Prospettive assistenziali, n. 99, luglio-settembre 1992

 

 

Notizie

 

 

QUANDO IL VOLONTARIATO PROMUOVE LA GIUSTIZIA

 

Da anni siamo impegnati nella promozione dei volontariato diretto ad ottenere il riconoscimento dei diritti e la loro attuazione.

Al riguardo riportiamo integralmente l'articolo "Licenziata e riassunta in dieci giorni" di Alessio Zamboni, pubblicato su Sempre (rivista della Comunità Papa Giovanni XXIII di Rimini), aprile '92.

 

Testo dell'articolo

«"Monica, sordomuta e licenziata", titola un articolo del "Giornale di Vicenza" in data 27 febbraio, aggiungendo nel sottotitolo: "Senza lavoro la vita finisce" e ancora: "L'handicappato è lavo­ratore solo al momento di mandarlo via". Sembra la riedizione di un copione già noto. Una denuncia che va fatta, ma che tutti sanno essere senza speranza. Invece tre giorni dopo, domenica 1 marzo, lo stesso giornale pubblica un nuovo arti­colo con un titolo che non lascia dubbi circa l'esi­to delle vicende: "Sordomuta licenziata riassunta dalla ditta già da domattina". Cos'è successo in quei tre giorni? Lo chiediamo a Mario Catagini, responsabile per la zona di Vicenza della Comu­nità Papa Giovanni XXIII che con il suo intervento ha permesso la reintegrazione di Monica nel pro­prio posto di lavoro».

 

Chi è Monica e come l'avete conosciuta?

«Monica è nata nel 1963 a Treviso. È stata ab­bandonata dai genitori al momento della nascita ed ha vissuto in istituto fino a 18 anni. Nel 1981, con l'arrivo della maggiore età, le suore dell'isti­tuto chiesero alla Comunità Papa Giovanni XXIII di accogliere Monica in una propria struttura. Venne quindi accolta nella Casa Famiglia di Vi­cenza, dove è rimasta fino al 1985».

 

Come è avvenuta la conquista della propria autonomia?

«Durante la permanenza nella casa famiglia, strutturata come una normale famiglia, Monica ha progressivamente imparato come si gestisce una casa. Il lavoro in fabbrica, compatibile con il pro­prio handicap (è sordomuta e ha alcune difficoltà motorie), è stato lo strumento che le ha consentito di raggiungere una propria autonomia economica e relazionale. Tutto questo le ha permesso, dopo alcuni anni, di poter andare ad abitare per conto proprio in un piccolo appartamento».

 

Perché siete intervenuti quando è avvenuto il licenziamento?

«La casa famiglia è rimasta per Monica una se­conda famiglia, sulla quale poter contare nei mo­menti di difficoltà. Quando Monica ha appreso del licenziamento era disperata, e non solo per l'aspetto economico. "Cosa faccio io tutto il gior­no in casa?'; si chiedeva. La Comunità è interve­nuta perché la perdita del lavoro l'avrebbe co­stretta a diventare un'assistita, avrebbe perso tut­ta l'autonomia conquistata con fatica negli anni».

 

In che modo avete operato?

«Abbiamo fatto una denuncia pubblica su un giornale locale, esprimendo la posizione della nostra Comunità, ma soprattutto facendo parlare direttamente Monica. Abbiamo utilizzato questo strumento perché non avevamo contatti diretti con l'azienda e il consiglio di fabbrica, per cui tramite il giornale volevamo raggiungere il mag­gior numero possibile di persone».

 

Quali sono stati gli effetti di questo inter­vento?

«Il problema è stato posto subito al centro dell’attenzione del sindacato, che il giorno successi­vo rispondeva, sempre tramite il giornale, di non saperne nulla (il nome di Monica era compresa in una lista di 94 persone e la sua particolare situa­zione non era stata segnalata né dall'azienda né dal consiglio di fabbrica) e si impegnava pubbli­camente ad intervenire subito. Dopo pochi giorni Monica, ha potuto riprendere il lavoro».

 

Dopo queste vicende non si è verificato nell'ambiente di lavoro un rifiuto nei confronti di Monica?

«Anche noi temevamo che ci fosse un impatto negativo al suo rientro in fabbrica. Invece lei è molto felice di come è stata accolta sia dai colle­ghi che dai responsabili dell'azienda».

«Vale la pena di riportare una vicenda come questa, perché indica una strada da seguire. AI volontariato perché non si limiti a gestire servizi ma si faccia promotore di giustizia divenendo "voce di chi non ha voce". Al sindacato perché nell'ambiente di lavoro tuteli veramente í più de­boli, coloro che non sanno difendersi da soli. Alle persone handicappate perché non accettino il ruolo di assistiti ma sappiano faticare per ottene­re quegli spazi di partecipazione alla vita sociale di cui hanno diritto».

 

 

ALLOGGI PER PARTICOLARI CATEGORIE SOCIALI

Il primo comma dell'art. 4 della legge 17 feb­braio 1992 n. 179 "Norme per l'edilizia residen­ziale pubblica" (Supplemento ordinario della Gazzetta Ufficiale n. 50 del 29 febbraio 1992) stabilisce quanto segue: «Le Regioni, nell'ambi­to delle disponibilità loro attribuite, possono ri­servare una quota non superiore al 15 per cento dei fondi di edilizia agevolata e sovvenzionata per la realizzazione di interventi da destinare alla soluzione di problemi abitativi di particolari cate­gorie sociali individuate, di volta in volta, dalle re­gioni stesse. Per tali interventi i requisiti soggetti­vi ed oggettivi sono stabiliti dalle regioni, anche in deroga a quelli previsti dalla legge 5 agosto 1978, n. 457, e successive modificazioni».

Pertanto, le Regioni possono definire i criteri per la costruzione di appartamenti da destinare a comunità alloggio per minori, handicappati adulti, anziani, malati psichiatrici e altri soggetti. Ovviamente dette comunità alloggio, di 6-8 posti al massimo, dovrebbero essere inserite in modo sparso in modo da evitare concentrazioni ghet­tizzanti.

 

 

"ADOTTARE OGGI": UN CONVEGNO NAZIONALE

 

Il 19-20-21 giugno si è tenuto a Castel Ivano (Ivano Fracena - Trento) un convegno nazionale sul tema "Adottare oggi" promosso dal Ministero di grazia e giustizia, dalla Provincia Autonoma di Trento, dal Consiglio nazionale delle ricerche, dal Centro nazionale di prevenzione e difesa so­ciale, dal Centro culturale "Castel Ivano incontri" e dall'Associazione nazionale famiglie adottive e affidatarie.

Nel corso dei lavori del Convegno si è svilup­pato un confronto, sereno e costruttivo, su quale debba essere la giusta interpretazione del con­cetto "preminenza dei diritti dei minori", sul ruo­lo della famiglia e della comunità civile tutta e sulla funzione dell'adozione coerentemente ai principi ed ai fini della nuova cultura del minore.

I lavori sono stati aperti venerdì pomeriggio, 19 giugno, dal Vice-Capo Gabinetto del Ministe­ro di grazia e giustizia, Giuseppe La Greca. Sul tema "I valori della famiglia e dell'adozione" so­no quindi intervenuti Mons. Franco Costa, re­sponsabile dell'Ufficio Famiglia della CEI e Adol­fo Beria d'Argentine, Segretario generale del Centro nazionale di prevenzione e difesa socia­le. I contenuti di fondo dell'adozione dei minori italiani e stranieri sono stati approfonditi da Al­fredo Carlo Moro, Consigliere di Cassazione. Alda Vanoni, presidente dell'Associazione fa­miglie per l'accoglienza, ha coordinato sabato 20 giugno una tavola rotonda in cui alcuni geni­tori e un figlio adottivo hanno presentato le loro esperienze; una approfondita ricerca sulle ado­zioni di minori stranieri, a distanza di alcuni anni dal loro inserimento familiare, è stata illustrata dalla professoressa Anna Maria Dell'Antonio, Ordinario di psicodinamica delle relazioni fami­liari all'Università La Sapienza di Roma. Questa seconda sessione del Convegno è stata coordi­nata dal Giudice Giulia De Marco, rappresentan­te dell'Associazione dei giudici per i minorenni.

I lavori del pomeriggio sono stati introdotti da Massimo Dogliotti, Magistrato della Sezione Fa­miglia del Tribunale di Genova.

Le nuove frontiere dell'adozione in Italia sono state illustrate da Anna Maria Caruso, Sostituto procuratore generale di Milano e dallo psicolo­go Guido Cattabeni.

Sul ruolo degli operatori sociali nel procedi­mento di adozione sono intervenute Donatella Guidi, Psicologa e Giudice onorario e Gabriella Bortolotti, Assistente sociale, evidenziando la necessità di un maggiore impegno degli Enti lo­cali nel settore.

I problemi posti dall'inserimento nella scuola dei bambini adottati sono stati affrontati da Mari­sa Pavone, Direttrice didattica, coautrice del vo­lume "Siamo tutti figli adottivi".

Il convegno si è concluso domenica 21 giu­gno, con una tavola rotonda sulle prospettive fu­ture dell'adozione in Italia e in Europa, presiedu­ta da Giorgio Pallavicini, Presidente dell'ANFAA; hanno partecipato il dottor Carlo Trevisan, del Ministero dell'interno, il Cons. Federico Palom­ba, Responsabile dell'ufficio per i minorenni del Ministero di grazia e giustizia, la dottoressa Ru­perto del Ministero degli Esteri e Gabriella Mer­guici a nome del Coordinamento per la difesa e la piena attuazione della legge 183/1983, cui aderiscono 35 associazioni e gruppi di volonta­riato operanti nel settore minorile.

Nella tavola rotonda sono stati presentati gli in­terventi assunti dai diversi Ministeri in materia e sono stati focalizzati i punti nodali su cui si artico­leranno gli interventi futuri del Governo per una più adeguata tutela dei minori italiani e stranieri in situazione di abbandono materiale e morale.

Tutti gli intervenuti hanno concordato sulla sostanziale validità della legge sull'adozione, anche se è stata evidenziata la necessità di un rinnovato impegno delle istituzioni - Regioni ed Enti locali, Magistratura minorile, ecc. - per concretizzare il diritto di ogni minore a vivere in famiglia.

Gli atti verranno pubblicati dal Centro nazio­nale di prevenzione e difesa sociale, Piazza Ca­stello 3, 20121 Milano.

 

 

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