Prospettive assistenziali, n. 98, aprile-giugno 1992

 

 

APPELLO IN FAVORE DEI MALATI CRONICI NON AUTOSUFFICIENTI: LE SORPRENDENTI REAZIONI DELLA SOCIETÀ DI GERIATRIA

 

 

Nello scorso numero abbiamo riportato l'ap­pello in favore dei malati cronici non autosufficienti, predisposto dall'ADA, Associazione per i diritti degli anziani e sottoscritto, fra gli altri, dal Premio Nobel Rita Levi Montalcini, dal Filosofo e Senatore a vita Norberto Bobbio, dall'allora Segretario generale della UIL Giorgio Benvenuto, dal Sociologo Achille Ardigò, dal Presidente della Fondazione Zancan Giovanni Nervo e da altre Personalità.

La SIGG, Società italiana di geriatria e gerontologia, nel proprio bollettino (n. 7, 1991), ha pub­blicato la sorprendente nota che riportiamo integralmente.

 

Ad alcuni componenti del Consiglio Direttivo della SIGG è stato recentemente presentato, con la richiesta di adesione firmata, un documento-appello a favore dei malati cronici non autosufficienti. Trattandosi di documento riguar­dante per la gran parte gli anziani è giusto sia il Consiglio Direttivo della Società Italiana di Ge­rontologia e Geriatria, più dei singoli, ad espri­mersi. In questo modo il giudizio sul documento­appello, non potrà che risultare il più vicino pos­sibile al pensiero prevalente della geriatria italia­na. Pertanto, dopo ampia discussione, il Consi­glio della Società Italiana di Gerontologia e Ge­riatria ha approvato all'unanimità il seguente co­municato, stabilendone l'immediata pubblicazio­ne sul Giornale Italiano di Gerontologia.

Nell'"Appello in favore dei malati cronici non autosufficienti" non compare alcun accenno ai principi e alle strategie operative ritenute fonda­mentali e prioritarie per l'anziano disabile dalla comunità scientifica e dall'Organizzazione Mon­diale della Sanità. Questi stessi principi e strate­gie sono stati ampiamente recepiti in normative o rapporti emanati dagli organi istituzionali del nostro Paese. Ci si riferisce qui al Decreto sugli Standard Ospedalieri del Ministero della Sanità del 13.9.88, al Rapporto della Commissione Par­lamentare d'Inchiesta sulla Dignità e Condizione Sociale dell'Anziano del 29 luglio 1989, al DPCM del 29.8.89 e al Progetto-Obiettivo Anziani tras­messo alla Commissione Affari Sociali della Ca­mera nell'agosto '91. Trattandosi di decreti o proposte ufficiali dello Stato Italiano, ispirati ad una solida base razionale, apparentemente con­divisa da tutti, il buon senso dovrebbe indurre a chiederne quella sollecita e piena applicazione, che sinora si è realizzata in minima parte e solo in alcuni contesti locali. Nel documento- appel­lo, al contrario, nessuna di queste disposizioni innovative viene menzionata e, al contrario, si elenca una serie di luoghi comuni, ormai noti a tutti tramite i mass-media, ma comunque di forte impatto emotivo e capaci di catturare l'adesione dei non esperti del settore, ancorché insigni esponenti della cultura e della scienza. Stupi­sce, invece, come un tale documento-appello sia stato firmato anche da geriatri italiani molto noti, forse per una loro non attenta lettura dello stesso. Vi si trovano, ad esempio, accuse, già ri­petute, ai primari ospedalieri sulle dimissioni forzate degli anziani cronici dagli ospedali: «am­ministratori straordinari, primari medici, dirigenti della sanità pubblica e privata intensificano le dimissioni selvagge dall'ospedale, chiedendo alla magistratura di intervenire per liberare i po­sti letto occupati da cronici, adducendo la falsa motivazione che non vi sarebbero posti letto per i giovani e per gli acuti». Dal documento pare, quindi di capire che questo fenomeno delle di­missioni forzate sia di grandi dimensioni, ma non vengono forniti elementi sufficienti per valu­tarne la reale portata. I dati in possesso della SIGG fanno pensare, in realtà, che la percentua­le di questi episodi incresciosi non debba esse­re molto elevata. Infatti, la durata media di de­genza degli ultraottantacinquenni nei reparti di medicina o geriatria, è almeno di 6 giorni più alta di quella degli altri Paesi europei; più del 15% dei ricoveri ha, inoltre, una durata superiore a un mese (Dati GIFA 1991).

In un altro passo del documento-appello, si dice: «Denunciamo che per la riabilitazione-lun­godegenza sono stati realizzati pochissimi dei 57.000 posti letto previsti dalla legge di pro­grammazione sanitaria n. 595 del 1985; scarsi sono i servizi di riabilitazione in ospedale, in am­bulatorio, a domicilio un ictus, una frattura di fe­more o un'altra delle malattie tipiche della vec­chiaia diventano croniche, non guariscono più, conducono ad una bruttissima morte dopo mesi di sofferenza». A questa impostazione è facile obiettare che:

1) le lungodegenze riabilitative in ospedale vanno riservate prevalentemente a pazienti non anziani, secondo il Decreto del Ministro della Sanità sugli Standard Ospedalieri del 13.8.88, le lungodegenze improprie per anziani cronici non autosufficienti debbono trasformarsi progressi­vamente in RSA. Lo stesso decreto, inoltre, sta­bilisce che le unità operative ospedaliere di ge­riatria, volte alla cura degli ultrasessantacin­quenni a rischio, abbiano in organico un con­gruo numero di fisioterapisti, e, quindi, ricono­sce alle stesse la funzione di riabilitazione per questo tipo di pazienti.

2) L'anziano, anche quello da riabilitare deve comunque restare nell'ospedale per acuti il me­no possibile. I reduci di un ictus o di una frattura di femore sono molto meglio assistibili e riabili­tabili - dopo la fase iniziale e l'impostazione dei programma terapeutico e riabilitativo in ospeda­le - nei servizi geriatrici extraospedalieri inte­grati (assistenza domiciliare, day hospital, acco­glimento temporaneo in RSA).

L'ospedale per acuti, infatti, non è adatto a lunghi periodi di ricovero per l'anziano, pena un suo rapido ed irreversibile deterioramento. Al­cuni degli estensori del documento-appello hanno, a suo tempo, dimostrato in modo convin­cente il danno arrecato all'anziano in ospedale, notoriamente non adeguato - in termini di at­trezzature, di personale sufficientemente forma­to e di sistemazione ambientale - per assistere a lungo termine pazienti anziani non autosuffi­cienti.

La proposta, quindi, di mantenere, comunque ed eventualmente gli anziani non autosufficienti in ospedale non risolverà mai il problema assi­stenziale dell'anziano non autosufficiente e, vi­sta sotto il profilo economico, essa appare as­solutamente paradossale. In un momento di gra­ve crisi economica, ragione vorrebbe, invece, che si chiedesse con forza ed unanimemente una razionalizzazione delle non molte, ma nep­pur trascurabili risorse, mediante la realizzazio­ne delle unità operative ospedaliere di geriatria collegato con un'efficiente rete integrata di ser­vizi nel territorio. Nelle poche realtà italiane dove questo è stato fatto, si sono ottenuti ottimi risul­tati senza l'impiego di risorse aggiuntive; il che dimostra che, quando esiste la volontà politica, non è un'impresa impossibile realizzare servizi geriatrici funzionanti.

In conclusione, lo spirito del documento-ap­pello è teso ad ignorare volutamente l'importan­za della geriatria, evidentemente perché se ne vuole impedire la piena affermazione a livello nazionale, verosimilmente perché verrebbe a le­dere interessi di parte. Il Consiglio Direttivo della SIGG si dichiara, perciò, totalmente contrario a tale documento-appello, sicuro in questo di in­terpretare in modo corretto il pensiero di tutti i geriatri italiani e invita gli iscritti alla SIGG ad im­pedire con forza che un tale indirizzo demagogi­co e non costruttivo si imponga ulteriormente nell'opinione pubblica.

 

La replica della Segreteria nazionale UIL Pensionati

Alla nota della SIGG, ha replicato la Segreteria nazionale della UIL Pensionati con il documento che riportiamo integralmente, documento condi­viso pienamente dal Comitato per la difesa dei diritti degli assistiti, dal Coordinamento sanità e assistenza fra i movimenti di base e da "Prospet­tive assistenziali".

 

La presa di posizione del Consiglio Direttivo della SIGG, Società italiana di geriatria e geron­tologia, sui contenuti dell'appello a favore degli anziani non autosufficienti evidenzia una preoc­cupante mancanza di consapevolezza della dif­ferenza esistente tra un rispettabilissimo club di eminenti addetti ai lavori e chi invece nel sinda­cato, nelle associazioni di volontariato o come operatore nei servizi diretti agli anziani, è co­stretto ogni giorno a dare risposte concrete ai problemi emergenti.

Non ci sembra corretto che nella nota della SIGG non sia stato riportato il testo dell'appello, di modo che i lettori non conoscono né i conte­nuti dell'appello stesso, né l'elenco dei firmatari, fra i quali, riteniamo non siano né sprovveduti, né ripetitori di luoghi comuni, il Premio Nobel Ri­ta Levi Montalcini, il filosofo e Senatore a vita Norberto Bobbio, il Sociologo Achille Ardigò, Giorgio Benvenuto, allora Segretario nazionale della UIL, Mons. Giovanni Nervo; altre personali­tà e numerosi Geriatri tra i quali il Prof. Gualfre­do Scardigli, Presidente Nazionale della Società Italiana Medici e Operatori Geriatrici e il Prof. Fabrizio Fabris, titolare della cattedra di Geria­tria dell'Università di Torino.

Nella nota del SIGG non sono contestati due aspetti di fondamentale importanza contenuti nell'appello e cioè il diritto dei malati cronici non autosufficienti - sancito dalle leggi vigenti (ad es. legge di riforma ospedaliera n. 132 del 1988 e quella sanitaria n. 833 del 1978) - «di essere curati anche quando non potranno più guarire» e il dovere degli ospedali «di assistere non solo gli acuti ma anche i cronici, i lungode­genti e i convalescenti», principi questi costan­temente violati. E su questi punti dobbiamo rite­nere che vi sia accordo con i firmatari dell'ap­pello.

Dobbiamo purtroppo constatare una divarica­zione profonda con coloro che possono permet­tersi il lusso di non dovere preoccuparsi suc­cessivamente di mediare le proprie impostazioni teoriche e ideali con la dura realtà.

Noi non abbiamo dubbi sul fatto che i reparti di terapia intensiva degli ospedali devono esse­re riservati agli acuti e che l'assistenza domici­liare sia sociale che sanitaria è preferibile ad al­tre forme di assistenza.

Abbiamo però un'altra idea molto chiara, che per noi è anche un imperativo morale, che ci porta a dire che siccome inguaribile non signifi­ca incurabile, occorre garantire comunque una cura degna di tal nome a tutti gli anziani non au­tosufficienti.

La nostra opposizione alle dimissioni forzose dall'ospedale cade quando ci si trova in presen­za di condizioni che consentono il ricovero dell'anziano ammalato in una struttura adeguata o il ricorso alla ospedalizzazione a domicilio.

Quando invece il tutto si traduce nel convoca­re i parenti per dire loro che, trattandosi di an­ziano inguaribile, l'ospedale non può più fare niente e che quindi devono riportarlo a casa, la nostra opposizione diventa totale.

Diventa totale anche quando veniamo posti di fronte ad argomentazioni spesso strumentali sul fatto che tenere l'anziano ricoverato significa to­gliere il posto a chi ne ha più bisogno.

Per noi infatti il diritto alla cura viene prima di ogni altra considerazione.

La nostra battaglia per la creazione delle RSA nasce proprio dalla consapevolezza che in as­senza di strutture adeguate è indispensabile ca­ricare i reparti di terapia intensiva degli ospedali di compiti che potremmo definire impropri.

Sulla natura delle RSA come strutture dei SSN ma diverse dall'ospedale, pensiamo di ave­re le idee altrettanto chiare.

Sulle posizioni sostenute nell'appello dissentire è certamente lecito mentre non dovrebbe es­serlo il deformarle per poterle meglio criticare.

Un tale metodo quando viene usato evidenzia soltanto una posizione di arroganza e di uso di­storto del sapere.

Invitiamo i componenti dei Direttivo della SIGG ad avere più disponibilità al confronto prenden­do atto che la nostra non è una "invasione di campo" in quanto partiamo dalla constatazione che la Società di geriatria e gerontologia esiste ormai da tanti anni ma che non è stata, e non sarebbe in grado di risolvere il problema di co­me garantire agli anziani non autosufficienti il di­ritto alla cura e al rispetto della loro dignità, per­ché ciò che è stato in questi anni raggiunto su queste tematiche si deve ai validi e numerosi contributi di autorevoli personalità dei mondo della scienza e della cultura e alla mobilitazione seria e costruttiva delle organizzazioni sindacali e dei gruppi di volontariato.

Riteniamo che il tempo delle polemiche e de­gli opposti corporativismi dovrebbe essere su­perato e che si debbano cancellare ripicche e incomprensioni.

Un confronto leale sugli obiettivi comuni, nel contesto delle grandi difficoltà nel quale viviamo, ci pare l'unica strada costruttiva da percorrere per la tutela di tanti cittadini, che vivono lo stato di disagio e che sterili conflitti potrebbero con­dannare a rimanere nella loro grave condizione di emarginazione e di disperazione.

 

 

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