UNA
PROPOSTA DI LEGGE SULL'ACCERTAMENTO DELL'INVALIDITA: OCCORRONO MODIFICHE
SOSTANZIALI
È evidente l'estrema importanza di Commissioni che
provvedano tempestivamente e con alto senso di responsabilità agli
accertamenti relativi all'invalidità.
In primo luogo, soprattutto nei casi di anziani, il
ritardo della decisione e il sopraggiungere del decesso dell'interessato
impediscono allo stesso e agli eredi di beneficiare di prestazioni economiche,
a volte indispensabili per la cura e assistenza del cronico gravemente non
autosufficiente.
In secondo luogo, i falsi invalidi vanno combattuti
non solo perché truffano lo Stato, ma in quanto sono i primi nemici degli
handicappati veri. Infatti, sono proprio i falsi invalidi che occupano i posti
di lavoro spettanti alle persone colpite da minorazioni; sono proprio essi che
utilizzano provvidenze spettanti a coloro che ne hanno effettivamente
bisogno.
La situazione relativa all'accertamento dell'invalidità
è estremamente grave, soprattutto perché quasi tutte le Commissioni operano
con ritardi di anni e anni (a volte anche 5-6) (1).
Proposta di legge n. 6055
Molto preoccupanti sono le norme previste dalla
proposta di legge n. 6055 "Nuovi criteri per l'accertamento
dell'invalidità" presentata alla Camera dei deputati in data 28 ottobre
1991 (2). La proposta di legge prevede:
a) l'istituzione presso ogni USL di una Commissione
piuridisciplinare per l'accertamento delle minorazioni, della disabilità e
degli handicap (3);
b) le suddette Commissioni sono composte da ben nove
specialisti (medico-legale, ingegnere in bioingegneria, educatore professionale,
terapista occupazionale, assistente sociale, psicologo riabilitativo, medico
specialista nella specifica patologia del soggetto esaminato, tecnico esperto,
specialista di fiducia del richiedente) (4).
Compiti delle Commissioni
In base all'art. 1, comma 6 «la Commissione, in più incontri, attraverso un'indagine approfondita,
accerta le minorazioni e le conseguenti disabilità ed handicap anche ai fini
dei trattamenti previdenziali, assistenziali, sanitari, lavorativi e sociali di
cui l'avente diritto può beneficiare».
Inoltre (art. 1, comma 7) «la Commissione, sulla base della documentazione presentata e di incontri
con il richiedente, indica un programma terapeutico-riabilitativo
individualizzato, ed individua i percorsi sanitari, lavorativi e sociali che
favoriscano l'acquisizione, il potenziamento e lo sviluppo di capacità di
indipendenza e di autonomia degli aventi diritto, indirizzandoli ai servizi
pubblici e privati operanti nell'ambito dei problemi connessi con le
minorazioni, le disabilità e gli handicap accertati».
Infine (art. 1, comma 8), «in assenza di minorazioni, disabilità ed handicap tali per cui non
sia possibile conseguire gli obiettivi di cui al comma 7, la Commissione indica
percorsi alternativi».
In base all'art. 4, le Commissioni devono accertare
(lettera a) e descrivere (lettera b) «la
presenza di minorazioni fisiche e psichiatrico-psichiche, per malattie
mentali e per ritardi mentali, su base organica o sensoriale, derivanti da
qualsiasi causa (...) allo scopo di:
- «assegnare
il diritto a provvidenze e benefici economici, lavorativi, sociali e sanitari
previsti dalla legislazione vigente»;
-
«individuare le potenzialità funzionali degli aventi diritto e un percorso
terapeutico-riabilitativo che indichi gli ausili tecnici, i percorsi terapeutici,
gli interventi necessari per superare tale disabilità e il tipo di handicap
che l'avente diritto subisce nella sua vita di relazione pubblica e privata (
..)»;
- «indirizza
alle istituzioni competenti, con cui intrattenere rapporti permanenti, gli
aventi diritto per promuovere, secondo le varie competenze istituzionali, i
possibili interventi tecnici, medici, lavorativi, sociali ed economici, utili
alla rimozione delle disabilità e degli handicap».
L'handicappato: un incapace per
definizione?
In sostanza la proposta di legge attribuisce compiti
inaccettabili alle Commissioni per l'accertamento dell'invalidità, in quanto
tutto, dicasi tutto, deve essere preventivamente individuato e deciso dalla
Commissione stessa.
L'handicappato è considerato un incapace di agire con
la propria testa e di scegliere i percorsi riabilitativi, scolastici,
lavorativi e sociali che ritiene più idonei.
Ai genitori di handicappati viene ridotta notevolmente
la loro potestà parentale, in quanto, anche per i minori, è la Commissione che
accerta e sceglie i servizi a cui rivolgersi e le prestazioni da fornire.
È una posizione assolutamente inaccettabile che
ricorda - stranamente - l'orientamento a un certo momento assunto dalla
Commissione Affari sociali della Camera dei deputati (e poi cancellato anche su
iniziativa di alcune organizzazioni, fra le quali il CSA, Coordinamento sanità
e assistenza di base di Torino) (5) in cui era previsto quanto segue: «Per la determinazione del danno fisico,
psichico o sensoriale, per l'accertamento dell'handicap, per la valutazione
delle specifiche potenzialità di integrazione sociale, lavorativa e
scolastica, sono istituite presso le Unità sanitarie locali Commissioni
pluridisciplinari integrate da operatori dei servizi socio-sanitari e da
esperti nei casi da esaminare» (6).
Il rispetto della dignità delle persone colpite da
handicap e il riconoscimento della autonomia e libertà delle stesse e delle
loro famiglie dovrebbero vietare la creazione di percorsi obbligati: solo per
benefici aggiuntivi, rispetto a quelli della restante popolazione, può essere
consentita la creazione di specifici accertamenti, con scopi ben definiti e
limitati all'ottenimento dei benefici stessi.
Puerile è, poi, la proposta di creare una commissione
pletorica (9-10 componenti) che collegialmente «in più incontri», «attraverso
una indagine approfondita, e a seguito di rapporti diretti con il
richiedente», accerti le minorazioni e svolga le altre funzioni descritte in
precedenza.
Proposte
Ferma restando la libertà di scelta degli handicappati
per l'accesso ai servizi sanitari, scolastici, lavorativi, sociali in genere
(7), occorre da un lato sveltire il lavoro delle Commissioni per consentire che
le decisioni vengano prese in tempi ragionevoli e che esse vengano assunte dopo
indagini accurate.
La nostra proposta parte dal convincimento che le
Commissioni non siano in grado di decidere, salvo nei casi di piena evidenza
(ad esempio amputati), senza avere una conoscenza approfondita delle
condizioni psico-fisiche dei richiedenti.
D'altra parte la Commissione, qualsiasi commissione,
non può impiegare ore ed ore per compiere detti accertamenti. Si tenga anche
presente che una delle caratteristiche delle Commissioni è la presenza di più
componenti.
Dunque, proponiamo, in primo luogo, che sia prevista
una istruttoria tecnica preliminare della domanda di invalidità.
Detto accertamento dovrebbe essere compiuto dai
servizi medico-legali delle USL, previo esame clinico diretto dell'istante,
compilazione della scheda sanitaria, predisposizione di eventuali accertamenti
diagnostici, raccolta ed esame della documentazione sanitaria acquisita dal
servizio o presentata dal richiedente.
Quindi, il servizio di medicina legale dovrebbe
formulare una diagnosi della minorazione e trasmettere gli atti relativi alla
Commissione competente.
L'istruttoria preliminare e la raccolta della
documentazione dovrebbero fondarsi sull'identificazione formale del
richiedente, identificazione oggi non richiesta, per cui attualmente gli esami
clinici, ad esempio le radiografie, possono riguardare soggetti diversi
rispetto ai richiedenti.
Infine, chi sottoscrive la domanda per l'invalidità,
sotto la sua personale responsabilità anche penale, dovrebbe essere tenuto ad
indicare le istanze analoghe presentate negli anni precedenti.
Ciò anche al fine di assumere concrete iniziative
contro i trasferimenti di residenza a cui possono ricorrere i richiedenti per
inoltrare l'istanza ad un'altra commissione.
La previsione di istruttorie tecniche preliminari è,
a nostro avviso, indispensabile non solo per combattere la piaga dei falsi
invalidi, ma anche per un giusto accertamento del grado di invalidità.
Collocamento obbligatorio al lavoro
Per gli handicappati che scelgono il collocamento
obbligatorio, proponiamo la costituzione, sempre a livello di USL, di apposite
commissioni aventi il compito di accertare:
- la piena capacità o potenzialità lavorativa dei
soggetti;
- la loro residua capacità o potenzialità lavorativa;
- la loro Inidoneità a causa della gravità, delle condizioni
fisiche e/o psichiche di svolgere una proficua attività lavorativa.
L'accertamento delle suddette potenzialità lavorative
dovrebbe essere, previo accordo dei soggetti interessati, titolo preferenziale
per l'accesso a corsi di formazione professionale o prelavorativa, o,
occorrendo, a momenti di riqualificazione.
La certificazione, rilasciata dalla Commissione,
circa la inidoneità a qualsiasi proficua attività lavorativa dovrebbe
costituire titolo preferenziale per l'accesso ad attività assistenziali di
tipo diurno, della durata di almeno 40 ore settimanali.
Presso ciascun Comune di una certa consistenza
demografica, dovrebbe, inoltre, essere istituito da parte dell'Assessorato al
lavoro e alla formazione professionale un apposito gruppo di operatori,
dipendente dal settore suddetto, con il compito di:
- svolgere tutte le necessarie attività tecniche per
l'inserimento lavorativo e per i tirocini di lavoro degli handicappati;
- collaborare con il settore della formazione
professionale per l'individuazione dei contenuti e delle modalità dei corsi di
formazione professionale o prelavorativa e delle iniziative di aggiornamento
professionale;
- collaborare con gli uffici provinciali del lavoro
e della massima occupazione per l'inserimento lavorativo e per i tirocini di
lavoro degli handicappati;
- ricercare i posti di lavoro più idonei per gli
handicappati.
Conclusioni
Confidiamo che i Parlamentari che hanno presentato
la proposta di legge n. 6055 non la ripresentino nella legislatura in corso,
ma riesamino il problema insieme alle organizzazioni sociali e sindacali
interessate al problema.
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