IL DIRITTO
AL LAVORO DEGLI HANDICAPPATI: PROPOSTE PER UN'IDONEA LEGGE SUL COLLOCAMENTO
OBBLIGATORIO
Nota della redazione di "Prospettive
assistenziali"
La posizione
di CGIL, CISL e UIL espressa nell'articolo di Flavio Cocanari, che riportiamo
di seguito, solleva numerose perplessità da parte nostra. In primo luogo
risulta evidente che la posizione stessa è assunta a seguito di elaborazioni
esclusivamente teoriche e non a seguito di realizzazioni concrete. Infatti,
non sono mai citate piattaforme approvate, vertenze realizzate, esperienze
vissute da handicappati e da sindacalisti. Si fa solo riferimento agli accordi
API (Associazione medie e piccole imprese) di Torino, Milano e Venezia.
Per quanto
riguarda l'accordo CGIL-CISL-UIL con l'API di Torino stipulato nel 1989, ci
risulta che finora non è stata effettuata una sola assunzione, mentre l'API ha
usufruito delle agevolazioni (assunzioni a tempo determinato, lavoro nei
giorni festivi e pre-festivi, chiamata nominativa ancora prima della legge
223/1991, ecc.) previste dall'accordo stesso.
Per quanto
riguarda gli accordi API di Milano e Venezia, nell'articolo non vi sono
elementi che consentano di valutarne la portata e l'attuazione.
Ci risulta
inoltre che l'ultimo rinnovo contrattuale dei tessili non ha determinato fino
ad oggi alcuna assunzione di handicappati.
Dal 1968,
anno di entrata in vigore della legge 482 sul collocamento obbligatorio, gli
enti pubblici e le aziende private, salvo lodevoli rarissime eccezioni,
rifiutano di assumere persone handicappate, soprattutto se si tratta di
soggetti con capacità lavorativa inferiore alla media degli altri lavoratori.
Ciò
premesso, è ovvio ritenere che tale atteggiamento continuerà a costituire il
primo gravissimo ostacolo all'inserimento degli handicappati nel mondo del
lavoro.
Il
collocamento mirato è una modalità certamente idonea sia per i soggetti che
per le aziende. Tuttavia è evidente che questo metodo è praticabile solo se i
datori di lavoro sono disponibili o costretti ad occupare gli handicappati.
Pertanto
riteniamo che l'obbligatorietà del collocamento al lavoro debba essere il
caposaldo della legge di modifica della 482/1968 (1).
Gli handicappati gravi
Riteniamo
che in materia di collocamento obbligatorio al lavoro non debba essere introdotto
il criterio della gravità dell'handicap. Ci sembra che sia necessario e
sufficiente quello della capacità o potenzialità lavorativa.
Al riguardo,
continuiamo a sostenere la posizione da noi espressa sul n. 72, ottobre-dicembre
1985, di Prospettive assistenziali, posizione che riproduciamo integralmente:
«1)
l'accertamento dell'invalidità deve essere compiuto da Commissioni sanitarie
istituite presso ciascuna USL;
«2) i
servizi di medicina legale delle USL devono compiere una istruttoria preliminare
delle domande, di modo che la Commissione di cui al punto 1) possa decidere su
elementi oggettivi accertati;
3) per gli
invalidi civili che scelgono il collocamento obbligatorio, devono essere
costituite, sempre a livello di USL, apposite Commissioni aventi il compito di
accertare:
- la piena capacità o potenzialità
lavorativa dei soggetti;
- la loro ridotta capacità o
potenzialità lavorativa;
- la loro
Inidoneità, a causa delle condizioni fisiche e/o psichiche, di svolgere una
proficua attività lavorativa;
«l'accertamento
delle suddette potenzialità lavorative costituisce, previo accordo dei
soggetti interessati, titolo preferenziale per l'accesso a corsi di formazione
professionale o prelavorativa, o, occorrendo, a momenti di riqualificazione;
«la
certificazione, rilasciata dalla Commissione, circa la inidoneità a qualsiasi
proficua attività lavorativa costituisce titolo preferenziale per l'accesso ad
attività assistenziali di tipo diurno, della durata di almeno 40 ore
settimanali;
«4) presso ciascuna
USL deve essere istituito, in base ad apposita legge regionale, da parte del
settore lavoro e formazione professionale, un apposito gruppo di operatori,
dipendente dal settore suddetto, con il compito di:
- svolgere
tutte le necessarie attività tecniche per l'inserimento lavorativo e per i
tirocini di lavoro degli handicappati;
-
collaborare con il settore della formazione professionale per l'individuazione
dei contenuti e delle modalità dei corsi di formazione professionale o
prelavorativa e delle iniziative di aggiornamento professionale;
-
collaborare con gli uffici provinciali del lavoro e della massima
occupazione per l'inserimento lavorativo e per i tirocini di lavoro degli
handicappati;
- ricercare i posti di lavoro più
idonei per gli handicappati;
«5) le percentuali per il collocamento
obbligatorio al lavoro sono:
3% per gli handicappati aventi piena
capacità lavorativa;
3% per gli handicappati aventi ridotta
capacità lavorativa.
Le Regioni,
con deliberazione dei Consiglio, possono aumentare le suddette percentuali, nei
casi in cui sia necessario per assicurare un lavoro a tutti gli handicappati;
«6) la nuova
legge sul collocamento obbligatorio al lavoro deve riguardare tutti gli
handicappati, senza alcuna esclusione;
«7) devono
essere scorporati dalla legge sul collocamento obbligatorio al lavoro i
problemi relativi all'inserimento lavorativo di vedove, profughi e orfani;
«8) le
inadempienze delle aziende in merito al collocamento obbligatorio degli
invalidi devono essere sanzionate in modo severo e proporzionale al numero di
handicappati non assunti e alla durata della inadempienza stessa».
Inoltre,
rilanciamo la proposta, contenuta nel citato numero di Prospettive assistenziali, affinché venga emanato al più presto il decreto previsto dall'art. 26
della legge 2 aprile 1968 n. 482, che prevede quanto segue: «Le aliquote
percentuali (...) stabilite dall'art. 9 per la ripartizione dei posti
riservati tra gli appartenenti alle categorie tutelate dalla presente legge,
possono essere modificate con decreto del Presidente della Repubblica, su
proposta del Ministro per il lavoro e la previdenza sociale, sentito il parere
della sottocommissione di cui all'art. 18».
Al riguardo
non riusciamo a capire per quale motivo CGIL, CISL, UIL non appoggino la suddetta
richiesta che consentirebbe l'assegnazione agli invalidi civili delle aliquote
del collocamento obbligatorio attualmente destinate a categorie (invalidi di
guerra, invalidi civili di guerra, invalidi per servizio, ecc.) il cui numero
degli iscritti nelle liste è estremamente limitato (cfr. le tabelle 3 e 5) e
nettamente inferiori alle percentuali assegnate alle suddette categorie dalla
legge 482/1968.
Laboratori protetti
In molte
parti d'Italia, ad esempio in Piemonte, i laboratori protetti, spesso vere e
proprie caricature delle aziende, sono stati da oltre dieci anni sostituiti da
centri diurni educativi, le cui funzioni centrali non sono la formazione
professionale e il lavoro, ma le attività finalizzate allo sviluppo della massima
autonomia dei soggetti (2).
È pertanto
evidente la nostra netta opposizione all'inserimento, anche temporaneo, nei
laboratori protetti, di soggetti handicappati aventi piena o ridotta capacità o
potenzialità lavorativa.
Il rispetto
della loro dignità esige che, se sono in grado di lavorare, vengano ricercati
gli strumenti perché possano produrre e quindi non solo garantire la
sopravvivenza di se stessi e delle loro famiglie, ma anche partecipare allo
sviluppo del Paese e delle comunità locali.
È molto
grave che i Sindacati non ne tengano conto, al punto da non escludere
l'inserimento nei laboratori protetti anche di handicappati fisici e
sensoriali, quasi sempre in grado di assicurare un rendimento lavorativo pari
alla media degli altri lavoratori.
Conclusioni
Certamente
oggi CGIL, CISL e UIL hanno superato la netta opposizione all'inserimento lavorativo
degli handicappati espressa nell'accordo sul costo del lavoro Governo-Sindacati-Confindustria
del 1983 in cui si prevedeva «la sospensione dall'avviamento obbligatorio
al lavoro per le aziende in stato di
crisi e in ristrutturazione», «il computo, ai fini dell'aliquota d'obbligo,
degli invalidi riconosciuti tali in corso di rapporto di lavoro» e «la sospensione della possibilità di
scorrimento» fra le varie categorie di
invalidi, possibilità prevista dalla legge 482/1968 (3).
Se
importanti passi sono stati compiuti da CGIL, CISL e UIL, non è stato
effettuato il salto decisivo sul piano culturale e operativo: considerare le
persone con handicap aventi piena o ridotta capacità lavorativa come soggetti
ai quali deve essere applicato, come a tutti i cittadini, l'art.
4 della Costituzione che recita: «La Repubblica riconosce a tutti i
cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo
questo diritto. Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie
possibilità e la propria scelta, un'attività o una funzione che concorra al
progresso materiale o spirituale della società».
IL DIRITTO AL LAVORO DEGLI
HANDICAPPATI: PROPOSTE PER UN'IDONEA LEGGE
SUL COLLOCAMENTO
OBBLIGATORIO
FLAVIO COCANARI (*)
1. Il diritto al lavoro
1.1 - È opportuno cominciare con il precisare i due
concetti del tema attribuito a questo contributo:
- il diritto al
lavoro che è e deve essere obiettivo e riferimento del nostro impegno,
dell'impegno del sindacato a sostegno del percorso di integrazione sociale e
di realizzazione dei diritti della persona handicappata;
- il
collocamento obbligatorio che va
riconosciuto come strumento importante della realizzazione del diritto al
lavoro, ma non come unico passaggio, unica soluzione.
1.2 - Nel nostro compito dobbiamo ricercare quelle
condizioni che agevolano il diritto al lavoro e quelle condizioni che rendono
la legge sì vincolante, ma anche e soprattutto incentivante e sostegno
all'incontro tra due parti, il cui rapporto di forza è comunque squilibrato.
Incentivante di un rapporto che senza la volontà delle parti nessuna legge ha
il potere di realizzare e mantenere. Andrebbero in questo caso prese a
riferimento le diverse sentenze dei pretori del lavoro alle quali molto spesso
non sono seguite assunzioni o reintegrazioni nei posti di lavoro, in una gamma
di soluzioni adottate dai datori di lavoro che va dall'attribuzione di
mansioni fantasma alla retribuzione spedita a casa o all'indifferenza
assoluta alle decisioni giudiziarie.
È questione quindi di previsione di ammende e multe
di consistente importo a differenza delle sanzioni irrisorie previste dalla
legge 482/68? Un sistema di ammende e multe può essere funzionale ad un quadro
legislativo che fissa comunque paletti e puntelli, sotto il quale non si deve
andare, ma questi debbono costituire solo la base di un sistema nuovo che non
può accontentarsi di paletti e puntelli per garantire il diritto al lavoro,
per realizzare integrazione della persona con handicap.
2. Un mercato del lavoro attivo
Occorre invece un sistema di governo del mercato del
lavoro per queste fasce deboli attivo e capace di "inventare" le
possibilità di inserimento lavorativo. Per "inventare" in questo caso
bisogna intendere un atteggiamento di attenzione non burocratico, non passivo
e non passivizzante alle condizioni, alle attitudini, alle potenzialità della
persona, ma anche e soprattutto agli interventi da realizzare sulla e con la
persona, sulla struttura produttiva, sulla rete dei servizi: non dimenticando
mai che si è in una fase di ricerca e di sperimentazione e che gli strumenti
che volta per volta vengono adottati debbono costantemente essere ricollaudati,
in quanto costantemente muta la situazione vissuta della persona e mutano le
condizioni della produzione e della vita sociale ad essa inerente. Una soluzione
trovata per una persona può essere modello ma non automaticamente estendibile
ad altre persone.
Ma, prima di andare avanti in questa riflessione ed
a proposito della soggettivazione (ahimè!) degli interventi, soffermiamoci sul
quadro della situazione e sui soggetti che dovrebbero fruire dell'attuale
normativa sul collocamento obbligatorio, non dimenticando che parlare di
collocamento obbligatorio significa contrapporsi ad un collocamento ordinario,
che oggi in realtà non colloca, ma opera solo per presa d'atto delle linee di
incontro tra chi assume e chi viene assunto.
2.1 - I soggetti
La legge del 2 aprile
1968, n. 482 nel garantire un tutela categorializzante (invalidi del
lavoro, per servizio, civili di guerra, sordomuti) indica con riferimento agli
invalidi civili tra gli aventi diritto quanti abbiano un'invalidità superiore
al 33%, minimo elevato dal decreto legislativo 509/1988 al 46%.
A di là delle considerazioni storico-culturali su cui
non è il caso di soffermarsi a riguardo di una normativa che sembra concepita
come forma di indennizzo soprattutto per gli invalidi di guerra (ora non più
presenti tra gli iscritti al collocamento) e gli invalidi civili di guerra è
da evidenziare che questa previsione ha favorito e favorisce assunzioni solo
di persone con limitata se non inesistente riduzione della capacità lavorativa.
I meno gravi. Il Ministro del lavoro non fa rilevazioni sulle
percentuali di invalidità degli iscritti disponibili al collocamento
obbligatorio o degli assunti, ma dà una sua occasionale rilevazione operata
sugli iscritti per la prima volta al collocamento obbligatorio nel secondo
semestre del 1984 (quando per essere collocati era necessaria una invalidità
superiore ad un terzo): emerge che il 70% degli invalidi civili iscritti aveva
ottenuto il riconoscimento dell'invalidità fino al 40% e che poco più del 10% era
riconosciuto con un'invalidità superiore ai due terzi.
Non saremo certo noi a vincolarci ad un collocamento
che fa riferimento a fasce di invalidità, ma con questi vecchi dati abbiamo
solo voluto evidenziare che un sistema di collocamento così concepito favorisce
solo coloro che sono considerati "meno invalidi".
Ed i più
gravi? Solo in misura marginale riescono
ad entrare nel mondo del lavoro, anche se la legge 508/1988 prevede la non
incompatibilità tra diritto all'indennità di accompagnamento (non autonomia,
invalidità totale, ecc.) ed attività lavorative e la circolare ministeriale
5/1988 conferma il principio della collocabilità anche di chi è stato
riconosciuto invalido al 100%, rinviando però alle strutture del servizio
sanitario la responsabilità di accertare le residue capacità lavorative.
Gli
psichici. Tutto ciò ben sapendo che
comunque la 482 non considera la possibilità di inserimento lavorativo delle
persone con minorazioni (genericamente definite) "psichiche".
Dopo il lungo contenzioso che ha coinvolto a più
riprese la Corte costituzionale con il suo definitivo richiamo a normare,
dando risposte in positivo al problema (sentenza n. 50/90 del 31.1.1990), il
problema sembrerebbe ora risolto dalla legge 104/92 di cui si discute in questo
confronto.
Non è così semplice. È vero che l'art. 13 afferma
che in attesa della sua riforma le norme della legge 482/1968 sono applicabili
anche agli «affetti da minorazione psichica». È però anche vero che subito
dopo aggiunge «i quali abbiano una capacità lavorativa che ne consente l'impiego
in mansioni compatibili». A parte il pleonasmo «in mansioni compatibili» - che
rischia di essere letto non come un'opportuna indicazione di procedere secondo
la logica dell'inserimento mirato ma come un ulteriore vincolo a quello del
riscontro della «capacità lavorativa» - emerge chiaramente che non si dà per
scontato che una persona con minorazione psichica possa essere collocabile
salvo verifica contraria e seguendo i canoni dell'inserimento mirato. Viene anzi
affermato che la capacità lavorativa di queste persone è oggetto di apposito
accertamento da parte delle commissioni USL (art. 4) integrate da uno
specialista nelle discipline neurologiche, psichiatriche o psicologiche.
È evidente, al di là degli imbarazzi interpretativi
ed organizzativi che vengono denunciati in questi giorni con riferimento alle
commissioni ed al loro modo di funzionare, che con la "104" non è
stato risolto il problema di una più precisa definizione dell'handicap e della
minorazione di "natura psichica", continuando a comprendere in questa
generica area sia coloro che hanno un handicap "intellettivo" (a
causa di una lesione pregressa) che quanti sono affetti da patologie di natura
psichiatrica in evoluzione (disagio 0 handicap mentale).
È chiaro che anche sul piano della crescita culturale
e della realizzazione di esperienze di inserimento lavorativo il mancato
scioglimento del dubbio sulla natura dell'handicap delle persone da inserire
rischia di bloccare piuttosto che di sollecitare aperture e nuovi coinvolgimenti.
2.2 - La dimensione del fenomeno
Per meglio cogliere il senso della riforma e le
direttrici da prendere, bisogna partire dal recinto del lavoro dei disabili,
che sarebbe costituito dalla normativa del 1968: un dato su tutti sarebbe
sufficiente. In questo recinto è "radunato" un universo di 735.600
persone, di cui oltre 600.000 sono delle categorie dell'invalidità (127.904
sono orfani, vedove e profughi).
Possiamo
infatti così schematizzare i dati forniti dal Ministero del lavoro:
Al
30.6.1989 Al 30.6.1991
Iscritti al collocamento 421.097 418.192
di cui invalidi civili 360.924 358.264
Occupati 395.757 317.407
di cui invalidi civili 199.754 156.340
Dalle tabelle allegate (1-2-3-4-5) si potranno
analizzare i dati relativi alle singole "categorie". Qui è
probabilmente opportuno evidenziare due interrogativi:
a) quale è la portata dell'effetto delle presunte
politiche di "moralizzazione" e di rigore nei riconoscimenti di
invalidità intrapresa con la legge 291/1988, se nel giro di due anni il numero
degli invalidi civili iscritti al collocamento obbligatorio si è ridotto di
solo 2.660 unità?;
b) quali sono i motivi del crollo del numero degli
occupati, che pure si era mantenuto relativaménte stabile negli anni tra il
1983 ed il 1989, nonostante i provvedimenti di restrizione delle possibilità di
collocamento obbligatorio adottati nei primi anni '80 (DI. 17 del 29 gennaio
1983 e successive modificazioni)? (cfr. tavola 1);
b.1)
si tratta di un effetto ritardato degli stessi provvedimenti?;
b.2) si tratta forse di una diminuzione parallela
alla diminuzione occupazionale globale? I dati ISTAT non sembrano però
confermare una diminuzione occupazionale nel nostro Paese. Il confronto
andrebbe però fatto tenendo conto che le aziende con meno di 35 dipendenti sono
tra quelle che in questa fase mantengono capacità di assorbimento, anche se non
sono obbligate all'assunzione delle fasce "protette";
b.3) o forse siamo di fronte ad un “disimpegno”
delle aziende e delle istituzioni del mercato del lavoro rispetto agli obbligi
di assunzione e di denuncia semestrale derivanti loro dalla 482/1968,
disimpegno nascosto magari dal polverone alzato dal susseguirsi di
provvedimenti legislativi sul fronte del mercato del lavoro (legge 56/1987,
legge 223/1991) e sul fronte dell'invalidità e dell'handicap. È lecito infatti
il dubbio che, soprattutto in uscita dal mondo del lavoro, la legislazione, ed
in particolare la legge 223/ 1991 non tuteli a sufficienza invalidità ed altre
fasce deboli che vengono espulse dal mondo del lavoro senza alcuna possibilità
di controllo da parte del sindacato o delle istituzioni del mercato del lavoro.
Tavola
1
Art.
9 del decreto legge 29 gennaio 1983 n. 17 |
Norme
approvate al gennaio 1985 |
(1° comma) Obbligo di visita medica prima dell’avviamento al
lavoro degli invalidi per controllare la permanenza dello stato invalidante. (2° comma) Ammissione computabilità nella percentuale
d’obbligo dei lavoratori assunti tramite collocamento ordinario divenuti
invalidi nel corso del rapporto di lavoro. (3° comma) È abrogata la norma dello scorrimento. (4° comma) È sospeso l’obbligo di assunzione per le imprese
impegnate in processi di ristrutturazione, riorganizzazione produttiva o
comunque in crisi. |
(1° comma) a. Obbligo confermato con esenzione per le persone con
invalidit9 pari o superiore al 50 per cento; b. avvio al lavoro entro 15 giorni nel caso che non si sia proceduto ad
effettuare la visita medica. c. penalità per chi si sottrae: cancellazione liste del collocamento
obbligatorio (1° comma, art. 9 della legge 638/83). (2° comma) a. La computabilità non è ammessa per i lavoratori
assunti tramite collocamento ordinario divenuti invalidi nel corso del
rapporto di lavoro per causa del lavoro; b. si computano i lavoratori divenuti invalidi per cause esterne al
rapporto di lavoro e se con invalidità superiore al 60% (3° comma, legge
638/83). (3° comma) È ripristinata la possibilità di “scorrimento”
(art. 6 bis, legge 863 del 19 dicembre 1984). (4° comma) a. È sospeso in casi previsti da leggi specifiche. b. in caso di licenziamento collettivo di dipendenti, il numero di
invalidi soggetti a disciplina del collocamento obbligatorio sottoposti a
procedura di licenziamento non può essere superiore alle percentuali previste
dalla legge 482/68 (art. 9 legge 23 marzo 1983, n. 79 |
3. Quale ipotesi?
La nostra ipotesi di lavoro, l'inserimento mirato, sembra rafforzarsi dai dati quantitativi e
qualitativi a cui abbiamo fatto cenno.
L'ipotesi dell'inserimento mirato è infatti in
contrapposizione alle vere e proprie "liste di attesa" passivizzanti
e di natura assistenziale - se non di gestione clientelare - a cui gli invalidi
debbono iscriversi in ragione della categoria di appartenenza.
La nostra ipotesi é infatti di un inserimento non di
tutela, ma capace di dare risposte, coinvolgendola, alle specifiche
aspettative della persona e del sistema persona-azienda-rete di servizi, che
si viene a costituire con l'inserimento mirato. Oggetto delle attenzioni e
dell'intervento non sarà quindi la sola persona, ma le molteplici polarità (o
sottosistemi) di quel sistema).
La persona. Si presenta con la sua storia, il suo quadro di
relazionalità e di supporto familiare e sociale, le sue aspettative, le sue
paure, le sue difficoltà, ma anche con la sua voglia di crescere,
professionalità, potenzialità. Certo va fatta l'analisi - e rigorosa - di ciò
che non c'è, ma nel quadro di ciò che c'è o ci potrà essere e comunque in
quello complessivo della persona che non può essere scomposta in percentuale,
ma che non può essere considerata semplice contenitore di dati di disagio e di
aspettative ingiustificate. Che deve essere o deve divenire partecipe, se non
protagonista della costruzione del percorso di identificazione e di valorizzazione
delle attitudini lavorative. Dove per "percorso" va inteso non un
astratto o tutto teorico studio del "caso", ma una verifica "sul
campo" (della formazione, del lavoro, della riabilitazione) di ciò che si
ipotizza possibile o opportuno.
La struttura
produttiva. Va vista nell'organizzazione
del lavoro, degli orari, della relazionalità interna e con l'esterno, nelle
strutture architettoniche e nelle sue condizioni di sicurezza per tutti i
lavoratori, nell'analisi delle mansioni che richiede o che può offrire,
nell'individuazione di possibilità di adattamenti ergonomici nelle singole
situazioni lavorative o nei singoli passaggi della produzione. Come realtà che
interagisce con il sistema dei servizi collettivi (socio-sanitari, formativi,
dei trasporti) e con la società tutta e la sua realtà territoriale.
Le
istituzioni di servizio. Occorre
verificare quali capacità hanno di intervento, quanto sono in grado di
coordinarsi e di avere come riferimento la persona o l'intera società,
verificando le necessità e le possibilità di modificare i loro modi di
funzionamento, al di là di orari rigidamente fissati e delle mura
ambulatoriali.
La società e
la sua cultura. Vanno verificati gli
atteggiamenti di accettazione o di rifiuto della domanda di integrazione nelle
sue singole componenti e puntando ad azione di crescita culturale che potrà
essere agevolata dal coinvolgimento delle diverse formazioni sociali, associazionismo,
volontariato, sindacato. La contrattazione a questo riguardo potrà assumere un
ruolo di supporto dell'azione legislativa in una prospettiva nuova,
concertativa piuttosto che di antagonismo sterile.
Ecco che in questa prospettiva la legge - e le leggi
regionali - avrà un importante ruolo di orientamento, di supporto e di
incoraggiamento di ciò che avviene nel sociale oltre che di sanzione degli
obblighi minimi.
4. Il collocamento obbligatorio
Nella nostra ipotesi il collocamento obbligatorio può
essere momento centrale, soluzione forte all'interno di una griglia articolata
di soluzioni: lavoro autonomo, partecipazione a esperienze cooperative (di
cooperazione integrata), lavoro dipendente.
4.1 - Il quadro normativo e le tendenze
La legge che dovrà riformare il collocamento
obbligatorio e riformare la legge 482/1968, a questo punto dovrà essere vista
in raccordo con le leggi che in questa fase siano state approvate, quali la
legge 104/1992 e la legge 381/1991 (Cooperazione sociale).
Non possiamo infatti non accorgerci che se pure
importanti esperienze sono state realizzate dopo l'approvazione delle leggi
863/1984 (Contratti di formazione-lavoro), 56/1987 (Riforma del mercato del
lavoro) (4) e 223/1991 (Riorganizzazione del mercato del lavoro), queste
leggi, nella loro formulazione e gestione, considerano l'inserimento lavorativo
delle persone handicappate come una questione estranea. Così, appare
chiaramente una troppo vaga attenzione (a voler essere ottimisti) di parti
istituzionali e sociali (anche sindacali) a quest'area problematica.
È vero che queste leggi si sono messe a regime con
difficoltà: si veda come le Agenzie per l'impiego (art. 24 della legge 56/1987)
siano state solo di recente messe in condizione di funzionare. È altresì vero
che queste - ed in particolare la legge 233/1991 - sembrano funzionare solo
nel controllo delle dinamiche di uscita dal mondo del lavoro piuttosto che in
quella di entrata, con il dubbio, a cui già si è fatto cenno, di mancanza di
tutela proprio di tutti i soggetti "tutelati" dalla legge del
collocamento obbligatorio.
4.2 - La recente legislazione sociale
Sin dalle prime riflessioni sulla legge-quadro
sull'handicap, sulla legge per la cooperazione sociale (ma anche sulla
legge-quadro sul volontariato, 266/1991) emergono due considerazioni:
a) in questa fase il legislatore sembra preoccupato
di dare risposte alle situazioni di grave disagio, constatando il vuoto di
servizi e di attenzioni sociali che si è creato, in attesa delle grandi
riforme sociali e in particolare della legge-quadro per l'assistenza e i
servizi sociali. Le risposte così concepite escono, per forza di cose,
dall'area del sistema universalistico, o almeno ne costituiscono un ben
definito sottosistema. Se da una parte si ha l'articolarsi delle risposte, in
termini di organizzazione di servizi e di realizzazione di punti di riferimento
per possibilità relazionali, formative e lavorative, dall'altro il pericolo è
che si attivi un circuito parallelo al normale circuito della sicurezza
sociale. Ciò vale in maniera particolare per quanto attiene all'area
lavorativa e formativa con le attività lavorative protette e non
"finalizzate a" o "a favorire" l'inserimento, ma non a
realizzarlo. In questo senso può essere
letto l'incrocio dell'art. 18 della legge-quadro sull'handicap, dell'intera
legge sulla cooperazione sociale, dell'art. 10 del disegno di legge
"Rosati" sulla riforma della legge 482/1968;
b) d'altra parte, è fino in fondo comprensibile
l'idea di riconoscere e incoraggiare l'azione delle formazioni di
privato-sociale, come possibilità più realistica per articolare i servizi per
le persone handicappate di quanto non possano fare le istituzioni pubbliche. È
importante la produzione di una legislazione organica sulle formazioni sociali.
È però preoccupante il disimpegno tenuto e già manifestatosi (direttiva 26
maggio 1992 del Presidente del Consiglio dei Ministri) dello Stato, degli Enti
locali e delle loro istituzioni a riguardo di iniziative di promozione o di
sostegno dell'integrazione sociale delle persone handicappate.
Non è però accettabile una delega ad ampio spettro
che non fissi precise linee guida o che, peggio ancora, lasci aperti obiettivi
indeterminati, dove tutti sembrano poter fare tutto: con riferimento
particolare a quanto prevede l'art. 17 della legge 104/1992 sulla formazione
professionale, se non lo stesso art. 18 sull'integrazione lavorativa della
legge-quadro sull'handicap.
4.3 - 1 contenuti della riforma
Qui vale la pena di ricordare quelli che sono stati i
riferimenti del Sindacato unitario CGILCISL-UIL per la riforma della legge 482/1968.
Riferimenti che sono tuttora validi ed in parte recepiti nel dibattito in
corso:
1) collegamento con il sistema di governo del mercato
del lavoro ordinario. Dovendo realizzare, si potrebbe aggiungere, la gestione
degli inserimenti al lavoro delle persone handicappate all'interno e tramite
le istituzioni di governo del mercato del lavoro ordinario. Qui ci si accorge,
però, che è aperto un confronto sul significato di "collocamento
obbligatorio" e di conseguenza sulle strutture che dovrebbero gestirlo.
La logica dell'inserimento mirato vorrebbe la
possibilità di indirizzare ogni persona all'attività per lui più congeniale o
opportuna, mediante anche l'adozione di strumenti di sostegno. Ciò può essere idealmente realizzato per tutto
l'universo dei lavoratori nel nostro Paese, ma più realisticamente ciò può essere realizzato a partire dai
lavoratori che vivono più difficoltà quali gli handicappati.
Idealmente quindi il collocamento obbligatorio (come
insieme di strutture e di vincoli normativi) dovrebbe essere abolito e non
riformato. Il collocamento dovrebbe avvenire seguendo l'esempio della
strategia adottata per l'integrazione scolastica, mediante un coordinamento tra
le istituzioni del mercato del lavoro e dei servizi socio-sanitari, mediante
una "diagnosi funzionale" ed un piano per l'inserimento mirato
sull'esempio del Piano educativo individualizzato (PEI) mediante interventi di
sostegno.
Si potrebbe ipotizzare che il lavoratore disabile o
handicappato non si iscrive più in una lista speciale, ma confluisce nelle
liste di collocamento ordinario? Sappiamo che la realtà è meno rosea di
quanto ci piace descriverla, sappiamo che nella stessa scuola i PEI alla fine
si fanno solo per gli alunni handicappati o che manifestano situazioni di disagio
e non per tutti gli alunni; sappiamo poi che lo stesso insegnamento sovente
diventa un insegnamento differenziato nella scuola di tutti: ma, nella scuola di tutti. In questa
sede, occorre garantire che l'incontro tra domanda ed offerta di lavoro, che il
sistema di collocamento dovrebbe favorire, non tradisca le aspettative delle
parti e che non sia vissuto come una forzatura della loro volontà.
D'altra parte, con un simile sistema generalizzato a
tutti, quelli con qualche difficoltà in più verrebbero sacrificati. Del resto
sarebbe mistificante indirizzare tutti al collocamento ordinario, sapendo che
il collocamento ordinario non funziona (o almeno, ormai non colloca più su
base numerica). Rimane quindi, probabilmente, ancora necessario evidenziare,
mantenere strumenti tipici del "collocamento obbligatorio" quali
l'elenco speciale e la conseguente quota d'obbligo, ma ci sono le condizioni
perché questi strumenti siano gestiti dalle istituzioni del mercato del lavoro
ordinario ed in maniera non più burocratica e passiva ma di ricerca attiva dei
possibili percorsi da compiere;
2) ridiscussione del limite minimo di invalidità
riconosciuta utile per l'accesso al collocamento obbligatorio.
Attualizzando questa vecchia proposta sindacale,
peraltro già accolta dal decreto legislativo 509/1988, si potrebbe dire che il
problema non è la percentuale di invalidità riconosciuta, quanto l'analisi
delle condizioni necessarie per favorire l'inserimento e il possibile sbocco
lavorativo e della successiva integrazione. CGIL-CISL-UIL hanno comunque posto
la questione della revisione dei criteri per il riconoscimento dell'invalidità
ed hanno ottenuto la costituzione presso il Consiglio sanitario nazionale di un
gruppo di lavoro per la verifica delle possibilità di superare i valori
numerici o percentuali nel riconoscimento dell'invalidità e dei nuovi possibili
criteri da adottare.
In questa prospettiva, sembra da valutare attentamente
l'ipotesi di accertamento della disabilità "per scopo" - o meglio -
dell'accertamento dei problemi, delle aspettative e dei possibili interventi
conseguenti al riconoscimento di una condizione di disabilità in una data sfera
della vita sociale che, comunque, la legge-quadro handicap introduce (anche se
non risolve alcune questioni applicative) con la lettura incrociata di diversi
articoli: artt. 4, 19, 12, ecc.
Qui comunque è da definire chi accede al collocamento
obbligatorio e soprattutto questo cosa possa significare. Perché, se è solo un
passaggio burocratico per l'avviamento al lavoro, i rischi di abuso saranno
sempre presenti, se invece è sede di progettazione - orientamento -
inserimento mirato i rischi di abuso si ridurranno.
Nella prospettiva dell'inserimento mirato - e per
tornare alla provocazione prima fatta di abolizione del collocamento
obbligatorio - se pure tutti i lavoratori che passano per il collocamento
ordinario passassero per il collocamento obbligatorio ed all'esame del
Comitato di cui all'art. 5 del disegno di legge Rosati, su cui ci soffermeremo,
non danneggerebbero i diritti altrui, ma senza dubbio rafforzerebbero le loro
possibilità di un inserimento più proficuo.
Ma le battute di effetto non ci piacciono e se
possono chiarirci il significato di una prospettiva, dobbiamo sempre
interpretarle in rapporto ad una "lettura" rigorosa della realtà,
delle sue condizioni organizzative, della sua maturazione (o ritardo)
culturale;
3) ampliamento degli spazi di inserimento lavorativo
per le persone handicappate, tramite estensione dell'obbligo di assunzione alle
aziende con meno di 35 dipendenti; forme di compensazione per le aziende che,
soggette ad obbligo, provvedano a modifiche dell'ambiente di lavoro, al fine di
facilitare l'inserimento lavorativo.
Qui, e nei punti 5) e 7), la proposta sindacale non
avrebbe bisogno di essere corretta, in quanto coglie il senso di un
collocamento non coercitivo, ma di sostegno e di inserimento mirato. È
importante il coinvolgimento delle aziende con meno di 35 dipendenti in quanto
queste sono quelle più capillarmente presenti nel territorio soprattutto nelle
aree rurali e del CentroSud e che oggi sono trainanti la nuova occupazione.
Non ci sembra qui soddisfacente il limitato
ampliamento alle aziende con più di 25 dipendenti previsto dal disegno di
legge Rosati, mentre sarebbe quanto meno necessario coinvolgere le aziende
con più di 15 dipendenti. Meno problematica è, invece, la determinazione della
quota d'obbligo, visto il senso del nuovo approccio e visto anche che la quota
prevista dalla legge 482/1968, eccessivamente elevata rispetto agli standards
europei, è radicalmente ignorata in tutto il tessuto produttivo del nostro Paese
attestato sul 4%. Sembra così accettabile la quota proposta del 7%;
4) passaggio al collocamento ordinario con punteggi
aggiuntivi di alcune delle categorie attualmente inserite in quello
obbligatorio (orfani, vedove, profughi).
Richiesta recepita con un atto di coraggio dal testo
"Rosati", che affida queste fasce deboli alla tutela dell'art. 25
della legge 223/1991, eliminando così un elemento di ambiguità grave sul
significato della legge da realizzare;
5) collegamento con l'assetto socio-sanitario e
formativo per realizzazione di "inserimenti mirati";
6)
controllo dei processi di mobilità per impedire arbitrarie espulsioni dal
mondo del lavoro;
7) forme di incentivazione per le realtà produttive
che, pur non essendo soggette al collocamento obbligatorio, siano disposte
alla realizzazione di "inserimenti mirati".
A queste proposte sindacali lanciate da un appello di
Lama, Marini e Benvenuto e sottoscritto da decine di migliaia di lavoratori
nel 1986, oggi bisognerebbe aggiungere:
- il superamento delle vecchie categorialità,
peraltro recepito dal testo Rosati, che all'art. 4 prevede un solo elenco in
cui confluiscono i disabili delle diverse categorie;
- il diritto al lavoro per le persone con handicap
intellettivo e per le persone in situazione di disagio psichico.
4.4 - La progettazione dell'inserimento mirato
Si ripete continuamente che condizione per
l'inserimento mirato è il coordinamento interistituzionale al fine di
garantire una continuità ed una prospettiva agli interventi di diagnosi,
riabilitazione, formazione, orientamento, coinvolgimento delle strutture
produttive e così via. Ma occorre cominciare ad individuare chi si assume le
responsabilità di progettare e coordinare i diversi passaggi che conducono
all'inserimento mirato.
Per noi del sindacato questa responsabilità è
correttamente attribuita, nell'art. 5 del disegno di legge Rosati, al
"Comitato circoscrizionale per il diritto al lavoro dei disabili".
Questo Comitato è l'organismo tecnico della
Commissione circoscrizionale per l'impiego ai fini dell'attuazione del diritto
al lavoro dei disabili. Si realizza così intanto la attribuzione di responsabilità
del collocamento dei disabili alla Commissione circoscrizionale per l'impiego e
quindi la riconduzione della gestione del,collocamento obbligatorio
all'interno delle strutture che hanno la responsabilità di quello ordinario.
Il Comitato è composto da figure tecniche tra cui due
medici, di cui uno specializzato in discipline neuropsichiatriche, uno
psicologo, un esperto in ergonomia ed uno in formazione professionale.
I compiti del Comitato sono molto articolati e vanno
dalla valutazione delle potenzialità lavorative del disabile, alla
delineazione del percorso, alla indicazione degli strumenti da adottare, al coinvolgimento
"su protocollo" delle istituzioni e non più soltanto su base
volontaristica ed individuale dei loro operatori.
È importante che al Comitato venga fornita la
strumentazione per seguire in tutte le fasi il percorso della persona,
mantenendo un coordinamento anche nel tempo della strategia di inserimento e
possa fare verifiche sui risultati conseguiti.
4.5 - Inserimento diretto o passaggi intermedi
articolati?
Il testo Rosati qui apre un'altra importante
prospettiva indicando, articolandoli, i passaggi dei possibili percorsi,
tenendo conto delle preferenze dell'interessato e non coartandolo:
-
intervento formativo propedeutico all'avviamento al lavoro;
- inserimento presso: cooperative integrative;
imprese in "convenzione di riabilitazione"; strutture per attività
protette;
- avviamento al lavoro.
Si potrà obiettare che la priorità va data all'avviamento
al lavoro e solo in subordine agli interventi formativi o ad inserimenti
"speciali". Qui ci interessa evidenziare che finalmente si supera un
collocamento inerte per un sistema che punta e realizza l'inserimento
lavorativo della persona disabile o handicappata in maniera personalizzata.
Del resto ci sarà sempre una contraddizione tra concetto di collocamento
obbligatorio e quello di inserimento mirato.
4.6 - Le attività protette
È forse il capitolo più contestato, ma qui dobbiamo
limitarci a ripetere la posizione espressa dal sindacato alla Commissione
lavoro del Senato che nella scorsa legislatura ha approvato il testo di
riforma in discussione. CGIL-CISL-UIL non possono accettare il ricorso ad
"attività protette" al di fuori di un progetto ben definito di valutazione
delle attitudini e potenziamento delle capacità lavorative. L'inserimento in
realtà protette non può essere considerato irreversibile.
Non è accettabile che l'organizzazione di strutture
per attività protette possa essere riconosciuta - con tutti gli incentivi
conseguenti - a soggetti privati o a loro consorzi.
L'autore di questa nota ritiene però pericolosa la
proposta di estrapolare questa norma dal contesto della normativa che dovrebbe
puntare a garantire il diritto al lavoro dei disabili, in quanto si rischierebbe
di considerare la persona in attività protetta fuori da ogni prospettiva di futuro
inserimento lavorativo e coartata in un irreversibile circuito assistenziale.
È cosciente però che occorre fare attenzione alle mistificazioni, evitando di
chiamare interventi di sostegno al percorso di inserimento lavorativo interventi
di natura assistenziale che hanno il solo scopo di garantire una possibilità di
relazionalità e di cimento con le sue capacità da parte della persona
handicappata.
4.7 - La cooperazione integrata
La stessa chiarezza di scopo deve essere garantita
alle esperienze realizzate dalla cooperazione integrata, tanto più che ci
sembra che le indicazioni che la legge 381/1991 sulla cooperazione sociale
sono contraddittorie rispetto allo spirito degli inserimenti mirati. Non ha
infatti senso prevedere in maniera indifferenziata ed aprioristica
l'azzeramento degli oneri sociali per tutti i soggetti deboli (per ciò che ci
riguarda disabili ed handicappati) che lavorano in cooperative.
5. La contrattazione a supporto della legislazione
Da una quindicina di anni la contrattazione sindacale
ai livelli nazionali ed articolati prevede riferimenti diretti al lavoro delle
persone disabili. È stato forse per molto tempo un impegno forte nei valori che
lo ispiravano e debole nelle risorse messe in campo e nelle conseguenti realizzazioni.
Gran parte delle conquiste contrattuali rischiano di essere assorbite e
superate dall'art. 33 della legge 104/1992, se non si tiene conto che i
soggetti di riferimento sono diversi:
a) persone impegnate in trattamenti riabilitativi e
loro familiari (per contratti, specie dell'area pubblica);
b) handicappati in situazione di gravità. Per il
sindacato ora vi è comunque la responsabilità di garantire la gestione di
questa norma di legge. Sarebbe però grave non accorgersi del cambio di
prospettiva della azione sindacale che in sede di contrattazione interconfederale
punta non più e solo alla tutéla di quanti sono già inseriti, ma alla
conoscenza della domanda di occupazione e di formazione espresse nel territorio
ed alla realizzazione delle condizioni di risposte mediante il coinvolgimento
delle "controparti" datoriali nelle diverse sedi bilaterali o
paritetiche (provinciali, regionali) previste nei singoli accordi.
Significativi sono gli accordi interconfederali per l'artigianato, del 1987 e
del 1988 e - anche se con portata limitata - gli accordi A.P.I. di Torino,
Milano, Venezia, ecc.
Importante è in tal senso l'ultimo rinnovo
contrattuale dei tessili (giugno 1991). II sindacato adotta così quell'atteggiamento
di politica attiva che rivendica da parte delle istituzioni e la sua azione
diviene un'azione funzionale al perseguimento degli obiettivi fissati dalle
leggi.
Di particolare rilievo è a questo riguardo il primo
contratto nazionale per le cooperative sociali (1° aprile 1992) dove i limiti
e le indicazioni (secondo la nostra logica) fuorvianti della legge sono
ricondotte in un binario più coerente con quello dell'inserimento mirato. Tra
le diverse questioni affrontate dobbiamo ricordare l'istituzione della
Commissione paritetica che, analogamente a quanto previsto per il Comitato
circoscrizionale del testo Rosati, deve valutare i progetti di inserimento
personalizzati.
6. Il coinvolgimento del sociale
In prospettiva, a noi sembra importante
quell'articolazione di risposte che emerge dalle nuove leggi che affrontano
l'obiettivo del lavoro dei disabili, così come ci sembra importante il
coinvolgimento su questo obiettivo delle formazioni del privato-sociale.
Riteniamo però che questo avrà più efficacia in una situazione di impegno
attivo delle strutture istituzionali, che debbono assumere il coordinamento di
ciò che si realizza, riconducendolo in una logica di programmazione pubblica e
di conseguente messa a disposizione di risorse.
Esempi importanti ne abbiamo in molte situazioni
territoriali e regionali e sarebbe importante analizzarli per comprendere le
possibili strategie adottabili indipendentemente dall'approvazione del testo
Rosati, che - sia pure emendato e corretto - ci auguriamo venga approvato in
questa legislatura.
Sono così importanti gli esempi degli interventi dei
SILH (Servizio inserimento lavorativo handicappati) delle Unità socio-sanitarie
locali del Veneto, come le esperienze degli Enti locali del Piemonte e come le
ormai storiche esperienze realizzate in Liguria, ma anche quelle relativamente
nuove avviate dalle Agenzie regionali per l'impiego, tra cui sembra
significativa quella di Trento.
7. Considerazioni conclusive
7.1 - La
terminologia. In questa nota non è stata accolta la richiesta di
accantonare il termine disabile, che con riferimento all'attività lavorativa
può avere una valenza negativa.
Lo si è fatto cercando di tener presente il legame
funzionale che c'è tra disabilità ed handicap secondo la definizione su tre
livelli fornita dall'Organizzazione Mondiale della Sanità. Una persona disabile
non deve diventare una persona handicappata, non in grado cioè di essere
autonoma nella vita quotidiana e nella vita di relazione. Sarebbe d'altra
parte auspicabile che una persona handicappata divenisse "abile". Il
lavoro deve mantenere aperte queste prospettive per la prima e per la seconda,
al di là delle questioni terminologiche.
7.2 - Il lavoro.
Il lavoro per la persona disabile o handicappata, ma anche per chi ha partecipato
al suo percorso di crescita e di acquisizione di autonomia, è una possibilità
di verifica dello stesso percorso, è quindi verifica anche per la società a
riguardo dell'efficienza delle sue strutture e del suo assetto organizzativo,
nonché della possibilità di partecipazione offerta ad ogni singolo membro. Il
lavoro può essere un'occasione per trasformare una persona da soggetto di
assistenza a soggetto della produzione del reddito collettivo.
Sarebbe però sbagliato subordinare i diritti di cittadinanza
e più ancora la dignità di persona all'essere lavoratore. Il lavoro non può
essere dimensione globalizzante la persona. Questa prima di tutto è persona e
poi deve essere messa in condizione di essere punto di riferimento per tutta
la collettività e di contribuire alle decisioni collettivamente prese. Il
lavoro offrirà comunque più possibilità e situazioni di verifica dell'essere
cittadino tra cittadini e persona tra persona.
7.3 - In alcuni passaggi di questo contributo emergono
chiaramente situazioni di conflitto tra la prospettiva dell'inserimento mirato, che richiederebbe idealmente una situazione di concertazione
e di incontro tra le parti e quella del collocamento obbligatorio, che comunque
passa oltre la volontà delle parti, coartandole.
La fase che viviamo ci indica che i tempi non sono
maturi per realizzare inserimento delle persone handicappate solo confidando
nelle buone intenzioni del mondo imprenditoriale o dei datori di lavoro. Le
esperienze di questi anni ci mostrano però che possono essere realizzati buoni
inserimenti mirati in un più funzionale sistema di collocamento obbligatorio.
(1) Da notare che il testo
"Rosati" di riforma della legge 482/1958, approvato nella scorsa legislatura
dal Senato e quindi ripresentato nella presente legislatura, prevede
l'obbligatorietà del collocamento al lavoro degli handicappati. Confidiamo che
questo principio di fondamentale importanza sia sostenuto anche da CGIL, CISL
e UIL.
(2) I centri diurni sono previsti per gli handicappati intellettivi
di età superiore ai 15 anni che, a causa della gravità delle loro condizioni di
salute, non possono svolgere alcuna attività lavorativa proficua.
(3) Ricordiamo altresì che la
proposta di legge n. 3321 (presentata alla Camera dei Deputati in data 4
dicembre 1985 dagli On. Vincenzo Mancini, Bianchi, Garocchio, Pisicchio e
Rossattini della DC; Lodi Faustini e Pallanti del PCI; Ferrari Marte del PSI;
Caria e Ghinami del PSDI; Arisio del PRI; Mancuso della Sinistra indipendente e
Benedikter del Partito popolare sudtirolese) stabiliva l'esclusione dei
partiti, dei sindacati e delle organizzazioni senza fini di lucro dall'obbligo
di assumere gli handicappati.
(*) A nome di CGIL,
CISL, UIL, Roma.
(4) Art. 5 della legge
11.2.1987 n. 56
Le Commissioni regionali per l'impiego ...
d) predisporranno programmi di
inserimento al lavoro di lavoratori affetti da minorazioni fisiche o mentali o
comunque di difficile collocamento in collaborazione con le imprese disponibili,
integrando le iniziative con le attività di orientamento, di formazione, di
riadattamento professionale svolte o autorizzate dalla Regione;
Art. 17 (Convenzioni)
L'impresa o il gruppo di imprese, ...
possono proporre alla commissione regionale o circoscrizionale per l'impiego
un programma di assunzione di lavoratori, ivi compresi quelli di cui alla legge
2.4.1968/482. Sulla base di tale proposta e dell'esame preventivo con le
organizzazioni sindacali ... la Commissione regionale o circoscrizionale può
stipulare una convenzione con l'impresa nella quale siano stabiliti i tempi
delle assunzioni, le qualifiche e i requisiti professionali ed attitudinali dei
lavoratori da assumere, i corsi di formazione professionale ritenuti necessari,
... nonché in deroga alle norme in materia di richiesta numerica, l'eventuale
facoltà di assumere con richiesta nominativa, una quota di lavoratori per i
quali sarebbe prevista la richiesta numerica ...
La convenzione può anche prevedere
l'ammissione a periodi di formazione professionale sul posto di lavoro dei
lavoratori. AI termine di tali periodi l'impresa ha facoltà di assumere
nominativamente coloro che hanno svolto tali attività lavorative.
Art. 24 (L'agenzia)
... favorire l'impiego dei soggetti più
deboli nel mercato del lavoro.
Tabella
1 - BENEFICIARI LEGGE 482/1968
30.6.1983 iscritti
disponibili 278.993 di cui 227.263 invalidi
civili
e
di cui 33.449 non invalidi *
occupati 394.476 di cui 166.198 invalidi civili
e
di cui 103.954 non invalidi *
30.6.1989 iscritti
disponibili 427.097 di cui 360.924 invalidi
civili
e
di cui 50.223 non invalidi *
occupati 395.757 di cui 199.754 invalidi civili
e
di cui 99.006 non invalidi *
* non invalidi = vedove, orfani,
profughi
(Fonte: Ministero del lavoro e della
previdenza sociale - Direzione generale per l’impiego)
Tabella 2 - LAVORATORI
FRUENTI DELLA DISCIPLINA SULLE ASSUNZIONI OBBLIGATORIE DI CUI ALLA LEGGE
2.4.1968 N. 482 E SUCCESSIVE MODIFICAZIONI LAVORATORI OCCUPATI PRESSO ENTI
PUBBLICI E AZIENDE PRIVATE AL 30.6.1989
Regioni |
Invalidi ex militari guerra |
Invalidi civili guerra |
Invalidi servizio |
Invalidi lavoro |
Invalidi civili |
Massag. ciechi |
Centro ciechi |
Sordo-muti |
Ex malati di tbc |
Vittime del dovere |
Orfani e vedove |
Profughi |
Totale |
Piemonte |
326 |
407 |
482 |
1.638 |
13.166 |
- |
201 |
861 |
7 |
- |
4.152 |
1.686 |
22.926 |
Valle d'Aosta |
- |
5 |
15 |
49 |
655 |
- |
- |
15 |
- |
- |
130 |
2 |
871 |
Lombardia |
2.017 |
891 |
1.597 |
5.049 |
40.407 |
- |
194 |
1.878 |
2 |
1 |
10.421 |
1.699 |
64.156 |
Trentino-Alto Adige |
18 |
62 |
322 |
453 |
2.900 |
- |
12 |
114 |
14 |
- |
1.101 |
47 |
5.043 |
Veneto |
96 |
831 |
650 |
2.283 |
11.928 |
- |
222 |
520 |
- |
- |
4.368 |
332 |
21.230 |
Friuli-Venezia Giulia |
837 |
590 |
311 |
545 |
3.027 |
- |
59 |
207 |
- |
- |
1.769 |
293 |
7.638 |
Liguria |
574 |
461 |
558 |
927 |
5.194 |
- |
122 |
238 |
- |
- |
2.836 |
476 |
11.386 |
Emilia-Romagna |
203 |
906 |
995 |
2.781 |
17.742 |
- |
153 |
668 |
- |
- |
6.040 |
694 |
30.182 |
Toscana |
1.772 |
1.273 |
1.350 |
3.205 |
9.722 |
- |
130 |
661 |
2 |
- |
5.455 |
383 |
23.953 |
Umbria |
92 |
168 |
144 |
553 |
1.913 |
- |
20 |
85 |
- |
1 |
899 |
60 |
3.935 |
Marche |
253 |
267 |
384 |
1.118 |
4.395 |
- |
80 |
163 |
- |
- |
1.915 |
246 |
8.821 |
Lazio |
1.294 |
3.486 |
4.247 |
9.735 |
47.151 |
- |
98 |
4.399 |
- |
28 |
17.352 |
8.235 |
96.025 |
Molise |
12 |
37 |
46 |
115 |
559 |
- |
13 |
29 |
- |
- |
272 |
5 |
1.088 |
Abruzzo |
205 |
262 |
541 |
1.046 |
4.810 |
- |
61 |
238 |
19 |
- |
3.284 |
507 |
10.973 |
Campania |
861 |
1.090 |
2.401 |
4.693 |
13.923 |
- |
229 |
617 |
- |
- |
9.586 |
812 |
34.212 |
Puglia |
1.286 |
612 |
1.456 |
1.864 |
6.352 |
- |
348 |
475 |
17 |
- |
4.652 |
424 |
17.486 |
Basilicata |
203 |
118 |
179 |
228 |
912 |
- |
12 |
53 |
4 |
- |
627 |
12 |
2.348 |
Calabria |
68 |
137 |
210 |
379 |
2.071 |
- |
137 |
103 |
16 |
- |
741 |
77 |
3.939 |
Sicilia |
963 |
898 |
1.934 |
3.308 |
11.485 |
- |
206 |
808 |
24 |
19 |
5.268 |
658 |
25.571 |
Sardegna |
199 |
136 |
203 |
400 |
1.442 |
- |
23 |
77 |
4 |
- |
1.449 |
41 |
3.974 |
ITALIA |
11.279 |
12.637 |
18.025 |
40.369 |
199.754 |
- |
2.320 |
12.209 |
109 |
49 |
82.317 |
16.689 |
395.757 |
(Fonte: Ministero del lavoro e della
previdenza sociale - Direzione generale per l'impiego)
Tabella 3 - LAVORATORI FRUENTI DELLA DISCIPLINA SULLE
ASSUNZIONI OBBLIGATORIE DI CUI ALLA LEGGE 2.4.1968 N. 482 E SUCCESSIVE
MODIFICAZIONI LAVORATORI ISCRITTI DISPONIBILI AL 30.6.1989
Regioni |
Invalidi civili guerra |
Invalidi servizío |
Invalidi lavoro |
Invalidi civili |
Sordo-muti |
Orfani vedove |
Profughi |
Ex malati di tbc |
Centro ciechi |
Vittime del dovere |
Totale |
Piemonte |
7 |
14 |
84 |
10.294 |
105 |
248 |
225 |
- |
12 |
- |
10.989 |
Valle d'Aosta |
- |
1 |
14 |
220 |
1 |
17 |
- |
- |
- |
- |
253 |
Lombardia |
6 |
32 |
173 |
15.100 |
110 |
80 |
- |
|
7 |
- |
16.020 |
Trentino-Alto Adige |
3 |
7 |
50 |
933 |
27 |
183 |
12 |
1 |
5 |
- |
1.221 |
Veneto |
3 |
38 |
192 |
8.626 |
99 |
577 |
112 |
- |
15 |
- |
9.662 |
Friuli-Venezia Giulia |
11 |
18 |
121 |
2.790 |
42 |
319 |
247 |
2 |
6 |
- |
3.556 |
Liguria |
8 |
27 |
104 |
7.580 |
47 |
736 |
87 |
1 |
7 |
3 |
8.600 |
Emilia-Romagna |
21 |
27 |
287 |
9.273 |
108 |
873 |
70 |
- |
11 |
- |
10.670 |
Toscana |
46 |
73 |
547 |
12.333 |
148 |
1.882 |
256 |
- |
10 |
- |
15.295 |
Umbria |
13 |
23 |
168 |
4.269 |
35 |
549 |
38 |
- |
- |
- |
5.095 |
Marche |
4 |
21 |
271 |
5.167 |
86 |
739 |
59 |
- |
9 |
- |
6.356 |
Lazio |
127 |
91 |
243 |
37.953 |
323 |
4.073 |
1.740 |
- |
63 |
11 |
44.624 |
Molise |
3 |
17 |
78 |
2.639 |
22 |
294 |
3 |
1 |
2 |
- |
3.059 |
Abruzzo |
31 |
46 |
276 |
8.182 |
82 |
1.212 |
106 |
- |
5 |
- |
9.890 |
Campania |
81 |
230 |
1.438 |
81.810 |
436 |
8.242 |
188 |
- |
23 |
- |
92.448 |
Puglia |
21 |
208 |
1.591 |
27.028 |
399 |
3.683 |
177 |
5 |
17 |
- |
33.129 |
Basilicata |
- |
29 |
114 |
4.286 |
71 |
639 |
9 |
- |
6 |
- |
5.154 |
Calabria |
56 |
261 |
1.469 |
37.332 |
304 |
6.685 |
111 |
55 |
16 |
- |
46.289 |
Sicilia |
223 |
451 |
2.099 |
73.101 |
550 |
10.994 |
598 |
7 |
99 |
8 |
88.130 |
Sardegna |
4 |
86 |
636 |
12.058 |
173 |
3.587 |
61 |
34 |
16 |
2 |
16.657 |
ITALIA |
668 |
1.700 |
9.955 |
360.924 |
3.168 |
46.044 |
4.179 |
106 |
329 |
24 |
427.067 |
(Fonte: Ministero del lavoro e della
previdenza sociale - Direzione generale per l'impiego)
Tabella 4 - LAVORATORI
FRUENTI DELLA DISCIPLINA SULLE ASSUNZIONI OBBLIGATORIE DI CUI ALLA LEGGE
2.4.1968 N. 482 E SUCCESSIVE MODIFICAZIONI OCCUPATI PRESSO ENTI PUBBLICI E
AZIENDE PRIVATE AL 30.6.1991
Regioni |
Invalidi ex militari guerra |
Invalidi civili guerra |
Invalidi servizio |
Invalidi lavoro |
Invalidi civili |
Sordo-muti |
Ex malati di tbc |
Vittime dovere |
Orfani e orfani |
Profughi |
Totale |
Piemonte |
303 |
364 |
479 |
1.712 |
14.003 |
961 |
9 |
1 |
4.446 |
1.837 |
24.115 |
Valle d'Aosta |
1 |
1 |
13 |
39 |
675 |
16 |
- |
- |
123 |
3 |
871 |
Lombardia |
1.647 |
526 |
1.081 |
3.504 |
29.037 |
1.500 |
2 |
- |
7.508 |
1.564 |
46.369 |
Trentino Alto Adige |
26 |
46 |
304 |
393 |
2.572 |
80 |
- |
- |
979 |
45 |
4.445 |
Veneto |
102 |
754 |
574 |
2.308 |
12.571 |
592 |
14 |
- |
4.283 |
250 |
21.448 |
Friuti-Venezia Giulia |
879 |
519 |
295 |
534 |
2.941 |
185 |
2 |
- |
1.665 |
279 |
7.299 |
Liguria |
535 |
449 |
554 |
915 |
5.843 |
267 |
- |
- |
2.970 |
476 |
12.009 |
Emilia-Romagna |
112 |
820 |
859 |
2.170 |
15.386 |
659 |
2 |
1 |
5.648 |
579 |
26.236 |
Toscana |
1.840 |
1.093 |
1.324 |
2.984 |
9.181 |
1.005 |
2 |
- |
5.075 |
486 |
22.990 |
Umbria |
75 |
193 |
128 |
515 |
1.935 |
83 |
- |
1 |
851 |
9 |
3.790 |
Marche |
228 |
265 |
335 |
1.023 |
3.901 |
171 |
3 |
- |
1.859 |
209 |
7.994 |
Lazio |
3.003 |
3.752 |
1.512 |
2.330 |
16.172 |
695 |
- |
32 |
12.353 |
1.421 |
41.270 |
Molise |
22 |
44 |
48 |
134 |
628 |
28 |
- |
- |
319 |
9 |
1.232 |
Abruzzo |
267 |
278 |
563 |
1.324 |
6.168 |
262 |
19 |
- |
3.528 |
543 |
12.952 |
Campania |
634 |
812 |
2.331 |
4.409 |
11.970 |
568 |
- |
11 |
9.443 |
764 |
30.942 |
Puglia |
1.191 |
604 |
1.384 |
1.908 |
6.953 |
474 |
17 |
2 |
5.041 |
372 |
17.946 |
Basificata |
179 |
94 |
84 |
258 |
988 |
64 |
1 |
- |
665 |
13 |
2.346 |
Calabria |
24 |
114 |
164 |
307 |
1.855 |
98 |
12 |
- |
797 |
72 |
3.443 |
Sicilia |
833 |
780 |
1.877 |
3.058 |
12.078 |
737 |
28 |
19 |
5.557 |
672 |
25.639 |
Sardegna |
148 |
100 |
202 |
456 |
1.483 |
74 |
4 |
- |
1.546 |
58 |
4.071 |
Totale |
12.048 |
11.608 |
14.111 |
30.281 |
156.340 |
8.519 |
115 |
67 |
74.656 |
9.661 |
317.407 |
(Fonte:
Ministero del lavoro e della previdenza sociale - Direzione generale per
l'impiego)
Tabella 5 - LAVORATORI
FRUENTI DELLA DISCIPLINA SULLE ASSUNZIONI OBBLIGATORIE DI CUI ALLA LEGGE
2.4.1968 N. 482 E SUCCESSIVE MODIFICAZIONI LAVORATORI ISCRITTI DISPONIBILI AL
30.6.1991
Regioni |
Invalidi ex militari guerra |
Invalidi Civili guerra |
Invalidi servizio |
Invalidi lavoro |
Invalidi civili |
Sordo-muti |
Orfani e vedove |
Profughi |
Ex malati di tbc |
Centrali- nisti ciechi |
Vittime dovere |
Totale |
Piemonte |
- |
10 |
18 |
85 |
9.313 |
107 |
342 |
128 |
- |
8 |
1 |
10.012 |
Valle d'Aosta |
- |
- |
1 |
6 |
205 |
1 |
16 |
- |
- |
- |
- |
229 |
Lombardia |
- |
2 |
19 |
143 |
14.362 |
102 |
483 |
73 |
1 |
14 |
- |
15.199 |
Trentino Alto Adige |
- |
- |
6 |
35 |
1.023 |
13 |
88 |
5 |
- |
- |
- |
1.170 |
Veneto |
- |
4 |
36 |
176 |
6.609 |
80 |
477 |
76 |
- |
11 |
1 |
7.470 |
Friuli-Venezia Giulia |
- |
2 |
16 |
120 |
2.290 |
36 |
246 |
157 |
2 |
3 |
- |
2.872 |
Liguria |
- |
9 |
31 |
103 |
5.767 |
51 |
691 |
69 |
2 |
6 |
3 |
6.762 |
Emilia-Romagna |
- |
8 |
27 |
223 |
8.160 |
107 |
725 |
108 |
- |
17 |
1 |
9.376 |
Toscana |
- |
68 |
60 |
445 |
13.463 |
151 |
1.710 |
216 |
- |
11 |
- |
16.124 |
Umbria |
- |
7 |
27 |
173 |
4.714 |
39 |
554 |
39 |
- |
- |
- |
5.553 |
Marche |
- |
1 |
27 |
195 |
5.396 |
67 |
608 |
54 |
- |
7 |
- |
6.355 |
Lazio |
- |
1.623 |
133 |
353 |
43.782 |
395 |
3.192 |
347 |
- |
23 |
5 |
49.853 |
Molise |
- |
3 |
13 |
74 |
3.188 |
25 |
338 |
5 |
- |
9 |
1 |
3.656 |
Abruzzo |
- |
16 |
43 |
262 |
7.388 |
74 |
1.304 |
98 |
- |
5 |
- |
9.190 |
Campania |
- |
37 |
186 |
667 |
75.041 |
462 |
5.235 |
133 |
- |
12 |
19 |
82.122 |
Puglia |
- |
17 |
271 |
1.465 |
31.542 |
412 |
3.895 |
177 |
4 |
25 |
8 |
37.816 |
Basilicata |
- |
- |
34 |
75 |
4.121 |
60 |
607 |
7 |
- |
7 |
2 |
4.913 |
Calabria |
- |
50 |
305 |
1.460 |
41.015 |
336 |
8.240 |
109 |
48 |
11 |
- |
51.574 |
Sicilia |
- |
204 |
441 |
2.103 |
74.168 |
617 |
10.366 |
635 |
6 |
110 |
14 |
88.664 |
Sardegna |
- |
5 |
63 |
368 |
6.687 |
82 |
2.014 |
20 |
17 |
23 |
3 |
9.282 |
Totale |
- |
2.066 |
1.757 |
8.861 |
358.264 |
3.217 |
41.131 |
2.456 |
80 |
302 |
58 |
418.192 |
(Fonte:
Ministero del lavoro e della previdenza sociale - Direzione generale per
l'impiego)
www.fondazionepromozionesociale.it