Prospettive assistenziali, n. 97, gennaio-marzo 1992

 

 

Notizie

 

 

DUE CONVEGNI SULL'INSERIMENTO LAVORATIVO DEGLI HANDICAPPATI

 

1. Il CISA e l'AIAS di Milano hanno promos­so nei giorni 27 e 28 novembre 1991 il con­vegno "Handicap e lavoro - Percorso o miraggio?", che ha avuto il pregio di far riparlare del diritto al lavoro per le persone handicappate in questo momento che vede il nostro Parlamento impegnato nella discussione del testo di riforma della legge 482 del 1968.

Positivo l'apporto delle testimonianze concrete di persone con handicap, fisici o sensoriali, inseriti a pieno titolo in grosse aziende private dell'hinterland milanese, e del personale tecnico/amministrativo, che ha preparato gli inserimenti per conto delle aziende stesse.

Due concetti sono emersi in modo nitido come patrimonio ormai conquistato e da difendere:

- numerose persone handicappate possono avere piena capacità lavorativa, se messe in grado dì poterla esprimere;

- il collocamento al lavoro va mirato, cercando di realizzare l'incontro tra la domanda di lavoro della persona, la sua professionalità, le mansioni ed i compiti richiesti dall'azienda.

Costruttivi gli interventi dei rappresentanti dell'imprenditoria, peraltro dirigenti ai massimi livelli, responsabili del rapporto con il personale. Hanno evidenziato che:

- è necessaria una legge ancora impositiva, perché manca la cultura della persona handi­cappata capace di lavorare;

- bisogna contattare gli imprenditori (politica di persuasione) perché comprendano la convenienza che deriva dall'avere collocata una persona "scelta" in modo mirato, piuttosto che persone non idonee avviate obbligatoriamente;

- è indispensabile garantire l'imprenditore sull'appoggio di una persona (insegnante di for­mazione professionale, per esempio), che pre­pari e segua per il primo periodo l'inserimento della persona handicappata in azienda.

Se sono rispettate queste semplici procedure, anche gli insuccessi (alcune testimonianze han­no sottolineato questo aspetto) non determina­no il rifiuto del collocamento al lavoro; se c'è un supporto formativo, che si fa carico del proble­ma e rielabora la scelta e la preparazione della mansione da affidare alla persona handicappa­ta, l'azienda è disponibile a collaborare. Interes­se dell'imprenditore è - ovviamente - la resa produttiva.

Ha affermato il dr. Caldirola della Boeringher Manheim Spa Italia: «Anch'io ho dovuto ricreder­mi perché l'aver inserito una persona con handi­cap fisico nella mia azienda, in un settore che la vede in relazione con la clientela, ha favorito un clima migliore sia tra il personale, che con la clientela stessa. Il fatto che impieghi tre minuti in più, rispetto ai suoi colleghi, non significa nulla, perché non è penalizzante per nessuno e per il cliente aspettare tre minuti non è una grave per­dita. E l'immagine che ne ricava l'azienda nel suo insieme è però positiva».

Tutti gli intervenuti hanno valutato negativa­mente la creazione di laboratori protetti prevista nella proposta di riforma del collocamento ob­bligatorio, per il rischio di emarginazione di per­sone anche perfettamente in grado di lavorare. «Se possono svolgere un lavoro, anche con ca­pacità lavorativa ridotta, vanno a maggior ragio­ne inserite con i colleghi, che li aiutano e li stimo­lano. Non ha senso emarginarli in luoghi apposi­ti» ha detto il rappresentante dell'UCID (Unione Cristiana degli Imprenditori).

Pericolosa è, invece, la proposta dell'AIAS di introdurre un sistema misto di retribuzione per la persona handicappata con "produttività infe­riore alla media". Si sostiene che, mentre alla persona deve essere corrisposto l'intero stipen­dio, all'azienda spetterebbe un rimborso da par­te dello Stato (per esempio attraverso sgravi fi­scali o riduzioni dei contributi) in proporzione al­la minore produttività della persona handicap­pata.

Ma come si può valutare la produttività di una persona? E perché tale concetto dovrebbe essere limitato solo alla persona handicap­pata?

Ci auguriamo che l'AIAS ritiri al più presto la sua posizione, inaccettabile sotto tutti i punti di vista.

Poco spazio è stato dato all'esperienza di in­serimenti lavorativi di persone con handicap in­tellettivo o con malattia mentale. Unica, ma si­gnificativa, la testimonianza del responsabile del Gruppo Standa-Fininvest, che, in collaborazione con il Fondo Sociale Europeo, ha presentato l'inserimento lavorativo di 30 persone con han­dicap non solo fisico o sensoriale, ma anche in­tellettivo.

Attualmente stanno lavorando per il colloca­mento e la formazione di altri 20 soggetti.

 

2. Il 30 novembre si è tenuto a Spinetoli (Ascoli Piceno) il convegno "Handicap e formazione - Il pregiudizio dell'incapacità" pro­mosso dal FORES Marche, istituto di formazione e di ricerca economica e sociale.

L'obiettivo dei promotori era quello di pre­sentare esperienze formative, che dimostras­sero la validità della preparazione della per­sona handicappata, evidenziandone le potenzia­lità e gli strumenti più idonei a svilupparle al meglio.

È apparso evidente il bisogno di coprire, per esempio, il vuoto formativo che esiste nel setto­re dell'handicap intellettivo.

I progetti di formazione in situazione, gestiti dalle USL (ad esempio il modello genovese) presentano limiti oggettivi:

- precarietà istituzionale; non essendo l'USL l'organo competente, i finanziamenti ed il perso­nale non sono mai certi. Inoltre la persona han­dicappata non può esigere il suo diritto alla for­mazione, perché l'ente titolare è il Comune o la Provincia con i suoi assessorati specifici (for­mazione professionale, lavoro);

- l'immissione della persona handicappata in situazione aziendale, senza il supporto formativo del centro di formazione professionale, non permette un graduale avvicinamento al lavoro e priva il giovane di esperienze maturate con i suoi coetanei nell'ambito del gruppo classe/ scuola;

- nega il diritto a percorsi formativi ricono­sciuti e organizzati dall'ente preposto alla for­mazione professionale per questa categoria di cittadini in grado di svolgere mansioni semplici, ma per le quali è fondamentale la preparazione al lavoro.

L'esperienza torinese dei corsi prelavorativi per handicappati intellettivi ha destato un vivo interesse in quanto prevede sia l'aspetto forma­tivo generale, che tende a sviluppare l'autono­mia complessiva della persona, sia l'aspetto la­voro/formazione con tirocinii realizzati in posti di lavoro vero, con moduli di 800 ore per tre anni (2.400 ore complessive come minimo) gestiti dall'Assessorato al lavoro e formazione profes­sionale del Comune di Torino.

Accorate le riflessioni conclusive del Presi­dente del FORES, che ha chiesto uno sforzo a quanti operano nel settore dell'handicap per rin­novarsi, marciare al passo con i tempi e le inno­vazioni aziendali e tecnologiche, perché alle so­glie del duemila non si può continuare a propor­re alle persone handicappate in grado di lavora­re una formazione che passa ancora per i labo­ratori di ceramica, di falegnameria se non, addi­rittura, per la predisposizione di collane di perli­ne!

 

 

DOCUMENTO CONCLUSIVO

DEL CONVEGNO EUROPEO "PROBLEMATICHE DELL'ANZIANO ALLE SOGLIE DEL 2000"

 

Su iniziativa del Coordinamento Gruppo An­ziani Autogestiti del Comune di Venezia ed in collaborazione con la Società Italiana Medici ed Operatori Geriatrici, il Coordinamento Nazionale dei Centri Sociali - Comitati Anziani e Orti, la Commissione Affari Sociali della CEE, la Confe­derazione Europea dei Sindacati, la Fondazione Cini, il Comune e la Provincia di Venezia e la Re­gione Veneto, nei giorni 14-15-16 ottobre 1991 si è tenuto a Venezia il Convegno europeo sulle problematiche dell'anziano alle soglie del 2000.

Il convegno, cui hanno dato un importante contributo eminenti personalità del mondo scientifico italiano ed europeo e rappresentanti delle amministrazioni pubbliche, del sindacato, della cultura e dell'associazionismo, ha affronta­to ed approfondito gli aspetti sociali dell'assi­stenza socio-sanitaria dell'anziano di oggi e di domani in Italia e nell'Europa, ponendo la pre­venzione e la conservazione della salute fisica e mentale alla base delle politiche sociali, solidari­stiche, assistenziali e sanitarie che le istituzioni, le strutture pubbliche, l'iniziativa privata e la scienza medica debbono portare avanti nel Pae­se e nell'Europa per dare risposte adeguate ai nuovi bisogni degli anziani.

In questo contesto, il convegno attribuisce ai Centri Sociali Autogestiti un ruolo importante per il coinvolgimento della persona anziana nell'affermazione dei propri diritti sociali, assi­stenziali e sanitari, della dignità e della solidarie­tà, valorizzandone la risorsa umana, il protago­nismo e l'esperienza di vita.

Nel far proprie le indicazioni di lavoro e le plu­ralità di soluzioni proposte, scaturite dal dibattito e tese a consolidare ed estendere il ruolo dell'associazionismo, del volontariato ed a ade­guare la legislazione socio-sanitaria, sulla base di certezze economiche e giuridiche, ai nuovi scenari che l'invecchiamento della popolazione impone alle forze politiche e sociali, nazionali ed europee, il convegno indica ai Centri sociali, alle organizzazioni sindacali, al Parlamento ed al Governo italiano:

a) la esigenza di indire al più presto una Con­ferenza nazionale ove vengano affrontati i pro­blemi della 3a e della 4a età per individuare i campi di intervento sociale, assistenziale, sani­tario e culturale che assicurino il pieno rispetto dei diritti e della dignità dell'anziano;

b) la corretta applicazione della legge quadro sul volontariato, specificatamente per le parti in cui è previsto l'adeguamento delle legislazioni e delle normative regionali, provinciali e territoriali, in modo da assicurare la promozione, la costitu­zione e lo sviluppo dei Centri sociali sull'intero territorio nazionale e del volontariato sociale in favore degli anziani. Sotto questo aspetto il con­vegno individua negli enti locali (Regioni, Provin­ce, Comune e USL) gli organismi cui affidare la programmazione e la realizzazione della preven­zione e della conservazione della salute e della dignità delle persone anziane;

c) la istituzione di un Centro per la raccolta dei dati e delle informazioni sulla condizione dell'anziano e sulle provvidenze socio-assisten­ziali fornite territorialmente dalle varie strutture pubbliche e private alle persone anziane;

d) la ricerca della collaborazione e dell'intesa fra tutte le strutture che operano nel campo so­ciale, ricreativo, culturale, assistenziale e sanita­rio, finalizzate ad accrescere il ruolo ed il prota­gonismo dell'anziano nonché a favorire in tutti i campi la prevenzione e conservazione della sua salute fisica e mentale.

Sono in fase di preparazione gli atti del con­vegno: il volume di circa 300 pagine riporta i te­sti di tutti i contributi registrati e può essere pre­notato presso il Prof. Bruno Finzi, Dorsoduro, Accademia 1056, 30123 Venezia. Il prezzo è di L. 20.000.

 

 

ESPOSTO PENALE ALLE PROCURE DELLA LIGURIA

 

In data 14 novembre 1991, il CLOD - Comitato Ligure Ospedalizzazione Domiciliare, ha presen­tato alle Procure della Repubblica presso le Pre­ture della Liguria un esposto penale analogo a quello riportato a pag. 59 del n. 96 di Prospettive assistenziali.

Nell'esposto viene segnalato che «da anni la gestione dei servizi per gli anziani malati cronici non autosufficienti da parte della Regione Ligu­ria, delle USSL e dei relativi presidi socio-assi­stenziali presenta aspetti difformi rispetto alle norme vigenti». In particolare si sottolineano i seguenti aspetti:

- dimissioni dagli ospedali di persone malate e non autosufficienti;

- strutture assistenziali che ricoverano malati senza essere in possesso della preventiva auto­rizzazione prevista dall'art. 193 della legge 1265/1934;

-          mancanza delle prescritte certificazioni concernenti la prevenzione e estinzione degli in­cendi.

 

 

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