavorativa, ndr), favo­rendo da un lato l'autonomia delle persone e dall'altro la loro deistituzionalizzazione, determi­nerebbero un risparmio globale e complessivo nel settore assistenziale». L'osservazione non è nostra, ma del democristiano Lino Armellin, Re­latore della legge-quadro sull'handicap alla Ca­mera dei deputati e Presidente della Commis­sione affari sociali di Montecitorio, il quale; però, nonostante tali affermazioni, ha chiesto ai colle­ghi parlamentari di approvare il provvedimento. Bella coerenza.

 

Alcune modifiche ottenute dal lavoro delle associazioni

Alcune associazioni (2) hanno seguito co­stantemente, durante tutta la decima legislatura, il dibattito parlamentare sulla legge-quadro sull'handicap, formulando ripetute osservazioni critiche alle diverse "bozze" che si sono susse­guite e presentando costantemente proposte al­ternative al testo di singoli articoli (3). Merita ri­cordare, in questa sede, che - proprio su solle­citazione dei gruppi di base - sono state elimi­nate nel testo definitivo alcune disposizioni estremamente negative:

- la previsione di una Commissione per l'ac­certamento delle "potenzialità" degli handicap­pati, il cui parere favorevole diventava condizio­ne indispensabile per l'inserimento sociale e scolastico e per l'accesso ai relativi servizi (4);

- la reintroduzione esplicita o di fatto delle scuole e delle classi speciali.

Inoltre, l'azione dei suddetti gruppi di base ha consentito modifiche significative, richiamando per i minori handicappati le priorità di intervento alternative al ricovero in istituto, indicate dalla legge 184/1983 (5).

Il testo definitivo della legge-quadro sull'han­dicap prevede che:

1. l'istituzione o l'adattamento di centri socio­riabilitativi ed educativi diurni devono «persegui­re lo scopo di rendere possibile una vita di rela­zione a persone temporaneamente handicappa­te, che abbiano assolto l'obbligo scolastico e le cui verificate potenzialità residue non consenta­no idonee forme di integrazione lavorativa» [art. 8, comma c), lettera l)];

2. le comunità alloggio e i centri socio-riabili­tativi per persone con handicap in situazione di gravità debbono assicurare, «comunque, il diritto all'integrazione sociale e scolastica secondo le modalità stabilite dalla presente legge e nel ri­spetto delle priorità degli interventi di cui alla legge 4 maggio 1983, n. 184» (art. 10, comma 1).

 

Volontariato e associazionismo fra promozione e silenzi

Purtroppo, risultati molto più importanti pote­vano essere ottenuti da una azione congiunta di quelle associazioni ed organizzazioni di volonta­riato o di tutela dei diritti degli handicappati, fi­nalizzata all'esame delle bozze di legge-quadro che via via si sono susseguite e dalla formula­zione di emendamenti migliorativi.

Troppe organizzazioni sono rimaste inattive e non hanno nemmeno partecipato alle iniziative (convegni, tavole rotonde, seminari...) promosse in questi ultimi anni a livello nazionale e lo­cale.

Rari sono stati, inoltre, i documenti elaborati e presentati in sede sindacale a proposito dei contenuti di una legge destinata a condizionare per anni la filosofia dell'integrazione e gli stru­menti concreti messi a disposizione.

Tutto il volontariato e tutto l'associazionismo italiani dovrebbero prestare maggiore attenzio­ne alle discussioni parlamentari; soprattutto, do­vrebbero dare una valutazione autonoma delle norme, senza lasciarsi influenzare - come spesso è avvenuto e avviene - dalle interessate interpretazione di comodo dei politici.

Anche i mass media non hanno fornito in tutti questi anni una informazione adeguata sui con­tenuti e sull'iter della legge-quadro sull'handi­cap. Sia sufficiente ricordare che La Stampa di Torino non ha dato ai suoi lettori nemmeno la semplice notizia della approvazione definitiva della legge o della sua pubblicazione sulla "Gazzetta Ufficiale". Altri quotidiani (ad esempio, il Corriere della Sera) si sono limitati a diffondere le informazioni di auto-elogio fornite dal Ministe­ro per gli affari sociali, senza citare alcuna voce critica e arrivando a scrivere - senza controlla­re il testo della legge-quadro - che i finanzia­menti previsti erano pari a 420 miliardi, mentre sono di soli 120 miliardi per il 1992 e di 150 mi­liardi a partire dal 1993 (art. 42) (6).

 

Che cose fare

La legge-quadro sull'handicap lascia pratica­mente immutata la situazione giuridica e ammi­nistrativa preesistente. Occorre, pertanto, ripar­tire dalle esigenze e dalla dignità delle persone handicappate per ottenere una nuova legge fon­data su diritti esigibili.

Inoltre, è urgentissima una vigorosa azione da parte delle forze sociali e sindacali per evitare che alla scatola vuota della legge quadro si ag­giunga la beffa di una nuova normativa sul collo­camento obbligatorio al lavoro, il cui testo ap­provato dal Senato negli ultimi giorni della deci­ma legislatura è gravemente carente. Vi è, infatti, il pericolo che tale testo venga ora riproposto al­la riapertura delle Camere e varato rapidamente secondo tale stesura (un provvedimento appro­vato da un ramo del Parlamento in una legislatu­ra gode di "corsia preferenziale" nella legislatu­ra successiva).

 

(1) L'estensione del diritto al collocamento obbligatorio delle persone colpite da "minorazione psichica" (art. 19 della legge-quadro) era già stato sancito dalla Corte costi­tuzionale con la sentenza n. 50/1990.

(2) Cfr.: Servizio Studi della Camera dei deputati, Nuovi materiali per l'esame delle proposte di legge-quadro sui portatori di handicap, Dossier n. 268, marzo 1989, Roma, che riassume - fra le altre - le osservazioni critiche di: Fondazione E. Zancan, Fiadda, Unidown, Mac, Movi, Cisl, Uil-Scuola, Comitato per l'integrazione scolastica, Coordi­namento sanità e assistenza fra i movimenti di base (Csa). Fanno parte del Csa, oltre al Comitato per l'integrazione scolastica degli handicappati, le seguenti organizzazioni: Associazione italiana assistenza spastici, sezione di Tori­no; Associazione italiana sclerosi multipla, sezione pie­montese; Associazione nazionale famiglie adottive e affida­tarie; Centro di informazioni politiche ed economiche; Co­gidas; Coordinamento dei Comitati spontanei di quartiere; Coordinamento para e tetraplegici; Gruppo inserimento sociale handicappati Ussl 27; Unione italiana ciechi, sezio­ne di Torino; Unione italiana per la lotta contro la distrofia muscolare, sezione di Torino; Unione per la lotta contro l'emarginazione sociale; Unione per la tutela degli insuffi­cienti mentali.

(3) Cfr. i numeri speciali di Handicap & Scuola, n. 1, anno IV, settembre 1988; n. 1, anno V, settembre 1989; n. 7, an­no VI, aprile 1991; n. 8-9, anno VI, maggio-giugno 1991; n. 3, anno VII, novembre 1991. Cfr., inoltre: Prospettive assi­stenziali, n. 94, aprile-giugno 1991.

(4) Contro una dichiarazione "a priori" di scolarizzabilità e di socialità, si è schierato anche il Ministero della Pubbli­ca Istruzione, Ufficio Studi e Programmazione. Tali consi­derazioni sono state fatte proprie anche dalla Commissio­ne Cultura, Scienza e Istruzione della Camera nel "parere" formulato il 5 novembre 1991.

(5) Le priorità indicate dalla legge 184/1983 ("Disciplina dell'adozione e dell'affidamento familiare") sono le se­guenti: sostegno alla famiglia di origine; servizi primari per l'inserimento sociale, scolastico, lavorativo; adozione di minori in situazione di abbandono morale e materiale; affi­damento familiare a scopo educativo; inserimento in pic­cole comunità alloggio. II ricovero in istituto è previsto co­me ultima risorsa, dopo che sono stati espletati tutti i tenta­tivi precedenti.

(6) Fra i giornali quotidiani che hanno informato i lettori sulla approvazione della legge-quadro sull'handicap, ripor­tando anche le osservazioni critiche di associazioni ed esperti, meritano di essere segnalati: L'Avvenire ("Handi­cap: la legge non soddisfa", 25 gennaio 1992, pag. 1; "Il quadro non è d'autore: sulla legge appena approvata una pioggia di critiche delle associazioni: molti i problemi irri­solti", ibidem, pag. 3; "Per i disabili un atto dovuto", 28 gen­naio, pag. 14; "Un sostegno solo a parole. Le difficoltà della recente norma quadro in materia scolastica", 29 gennaio, pag. 2 dell'inserto scuola; "Cura al disabile. Ora è legge", 1 febbraio, pag. 12; "Disabili: critiche, non polemica. Il mini­stro Rosa Russo Jervolino replica alle associazioni", 5 feb­braio, pag. 7); L'Unità ("Carta dei diritti per l'handicap. Ri­schia di restare sulla carta", 23 gennaio 1992, p. 9); I ("La legge quadro diventa legge-beffa?", 4 dicembre 1991, pag. 11; "Handicap: è arrivata la legge ma non accon­tenta nessuno", 5 febbraio 1992, pag. 11). Le agenzie di Stampa Agi, Ansa e Asca hanno ripreso, inoltre, i comuni­cati critici diramati dopo l'approvazione della legge quadro dall'Aniep (Associazione nazionale invalidi esiti di poliomie­lite e altri invalidi civili) e dal Csa di Torino.

 

 

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