APPELLO IN FAVORE DEI MALATI CRONICI NON AUTOSUFFICIENTI: LE
SORPRENDENTI REAZIONI DELLA SOCIETÀ DI GERIATRIA
Nello scorso
numero abbiamo riportato l'appello in favore dei malati cronici non autosufficienti,
predisposto dall'ADA, Associazione per i diritti degli anziani e sottoscritto,
fra gli altri, dal Premio Nobel Rita Levi Montalcini, dal Filosofo e Senatore a
vita Norberto Bobbio, dall'allora Segretario generale della UIL Giorgio
Benvenuto, dal Sociologo Achille Ardigò, dal Presidente della Fondazione Zancan
Giovanni Nervo e da altre Personalità.
La SIGG,
Società italiana di geriatria e gerontologia, nel proprio bollettino (n. 7,
1991), ha pubblicato la sorprendente nota che riportiamo integralmente.
Ad alcuni componenti del Consiglio Direttivo della
SIGG è stato recentemente presentato, con la richiesta di adesione firmata, un
documento-appello a favore dei malati cronici non autosufficienti. Trattandosi
di documento riguardante per la gran parte gli anziani è giusto sia il
Consiglio Direttivo della Società Italiana di Gerontologia e Geriatria, più
dei singoli, ad esprimersi. In questo modo il giudizio sul documentoappello,
non potrà che risultare il più vicino possibile al pensiero prevalente della
geriatria italiana. Pertanto, dopo ampia discussione, il Consiglio della
Società Italiana di Gerontologia e Geriatria ha approvato all'unanimità il
seguente comunicato, stabilendone l'immediata pubblicazione sul Giornale
Italiano di Gerontologia.
Nell'"Appello in favore dei malati cronici non
autosufficienti" non compare alcun accenno ai principi e alle strategie
operative ritenute fondamentali e prioritarie per l'anziano disabile dalla
comunità scientifica e dall'Organizzazione Mondiale della Sanità. Questi
stessi principi e strategie sono stati ampiamente recepiti in normative o
rapporti emanati dagli organi istituzionali del nostro Paese. Ci si riferisce
qui al Decreto sugli Standard Ospedalieri del Ministero della Sanità del
13.9.88, al Rapporto della Commissione Parlamentare d'Inchiesta sulla Dignità
e Condizione Sociale dell'Anziano del 29 luglio 1989, al DPCM del 29.8.89 e al
Progetto-Obiettivo Anziani trasmesso alla Commissione Affari Sociali della Camera
nell'agosto '91. Trattandosi di decreti o proposte ufficiali dello Stato Italiano,
ispirati ad una solida base razionale, apparentemente condivisa da tutti, il
buon senso dovrebbe indurre a chiederne quella sollecita e piena applicazione,
che sinora si è realizzata in minima parte e solo in alcuni contesti locali.
Nel documento- appello, al contrario, nessuna di queste disposizioni
innovative viene menzionata e, al contrario, si elenca una serie di luoghi
comuni, ormai noti a tutti tramite i mass-media, ma comunque di forte impatto
emotivo e capaci di catturare l'adesione dei non esperti del settore, ancorché
insigni esponenti della cultura e della scienza. Stupisce, invece, come un
tale documento-appello sia stato firmato anche da geriatri italiani molto noti,
forse per una loro non attenta lettura dello stesso. Vi si trovano, ad esempio,
accuse, già ripetute, ai primari ospedalieri sulle dimissioni forzate degli
anziani cronici dagli ospedali: «amministratori straordinari, primari medici,
dirigenti della sanità pubblica e privata intensificano le dimissioni selvagge
dall'ospedale, chiedendo alla magistratura di intervenire per liberare i posti
letto occupati da cronici, adducendo la falsa motivazione che non vi sarebbero
posti letto per i giovani e per gli acuti». Dal documento pare, quindi di
capire che questo fenomeno delle dimissioni forzate sia di grandi dimensioni,
ma non vengono forniti elementi sufficienti per valutarne la reale portata. I
dati in possesso della SIGG fanno pensare, in realtà, che la percentuale di
questi episodi incresciosi non debba essere molto elevata. Infatti, la durata
media di degenza degli ultraottantacinquenni nei reparti di medicina o
geriatria, è almeno di 6 giorni più alta di quella degli altri Paesi europei;
più del 15% dei ricoveri ha, inoltre, una durata superiore a un mese (Dati GIFA
1991).
In un altro passo del documento-appello, si dice:
«Denunciamo che per la riabilitazione-lungodegenza sono stati realizzati
pochissimi dei 57.000 posti letto previsti dalla legge di programmazione
sanitaria n. 595 del 1985; scarsi sono i servizi di riabilitazione in ospedale,
in ambulatorio, a domicilio un ictus, una frattura di femore o un'altra delle
malattie tipiche della vecchiaia diventano croniche, non guariscono più,
conducono ad una bruttissima morte dopo mesi di sofferenza». A questa impostazione
è facile obiettare che:
1) le lungodegenze riabilitative in ospedale vanno
riservate prevalentemente a pazienti non anziani, secondo il Decreto del
Ministro della Sanità sugli Standard Ospedalieri del 13.8.88, le lungodegenze
improprie per anziani cronici non autosufficienti debbono trasformarsi
progressivamente in RSA. Lo stesso decreto, inoltre, stabilisce che le unità
operative ospedaliere di geriatria, volte alla cura degli ultrasessantacinquenni
a rischio, abbiano in organico un congruo numero di fisioterapisti, e, quindi,
riconosce alle stesse la funzione di riabilitazione per questo tipo di
pazienti.
2) L'anziano, anche quello da riabilitare deve
comunque restare nell'ospedale per acuti il meno possibile. I reduci di un
ictus o di una frattura di femore sono molto meglio assistibili e riabilitabili
- dopo la fase iniziale e l'impostazione dei programma terapeutico e
riabilitativo in ospedale - nei servizi geriatrici extraospedalieri integrati
(assistenza domiciliare, day hospital, accoglimento temporaneo in RSA).
L'ospedale per acuti, infatti, non è adatto a lunghi
periodi di ricovero per l'anziano, pena un suo rapido ed irreversibile
deterioramento. Alcuni degli estensori del documento-appello hanno, a suo
tempo, dimostrato in modo convincente il danno arrecato all'anziano in
ospedale, notoriamente non adeguato - in termini di attrezzature, di personale
sufficientemente formato e di sistemazione ambientale - per assistere a lungo
termine pazienti anziani non autosufficienti.
La proposta, quindi, di mantenere, comunque ed
eventualmente gli anziani non autosufficienti in ospedale non risolverà mai il
problema assistenziale dell'anziano non autosufficiente e, vista sotto il
profilo economico, essa appare assolutamente paradossale. In un momento di grave
crisi economica, ragione vorrebbe, invece, che si chiedesse con forza ed
unanimemente una razionalizzazione delle non molte, ma neppur trascurabili
risorse, mediante la realizzazione delle unità operative ospedaliere di
geriatria collegato con un'efficiente rete integrata di servizi nel
territorio. Nelle poche realtà italiane dove questo è stato fatto, si sono
ottenuti ottimi risultati senza l'impiego di risorse aggiuntive; il che
dimostra che, quando esiste la volontà politica, non è un'impresa impossibile
realizzare servizi geriatrici funzionanti.
In conclusione, lo spirito del documento-appello è
teso ad ignorare volutamente l'importanza della geriatria, evidentemente
perché se ne vuole impedire la piena affermazione a livello nazionale,
verosimilmente perché verrebbe a ledere interessi di parte. Il Consiglio
Direttivo della SIGG si dichiara, perciò, totalmente contrario a tale
documento-appello, sicuro in questo di interpretare in modo corretto il
pensiero di tutti i geriatri italiani e invita gli iscritti alla SIGG ad impedire
con forza che un tale indirizzo demagogico e non costruttivo si imponga
ulteriormente nell'opinione pubblica.
La replica della Segreteria nazionale
UIL Pensionati
Alla nota
della SIGG, ha replicato la Segreteria nazionale della UIL Pensionati con il
documento che riportiamo integralmente, documento condiviso pienamente dal
Comitato per la difesa dei diritti degli assistiti, dal Coordinamento sanità e
assistenza fra i movimenti di base e da "Prospettive assistenziali".
La presa di posizione del Consiglio Direttivo della
SIGG, Società italiana di geriatria e gerontologia, sui contenuti dell'appello
a favore degli anziani non autosufficienti evidenzia una preoccupante mancanza
di consapevolezza della differenza esistente tra un rispettabilissimo club di
eminenti addetti ai lavori e chi invece nel sindacato, nelle associazioni di
volontariato o come operatore nei servizi diretti agli anziani, è costretto
ogni giorno a dare risposte concrete ai problemi emergenti.
Non ci sembra corretto che nella nota della SIGG non
sia stato riportato il testo dell'appello, di modo che i lettori non conoscono
né i contenuti dell'appello stesso, né l'elenco dei firmatari, fra i quali,
riteniamo non siano né sprovveduti, né ripetitori di luoghi comuni, il Premio
Nobel Rita Levi Montalcini, il filosofo e Senatore a vita Norberto Bobbio, il
Sociologo Achille Ardigò, Giorgio Benvenuto, allora Segretario nazionale della
UIL, Mons. Giovanni Nervo; altre personalità e numerosi Geriatri tra i quali
il Prof. Gualfredo Scardigli, Presidente Nazionale della Società Italiana
Medici e Operatori Geriatrici e il Prof. Fabrizio Fabris, titolare della
cattedra di Geriatria dell'Università di Torino.
Nella nota del SIGG non sono contestati due aspetti
di fondamentale importanza contenuti nell'appello e cioè il diritto dei malati
cronici non autosufficienti - sancito dalle leggi vigenti (ad es. legge di
riforma ospedaliera n. 132 del 1988 e quella sanitaria n. 833 del 1978) - «di
essere curati anche quando non potranno più guarire» e il dovere degli ospedali
«di assistere non solo gli acuti ma anche i cronici, i lungodegenti e i
convalescenti», principi questi costantemente violati. E su questi punti
dobbiamo ritenere che vi sia accordo con i firmatari dell'appello.
Dobbiamo purtroppo constatare una divaricazione
profonda con coloro che possono permettersi il lusso di non dovere
preoccuparsi successivamente di mediare le proprie impostazioni teoriche e
ideali con la dura realtà.
Noi non abbiamo dubbi sul fatto che i reparti di
terapia intensiva degli ospedali devono essere riservati agli acuti e che
l'assistenza domiciliare sia sociale che sanitaria è preferibile ad altre
forme di assistenza.
Abbiamo però un'altra idea molto chiara, che per noi
è anche un imperativo morale, che ci porta a dire che siccome inguaribile non
significa incurabile, occorre garantire comunque una cura degna di tal nome a
tutti gli anziani non autosufficienti.
La nostra opposizione alle dimissioni forzose
dall'ospedale cade quando ci si trova in presenza di condizioni che consentono
il ricovero dell'anziano ammalato in una struttura adeguata o il ricorso alla
ospedalizzazione a domicilio.
Quando invece il tutto si traduce nel convocare i
parenti per dire loro che, trattandosi di anziano inguaribile, l'ospedale non può
più fare niente e che quindi devono riportarlo a casa, la nostra opposizione
diventa totale.
Diventa totale anche quando veniamo posti di fronte
ad argomentazioni spesso strumentali sul fatto che tenere l'anziano ricoverato
significa togliere il posto a chi ne ha più bisogno.
Per noi infatti il diritto alla cura viene prima di
ogni altra considerazione.
La nostra battaglia per la creazione delle RSA nasce
proprio dalla consapevolezza che in assenza di strutture adeguate è
indispensabile caricare i reparti di terapia intensiva degli ospedali di
compiti che potremmo definire impropri.
Sulla natura delle RSA come strutture dei SSN ma
diverse dall'ospedale, pensiamo di avere le idee altrettanto chiare.
Sulle posizioni sostenute nell'appello dissentire è
certamente lecito mentre non dovrebbe esserlo il deformarle per poterle meglio
criticare.
Un tale metodo quando viene usato evidenzia soltanto
una posizione di arroganza e di uso distorto del sapere.
Invitiamo i componenti dei Direttivo della SIGG ad
avere più disponibilità al confronto prendendo atto che la nostra non è una
"invasione di campo" in quanto partiamo dalla constatazione che la
Società di geriatria e gerontologia esiste ormai da tanti anni ma che non è
stata, e non sarebbe in grado di risolvere il problema di come garantire agli
anziani non autosufficienti il diritto alla cura e al rispetto della loro
dignità, perché ciò che è stato in questi anni raggiunto su queste tematiche
si deve ai validi e numerosi contributi di autorevoli personalità dei mondo
della scienza e della cultura e alla mobilitazione seria e costruttiva delle
organizzazioni sindacali e dei gruppi di volontariato.
Riteniamo che il tempo delle polemiche e degli
opposti corporativismi dovrebbe essere superato e che si debbano cancellare
ripicche e incomprensioni.
Un confronto leale sugli obiettivi comuni, nel
contesto delle grandi difficoltà nel quale viviamo, ci pare l'unica strada
costruttiva da percorrere per la tutela di tanti cittadini, che vivono lo stato
di disagio e che sterili conflitti potrebbero condannare a rimanere nella loro
grave condizione di emarginazione e di disperazione.
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