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QUANDO IL VOLONTARIATO
PROMUOVE LA GIUSTIZIA
Da anni siamo impegnati nella promozione dei
volontariato diretto ad ottenere il riconoscimento dei diritti e la loro
attuazione.
Al riguardo riportiamo integralmente l'articolo
"Licenziata e riassunta in dieci giorni" di Alessio Zamboni,
pubblicato su Sempre (rivista della
Comunità Papa Giovanni XXIII di Rimini), aprile '92.
Testo dell'articolo
«"Monica,
sordomuta e licenziata", titola un articolo del "Giornale di
Vicenza" in data 27 febbraio, aggiungendo nel sottotitolo: "Senza
lavoro la vita finisce" e ancora: "L'handicappato è lavoratore solo
al momento di mandarlo via". Sembra la riedizione di un copione già noto.
Una denuncia che va fatta, ma che tutti sanno essere senza speranza. Invece
tre giorni dopo, domenica 1 marzo, lo stesso giornale pubblica un nuovo articolo
con un titolo che non lascia dubbi circa l'esito delle vicende:
"Sordomuta licenziata riassunta dalla ditta già da domattina". Cos'è
successo in quei tre giorni? Lo chiediamo a Mario Catagini, responsabile per la
zona di Vicenza della Comunità Papa Giovanni XXIII che con il suo intervento
ha permesso la reintegrazione di Monica nel proprio posto di lavoro».
Chi è Monica e come l'avete conosciuta?
«Monica è
nata nel 1963 a Treviso. È stata abbandonata dai genitori al momento della
nascita ed ha vissuto in istituto fino a 18 anni. Nel 1981, con l'arrivo della
maggiore età, le suore dell'istituto chiesero alla Comunità Papa Giovanni
XXIII di accogliere Monica in una propria struttura. Venne quindi accolta nella
Casa Famiglia di Vicenza, dove è rimasta fino al 1985».
Come è avvenuta la conquista della propria autonomia?
«Durante la
permanenza nella casa famiglia, strutturata come una normale famiglia, Monica
ha progressivamente imparato come si gestisce una casa. Il lavoro in fabbrica,
compatibile con il proprio handicap (è sordomuta e ha alcune difficoltà
motorie), è stato lo strumento che le ha consentito di raggiungere una propria
autonomia economica e relazionale. Tutto questo le ha permesso, dopo alcuni
anni, di poter andare ad abitare per conto proprio in un piccolo appartamento».
Perché siete intervenuti quando è avvenuto il
licenziamento?
«La casa
famiglia è rimasta per Monica una seconda famiglia, sulla quale poter contare
nei momenti di difficoltà. Quando Monica ha appreso del licenziamento era
disperata, e non solo per l'aspetto economico. "Cosa faccio io tutto il
giorno in casa?'; si chiedeva. La Comunità è intervenuta perché la perdita
del lavoro l'avrebbe costretta a diventare un'assistita, avrebbe perso tutta
l'autonomia conquistata con fatica negli anni».
In che modo avete operato?
«Abbiamo
fatto una denuncia pubblica su un giornale locale, esprimendo la posizione
della nostra Comunità, ma soprattutto facendo parlare direttamente Monica.
Abbiamo utilizzato questo strumento perché non avevamo contatti diretti con
l'azienda e il consiglio di fabbrica, per cui tramite il giornale volevamo
raggiungere il maggior numero possibile di persone».
Quali sono stati gli effetti di questo intervento?
«Il problema
è stato posto subito al centro dell’attenzione del sindacato, che il giorno
successivo rispondeva, sempre tramite il giornale, di non saperne nulla (il
nome di Monica era compresa in una lista di 94 persone e la sua particolare
situazione non era stata segnalata né dall'azienda né dal consiglio di
fabbrica) e si impegnava pubblicamente ad intervenire subito. Dopo pochi
giorni Monica, ha potuto riprendere il lavoro».
Dopo queste vicende non si è verificato
nell'ambiente di lavoro un rifiuto nei confronti di Monica?
«Anche noi
temevamo che ci fosse un impatto negativo al suo rientro in fabbrica. Invece
lei è molto felice di come è stata accolta sia dai colleghi che dai
responsabili dell'azienda».
«Vale la pena
di riportare una vicenda come questa, perché indica una strada da seguire. AI
volontariato perché non si limiti a gestire servizi ma si faccia promotore di
giustizia divenendo "voce di chi non ha voce". Al sindacato perché
nell'ambiente di lavoro tuteli veramente í più deboli, coloro che non sanno
difendersi da soli. Alle persone handicappate perché non accettino il ruolo di
assistiti ma sappiano faticare per ottenere quegli spazi di partecipazione
alla vita sociale di cui hanno diritto».
ALLOGGI PER PARTICOLARI
CATEGORIE SOCIALI
Il primo comma dell'art. 4 della legge 17 febbraio
1992 n. 179 "Norme per l'edilizia residenziale pubblica"
(Supplemento ordinario della Gazzetta Ufficiale n. 50 del 29 febbraio 1992)
stabilisce quanto segue: «Le Regioni, nell'ambito
delle disponibilità loro attribuite, possono riservare una quota non superiore
al 15 per cento dei fondi di edilizia agevolata e sovvenzionata per la
realizzazione di interventi da destinare alla soluzione di problemi abitativi
di particolari categorie sociali individuate, di volta in volta, dalle regioni
stesse. Per tali interventi i requisiti soggettivi ed oggettivi sono stabiliti
dalle regioni, anche in deroga a quelli previsti dalla legge 5 agosto 1978, n.
457, e successive modificazioni».
Pertanto, le Regioni possono definire i criteri per
la costruzione di appartamenti da destinare a comunità alloggio per minori,
handicappati adulti, anziani, malati psichiatrici e altri soggetti. Ovviamente
dette comunità alloggio, di 6-8 posti al massimo, dovrebbero essere inserite in
modo sparso in modo da evitare concentrazioni ghettizzanti.
"ADOTTARE OGGI":
UN CONVEGNO NAZIONALE
Il 19-20-21 giugno si è tenuto a Castel Ivano (Ivano
Fracena - Trento) un convegno nazionale sul tema "Adottare oggi" promosso
dal Ministero di grazia e giustizia, dalla Provincia Autonoma di Trento, dal
Consiglio nazionale delle ricerche, dal Centro nazionale di prevenzione e
difesa sociale, dal Centro culturale "Castel Ivano incontri" e
dall'Associazione nazionale famiglie adottive e affidatarie.
Nel corso dei lavori del Convegno si è sviluppato un
confronto, sereno e costruttivo, su quale debba essere la giusta
interpretazione del concetto "preminenza dei diritti dei minori",
sul ruolo della famiglia e della comunità civile tutta e sulla funzione
dell'adozione coerentemente ai principi ed ai fini della nuova cultura del
minore.
I lavori sono stati aperti venerdì pomeriggio, 19
giugno, dal Vice-Capo Gabinetto del Ministero di grazia e giustizia, Giuseppe
La Greca. Sul tema "I valori della famiglia e dell'adozione" sono
quindi intervenuti Mons. Franco Costa, responsabile dell'Ufficio Famiglia
della CEI e Adolfo Beria d'Argentine, Segretario generale del Centro nazionale
di prevenzione e difesa sociale. I contenuti di fondo dell'adozione dei minori
italiani e stranieri sono stati approfonditi da Alfredo Carlo Moro,
Consigliere di Cassazione. Alda Vanoni, presidente dell'Associazione famiglie
per l'accoglienza, ha coordinato sabato 20 giugno una tavola rotonda in cui alcuni
genitori e un figlio adottivo hanno presentato le loro esperienze; una
approfondita ricerca sulle adozioni di minori stranieri, a distanza di alcuni
anni dal loro inserimento familiare, è stata illustrata dalla professoressa
Anna Maria Dell'Antonio, Ordinario di psicodinamica delle relazioni familiari
all'Università La Sapienza di Roma. Questa seconda sessione del Convegno è
stata coordinata dal Giudice Giulia De Marco, rappresentante
dell'Associazione dei giudici per i minorenni.
I lavori del pomeriggio sono stati introdotti da
Massimo Dogliotti, Magistrato della Sezione Famiglia del Tribunale di Genova.
Le nuove frontiere dell'adozione in Italia sono state
illustrate da Anna Maria Caruso, Sostituto procuratore generale di Milano e
dallo psicologo Guido Cattabeni.
Sul ruolo degli operatori sociali nel procedimento
di adozione sono intervenute Donatella Guidi, Psicologa e Giudice onorario e
Gabriella Bortolotti, Assistente sociale, evidenziando la necessità di un
maggiore impegno degli Enti locali nel settore.
I problemi posti dall'inserimento nella scuola dei
bambini adottati sono stati affrontati da Marisa Pavone, Direttrice didattica,
coautrice del volume "Siamo tutti figli adottivi".
Il convegno si è concluso domenica 21 giugno, con
una tavola rotonda sulle prospettive future dell'adozione in Italia e in
Europa, presieduta da Giorgio Pallavicini, Presidente dell'ANFAA; hanno
partecipato il dottor Carlo Trevisan, del Ministero dell'interno, il Cons.
Federico Palomba, Responsabile dell'ufficio per i minorenni del Ministero di
grazia e giustizia, la dottoressa Ruperto del Ministero degli Esteri e
Gabriella Merguici a nome del Coordinamento per la difesa e la piena
attuazione della legge 183/1983, cui aderiscono 35 associazioni e gruppi di
volontariato operanti nel settore minorile.
Nella tavola rotonda sono stati presentati gli interventi
assunti dai diversi Ministeri in materia e sono stati focalizzati i punti
nodali su cui si articoleranno gli interventi futuri del Governo per una più
adeguata tutela dei minori italiani e stranieri in situazione di abbandono
materiale e morale.
Tutti gli intervenuti hanno concordato sulla
sostanziale validità della legge sull'adozione, anche se è stata evidenziata la
necessità di un rinnovato impegno delle istituzioni - Regioni ed Enti locali,
Magistratura minorile, ecc. - per concretizzare il diritto di ogni minore a
vivere in famiglia.
Gli atti verranno pubblicati dal Centro nazionale di
prevenzione e difesa sociale, Piazza Castello 3, 20121 Milano.
www.fondazionepromozionesociale.it