Prospettive assistenziali, n. 99, luglio-settembre 1992

 

 

Editoriale

 

CHE COSA CHIEDIAMO AL NUOVO PARLAMENTO

 

 

La Caritas italiana, la Conferenza permanente dei Presidenti delle Associazioni di volontariato, la Fondazione italiana per il volontariato e la Fondazione Zancan (1) hanno organizzato un incontro con i nuovi Parlamentari, incontro che ha avuto luogo a Roma il 9 giugno 1992.

Mons. Giovanni Nervo, Presidente della Fondazione Zancan, a nome dei promotori e degli aderenti all'iniziativa (in totale 284 organizzazio­ni) chiede che il nuovo Parlamento sviluppi «una politica sociale che realizzi in modo più puntuale e più completo gli articoli 2 e 3 della Costituzione: che garantisca cioè i diritti inviolabili dell'uomo, che esiga l'adempimento degli inderogabili doveri di solidarietà politica, economica, sociale, che garantisca l'eguale dignità sociale di tutti i cittadini, che rimuova gli ostacoli che di fatto im­pediscono tale eguaglianza».

Rivolto ai Parlamentari, aggiunge: «Noi ci pro­poniamo di invitarvi ogni anno a verificare in mo­do documentato quanto avete potuto realizzare: il Parlamento nel suo insieme e i singoli parla­mentari dentro e fuori il Parlamento. Fin d'ora noi offriamo la nostra collaborazione, nella fiducia che ci venga richiesta: può essere uno dei modi per mantenere i contatti con una dimensione non trascurabile del Paese reale. Comunque noi ci proponiamo di seguire giorno per giorno la vo­stra attività parlamentare e di tenerne informata l'opinione pubblica».

 

Legge finanziaria e tutela dei soggetti deboli

Fabrizio Petrucci della Conferenza permanente dei Presidenti delle Associazioni di volontaria­to, dopo aver ricordato la presentazione di do­cumenti per le finanziarie degli anni 1990 e 1991 (2), evidenzia «anzitutto il progressivo sna­turamento dello "Stato sociale"; dovuto alla ero­sione della spesa sociale a vantaggio di quella per interessi, con il conseguente aumento del potere d'acquisto dei ceti più forti e, di contro, i minori finanziamenti ai settori sociali, con la con­seguente caduta dei livelli dei servizi e della rete di solidarietà per tutto il Paese».

«Se pensiamo che tra le spese correnti la cate­goria che registra maggiore incremento, rispetto alla previsione per il 1991, è proprio quello degli interessi (+13.303 miliardi) e che la circolazione dei BOT ha raggiunto 345 mila miliardi, non si possono che accentuare le preoccupazioni che abbiamo evidenziate nei precedenti documenti».

Pertanto F. Petrucci, dopo aver affermato che la «corretta contribuzione fiscale da parte dei cit­tadini, è la prima forma di solidarietà», richiama «il Parlamento alla lotta all'evasione fiscale».

Le priorità indicate sono:

«- il varo della legge sui servizi sociali, che an­che in questa sede confermiamo essere priorita­ria e essenziale;

«- la politica degli alloggi;

«- la politica di cooperazione internazionale e quella di accoglienza degli immigrati;

«- la ricerca di nuove occupazioni per i giovani nel Mezzogiorno;

«- la formazione degli operatori nei servizi so­ciali;

«- lo sviluppo per una politica internazionale di pace che eviti un indiscriminato aumento dei fon­di destinati alle spese militari;

«- il varo di una legge istitutiva di un assegno sociale minimo per i nuclei familiari dei cittadini anziani ed indigenti, chiedendo, a questo riguar­do, la costituzione di una commissione di studio aperta alle organizzazioni di volontariato».

 

La riforma sanitaria: problemi e proposte

Antonio Prezioso e Luigi Massignan della Fondazione Zancan ribadiscono l'esigenza ormai indifferibile «di dare ai cittadini italiani un servizio sanitario fondato su basi istituzionali, organizzati­ve e finanziarie certe, tali cioè da garantirne l'ef­ficacia in termini di promozione e tutela della sa­lute e di cura della malattia».

Non si può dimenticare che «la maggior parte delle cause del parziale insuccesso della legge n. 833, che si manifesta nella grande diversità qualitativa e distributiva dei servizi e nell'insoddi­sfazione di molti utenti, sono dovute alle man­canze e agli ostacoli frapposti dagli organi centrali preposti all'attuazione della riforma, a co­minciare dal Ministero della sanità, più che ai difetti della legge e all'indisponibilità degli orga­nismi che costituiscono i termini del Servizio sa­nitario nazionale».

A. Prezioso e L. Massignan così sintetizzano i criteri «dai quali non si può prescindere nella re­visione della legge n. 833»:

«- il metodo della programmazione (rilevazio­ne dei bisogni, formulazione del piano, attuazio­ne e verifica) deve essere adottato e applicato a tutti i livelli istituzionali. Il Piano sanitario naziona­le è la premessa indispensabile per conseguire l'equa distribuzione delle risorse e dei servizi nel territorio nazionale, superando gli attuali squilibri qualitativi e quantitativi;

«- la competenza delle Regioni in campo so­ciale e sanitario deve essere valorizzata; essa ri­guarda le attività legislative e programmatorie con le conseguenti verifiche, ma non l'ammini­strazione e la gestione dei servizi, le quali sono di competenza dei consigli di amministrazione delle USL, espressione dei Comuni associati,­

«- spetta ai Comuni associati nominare il con­siglio di amministrazione dell'USL, il quale deve poter svolgere tutti i compiti propri di ogni orga­no amministrativo che sia espressione democra­tica della comunità locale; pertanto essa dovrà governare tutte le strutture proprie dell'USL, ivi compreso il presidio ospedaliero;

«- la gestione tecnica o "manageriale" (diret­tore generale) deve essere nominata dal consi­glio di amministrazione, secondo modalità previ­ste dalla legge, e deve fondarsi sulla collabora­zione dei responsabili dei vari settori dell'USL (coordinatori e ufficio di direzione);

«- devono essere precisate di conseguenza, le modalità della collaborazione tra le varie pro­fessionalità, secondo criteri di interdisciplinarità e complementarità;

«- l'efficienza, per la quale viene impropria­mente richiamato il metodo aziendalistico, deve essere finalizzata all'efficacia dei servizi, da valu­tarsi non secondo parametri esclusivamente economici, ma sulla base del miglioramento del­le condizioni sociali e sanitarie delle comunità appartenenti all'USL;

«- particolare attenzione sarà posta all'inte­grazione fra tutti i servizi di carattere sociale e di carattere più specificamente sanitario - così co­me stabilito dalla legge n. 833 e da molte leggi regionali - ponendo al centro del sistema la sa­lute, "fondamentale diritto dell'individuo e interes­se della collettività" (art. 32 della Costituzione);

«- fulcro del sistema sarà il distretto di base, inteso non solo come articolazione decentrata, ma principalmente come momento di integrazio­ne e coordinamento dei servizi propri dell'USL e dei Comuni, di partecipazione democratica, di collaborazione tra servizi pubblici e di privato so­ciale; nell'ambito del distretto sarà valorizzata la figura del medico di medicina generale;

«- particolare attenzione sarà posta alla for­mazione permanente, professionale ed etica, del personale di ogni categoria, ordine e grado, ma la formazione non riguarda solo gli operatori del Servizio sanitario nazionale: anche i politici e gli amministratori devono riconoscere che l'adempi­mento dei loro compiti istituzionali come un ser­vizio alla comunità richiede specifici approfondi­menti culturali e quella sensibilità sociale che de­riva anzitutto dalla conoscenza diretta dei proble­mi della gente;

«- deve essere intensificata la capillare diffu­sione della cultura della salute, primo elemento di prevenzione, coinvolgendo tutte le istituzioni interessate, a cominciare dalla scuola, dalle as­sociazioni e dal volontariato;

«- per il finanziamento del Servizio sanitario nazionale si terrà presente l'effettivo costo dei servizi, pur attuando le opportune misure di con­tenimento; a tale scopo sono necessarie severe norme sui farmaci, sulla gestione del personale, sulla programmazione nazionale, tuttora assente. In questa prospettiva diventano possibili la re­sponsabilizzazione finanziaria delle Regioni e dei Comuni, il controllo dei costi nelle USL e qualche forma di partecipazione alla spesa da parte degli utenti;

«- infine, valutazione e controllo non riguarda­no soltanto gli aspetti economici e gestionali dei servizi, ma anzitutto l'efficacia degli stessi nei confronti degli utenti».

Inoltre, ricordano che «la revisione della legge di riforma sanitaria deve fondarsi sui criteri di so­lidarietà sociale che sono indispensabili per pro­muovere il benessere complessivo e lo sviluppo della persona secondo il dettato costituzionale».

Pertanto «l'unità sanitaria locale deve mante­nere la sua attuale denominazione, meglio anco­ra se - come avviene in alcune Regioni - con due esse, sociale e sanitaria, come segno della volontà di integrazione tra servizi nell'ambito di un determinato territorio e di unicità di governo degli stessi».

Infine A. Prezioso e L. Massignan affrontano il tema della malattia mentale sostenendo che «la sofferenza psichica che si rivolge al servizio psi­chiatrico (pubblico, n.d.r.) comprende tutta la pa­tologia mentale più grave».

Viene giustamente osservato che «la continui­tà della "presa in carico" che è fatta di rapporto intenso, pluriprofessionale, adattato alle esigen­ze che si presentano nel decorso del processo morboso, richiede una équipe psichiatrica com­plessa che possa occuparsi del malato senza interruzioni del programma terapeutico, nelle varie fasi di tempo e luogo. L'importanza del manteni­mento della relazione con il proprio gruppo signi­ficativo, familiare o ambientale, nel quale la per­sona ha le proprie radici e dove dovrà riprendere la sua vita sociale, lavorativa, affettiva, impongo­no che l'assistenza psichiatrica e sociale si di­spieghi nell'ambiente, susciti la collaborazione del contesto sociale, contrasti quella frattura che diventa separazione, espulsione, abbandono, ri­fiuto. Tutto questo significa, in termini normativi e organizzativi, lo sviluppo di servizi locali, in aree non troppo vaste, gestiti da una équipe pluripro­fessionale integrata nel contesto con i servizi so­ciali, di supporto lavorativo, di vita comunitaria».

 

Per la legge-quadro sull'assistenza

Giuseppe Lumia, Presidente del MOVI, Movi­mento volontariato italiano e membro della Con­ferenza permanente dei Presidenti delle Asso­ciazioni di volontariato, affronta il problema della legge-quadro sull'assistenza.

In primo luogo ribadisce che il volontariato deve essere «più che mai soggetto che si adope­ra per la rimozione delle cause di disagio e per la promozione di svolte di mutamento anche di tipo legislativo».

In secondo luogo rende noto che «dopo un anno e mezzo di intenso lavoro abbiamo elabo­rato un documento che riassume i principi e le proposte di fondo del volontariato», principi e proposte che verranno confrontati con altri sog­getti sociali «per poi arrivare in Parlamento e di­ventare eventualmente un testo di iniziativa po­polare anche allo scopo di stimolare la responsa­bilità delle forze politiche».

Gli elementi di fondo della proposta sono:

«1) Diritti sociali come diritti perfetti. Vorremmo arrivare ad un testo di legge che renda finalmen­te i diritti di assistenza sociale diritti soggettivi perfetti, esigibili e in grado di far scattare sanzio­ni per quanti non li rispettano e non li mettono in atto. Ricordiamo che sino adesso solo i diritti ci­vili e quelli politici hanno questo carattere;

«2) Il Comune al centro degli interventi. Vor­remmo che si mettesse ordine tra le mille fonti di finanziamento ed erogazione di prestazioni so­ciali per impedire sprechi di risorse, inefficienze clamorose, clientelismi e porre al centro una qualificata attenzione sociale alla persona e alla famiglia. Esistono oggi diversi livelli di erogazio­ne di risorse e di prestazioni assistenziali: i Mini­steri, le Regioni, le Province, i Comuni, le USL, enfi particolari...;

«3) Ad ogni prestazione il suo compito. Ritenia­mo che una legge di riordino dell'intervento pub­blico e del privato sociale nei confronti delle per­sone e delle famiglie che si trovano nelle condi­zioni di disagio economico e sociale debba muo­versi su tre chiare direttrici: mantenimento della sussistenza nei confronti del singolo, misure economiche nei confronti del nucleo familiare e interventi di assistenza sociale nei confronti del singolo e del nucleo familiare;

«4) Integrare assistenza sociale e sanitaria. In un riordino quale quello ipotizzato non possono essere trascurate la correlazione e l'interdipen­denza esistenti tra gli interventi di assistenza so­ciale e quelli di assistenza sanitaria, compresa l'assistenza ospedaliera» (3).

 

Adozione e affidamento: la corretta attuazione della legge

A nome del Coordinamento per la difesa e piena attuazione della legge 184/1983 "Disci­plina dell'adozione e dell'affidamento dei mi­nori" (4), Giorgio Pallavicini, ribadisce la validità e l'attualità dei principi ispiratori della legge 5 giugno 1967 n. 431 i cui «punti cardine di ordine culturale e giuridico, che ponevano il minore al centro di un'area di garanzia, funzionale al suo corretto sviluppo psico-fisico» sono indicati nei seguenti:

«a) si è genitori non tanto per aver concepito e procreato, ma anche per saper contribuire, attra­verso l'affettività e la trasmissione di un modello di identificazione positivo, alla strutturazione di una personalità sana e matura;

«b) il minore non è solo "oggetto" ma anche soggetto e titolare di diritti autonomi;

c) nel caso di conflitto di interessi tra il minore e l'adulto, sono quelli del primo, cittadino in for­mazione, che devono prevalere».

Con l'approvazione della legge 4 maggio 1983 n. 184 "Disciplina dell'adozione e dell'affida­mento dei minori" è stato consolidato il principio del diritto del minore a una famiglia e sono state inserite una serie di innovazioni e di priorità, che G. Pallavicini precisa come segue:

«- il diritto del minore ad essere educato nell'ambito della propria famiglia prevedendo aiuti sociali alle famiglie in difficoltà;

«- l'affidamento a famiglie, persone singole o comunità di tipo familiare per quei minori le cui famiglie non sono in grado, per un periodo più o meno lungo, di provvedere alla loro educazione ed istruzione;

«- l'adozione a favore di quei minori che, dopo gli accertamenti e le procedure dell'Autorità giu­diziaria minorile, risultano, a vario titolo, privi dell'assistenza morale e materiale da parte dei genitori e dei parenti;

«- il riconoscimento dei diritti e della tutela an­che del bambino straniero, attraverso la previsio­ne di procedure specifiche per l'adozione inter­nazionale;

«- la previsione di specifiche sanzioni per chi specula e traffica, direttamente o indirettamente, sulla vita dei minori abbandonati».

Il relatore ricorda che: «il ricovero in istituto è consentito dalla legge solo nei casi in cui non siano praticabili altre soluzioni più favorevoli al minore: il riconoscimento delle conseguenze negative della istituzionalizzazione - al di là dell'impegno e della professionalità degli opera­fori - è un altro segnale di attenzione e di cam­biamento della cultura rispetto ai problemi mino­rili».

Le richieste avanzate nei confronti del Parla­mento sono le seguenti:

«- rafforzamento delle norme tese a contra­stare il mercato dei minori, italiani e stranieri, adoperandosi in modo più incisivo anche nella lotta ai falsi riconoscimenti;

«- approvazione di una leggina di interpreta­zione autentica dell'art. 38 della legge 184/83 che renda cogente il passaggio tramite Enti auto­rizzati per chiunque intenda realizzare l'adozione di un minore straniero;

«- equiparazione a pieno titolo tra paternità e maternità biologica e quella adottiva ed estensio­ne ai genitori adottivi e affidatari dei diritti previsti dalla legge sulla parità di trattamento tra uomini e donne in materia di lavoro, indipendentemente dall'età del bambino al momento del suo ingres­so in famiglia».

Le istanze presentate al Governo sono preci­sate come segue:

«- stipula di accordi bilaterali e/o multilaterali in materia di adozione internazionale, nei quali sia prevista, tra l'altro, l'obbligatorietà del ricorso ad organismi riconosciuti ed autorizzati dai Mini­steri competenti italiani;

«- emanazione di un atto di indirizzo e coordi­namento alle Regioni per l'attuazione della legge 184/83 che preveda in particolare:

- un richiamo alle priorità previste dalla legge stessa, tenendo conto delle nuove emergenze determinate dalla crescente presenza di figli di immigrati stranieri e dell'aumento di bambini sie­ropositivi che hanno bisogno di soluzioni di tipo familiare;

- incentivazioni di servizi primari e assisten­ziali di aiuto socio-economico alle famiglie in dif­ficoltà;

- sollecitazione agli Enti locali per una maggio­re diffusione, applicazione e regolamentazione, anche coordinata, dell'affidamento familiare, per un più attivo sostegno alle famiglie in difficoltà, al minore, alle famiglie affidatarie, ivi compreso un rimborso spese agli affidatari;

«- richiesta di una maggiore incisività alle isti­tuzioni proposte negli interventi previsti dalla leg­ge in materia di segnalazione dei minori in situa­zioni di abbandono, accertamenti psicosociali, valutazione e sostegno delle coppie aspiranti all'adozione, nazionale e internazionale, suppor­to e verifica degli affidamenti preadottivi, ecc.».

 

Per la legge-quadro sull'associazionismo

In questo tema interviene Giovanni Bianchi, Presidente nazionale delle ACLI, rilevando l'esi­genza che, dopo l'approvazione delle norme sul volontariato e sulle cooperative sociali, venga varata dal Parlamento una legge-quadro sull'as­sociazionismo, iniziativa rivendicata da tutte le organizzazioni che non rientrano fra quelle pre­viste dalla legge sul volontariato non avendo co­me specifico obiettivo quello di offrire dei servizi a terzi prestando la propria opera in modo per­sonale e gratuito.

Queste associazioni «hanno svolto il ruolo di laboratorio di proposte; per quanto riguarda il mondo giovanile in particolare hanno spesso rappresentato il luogo di crescita e di confronto che la famiglia non è più in grado di assicurare: per fisiologia sua propria e per lo stravolgimento di ruoli e modelli, espressione della frammenta­zione e del disagio di tutta la società. Pensiamo ai movimenti, a quelli per l'affermazione dei diritti negati, a quelli per il self-help; e ancora alle as­sociazioni culturali, ricreative, formative ed edu­cative il cui scopo è la promozione della perso­nalità sotto tutti gli aspetti».

La legge-quadro sull'associazionismo non deve essere secondo G. Bianchi «una legge di riconoscimento» bensì «una legge di proclama­zione (...) che ridisegni e realizzi regole nuove sui rapporti con le istituzioni, regole che sottraggano le associazioni ai feudi degli assessorati e che contribuiscano ad annullare i possibili legami di dipendenza dai partiti».

La legge-quadro dovrebbe fornire «garanzie alle associazioni che intendono stabilire relazioni con le istituzioni circa le loro attività e la loro rap­presentatività: non per schedarle o per ridurre il loro autonomo sviluppo, ma per disegnare il qua­dro delle relazioni tra questo pubblico non stata­le e lo Stato, e che insieme riconosca alcuni dirit­ti: quelli già indicati dalla 241/1991 sulla traspa­renza dei documenti amministrativi, ma anche quelli di intervenire in giudizio, di ricorrere in se­de di giurisdizione amministrativa, di fruire di agevolazioni fiscali quale principale forma di so­stegno».

 

La legge di riforma sull'obiezione di coscienza

Questo è l'argomento trattato da Mons. Giu­seppe Pasini, direttore della Caritas italiana. La riforma della legge del 1972 deve essere una priorità «anzitutto per un motivo di giustizia». Si tratta infatti di norme superate «dalle nuove istanze della società, dalla maturazione giuridica, dalle proporzioni che il fenomeno ha assunto progressivamente, passando da alcune decine di obiettori nel 1972 a circa 20 mila nel 1992». Mons. G. Pasini sottolinea che occorre tener conto di «una ragione che va al cuore del proble­ma e riguarda i destinatari della legge: sono mi­gliaia di giovani che hanno caratterizzato la loro vita con un "no" e un "sì":

«Un "no" alla guerra, di qualunque tipo, di offe­sa - come ormai è nella generalità - o di difesa; un "no" al metodo della guerra come strada per risolvere i conflitti, per gli immensi costi umani e finanziari che essa comporta e perché l'uso della forza di sua natura non ristabilisce il diritto, ma solo la supremazia del più potente.

«Un "sì" alla ricerca e alla sperimentazione di strade nonviolente per affrontare e risolvere i conflitti; un "sì" alla rimozione delle cause che stanno alla base dei conflitti stessi e che spesso dipendono proprio dai più forti tra i contendenti; un "sì" alla esplorazione e alla rimozione di tutti i fattori che insidiano la convivenza umana all'in­terno della società stessa - dalla povertà all'emarginazione delle classi deboli, alla nega­zione del diritto dei cittadini alla salute, all'assi­stenza, alla partecipazione, ai sistemi mafiosi e corrotti che tolgono sicurezza e fiducia alla gen­te... -; un "sì”; in ultima analisi, all'uomo, una di­sponibilità a servire la comunità soprattutto nelle sue espressioni più deboli».

Premesso che si attende «che il nuovo Parla­mento approvi lo stesso testo licenziato dalle Ca­mere dell'ultima legislatura», sono punti irrinun­ciabili:

«- il riconoscimento del diritto soggettivo all'obiezione di coscienza, che significa accettare il primato della persona e la funzionalità delle istituzioni allo sviluppo di ogni persona;

«- l'equiparazione del servizio civile degli obiettori di coscienza al servizio militare, ricono­scendo il servizio civile come vera espressione di servizio alla patria secondo il dettato costituzio­nale. Si ritiene di poter accettare un allungamen­to della durata soltanto come opportunità forma­tiva, per un servizio che nella sua preponderanza è rivolto alle persone in difficoltà;

«- la smilitarizzazione del servizio civile, ossia l'affidamento della responsabilità politica della sua gestione, in ogni sua fase, a strutture ammi­nistrative omologabili alla natura del servizio civi­le stesso;

«- l'istituzione di un servizio nazionale che ga­rantisca l'accesso a tutti gli obiettori, ma che contempli una doppia possibilità di gestione, pubblica e privata; quest'ultima affidabile - pre­via convenzione - ad enti di riconosciuta utilità sociale e di provata idoneità a garantire una delle tipologie di servizio definite dalla legge;

«- la realizzazione di una gestione democrati­ca del servizio civile, anche attraverso la presen­za di organismi rappresentativi sia degli enti con­venzionati come degli obiettori;

«- l'inserimento dello studio e della difesa popolare nonviolenta fra gli spazi operativi per l'utilizzo degli obiettori di coscienza, allo sco­po di evidenziare la collocazione del servizio civile dentro il quadro della difesa della patria».

 

Conclusioni

Il volontariato è un "soggetto politico" che in­tende dialogare con le istituzioni, mettendone alla prova le tanto conclamate intenzioni solida­ristiche. Questo il senso dell'intervento di Luciano Tavazza, segretario generale della Fondazio­ne italiana per il volontariato, che ha concluso l'incontro.

«Abbiamo !a consapevolezza - afferma L. Ta­vazza - che il nostro lavoro può essere svolto al meglio solo se lo Stato funziona. Certo, il volon­tariato lavora nell'emergenza anche quando lo Stato non c'è, ma questa noi la consideriamo una situazione patologica, che non può diventare la norma. Solo lo Stato può garantire i diritti. Il ruolo del volontariato è un altro: rivendicare attenzioni non realizzate, testimoniare l'impegno quotidia­no, anticipare i tempi, ecc. Vogliamo perciò con­tribuire alla rivisitazione non demagogica dello Stato sociale, opponendoci ad una sua privatiz­zazione strisciante».

«Riteniamo - aggiunge L. Tavazza - di dover onorare il comma 2 dell'articolo 3 della Costi­tuzione: "È compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l'uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della per­sona umana”» sottolineando che «il nostro impe­gno nella rimozione delle cause ci fa soggetto politico».

Sostiene, inoltre, quanto segue: «Per difende­re gli interessi di 18 milioni di soggetti deboli, non possiamo rinchiuderci o essere rinchiusi nel­la logica delle leggi settoriali. E neppure accon­tentarci del potenziamento dei servizi o l'esten­sione delle convenzioni. Ecco perché accentria­mo il nostro interesse sulle politiche sociali ed economiche e riteniamo che la riforma fiscale, la legge finanziaria e le leggi-quadro globali sono oggetto primario del nostro lavoro», precisando che «intendiamo condurre la nostra attività come strategia d'insieme dell'associazionismo, del vo­lontariato, della cooperazione, etc. Non ci sentia­mo una controparte, ma co-protagonisti di una strategia di attenzione per le fasce deboli della comunità italiana. Per questo - prosegue, rivolto ai Parlamentari presenti - poniamo con umiltà ma con chiarezza la domanda: da che parte sta­rete? Noi vogliamo offrirvi un punto di riferimen­to, di collaborazione per il vostro impegno le­gislativo, e nel contempo costituire un ponte in­formativo fra il vostro lavoro e la società civile. Nella prossima primavera vi rinnoveremo l'invito ad un incontro pubblico. In quella occasione, pe­rò, non parleremo noi. Vi chiederemo di illustrarci quanto avrete fatto, e ne informeremo l'opinione pubblica».

 

 

 

(1) Hanno aderito all'iniziativa i seguenti organismi: CIF (Centro italiano femminile); Consulta nazionale enti per il servizio civile; Coordinamento nazionale comunità di acco­glienza (C.N.C.A.) (87 Associazioni); Coordinamento nazio­nale per la difesa e piena attuazione della legge 184/83 sull'adozione e l'affidamento (35 organismi); Convenzione dell'associazionismo (150 Associazioni); Federazione coo­perative solidarietà sociale; Fondazione camminiamo insie­me; Fondazione Labos; MAC (Movimento apostolico ciechi); Osservatorio meridionale; ULCES (Unione per la lotta contro l'emarginazione sociale).

(2) Cfr. "Ripartire le risorse per rimuovere gli ostacoli: legge finanziaria e attese dei cittadini più deboli", Prospet­tive assistenziali, n. 89, gennaio-marzo 1990.

(3) G. Lumia sostiene inoltre, che «molte spese infatti po­trebbero essere notevolmente ridotte e molta qualità affer­marsi ove si pervenisse ad unitarietà non soltanto di compe­tenza territoriale, ma di prestazioni tra i due tipi di interven­to. Ne consegue però che anche il finanziamento dovrebbe avere come unici destinatari e gestori i Comuni singoli o as­sociati senza che esso venga distinto per tipo di intervento». In base alla nostra trentennale esperienza, abbiamo molte riserve sulla proposta in quanto conosciamo situazioni in cui, quando l'unitarietà è stata realizzata, personale, fondi e attrezzature sono stati stornati dai servizi assistenziali (destinati agli inabili al lavoro sprovvisti dei mezzi necessa­ri per vivere come stabilito dall'art. 38 della Costituzione) per essere destinati alle attività rivolte all'intera cittadinan­za e cioè ai servizi sanitari e, a volte, addirittura a quelli del tempo libero.

(4) Fanno parte del Coordinamento le seguenti organiz­zazioni: Amici Missioni Indiane (AMI); Associazione Amici dei Bambini (AiBi); Associazione Cristiana per la Famiglia; Associazione Veronese Prevenzione e Cura Bambini Mal­trattati e Famiglia (ABIEMME); Associazione Amici Don Bo­sco; Associazione Famiglie per l'Accoglienza; Associazio­ne Famiglie Affidatarie - Vicenza; Associazione "La Primo­genita"; Associazione Moncenisio 4; Associazione Nazio­nale Famiglie Adottive e Affidatarie (ANFAA); Associazione Papa Giovanni XXIII; Associazione Romana e Laziale per l'Affidamento Familiare (ARLAF); CeIS - Fano; CeIS - Grup­po Giovani e Comunità di Lucca; Centro Ausiliario Minorile (CAM); Centro Iniziativa e Ricerca sulla Condizione dell'In­fanzia (CIRCI); Centro Internazionale Famiglie Pro Adozio­ne (CIFA); Centro Italiano per l'Adozione Internazionale (CIAI); Centro Promozione Affidi Familiari: Comunità S. Egi­dio - ACAP; Commissione Adozione dei Consultori Familia­ri USL 75/3 Milano; Coordinamento di ODISSEA 33; Coor­dinamento Genitori Democratici (CGD); Coordinamento Nazionale Comunità d'Accoglienza (CNCA) Commissione Minori; Famiglia Aperta; Gruppo famiglie per l'accoglienza; il Noce; Istituto "La Casa"; Istituto per gli Studi sui Servizi Sociali (ISTISSS); MITAG; Movimento Gruppi Famiglia; Mo­vimento Volontariato Italiano MoVI); Nuovi Orizzonti per Vi­ver l'Adozione (NOVA); Progetto Accoglienza; Servizio So­ciale Internazionale; Telefono Azzurro.

 

 

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