Libri
P.
STANZIONE (a cura di), Anziani e tutele
giuridiche, Edizioni Scientifiche Italiane, Napoli, 1991, pp. 472, L.
62.000
Il volume, che fa parte dei "Quaderni della
Rassegna di diritto civile", contiene le relazioni di Salvatore Saetta, La condizione degli anziani alla luce dei
principi costituzionali; Pasquale Stanzione, Le età dell'uomo e la tutela delle persone: gli anziani; Massimo
Dogliotti, I diritti dell'anziano; Gaspare
Lisella, Rilevanza della "condizione
di anziano" nell'ordinamento giuridico; Pietro Perlingieri, Diritti della persona anziana, diritto
civile e stato sociale; Giacomo Sanfilippo, Autonomia contrattuale e tutela dell'anziano nei contratti di vendita
e di mantenimento; Salvatore Sica, Anziani
e responsabilità civile: a proposito del concorso di colpa del danneggiato; Giuseppe
Napolitano, Anziani (assistenza agli);
Aldo Bonifacio e Guido Neri, La
valutazione del danno da menomazione alla persona dell'anziano. In
allegato: l'analisi della legislazione regionale sugli anziani, alcune
proposte di legge nazionali e vari documenti.
Di particolare rilievo la relazione di Pietro Perlingieri
di cui riportiamo alcune convincenti affermazioni:
- «Si deve
pertanto diffidare della costruzione di una categoria dell'anziano e di una normativa
esclusiva per l'anziano tout court, l'una e l'altra potrebbero costituire fonti
di nuova emarginazione. Sì che non sembra utile né corretto proporre la
fondazione di un "diritto dei diritti dell'anziano"; né è questione
di elaborare uno statuto degli anziani. Si tratta piuttosto di individuare
adeguate soluzioni per la protezione e per la promozione di persone in
"situazione di particolare debolezza" sino alla peculiare condizione
di disabilità. Tra gli uomini, in base all'età, la Costituzione non consente
distinzioni, né in termini positivi né negativi, ciò ha conseguenze sul piano
della legittimità costituzionale e dell'interpretazione»;
- «Il
problema di solidarietà (...) si risolve realmente (come è stato ben
precisato) soltanto con l'attuazione dell'art. 53 cost, cioè del principio
della capacità contributiva e della progressività dell'imposta presupposti per
una politica sociale dello Stato»;
- «L'anziano
finisce con l'essere una categoria, un prodotto del sistema economico, il
quale decide quando si è anziani. Sì che le problematiche della piena
occupazione e del mercato del lavoro condizionano ampiamente la definizione
dell'anziano, spesso in modo miope, allontanando dalla produzione esperienze
intellettuali e professionali ancora utili»;
- «Dalle
precedenti considerazioni una importante conclusione è possibile trarre. L'età
non può essere un aspetto incidente sullo status personale; quest'ultimo in un
ordinamento ispirato al principio di eguaglianza, rappresenta una situazione
originaria e complessa assolutamente paritaria, sintesi dei diritti inviolabili
e dei doveri inderogabili dell'uomo».
- «Quanto,
invece, all'anziano non autosufficiente ed all'inabile, il problema è più
grave. Esso rientra, pur non esaurendosi, in quello più ampio della salute,
delle strutture sociali, e riguarda anche il ruolo della famiglia e l'aiuto
che questa ha diritto di avere per realizzare i compiti di assistenza e di
protezione. Ciò, tuttavia, prescinde dal problema dell'età e riguarda l'inabile
in quanto tale. La cronicità, irreversibilità della malattia e la stessa c.d,
situazione terminale non sono caratteristiche esclusive dell'anziano».
FEDERICA
DELL'ORTO GARZONIO - PATRIZIA TACCANI, Conoscere
la vecchiaia - Manuale per operatori sociali, educativi e sanitari, La
Nuova Italia Scientifica, Roma, 1990, pp. 175, L. 24.000
Il libro propone un'interpretazione della vecchiaia
in chiave realistica: la considera, infatti, un tempo in cui permangono
inalterati i bisogni, i desideri, i diritti e i doveri che informano la vita di
tutti i cittadini.
Il volume, destinato soprattutto a coloro che operano
nei servizi con competenze sociali, psicologiche, educative, sanitarie e
formative, si articola in due parti.
Nella prima sono trattati i seguenti argomenti:
sviluppo personale e vecchiaia, la memoria e il progetto, il corpo, il tempo,
la casa, la famiglia: risorse e vincoli, la donna anziana, il benessere
possibile, la malattia, la sofferenza psichica, la cronicità, la morte come
confine.
I temi della seconda parte sono: le politiche per gli
anziani: nodi e sviluppi, lavorare come anziani, esperienze di formazione.
L'unico appunto che ci permettiamo di fare riguarda
la fiducia, a nostro avviso eccessiva, che le Autrici ripongono nelle
istituzioni, le cui carenze sono considerate la conseguenza di ritardi,
impreparazione o insufficienza culturale e non - com'è, invece, la realtà dei
fatti - come l'applicazione di linee politiche ed operative dirette a negare
le esigenze ed i diritti delle persone, anziane e non, incapaci di autodifendersi. Ne consegue che le Autrici ritengono che la formazione degli
operatori sia lo strumento principe per modificare la situazione, mentre noi
crediamo che sia almeno parimenti importante una attiva partecipazione delle
organizzazioni sindacali e sociali e della popolazione.
Infine non concordiamo assolutamente con il parere
delle Autrici secondo cui «certo occorre
dar atto alle Regioni di aver da sole cercato di costruire una rete di
interventi per gli anziani, in assenza di una legge statale in materia»,
poiché è facilmente dimostrabile che proprio le Regioni sono responsabili della
violazione delle leggi vigenti, in materia sanitaria e della negazione delle
esigenze e dei diritti degli anziani colpiti da malattie croniche e da non
autosufficienza.
Ricordiamo, inoltre, l'inattività della stragrande
maggioranza delle Regioni nei confronti del diritto all'assistenza, sancito
dal R.D. 3 marzo 1934 n. 383 (in vigore fino all'anno scorso), che all'art. 91,
lettera H, obbligava i Comuni a provvedere al «mantenimento degli inabili al lavoro». Altre inadempienze
riguardano:
- la disapplicazione del DPR 616/1977;
- le norme sulla prevenzione ed estinzione degli
incendi per quanto riguarda le strutture di ricovero;
- l'attuazione della legge 184/1983 sull'adozione e
l'affidamento;
- la vigilanza degli istituti pubblici e privati di
assistenza e delle IPAB.
E l'elenco potrebbe continuare...
NANCY
L. MACE - PETER V. RABINS, Un giorno di
36 ore, Il Pensiero scientifico Editore, Roma, pp. 288, Edizione fuori
commercio.
«Da lungo
tempo» - così inizia la premessa - «si sentiva il bisogno di un libro di
consultazione pratico e dettagliato che fosse di aiuto ai familiari di pazienti
affetti da demenza. Molte di queste famiglie potrebbero continuare ad
assistere i loro familiari in casa acquisendo una migliore conoscenza dei vari
problemi e trovandosi quindi pronti ad affrontarli. Una conoscenza più profonda
della natura dei sintomi e di alcuni dei comportamenti problematici che li accompagnano,
renderebbe i disturbi meno misteriosi e le conseguenze dei sintomi molto meno
minacciose».
Il testo è scritto con un linguaggio e uno stile
molto semplici, accessibili ad un pubblico di lettori molto vasto. non si
tratta tuttavia di una presentazione semplicistica dei problemi. Tutta la
trattazione è sostenuta da una grande attenzione al malato e a chi si occupa
di lui, e la situazione di entrambi è analizzata nella sua complessità.
Contribuisce alla semplicità e alla chiarezza del discorso la concretezza con
cui sono i disturbi dei malati e con cui vengono dati suggerimenti per
trattare coloro che soffrono di questa malattia. Il termine generale di demenza
viene usato per indicare varie patologie identificate in termini medici come
"malattia di Alzheimer, malattia multi-infartuale, demenza senile o
presenile".
Dopo la presentazione generale della malattia si
passa a descrivere come viene effettuata una valutazione diagnostica e come
trovare un medico che abbia cura della persona malata. Vengono poi elencati
molti dei problemi incontrati dalle famiglie che curano dementi e si offrono
suggerimenti vari per la loro risoluzione, compreso un elenco dei tipi di
aiuto disponibili. Grande attenzione viene poi dedicata alle persone che si occupano
dei malati e ai problemi che possono sorgere nelle famiglie che li ospitano.
Tutta la trattazione parte dal presupposto che sia di
gran lunga preferibile che la famiglia, debitamente supportata, accolga nella
propria casa il malato demente. L'istituzionalizzazione è presentata come
estrema soluzione quando la famiglia, per varie motivazioni, sia incapace di
continuare a fornire tutte le cure necessarie.
Il testo si conclude con la presentazione schematica
ma precisa dal punto di vista medico delle malattie che causano la demenza e
dei loro sintomi.
MARIA
CHIARA BASSANINI - PIPPO RANCI (a cura di), Non per profitto - Il settore dei soggetti che erogano servizi di
interesse collettivo senza fine di lucro, Fondazione Adriano Olivetti,
1990, pp. 336, Edizione fuori commercio.
Il volume, che riporta i risultati di una ricerca
commissionata dalla Fondazione Olivetti, ha due fili conduttori prestabiliti,
ma non dimostrati.
Si afferma, anche nel titolo del libro, che le organizzazioni
del terzo settore (volontariato, associazionismo, cooperative di solidarietà
sociale) svolgono funzioni «utili alla società», lasciando intendere che ciò
avviene sempre e dovunque.
In secondo luogo, si sostiene che il terzo settore
opera, anche in questo caso sempre e dovunque, senza fini di lucro.
Orbene, nel nostro ordinamento e nel volume sono
considerate senza fini di lucro le organizzazioni che non distribuiscono utili
ai soci, mentre è consentito che il lucro possa essere capitalizzato e
assegnato ai soci allo scioglimento dell'ente.
Inoltre vi sono diversi sistemi per distribuire denaro
ai soci senza far risultare che si tratta di utili, con privilegi di varia
natura (ad esempio a messa a disposizione gratuita dell'auto, dell'alloggio,
ecc.).
Vi sono poi altri mezzi. Ad esempio, il Cottolengo
di Torino, che rientra attualmente fra le organizzazioni senza fini di lucro,
ha investito nei mesi scorsi ben 52 miliardi per l'acquisto degli alberghi di
lusso di Ischia, già di proprietà Rizzoli.
Circa il perseguimento di finalità sociali da parte
del terzo settore, ricordiamo solo i bambini illegalmente trattenuti dagli
istituti che hanno violato e violano le leggi sull'adozione 5 giugno 1967 e 4
maggio 1983 n. 184 e le espulsioni di anziani malati cronici non autosufficienti
disposte dall'ospedale Fatebenefratellì di Venezia e da quello di Negrar
(Verona) appartenenti all'Ordine Don Calabria (1).
Se si vuole, com'è giusto, valorizzare il terzo
settore che opera a difesa delle persone più deboli, occorre abbandonare
schematismi aprioristici e presentare valutazioni oggettive e proposte
accettabili.
La parte più significativa del volume è l'analisi del
terzo settore effettuata a Pordenone, da cui risulta che, per quanto riguarda
il confronto sanitario e quello assistenziale, «il privato vede determinato proprio dal pubblico il proprio raggio
d'azione» e «la tendenza degli
operatori del terzo settore a spostarsi nel settore pubblico depauperando il
privato della sua risorsa più rilevante», fatti che confermano la propensione
di una parte rilevante del terzo settore di essere uno strumento operativo
dell'ente pubblico, anche nei casi in cui l'ente stesso ignora le esigenze
dell'utenza e ne viola i diritti.
(1) Cfr. "Il Fatebenefratelli di
Venezia viola il diritto alla cura di una anziana cronica non autosufficiente:
la magistratura non processa l'ente ma i familiari", in Prospettive assistenziali, n. 95,
luglio-settembre 1991.
PIERO
GIORGI, Lettera a un figlio peruviano -
Cronistoria di un'adozione, Marietti, Genova, 1991, pp. 91, L. 18.000
Il volume, scritto sotto forma di lettera inviata dal
padre al bambino peruviano adottato, presenta alcuni aspetti dell'adozione e
in particolare di quella internazionale.
L'Autore si sofferma a raccontare, in modo molto impressionistico
e di non sempre facile lettura, la "storia" delle contrastanti
emozioni vissute da lui e dalla moglie a Lima, in attesa della tanto desiderata
adozione e del permesso di lasciare il Paese con il bambino. I sentimenti e le
emozioni della moglie, indicata miticamente come la Mamma, con la lettera
maiuscola, compaiono in misura molto ridotta, e sono comunque sempre
assimilati a quelli del padre, che parla in prima persona ed esprime un mondo
interiore più personale che di coppia.
Alcune pagine sono dedicate al resoconto dei primi
giorni vissuti dal bambino in casa con i genitori adottivi e dei suoi primi
progressi.
Verso la fine del libro, il riferimento ad un aborto,
pare terapeutico, deciso dalla coppia, rimane piuttosto oscuro.
In post-fazione un intervento del Presidente del
Tribunale per i minorenni di Genova per puntualizzare alcune caratteristiche
della legislazione vigente rispetto all'adozione, in particolare a quella
internazionale, e per ribadirne la validità di fondo.
AA.VV.,
Protocollo diagnostico: iniziare a
capire le cause, programmare il futuro dell'handicappato mentale, Editrice
Compositori, Bologna, 1991, pp. 109, senza indicazione di prezzo.
La pubblicazione raccoglie gli atti del Convegno
scientifico internazionale promosso da ANFFAS (Associazione nazionale famiglie
fanciulli adulti subnormali), ANGSA (Associazione nazionale genitori soggetti
autistici) e da FANEP (Famiglie neurologia pediatrica), svoltosi a Bologna il
24 maggio 1990.
Le relazioni concernono "Protocollo diagnostico
consigliato nei casi di autismo infantile" di C. Gilberg; "Piano
riabilitativo per i bambini con comportamento autistico" di M. Zappella;
"La sindrome dell'X fragile in età pediatrica" di M. Baserga e altri;
"Lo screening neonatale delle malattie endocrino-metaboliche" di E.
Cacciari e A. Cassio; "Handicap mentale nell'infanzia: la ricerca di una
diagnosi" di E. Franzoni; "Proposta di un protocollo diagnostico per
le demenze" di P. Pazzaglia.
Le conclusioni sono di D. Mariani Cerati. In appendice
"Il lavoro di una delle madri di figli handicappati mentali: nuove
richieste e nuovi rapporti tra donne-famiglie e servizi" di A. Chiodini e
M.G. Pedretti.
La pubblicazione è distribuita da Azzurroprato, Via
S. Isaia 20/A, 40123 Bologna, tel. 051/33.26.91.
www.fondazionepromozionesociale.it