Notiziario dell'Associazione nazionale
famiglie adottive e affidatarie
IMPORTANTE
CIRCOLARE DEL MINISTERO DELL'INTERNO SULL'ADOZIONE
In data 24
aprile 1992 il Ministero dell'Interno, Direzione generale dei servizi civili,
ha inviato la circolare prot 01869/1-4-254 (che riproduciamo integralmente) ai
Prefetti, ai Commissari del Governo di Bolzano e Trento, al Presidente della
Giunta della Regione Valle d'Aosta e, per conoscenza, al Dipartimento per gli
affari sociali della Presidenza del Consiglio dei Ministri, all'Ufficio
centrale per la giustizia minorile del Ministero di grazia e giustizia, ai
Commissari del Governo per le Regioni Friuli-Venezia Giulia, Sardegna, Sicilia,
Valle d'Aosta.
Testo della Circolare
OGGETTO: Legge 4 maggio 1983, n. 184 -
“Disciplina dell'adozione e dell'affidamento dei minori”:
In coerenza con una lunga ed affermata tradizione di
pensiero e di azione, nel corso degli ultimi anni è andato consolidandosi un
orientamento che attribuisce ai Prefetti un compito di osservazione della
realtà sociale; di consapevole attenzione alle problematiche espresse da
singoli, gruppi e comunità; di coordinamento delle iniziative pubbliche e
private per la migliore soluzione di dette problematiche; di iniziativa diretta
e di stimolo per colmare vuoti o carenze istituzionali.
In questo contesto, il Ministero, e più in particolare
la Direzione generale dei servizi civili per quanto attiene ai temi sociali,
viene frequentemente sollecitato perché i Prefetti rafforzino tale funzione di
conoscenza, di attenzione e di iniziativa, con riferimento a taluni specifici
settori dove maggiormente evidenti appaiono situazioni di malessere, di
disagio sociale, di abbandono.
Di recente, il Coordinamento per la difesa e piena
attuazione della legge 4 maggio 1983, n. 184 "Disciplina dell'adozione e
dell'affidamento dei minori" ha interessato la Direzione generale affinché
anche attraverso l'azione dei Prefetti, possano essere meglio e più
compiutamente raggiunti gli scopi della legge, segnalando come tale esigenza
risulti particolarmente attuale, oltre che in relazione a fenomeni eclatanti di
abbandono, a causa di una più generale situazione di difficoltà in cui versano
larghe fasce di minori a rischio.
Con l'approvazione della legge 184 del 1983, nel riaffermare
il valore fondamentale della famiglia, sono stati enunciati principi
parzialmente innovativi e priorità quali:
- il diritto del minore ad essere educato nell'ambito
della propria famiglia, prevedendo aiuti alle famiglie in difficoltà;
- l'affidamento ad un'altra famiglia, a persone
singole o a comunità di tipo familiare dei minori le cui famiglie di origine
non siano in grado, per un periodo più o meno lungo, di provvedere al loro
mantenimento, alla loro educazione ed istruzione;
- l'adozione a favore dei minori che, dopo gli
accertamenti dell'autorità giudiziaria minorile, risultino, a vario titolo,
privi dell'assistenza morale e materiale da parte dei genitori e dei parenti;
- il riconoscimento dei diritti e della tutela del
bambino straniero, attraverso l'introduzione di procedure proprie per
l'adozione internazionale;
- la previsione di specifiche sanzioni per chi
specula e traffica, direttamente e indirettamente, sulla vita dei minori
abbandonati.
Il ricovero in istituto è consentito dalla legge solo
nei casi in cui non siano praticabili soluzioni più favorevoli al minore. Il
riconoscimento delle conseguenze negative della istituzionalizzazione - al di
là dell'impegno e della professionalità degli operatori - è un altro segnale
di cambiamento della cultura rispetto ai problemi minorili.
I valori ispiratori della legge 184/1983 conservano
una sostanziale attualità, in quanto rappresentano il riconoscimento giuridico
e culturale di una scelta già delineata dalla Costituzione: il diritto di ogni
minore a crescere in un ambiente familiare stabile ed idoneo ad adempiere adeguatamente
al compito insostituibile di favorirne la crescita personale.
L'attenzione che con la presente si intende porre
alla tematica richiamata, non costituisce un fatto nuovo, collegandosi essa
alle circolari a suo tempo inviate ai Prefetti, con le quali fu loro richiesta
una attiva collaborazione per la più idonea attuazione della precedente legge 5
giugno 1967 n. 431 sull'adozione speciale (circolari n. 7000 del 14 febbraio
1968; n. 13712 del 30 marzo 1968; n. 25200/556 del 28 ottobre 1974).
In quelle direttive già si affermava che, nel
contesto finalistico della legge n. 431, caratterizzato dal preminente
interesse dei minori privi di famiglia, trovava spazio e rilevante utilità
l'opera dei Prefetti, sia in relazione alla conoscenza loro propria delle
situazioni e degli ambienti locali, sia in relazione alle valide esperienze
maturate nel settore dei servizi socio-assistenziali. Si segnalava pertanto
come particolarmente opportuna una azione concreta ed incisiva, da svolgersi
con il massimo impegno, ai fini di promuovere ed agevolare una più estesa
attuazione delle adozioni speciali. In quelle stesse circolari si pregavano,
tra l'altro, i Prefetti di trasmettere trimestralmente dati numerici inerenti
alle pratiche di adozione avviate (domande per dichiarazione di stato di
adottabilità - affidamenti preadottivi) o definite (pronunzie di adozioni speciali).
In una linea di continuità rispetto a quanto
richiamato, si forniscono le seguenti indicazioni:
- per tutte le Prefetture, ed in particolare per
quelle che ancora continuano a far pervenire i dati numerici menzionati, si
chiarisce che ciò non è più necessario, neppure in riferimento alla
sopravvenuta legge 184/1983, anche perché, alla acquisizione e alla
pubblicazione di questi dati, provvede l'Ufficio per la giustizia minorile del
Ministero di grazia e giustizia, che li partecipa anche ai Servizi civili;
- permane, invece, in tutta la sua pienezza,
l'esigenza che i Prefetti, quali soggetti dell'amministrazione generale dello
Stato sul territorio, si ripropongano come validi interlocutori e promotori di
una sempre più efficace attuazione della legge 184. Ovviamente, operando sempre
previe le necessarie intese con gli organi della giustizia minorile e, in
primis, con i Presidenti dei Tribunali dei minorenni che sono titolari della
competenza primaria a provvedere nella delicata materia.
La questione minorile deve recuperare, infatti, una
sua centralità, nella consapevolezza che il problema famiglia-bambino non deve
essere circoscritto alla sfera delle responsabilità individuali, ma riportarsi
al più generale ambito delle responsabilità sociali. La concomitante azione dei
pubblici poteri in materia deve, pertanto, tendere a garantire la
realizzazione dei principi-guida ispiratori della riforma del 1967 e poi del
1983, tenendo conto delle risorse presenti nella società civile ed affermando
la centralità del minore all'interno della famiglia e in campo sociale: il
minore, quindi, come soggetto di diritti da difendere e da promuovere.
In questa direzione si è mossa, del resto, la stessa
legge 19 luglio 1991, n. 216 che, con più diretto e specifico riguardo ai
minori soggetti a rischio di coinvolgimento in attività criminose e con
l'intento di tutelarne e favorirne la crescita, la maturazione individuale e la
socializzazione, ha opportunamente previsto, fra l'altro, l'attuazione di
interventi a sostegno delle famiglie con particolari difficoltà o nelle quali occorra
facilitare il reinserimento del minore, a seguito della eliminazione della
situazione a rischio.
Non vi è dubbio che la riaffermazione della posizione
del bambino all'interno della famiglia e della società è certamente
condizionata ad una ulteriore, positiva evoluzione di tutta la legislazione
per l'infanzia e la famiglia. Si ha motivo di ritenere, peraltro, che la stessa
legge 184, se correttamente e compiutamente applicata, costituisca tuttora un
valido strumento, specialmente se ne sarà sviluppato l'aspetto preventivo e se
si riuscirà a provocare una diminuzione sostanziale delle
istituzionalizzazioni (quasi sempre deleterie per lo sviluppo armonico della
personalità).
Quanto sopra illustrato, si ritiene che le SS.LL. -
nel rispetto delle attribuzioni dell'autorità giudiziaria e dei servizi locali
- possano assicurare un contributo significativo per la migliore attuazione
della legge e per il raggiungimento delle sue finalità. Il campo di possibile
azione, nello spirito di promozione collaborativa che deve animare il
rappresentante del potere governativo, implica da parte delle SS.LL. la
valutazione della opportunità di iniziative sul piano locale per:
- attivare i servizi socio-assistenziali degli enti
locali affinché provvedano a: a) operare per la prevenzione degli abbandoni dei
neonati, obiettivo raggiungibile mediante una azione psicosociale sulle
gestanti, a volte in età preadolescenziale; b) realizzare tutte le possibili
misure di sostegno alle famiglie in difficoltà, operando allo scopo di
instaurare più validi rapporti tra il minore e la famiglia. Si tratta
dell'azione di prevenzione primaria che, meglio di ogni altra, può contenere,
se non evitare, i casi di abbandono del minore e quelli, ancora più gravi,
della sua possibile devianza; c) ove, nondimeno l'ambiente familiare si riveli
inidoneo, curare la selezione-preparazione delle famiglie e persone disponibili
a ricevere in affidamento i bambini e i ragazzi, garantendo le prestazioni
necessarie per la buona riuscita degli affidamenti. Interventi analoghi
potrebbero essere utilmente previsti per la realizzazione delle adozioni, con
particolare riferimento ai bambini grandi e handicappati;
- sensibilizzare i cittadini affinché le famiglie e
le singole persone possano conoscere la situazione dei minori in difficoltà e
segnalare agli enti locali la loro disponibilità all'affidamento familiare;
- promuovere un sistema di informazione sulla
situazione dei minori in difficoltà, attraverso il censimento degli istituti e
dei minori ricoverati, aggiornando sistematicamente queste informazioni e
analizzando le cause e la durata del ricovero;
- seguire l'andamento degli istituti di assistenza
pubblici e privati (pure allo scopo di favorire la puntuale trasmissione al
giudice tutelare degli elenchi dei minori ricoverati e assistiti secondo
quando previsto dall'art. 9 della legge n. 184/1983);
- porre in essere ogni opportuno intervento al fine
di favorire una riconversione degli istituti di assistenza in piccole comunità
di accoglienza a carattere familiare, nelle quali operi personale con adeguata
formazione professionale e continuamente aggiornato.
Il successo di queste ed altre iniziative è strettamente
condizionato alla creazione di una stabile rete di rapporti con organismi
pubblici e privati primariamente competenti, nonché alla elaborazione di
eventuali accordi di programma che, partendo da una reciproca informazione
sulle situazioni di abbandono o a rischio, siano in grado di offrire risposte
concrete alle situazioni di bisogno privilegiando costantemente il momento
preventivo. Non occorre sottolineare la specifica valenza che, a questo
proposito, possono assumere apposite riunioni del Comitato provinciale della
pubblica amministrazione.
Attraverso la delineata azione di impulso e di
integrazione degli interventi di settore, e con l'obiettivo di dare piena
attuazione ad una legge di assoluto ed attualissimo rilievo, le SS.LL. potranno
validamente contribuire a: potenziare i servizi locali volti a prevenire
fenomeni di abbandono; assicurare la "qualità" degli affidamenti
familiari; favorire il processo di riconversione degli istituti in vere e
proprie comunità di accoglienza a carattere familiare; agevolare il sollecito
svolgimento degli adempimenti amministrativi connessi alle procedure di
adozione.
Come sempre, si confida nella più incisiva attuazione
del presente atto di indirizzo che, ponendo al centro i diritti del minore, si
colloca altresì nel quadro di una moderna concezione diretta a prevenire le
cause primarie del malessere individuale e collettivo e delle correlate patologie
sociali.
Si prega di fornire un cenno di intesa e di assicurazione.
Il Ministro
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