Editoriale
LA LEGGE-QUADRO SULL'HANDICAP: UNA SCATOLA VUOTA
Dopo anni di proposte, di lotte e di speranze,
finalmente è stata promulgata la legge 5 febbraio 1992 n. 104
"Legge-quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle
persone handicappate" (cfr. Gazzetta
Ufficiale, Supplemento Ordinario n. 39 del 17 febbraio 1992).
Ma, dopo tanta attesa, gli handicappati, le loro
famiglie, gli operatori della scuola e dei servizi, le associazioni di tutela
si trovano di fronte ad una scatola pressoché vuota, il cui involucro pare
predisposto più ai fini della campagna elettorale per il rinnovo delle Camere,
che allo scopo di sancire i diritti fondamentali delle persone handicappate e
di renderli esigibili.
Una scatola vuota
Che la nuova legge-quadro sull'handicap sia una
scatola pressoché vuota è dimostrato dalle seguenti constatazioni:
1. le norme non esplicitano in modo inequivocabile i
diritti degli handicappati, salvo l'enunciazione di quelli all'educazione e
all'istruzione nelle sezioni e classi comuni (art. 12);
2. non vengono sanciti nuovi diritti sostanziali
rispetto a quelli già previsti dalle altre leggi in vigore;
3. la legge non prevede procedure specifiche per
rendere i servizi direttamente esigibili; essi possono essere attuati o non
essere istituiti, senza alcuna possibilità di intervento o di ricorso degli handicappati
e dei loro familiari nei confronti della pubblica amministrazione;
4. le prestazioni riguardano indifferentemente tutti
gli handicappati, senza che di volta in volta venga fatto riferimento alla
piena, ridotta o nulla autonomia, con il rischio di un inutile assistenzialismo;
5. non vi sono adeguamenti o modifiche alla legge
482/1968 sul collocamento obbligatorio al lavoro (1), nonostante che la Corte
costituzionale - con la sentenza n. 50 del 1990 - abbia per l'ennesima volta
rivolto «un pressante invito a che il Parlamento possa sollecitamente apprestare
una completa normativa in tema di avviamento al lavoro dei soggetti invalidi»;
6. è prevista l'erogazione di fondi a enti, associazioni,
cooperative che non sono tenute ad assumere handicappati, essendo solamente richiesto
che «svolgano attività idonee a favorire l'inserimento e l'integrazione
lavorativa di persone handicappate»;
7. fra le forme di "integrazione
lavorativa" (art. 18) sono inclusi i centri di lavoro guidato e cioè i vecchi,
sorpassati e deleteri "laboratori protetti"; nessun strumento concreto
viene invece assicurato per l'effettivo inserimento nei posti di lavoro
normali e per incentivarne la realizzazione;
8. nulla è stabilito per l'aggregazione dei Comuni
con poche decine o poche centinaia di abitanti, che da soli non sono in grado
di istituire i servizi previsti dalla legge;
9. non essendo sancito il diritto degli handicappati
a numerosi servizi (ad esempio, la frequenza dei centri diurni per coloro che,
a causa delle loro condizioni intellettive e/o fisiche, non sono in grado di
svolgere alcuna attività lavorativa), le norme sulla astensione facoltativa
dal lavoro dei loro familiari (art. 33) rischiano di essere usate dalle
Amministrazioni (Comuni, USL) per addossare ai congiunti compiti e funzioni che
competono ai servizi;
10. la copertura finanziaria è fortemente inadeguata
ai veri bisogni (vengono stanziati 120 miliardi di lire per il 1992 e 150 miliardi a
partire dal 1993, per un totale di 270 miliardi e non di 420 miliardi come
è stato comunicato dal Ministero degli affari sociali alle Agenzie di stampa e
successivamente mai corretto); ma l'aspetto ancora più grave è che le "condizioni"
imposte dalla Commissione Bilancio della Camera dei deputati hanno stravolto
radicalmente il significato di molti articoli-chiave, col risultato di non
sancire più diritti inalienabili, ma di concedere "per favore" ciò
che invece va garantito per diritto;
11. non vengono affrontati i temi dell'interdizione
e della inabilitazione, nonostante che le norme in vigore non rispondano più
alle esigenze delle persone handicappate prive di autonomia e che - da anni -
eminenti giuristi abbiano formulato significative proposte di modifica.
Forse, i Parlamentari che hanno varato la legge-quadro
ritengono che le persone handicappate, i loro familiari, le associazioni siano
incapaci di analizzare e valutare un testo legislativo e che si accontentino, come
è avvenuto anni or sono, di semplici promesse. Può essere questa una
spiegazione per capire perché la leggequadro sull'handicap sia infarcita di
«le Regioni, i Comuni, le USL, possono...»
(invece di "garantiscono", "assicurano",
"devono"), frequentemente con l'aggiunta dell'espressione «nei limiti delle proprie ordinarie risorse
di bilancio».
Le attese inevase
La legislazione in vigore relativa all'integrazione
sociale, scolastica e lavorativa delle persone handicappate - al di là della
legge-quadro - abbraccia oggi quasi tutti gli aspetti del problema; prima ancora
di essere modificate, molte norme debbono essere pienamente applicate e,
semmai, vi era bisogno di superare la frammentarietà delle disposizioni e di
raccoglierle in un provvedimento organico.
Perciò, la legge-quadro sull'handicap doveva
rappresentare il riordino della delicata e complessa materia, ai fini di
garantire l'effettivo inserimento sociale, scolastico, lavorativo e di assicurare
il raggiungimento della massima autonomia possibile delle singole persone
handicappate.
Vi era anche la necessità di varare una legge che
superasse il luogo comune handicappato =
soggetto di assistenza, prevedendo, da una parte, quegli interventi che
possono garantire una piena o una sufficiente autonomia (sostegno al nucleo
familiare, abolizione delle barriere architettoniche, continuità
dell'intervento educativo dopo la scuola dell'obbligo, formazione pre-lavorativa,
inserimento al lavoro, trasporti accessibili...) e lasciando, d'altra parte,
al settore assistenziale solo la soluzione di quei problemi che non è
possibile risolvere diversamente a causa della gravità delle condizioni dei
soggetti.
Il testo licenziato definitivamente dal Parlamento
al termine della decima legislatura repubblicana non solo non provvede ad un
significativo riordino delle disposizioni già in vigore (sia sufficiente ricordare
che la legge-quadro non specifica il rapporto da prevedere tra insegnanti di
sostegno e alunni handicappati, ma rimanda direttamente alle leggi vigenti
relative ai singoli ordini di scuola!), non solo non fa chiarezza rispetto ad
alcuni problemi aperti (ad esempio, le Regioni dovranno gestire le risorse
finanziarie provenienti dal Fondo per l'integrazione istituito presso la
Presidenza del Consiglio-Dipartimento per gli affari sociali, ma non sono
obbligate a legiferare in materia), ma introduce nuovi motivi di incertezza e
di contraddizione circa le competenze effettive degli enti e l'esigibilità dei
servizi.
Merita ancora una volta sottolineare ciò che è
capitato a proposito dell'art. 28 della legge 118/ 1971, là dove prevedeva: «Sarà facilitata la frequenza alle
scuole medie superiori». Ci sono voluti sedici anni ed una sentenza della
Corte costituzionale (n. 215/1987) per
cambiare «sarà» in un prescrittivo «è» e «facilitata» in un «assicurata», per
rendere effettivo tale diritto. Quanti ricorsi alla Corte costituzionale
dovremmo mettere in cantiere nei prossimi anni per chiedere che siano resi
esigibili i diritti fondamentali degli handicappati? E quali garanzie ci sono
circa l'accoglimento dei ricorsi?
Una politica miope del legislatore
Nessuna prescrittività è prevista dalla leggequadro
rispetto al sostegno alla famiglia d'origine ed agli interventi a livello
domiciliare, specie nel caso di handicap gravi. Nessuno incentivo viene dato
per assicurare l'effettivo inserimento al lavoro in normali aziende pubbliche o
private di quegli handicappati con ridotta capacità lavorativa, ma per i quali
una occupazione può garantire un buon livello di autonomia e l'uscita dal circuito
assistenziale. Tali disposizioni non appaiono nel testo definitivo. Una
politica miope. «Non si può non esprimere
un vivo rammarico anche perché in una visione della finanza pubblica capace di
valutare i costi sociali effettivi, non limitandosi a pure operazioni
contabili, ambedue le disposizioni (le agevolazioni per le persone con
handicappati gravissimi e la fiscalizzazione degli oneri sociali in caso di
assunzione di handicappati con ridotta capacità lavorativa, ndr), favorendo
da un lato l'autonomia delle persone e dall'altro la loro
deistituzionalizzazione, determinerebbero un risparmio globale e complessivo
nel settore assistenziale». L'osservazione non è nostra, ma del
democristiano Lino Armellin, Relatore della legge-quadro sull'handicap alla Camera
dei deputati e Presidente della Commissione affari sociali di Montecitorio, il
quale; però, nonostante tali affermazioni, ha chiesto ai colleghi parlamentari
di approvare il provvedimento. Bella coerenza.
Alcune modifiche ottenute dal lavoro
delle associazioni
Alcune associazioni (2) hanno seguito costantemente,
durante tutta la decima legislatura, il dibattito parlamentare sulla
legge-quadro sull'handicap, formulando ripetute osservazioni critiche alle diverse
"bozze" che si sono susseguite e presentando costantemente proposte
alternative al testo di singoli articoli (3). Merita ricordare, in questa
sede, che - proprio su sollecitazione dei gruppi di base - sono state eliminate
nel testo definitivo alcune disposizioni estremamente negative:
- la previsione di una Commissione per l'accertamento
delle "potenzialità" degli handicappati, il cui parere favorevole
diventava condizione indispensabile per l'inserimento sociale e scolastico e
per l'accesso ai relativi servizi (4);
- la reintroduzione esplicita o di fatto delle scuole
e delle classi speciali.
Inoltre, l'azione dei suddetti gruppi di base ha
consentito modifiche significative, richiamando per i minori handicappati le
priorità di intervento alternative al ricovero in istituto, indicate dalla
legge 184/1983 (5).
Il testo definitivo della legge-quadro sull'handicap
prevede che:
1. l'istituzione o l'adattamento di centri socioriabilitativi
ed educativi diurni devono «perseguire lo scopo di rendere possibile una vita
di relazione a persone temporaneamente handicappate, che abbiano assolto l'obbligo scolastico e le cui verificate
potenzialità residue non consentano idonee forme di integrazione lavorativa»
[art. 8, comma c), lettera l)];
2. le comunità alloggio e i centri socio-riabilitativi
per persone con handicap in situazione di gravità debbono assicurare, «comunque, il diritto all'integrazione
sociale e scolastica secondo le modalità stabilite dalla presente legge e nel
rispetto delle priorità degli interventi di cui alla legge 4 maggio 1983, n.
184» (art. 10, comma 1).
Volontariato e associazionismo fra
promozione e silenzi
Purtroppo, risultati molto più importanti potevano
essere ottenuti da una azione congiunta di quelle associazioni ed
organizzazioni di volontariato o di tutela dei diritti degli handicappati, finalizzata
all'esame delle bozze di legge-quadro che via via si sono susseguite e dalla
formulazione di emendamenti migliorativi.
Troppe organizzazioni sono rimaste inattive e non
hanno nemmeno partecipato alle iniziative (convegni, tavole rotonde,
seminari...) promosse in questi ultimi anni a livello nazionale e locale.
Rari sono stati, inoltre, i documenti elaborati e
presentati in sede sindacale a proposito dei contenuti di una legge destinata a
condizionare per anni la filosofia dell'integrazione e gli strumenti concreti
messi a disposizione.
Tutto il volontariato e tutto l'associazionismo
italiani dovrebbero prestare maggiore attenzione alle discussioni
parlamentari; soprattutto, dovrebbero dare una valutazione autonoma delle
norme, senza lasciarsi influenzare - come spesso è avvenuto e avviene - dalle
interessate interpretazione di comodo dei politici.
Anche i mass media non hanno fornito in tutti questi
anni una informazione adeguata sui contenuti e sull'iter della legge-quadro
sull'handicap. Sia sufficiente ricordare che La Stampa di Torino non ha dato ai suoi lettori nemmeno la semplice
notizia della approvazione definitiva della legge o della sua pubblicazione sulla
"Gazzetta Ufficiale". Altri quotidiani (ad esempio, il Corriere della Sera) si sono limitati a
diffondere le informazioni di auto-elogio fornite dal Ministero per gli affari
sociali, senza citare alcuna voce critica e arrivando a scrivere - senza controllare
il testo della legge-quadro - che i finanziamenti previsti erano pari a 420
miliardi, mentre sono di soli 120 miliardi per il 1992 e di 150 miliardi a
partire dal 1993 (art. 42) (6).
Che cose fare
La legge-quadro sull'handicap lascia praticamente
immutata la situazione giuridica e amministrativa preesistente. Occorre,
pertanto, ripartire dalle esigenze e dalla dignità delle persone handicappate
per ottenere una nuova legge fondata su diritti esigibili.
Inoltre, è urgentissima una vigorosa azione da parte
delle forze sociali e sindacali per evitare che alla scatola vuota della legge
quadro si aggiunga la beffa di una nuova normativa sul collocamento
obbligatorio al lavoro, il cui testo approvato dal Senato negli ultimi giorni
della decima legislatura è gravemente carente. Vi è, infatti, il pericolo che
tale testo venga ora riproposto alla riapertura delle Camere e varato
rapidamente secondo tale stesura (un provvedimento approvato da un ramo del Parlamento
in una legislatura gode di "corsia preferenziale" nella legislatura
successiva).
(1) L'estensione del diritto al
collocamento obbligatorio delle persone colpite da "minorazione
psichica" (art. 19 della legge-quadro) era già stato sancito dalla Corte
costituzionale con la sentenza n. 50/1990.
(2) Cfr.: Servizio Studi della Camera
dei deputati, Nuovi materiali per l'esame delle proposte di legge-quadro sui portatori di handicap, Dossier n. 268, marzo 1989,
Roma, che riassume - fra le altre - le osservazioni critiche di: Fondazione E.
Zancan, Fiadda, Unidown, Mac, Movi, Cisl, Uil-Scuola, Comitato per
l'integrazione scolastica, Coordinamento sanità e assistenza fra i movimenti
di base (Csa). Fanno parte del Csa, oltre al Comitato per l'integrazione
scolastica degli handicappati, le seguenti organizzazioni: Associazione
italiana assistenza spastici, sezione di Torino; Associazione italiana
sclerosi multipla, sezione piemontese; Associazione nazionale famiglie
adottive e affidatarie; Centro di informazioni politiche ed economiche; Cogidas;
Coordinamento dei Comitati spontanei di quartiere; Coordinamento para e
tetraplegici; Gruppo inserimento sociale handicappati Ussl 27; Unione italiana
ciechi, sezione di Torino; Unione italiana per la lotta contro la distrofia
muscolare, sezione di Torino; Unione per la lotta contro l'emarginazione
sociale; Unione per la tutela degli insufficienti mentali.
(3) Cfr. i numeri speciali di Handicap & Scuola, n. 1, anno IV,
settembre 1988; n. 1, anno V, settembre 1989; n. 7, anno VI, aprile 1991; n.
8-9, anno VI, maggio-giugno 1991; n. 3, anno VII, novembre 1991. Cfr., inoltre:
Prospettive assistenziali, n. 94,
aprile-giugno 1991.
(4) Contro una dichiarazione "a
priori" di scolarizzabilità e di socialità, si è schierato anche il
Ministero della Pubblica Istruzione, Ufficio Studi e Programmazione. Tali
considerazioni sono state fatte proprie anche dalla Commissione Cultura,
Scienza e Istruzione della Camera nel "parere" formulato il 5
novembre 1991.
(5) Le priorità indicate dalla legge
184/1983 ("Disciplina dell'adozione e dell'affidamento familiare")
sono le seguenti: sostegno alla famiglia di origine; servizi primari per
l'inserimento sociale, scolastico, lavorativo; adozione di minori in situazione
di abbandono morale e materiale; affidamento familiare a scopo educativo;
inserimento in piccole comunità alloggio. II ricovero in istituto è previsto
come ultima risorsa, dopo che sono stati espletati tutti i tentativi
precedenti.
(6) Fra i giornali quotidiani che
hanno informato i lettori sulla approvazione della legge-quadro sull'handicap,
riportando anche le osservazioni critiche di associazioni ed esperti, meritano
di essere segnalati: L'Avvenire
("Handicap: la legge non soddisfa", 25 gennaio 1992, pag. 1; "Il
quadro non è d'autore: sulla legge appena approvata una pioggia di critiche
delle associazioni: molti i problemi irrisolti", ibidem, pag. 3; "Per i disabili un atto dovuto", 28 gennaio,
pag. 14; "Un sostegno solo a parole. Le difficoltà della recente norma
quadro in materia scolastica", 29 gennaio, pag. 2 dell'inserto scuola;
"Cura al disabile. Ora è legge", 1 febbraio, pag. 12; "Disabili:
critiche, non polemica. Il ministro Rosa Russo Jervolino replica alle
associazioni", 5 febbraio, pag. 7); L'Unità
("Carta dei diritti per l'handicap. Rischia di restare sulla
carta", 23 gennaio 1992, p. 9); I ("La legge quadro diventa
legge-beffa?", 4 dicembre 1991, pag. 11; "Handicap: è arrivata la
legge ma non accontenta nessuno", 5 febbraio 1992, pag. 11). Le agenzie
di Stampa Agi, Ansa e Asca hanno ripreso, inoltre, i comunicati critici
diramati dopo l'approvazione della legge quadro dall'Aniep (Associazione
nazionale invalidi esiti di poliomielite e altri invalidi civili) e dal Csa di
Torino.
www.fondazionepromozionesociale.it