PROPOSTA DI LEGGE REGIONALE PER
L'INCENTIVAZIONE DELLE ATTIVITÀ ALTERNATIVE AL RICOVERO IN ISTITUTO
In data 19
marzo 1991 i Consiglieri Bortolin, Calligaro, Dameri e Foco del Gruppo PCI-PDS
hanno presentato al Consiglio Regionale del Piemonte la proposta di legge
"Incentivazione delle iniziative socio-assistenziali alternative al ricovero
in istituto e delle attività di aiuto domiciliare ai nuclei familiari e ai
singoli”; proposta di cui riproduciamo integralmente la relazione e il testo.
Relazione
Sempre più prevalente è una politica restrittiva
fatta di tagli netti dei fondi da erogare a sostegno di scelte che
privilegino, prima di tutto, l'affermazione dei diritti dei cittadini, come sancito
negli articoli 2, 3 e 38 della Costituzione.
Politica restrittiva e di presunta razionalizzazione
della spesa che, partendo dal bilancio dello Stato, ha una forte ricaduta a
livello regionale e comunale e che, complessivamente, risulta essere punitiva
nei confronti dei soggetti più deboli: minori, portatori di handicap,
disagiati sociali, anziani.
Le novità introdotte dalla legge 142 del 1990,
rischiano, per quanto concerne i servizi socioassistenziali, ancor prima di
far valere la loro efficacia, di indebolire ulteriormente gli interventi di
carattere sociale ed assistenziale nei confronti di quelle categorie di
cittadini (ciechi, malati mentali, sordomuti, ecc.) che, ad esempio, nelle
Province trovavano il soggetto erogatore dei servizi.
Confusione, indebolimento e assenza di servizi
territoriali e domiciliari e di sostegno economico adeguato a favore dei
soggetti disagiati, portano inevitabilmente a far lievitare la domanda di
istituzionalizzazione, seppur come scelta disperata per i cittadini e molte
volte anche per le loro famiglie; scelta costosa economicamente e, di fatto,
quasi sempre senza ritorno.
A conferma di quanto affermato stanno il dibattito
che si è sviluppato in questi mesi con il volontariato sociale in prima fila e
la domanda pressante di servizi alternativi al ricovero che viene dai
cittadini. Servizi alternativi al ricovero richiesti giustamente anche perché
sempre affermati come prioritari e compresi in questo senso ancora nella legge
23 aprile 1990 n. 37 "Norme per la programmazione regionale per il
triennio 1990-1992", ma altrettanto sempre disattesi e confinati
all'ultimo posto nell'ambito delle scelte politiche e delle priorità.
Alla vecchia cultura dell'istituzionalizzazione,
sempre in agguato, occorre contrapporre una cultura che affermi i diritti del
cittadino prima di tutto.
Oggi prevale una politica di razionalizzazione
fittizia, perché perseguita senza programmazione e senza un minimo supporto
valutativo dei costi rispetto ai benefici: si pensi alla introduzione di
tickets di partecipazione alla spesa sanitaria, che, con la nuova normativa,
va di fatto a gravare per quei cittadini dichiarati indigenti sulla spesa
assistenziale; oppure agli interventi economici assistenziali, ciascuno con
proprie misure economiche, soglie di reddito diverse per l'accesso, che
costituiscono oggi una vera e propria giungla; o, ancora, alle varie provvidenze
che sotto forma di contributi integrativi o di pensioni determinano ingiustizie
e disparità.
Molto deriva dal dover operare in carenza di una
legge quadro di riforma sull'assistenza. Ma proprio per questa ragione occorre
allora operare, nel rispetto dei poteri che vengono riconosciuti alle Regioni
dalla Costituzione, innanzitutto in direzione della prevenzione: per prevenire
situazioni che generano rischi sociali, situazioni di bisogno e fenomeni di
emarginazione; a favore del reinserimento e mantenimento nei normali ambienti
di vita dei soggetti deboli o menomati e di quelli che vivono in strutture
chiuse ed emarginanti; forme di assistenza integrativa domiciliare o in
strutture diurne per soggetti non autosufficienti o ad autonomia limitata;
sostegno alla famiglia quando sia centro di continuità affettiva e di sviluppo
dei rapporti di solidarietà.
Si vuole in sostanza, pur nei voluti limiti di questa
proposta di legge, affermare la priorità e la concezione dei servizi diurni,
domiciliari ed anche il ricorso alla residenzialità, quando è necessario,
considerando i servizi e la permanenza in tali strutture per il tempo
necessario al ripristino delle funzioni compromesse; allo stesso modo si
intende l'intervento di aiuto economico, in particolare per soggetti non
pensionati: temporale e teso a recuperare l'autonomia del cittadino.
La proposta di legge riprende perciò i riferimenti
normativi regionali e nazionali, a questi si collega nella definizione
dell'intervento di incentivazione alle iniziative alternative al ricovero
(art. 1) proponendo l'istituzione ed il potenziamento modulato per i diversi
soggetti destinatari degli aiuti: minori, portatori di handicap, anziani.
L'art. 2 individua i contributi già previsti dalla
legge regionale 2 aprile 1990 n. 22, per l'attuazione e l'adeguamento di
interventi (Centri diurni e comunità alloggio) che sono ispirati ad un modello
di prestazioni che per dimensioni e modalità tendono a mantenere la persona in
difficoltà in una dimensione personalizzata.
L'art.
3 precisa in questo senso la tipologia degli interventi.
L'art. 4 si propone di finalizzare le risorse previste
dalla legge finanziaria 11 marzo 1988 per strutture sanitarie che rispondano al
diritto degli anziani cronici non autosufficienti di essere curati nell'ambito
di strutture e con il riferimento normativo alla sanità, come avviene per tutte
le persone malate.
L'art. 5 riafferma il dettato della legge 20/1982 e
successive integrazioni e modifiche, di trasferimento alle USSL di servizi
socio-assistenziali.
Testo
Art. 1
1. La Regione Piemonte eroga alle Associazioni dei
Comuni, oltre alla quota del fondo previsto all'art. 34 della legge regionale
23 agosto '82 n. 20 e successive integrazioni e modifiche apportate dalla legge
regionale 3 maggio 1985 n. 59, Piano socio-sanitario della Regione Piemonte
1985-86 e legge regionale n. 37 del 23 aprile 1990, P.S.S.R. 1990-92, dalla
legge regionale 7 marzo 1988 n. 12 e dalla legge regionale 6 luglio 1988 n.
31, un contributo aggiuntivo annuo di L. 3 miliardi per l'istituzione ed il
potenziamento delle attività socio-assistenziali relative a:
-
sostegno sociale individuale e familiare;
-
assistenza economica finalizzata a garantire il minimo vitale;
-
assistenza domiciliare;
- attuazione della legge 4 maggio 1983 n. 184
"Disciplina dell'adozione e dell'affidamento di minori";
- funzionamento di comunità alloggio per minori,
handicappati e anziani e di centri diurni di cui al successivo art. 2.
Art. 2
1. I contributi di cui alla legge regionale 2 aprile
1990 n. 22 sono erogati per l'istituzione e l'adeguamento di:
- centri diurni per handicappati ultraquindicenni
che, a causa della gravità delle loro condizioni psico-fisiche, non possono
svolgere attività lavorative presso le normali aziende pubbliche e private;
- comunità alloggio per minori normali e handicappati
per i quali non siano attuabili le priorità di cui alla legge 4 maggio 1983 n.
184;
- comunità alloggio per adulti handicappati privi
delle condizioni necessarie per un'autonoma vita individuale e familiare;
- comunità alloggio per anziani autosufficienti in
tutto o in parte, che liberamente scelgono questa tipologia di servizio.
Art. 3
1. Le comunità alloggio sono istituite in appartamenti
delle normali case di abitazione o utilizzando altri tipi di abitazione.
2. In ogni caso devono essere inserite nel vivo del
contesto sociale. Di norma la capienza non può essere superiore ad otto persone
e i raggruppamenti di comunità alloggio non superiori alle due unità.
Art. 4
1. Per la trasformazione di case di riposo e di
residenze protette per anziani cronici non autosufficienti in strutture
residenziali sanitarie ed assistenziali, cura e riattivazione, o per le nuove
costruzioni, i finanziamenti sono concessi dalla legge 11 marzo 1988 n. 67,
art. 20.
2. Le strutture residenziali sanitarie di accoglienza,
cura e riattivazione devono avere una capienza massima di 40 posti.
Art. 5
1. Nel rispetto dell'art. 36 della legge 20/1982 e
successive integrazioni e modifiche, i Comuni devono trasferire la gestione dei
servizi socioassistenziale alle USSL entro e non oltre 30 giorni dall'entrata
in vigore della presente legge.
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