SENTENZA
INQUIETANTE DELLA CORTE COSTITUZIONALE
Non può non
destare preoccupazioni la sentenza n. 148/1992 della Corte costituzionale, che
riproduciamo integralmente, in quanto non è diretta, come può apparire a prima
vista, a risolvere un caso umano, ma a smantellare uno dei cardini
fondamentali della legge 4 maggio 1983 n. 184 "Disciplina dell'adozione e
dell'affidamento dei minori".
Nella legge
184/1983 la differenza massima di età fra adottanti e adottandi è stabilita in
anni 40 (1) al fine di assicurare all'adottato genitori non troppo vecchi non
solo quando viene realizzata l'adozione, ma anche e soprattutto al momento del
suo autonomo inserimento sociale.
I fatti
Una coppia,
ottenuta dal Tribunale per i minorenni di Bari la prescritta dichiarazione di
idoneità per l'adozione di bambini stranieri, si reca in Romania e porta in
Italia due fratelli, di cui uno, in violazione alla autorizzazione concessa, ha
una differenza di età rispetto agli adottanti superiore ai 40 anni.
A questo
riguardo va anche osservato che le autorità consolari italiane in Romania e la
polizia di frontiera non si sono accorte di nulla, il che pone inquietanti
interrogativi circa le possibilità di entrate illegali di minori in Italia.
Creato il
fatto compiuto, i coniugi si rivolgono al Tribunale per i minorenni di Bari per
ottenere la pronuncia di adozione. Non potendo violare le norme della legge
184/1983, lo stesso Tribunale si rivolge alla Corte costituzionale per ottenere
l'annullamento.
Un primo passo?
La Corte
costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale della legge
184/1983 «nella parte in cui non
consente l'adozione di uno o più fratelli in stato di adottabilità, quando per
uno di essi l'età degli adottanti supera di più di quarant'anni l'età dell'adottando
e dalla separazione deriva ai minori un danno grave per il venir meno della
comunanza di vita e di educazione». In
sostanza, la sentenza afferma che se viene precostituita la convivenza
adottiva, anche in violazione della norma che stabilisce la differenza massima
di età di 40 anni, il giudice può pronunciare ugualmente l'adozione.
La pronuncia
della Corte costituzionale riguarda l'adozione di un solo fratello al di fuori
del limite dei 40 anni; è facile prevedere che la norma verrà estesa anche
nelle situazioni in cui i fratelli siano più di uno.
Non vorremmo
che la sentenza della Corte costituzionale in oggetto fosse il primo passo per
lo smantellamento della differenza massima di età, limite che - lo ripetiamo -
era stato introdotto per evitare che i minori fossero adottati da persone
vecchie.
Da notare
che la legge 184/1983 consente l'adozione in casi particolari; pertanto il minore
in oggetto poteva essere adottato dai coniugi. In questo caso essi - come ci
sembra giusto e opportuno per evitare abusi - avrebbero dovuto essere
preventivamente autorizzati dal Tribunale.
L'affermazione
della Corte costituzionale sul diritto del minore a crescere sviluppando armonicamente
la propria personalità (sviluppo che rischierebbe di restare seriamente
pregiudicato da una separazione tra fratelli), non può non essere condiviso, e
del resto è lo stesso articolo 22 della legge 184 a recitare che non può essere
disposto se non in presenza di gravi ragioni l'affidamento di uno solo di più
fratelli minori, tutti in stato di adottabilità. Bisogna però riflettere che
il principio, affermato in termini così categorici, rischia a sua volta di
minare alle radici il funzionamento ordinato dell'adozione in Italia, poiché
può concorrere a favorire l'instaurarsi di adozioni che, per oggettive ed
elementari ragioni anagrafiche, finiscono per presentarsi come assai
problematiche in ordine alla futura "riuscita" del rapporto educativo
(soprattutto per quanto riguarda gli anni delicatissimi dell'adolescenza). La storia
delle adozioni fallite è sovente costituita da rapporti instaurati, appunto, da
coppie troppo anziane.
Quanto
sarebbe stato meglio invece di statuire in termini così perentori, che la Corte
costituzionale avesse raccomandato piuttosto che gli abbinamenti compiuti
all'estero tra minori stranieri e adottanti italiani siano sempre preceduti da
rigorosi riscontri, in modo da proporre in adozione contestuale più fratelli
minori in situazione di abbandono soltanto a coppie (e ce ne sono!) già in
possesso anche degli indispensabili requisiti di età!
TESTO DELLA SENTENZA
La Corte costituzionale composta dai signori: Dott.
Aldo Corasanti, Presidente - Prof. Giuseppe Borzellino - Dott. Francesco Greco
- Prof. Gabriele Pescatore - Avv. Ugo Spagnoli - Prof. Francesco Paolo Casavola
- Prof. Antonio Baldassarre - Prof. Vincenzo Caianiello - Avv. Mauro Ferri -
Prof. Luigi Mengoni - Prof. Enzo Cheli - Dott. Renato Granata - Prof. Giuliano
Vassalli - Prof. Francesco Guizzi - Prof. Cesare Mirabelli, Giudici, ha
pronunciato la seguente sentenza nel giudizio di legittimità costituzionale
dell'art. 30, comma secondo, della legge 4 maggio 1983, n. 184 (Disciplina
dell'adozione e dell'affidamento dei minori) in relazione all'art. 6, comma secondo,
della stessa legge, promosso con ordinanza emessa il 15 maggio 1991 dal
Tribunale per i minorenni di Bari nell'istanza proposta da D.N. ed altra,
iscritta al n. 560 del registro ordinanze 1991 e pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica n.
36, prima serie speciale, dell'anno 1991.
Visto l'atto d'intervento del Presidente del Consiglio dei ministri;
udito nella camera di consiglio del 22 gennaio 1992 il
Giudice relatore Cesare Mirabelli.
Ritenuto in fatto
1. - Il Tribunale per i minorenni di Bari, con
ordinanza emessa il 15 maggio 1991 nel procedimento introdotto dai coniugi
D.N. e S.E. per ottenere la dichiarazione di efficacia di una sentenza del
Tribunale di Braila (Romania) di adozione di due minori fratelli, accogliendo
l'istanza formulata dal Procuratore della Repubblica ha sollevato questione di
legittimità costituzionale, con riferimento agli articoli 2, 3 e 31 della Costituzione,
della norma che, stabilendo tra i requisiti degli adottanti che la loro età
non deve superare di più di quarant'anni l'età dell'adottando (art. 30,
secondo comma, della legge 4 maggio 1983, n. 184 in relazione all'art. 6,
secondo comma, della stessa legge), non prevede che a detto limite si possa
derogare allorché dall'applicazione di esso derivi al minore un danno irreversibile
come quello causato dalla separazione dal fratello o dalla sorella.
Il giudice a
quo, adito per ottenere la declaratoria di efficacia nello Stato italiano
del provvedimento straniero di adozione dei piccoli I. e C. V.A. ha accolto
l'istanza relativamente al fratello, mentre con riguardo alla sorella più
piccola ha ritenuto di non poter provvedere indipendentemente dalla
risoluzione della questione di legittimità costituzionale prospettata, atteso
che la differenza di età tra la minore e uno dei coniugi supera il limite di
quarant'anni.
Il giudice rimettente ha osservato che la norma
impugnata urterebbe contro il dettato degli articoli 2, 3 e 31 della
Costituzione. Difatti l'art. 2 della Costituzione garantisce i diritti
inviolabili dell'uomo, quale quello del minore ad una crescita che gli assicuri
il pieno ed armonico sviluppo della sua personalità; l'art. 3 della
Costituzione impone allo Stato di rimuovere gli ostacoli che impediscono il
pieno sviluppo della persona umana; l'art. 31 della Costituzione prevede
quale compito della Repubblica quello di agevolare e proteggere la famiglia,
l'infanzia e la gioventù. La separazione dei due minori germani arrecherebbe
grave danno psicologico e di crescita a ciascuno di essi, in quanto in applicazione
degli artt. 33, ultimo comma, e 37 della stessa legge la sorellina andrebbe in
adozione ad altri, e si profilerebbe un contrasto con i principi costituzionali
già richiamati.
Pur non disconoscendo le giuste finalità dell'art. 6
della legge 4 maggio 1983, n. 184, di dare ai minori in abbandono genitori
adottivi che possano offrire il massimo del proprio affetto e del proprio
patrimonio culturale ed educativo senza che sia di ostacolo una differenza di
età diversa da quella indicata dall'art. 6 della legge del 1983, n. 194, il
giudice a quo rileva che tale disposizione, cui rinvia l'art. 30 della stessa
legge, appare in contrasto con i citati parametri costituzionali dal momento
che non prevede la possibilità di deroghe quando l'applicazione della norma
comporta per il minore un danno irreversibile, come accade con la separazione
di due fratelli germani, ben superiore a quello di avere genitori adottivi la
cui carenza sia solo nel non avere l'età prescritta.
Il giudice rimettente ricorda che la Corte costituzionale,
sia pure in riferimento all'ultimo comma dell'art. 44 della stessa legge, ha
ritenuto che la fissazione della distanza d'età, storicamente dettata non da
considerazioni naturalistiche ma da ragioni di opportunità sociale, non è ostativa
alla adozione in particolari casi di necessità, quale quello della
realizzazione dell'unità familiare.
2. - Intervenuta in rappresentanza del Presidente
del consiglio dei ministri, l'Avvocatura dello Stato ha concluso per
l'inammissibilità della questione per difetto di rilevanza. L'Avvocatura
afferma che per l'adozione di minori stranieri, così come disciplinata dalla
legge 4 maggio 1983, n. 184, il giudizio di idoneità degli aspiranti adottanti
è formulato dal Tribunale per i minorenni in via preventiva ed astratta, senza
riguardo ad alcun minore specificamente individuato, sul quale poter misurare
la capacità degli adottanti. Non sarebbe dunque configurabile una successiva
verifica del rispetto dei limiti di età previsti dall'art. 6.
L'Avvocatura rileva Inoltre che l'ordinanza di
rimessione non precisa se nella dichiarazione di idoneità pronunciata dallo
stesso Tribunale fosse stata, a suo tempo, introdotta una condizione di un
minimo e di un massimo nell'età dell'adottando in relazione all'età dei
coniugi adottanti, ai fini della successiva dichiarazione di efficacia in
Italia del provvedimento straniero. In sede di procedimento ex art. 32 della
legge del 1983, n. 184, di attribuzione di efficacia al provvedimento
straniero, non assumerebbe rilevanza - a giudizio dell'Avvocatura - una
questione di legittimità costituzionale inerente ai presupposti per l'emanazione
della precedente e già intervenuta dichiarazione di idoneità degli adottanti.
Nel giudizio a quo, rileverebbe solo l'avvenuta emanazione della
dichiarazione d'idoneità degli adottanti ed il rispetto delle condizioni
eventualmente precisate in tale provvedimento.
Considerato in diritto
1. - Il Tribunale per i minorenni di Bari dubita
della legittimità costituzionale della norma che, nel contesto della disciplina
della adozione legittimante, stabilisce tra i requisiti richiesti ai coniugi
adottanti che la loro età superi «di non più dl quaranta anni l'età
dell'adottando» (art. 6, secondo comma, della legge 4 maggio 1983, n. 184).
Tale norma opera tanto nella ipotesi di adozione interna, quanto in quella di
adozione internazionale, giacché in conformità all'indirizzo volto ad
unificare i requisiti richiesti per la adozione indipendentemente dalla
cittadinanza dei minori, la norma sostanziale posta dall'art. 6 della legge del
1983, n. 184, ha effetto anche nella procedura diretta ad accertare la idoneità
dei coniugi i quali intendano adottare un minore straniero (art. 30 della legge
del 1983, n. 184), procedura che si conclude con la successiva ed eventuale
dichiarazione di efficacia del provvedimento straniero di adozione o di
affidamento preadottivo (art. 32 della legge del 1983, n. 184, cit.).
Le disposizioni indicate dal giudice rimettente come
parametro di valutazione della legittimità costituzionale della norma, sono gli
artt. 2, 3 e 31 della Costituzione.
2. - L'Avvocatura dello Stato ha eccepito la irrilevanza
della questione, in quanto sollevata nel corso della fase procedurale
disciplinata dall'art. 32 della legge del 1983, n. 184, dopo che era già
concluso l'accertamento della idoneità del coniugi alla adozione, con la
fissazione delle relative condizioni, anche quanto al divario dl età richiesto
rispetto al minore da adottare.
Ma proprio la peculiare sequenza di atti e
provvedimenti previsti dalla legge 4 maggio 1983, n. 184, tutti volti alla
conclusiva dichiarazione di efficacia nello Stato dei provvedimento straniero
di adozione, persuade della infondatezza della eccezione.
Il procedimento per l'adozione di minori stranieri,
volto ad assicurare requisiti e controlli analoghi a quelli previsti per la
adozione interna, si articola difatti in più fasi, che vanno dalla dichiarazione
di idoneità degli adottanti (questa prescinde dalla individuazione e dal
rapporto con un minore e precede il provvedimento straniero di adozione) alla
dichiarazione di efficacia di tale provvedimento straniero nello Stato.
Anche in questa ultima fase, nella quale si trovava
il procedimento dinanzi al giudice rimettente, è previsto un controllo, sia
pure estrinseco, sulla dichiarazione di idoneità dei coniugi adottanti: se ne
trae l'accertamento del rispetto delle condizioni poste dal relativo
provvedimento e la possibilità di un contenzioso in ordine ad esse. Anzi, per
quanto attiene al requisito del divario di età tra adottanti ed adottato, solo
in questa fase, perché in relazione ad uno specifico minore al quale il
divario di età è rapportabile, si pone come rilevante la questione di
legittimità costituzionale della norma che fissa in non più di quaranta anni,
anche in presenza di particolari situazioni che in ipotesi possano trovare
protezione radicata in norme costituzionali, la differenza di età tra
adottante ed adottato. Se così non fosse, per la adozione internazionale tale
questione non potrebbe mai essere considerata effettivamente rilevante,
giacché nella fase procedurale relativa alla preventiva dichiarazione di
idoneità dei coniugi il superamento del divario di età, in assenza di un minore
al quale il divario stesso va rapportato, sarebbe solo ipotetico ed eventuale.
La eccezione di inammissibilità della questione,
sollevata dalla Avvocatura dello Stato, deve essere pertanto disattesa.
3.
- Nel merito la questione, nei rigorosi limiti nei quali è prospettata, è
fondata.
Il legislatore ha stabilito all'art. 6 della legge 4
maggio 1883, n. 184, sia per l'adozione interna che per l'adozione
internazionale, alla quale la norma si applica per il rinvio operato dall'art.
30 della stessa legge, tra i requisiti richiesti per l'adozione il minimo ed il
massimo divario di età tra coniugi adottanti e minore adottato. Si tratta di
una previsione rigida, non del tutto adeguata ai principi fissati in materia
dalla Convenzione di Strasburgo del 24 aprile 1967, ratificata con legge 22 maggio
1974, n. 357, che fissa il divario di età minimo, in ordine al quale possono
essere previste deroghe per il verificarsi di circostanze eccezionali (art.
7). Peraltro comune è il principio ispiratore di fondo della disciplina legislativa
nazionale e della Convenzione europea sull'adozione dei minori: esso consiste
nella valutazione in termini di assoluta preminenza dell'interesse del minore
ad «un ambiente familiare stabile ed armonioso» (per usare la incisiva
espressione dell'art. 8 della Convenzione).
Questa Corte ha più volte sottolineato che dai
principi costituzionali di cui agli artt. 2 e 30, primo e secondo comma, della
Costituzione, discende che l'adozione deve trovare nella tutela dei
fondamentali interessi del minore il proprio centro di gravità (sentenza n. 197
del 1986, sentenza n. 11 del 1981) essendo sempre poziore l'interesse del
minore stesso alla soluzione più adeguata allo sviluppo della sua personalità.
Con riferimento al divario di età tra coniugi
adottanti e minore il legislatore ha, con una valutazione discrezionale,
fissato i termini di tale divario in almeno diciotto anni ed in non più di
quaranta anni, attribuendo così riferimenti certi anche alle situazioni ed agli
atti preordinati alle adozioni. Ma la assoluta rigidità delle previsioni
normative è stata già, in due specifiche e circoscritte situazioni, ritenuta
non conforme a costituzione, tanto nel limite minimo quanto nel limite
massimo.
Per quanto concerne il non raggiunto divario minimo
di età, dei diciotto anni, tra adottante e adottando, nel caso di chi intende
adottare il minore figlio anche adottivo del coniuge, questa Corte ha ritenuto
che, quando sussistano validi motivi per la realizzazione dell'unità familiare,
la ragionevole riduzione del termine diciottennale possa essere rimessa
all'apprezzamento del giudice, previo attento e severo esame delle circostanze
del caso (sentenza n. 44 del 1990).
Quanto al divario massimo di età tra adottante ed
adottato questa Corte ha ritenuto, con riferimento alla estensione degli
effetti della adozione legittimante, prevista dall'art. 79 della legge del
1983 n. 184, nei confronti degli adottati ai sensi dell'art. 291 del codice
civile precedentemente in vigore, che la differenza di età tra adottanti ed
adottato superiore ai 40 anni non poteva essere di ostacolo, in presenza, tra
l'altro dei valori costituzionali di cui agli artt. 2 e 30, primo e secondo
comma, della Costituzione (sentenza n. 183 del 1988).
Il divario di età legislativamente previsto non si
pone dunque come così assoluto da non poter essere ragionevolmente intaccato,
in casi rigorosamente circoscritti ed eccezionali, per consentire la
affermazione di interessi, particolarmente attinenti al minore ed alla
famiglia, che trovano radicamento e protezione costituzionale e la cui
esistenza in concreto sia rimessa al rigoroso accertamento giudiziale. Tale
situazione si verifica nel caso di fratelli e sorelle minori, uniti da comunità
di vita e di educazione, quale parte di un nucleo famigliare, e che versino in
eguale stato di adottabilità.
In proposito si può rilevare che la legge del 1983,
n. 184, consente, in principio, l'adozione plurima; anzi afferma che non può
essere disposto l'affidamento di uno solo dei due fratelli, tutti in stato di
adottabilità, salvo che non sussistano gravi ragioni (art. 22), ma non ne
disciplina in modo specifico i profili attinenti al divario di età tra
adottanti ed adottando, quando per uno dei minori tale divario non rientri in
quello previsto in via generale dall'art. 6, secondo comma.
I valori costituzionali di protezione della personalità
dei minori, risultanti dagli artt. 2 e 31 della Costituzione, la esigenza di un
pari trattamento di essi quando versano nella medesima condizione, come pure
quella di salvaguardare la unità familiare che residua o si va a comporre,
impongono che sia mantenuta la loro comunanza di vita e di educazione, quando
dalla separazione deriverebbe per essi un danno grave, suscettibile di
rigorosa valutazione da parte del giudice. In tal caso, essendo uno dei minori
adottabile o adottato, la preclusione della adozione di un fratello o di una
sorella da parte degli stessi adottanti solo in ragione del superamento del
divario massimo di età, non è costituzionalmente legittima.
Per questi motivi la Corte costituzionale dichiara
la illegittimità costituzionale dell'art. 6, secondo comma, della legge 4
maggio 1983, n. 184 (Disciplina dell'adozione e dell'affidamento dei minori)
nella parte in cui non consente l'adozione di uno o più fratelli in stato di
adottabilità, quando per uno di essi l'età degli adottanti supera di più di
quarant'anni l'età dell'adottando e dalla separazione deriva ai minori un danno
grave per il venir meno della comunanza di vita e di educazione.
Così deciso in Roma, nella sede della Corte
costituzionale, Palazzo della Consulta, il 18 marzo 1992.
Depositata
in cancelleria il 1 ° aprile 1992.
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