SCONCERTANTE LEGGE DELLA REGIONE VENETO SUGLI ANZIANI NON AUTOSUFFICIENTI SOSTENUTA DALLA CISL
Il bollettino ufficiale della Regione Veneto del 10
settembre 1991 n. 81 riporta il testo della legge regionale 6 settembre 1991
n. 28 "Provvidenze a favore delle persone non autosufficienti assistite
a domicilio e norme attuative delle residenze sanitarie assistenziali".
Occorre subito precisare che si tratta di una legge
truffaldina in quanto omette scientemente la causa vera della non
autosufficienza e cioè la presenza o gli esiti di una malattia, anzi, per lo
più, di una molteplicità di patologie.
È una norma che, in sostanza, nega il diritto alle
cure sanitarie agli anziani cronici non autosufficienti nelle forme previste
dalle leggi vigenti per tutti i cittadini malati, siano essi colpiti da forme
acute o croniche.
Le disposizioni della Regione Veneto, inoltre,
consentono e favoriscono le gravissime violazioni delle esigenze e dei diritti
dei vecchi malati segnalate nell'articolo "Il Fatebenefratelli di Venezia
viola il diritto alla cura di una anziana cronica non autosufficiente: la
Magistratura non processa l'ente ma i familiari" (1) e costituiscono il
sostegno normativo alla eutanasia da abbandono (2).
Abbiamo affermato che la legge della Regione Veneto
n. 28/1991 è truffaldina. Infatti, nel testo mai si fa cenno al fatto che i
soggetti a cui si riferisce sono persone malate, anzi malate a tal punto che
ne conseguono non solo pessime condizioni di salute, ma addirittura la non autosufficienza
e cioè la presenza di limitazioni gravissime alla autonomia personale e
sociale (impossibilità di movimento, incapacità di alimentarsi da soli,
incontinenza urinarie e/o fecale).
In conseguenza della negazione della condizione di
malato, nella scheda di valutazione della non autosufficienza adottata dalla
Regione Veneto non ci sono indicazioni circa le patologie dei ricoverati e le
esigenze curative e riabilitative (3). Infatti in detta scheda sono previste
solo le seguenti voci:
a) Motricità:
cammina da solo; allettato (livello di dipendenza: basso, medio, alto); cammina
usando protesi, sostegno, carrozzina; carrozzina con l'aiuto di persona;
b) cura della
persona e della casa: in grado di provvedere alla propria alimentazione;
mangia da solo; si lava da solo; fa il bagno da solo; utilizza i servizi
igienici da solo; si veste da solo; in grado di accudire al governo della casa;
conserva autonomia fuori della abitazione;
c) condizioni
di salute: vede; sente; parla; continenza vescicale; continenza anale; se
porta catetere, livello prestazioni richieste; manifesta psiche integra;
fenomeni confusionali e deterioramento mentale (lieve, medio, grave); prestazioni
particolari per piaghe da decubito e/o neoplasie.
Conseguenze della negazione dello stato di malattia,
sono la non ammissione degli anziani malati cronici non autosufficienti
praticata abusivamente dai pronto soccorso, le dimissioni dagli ospedali di
persone anche con gravi patologie in atto, il ricovero dei vecchi malati in
strutture assistenziali quasi sempre del tutto inidonee, con personale privo
delle necessarie competenze mediche, infermieristiche e riabilitative e spesso
nemmeno in possesso delle autorizzazioni previste dalle leggi vigenti (4); la
messa a carico dei soggetti e dei loro familiari di gravosi oneri economici.
Ciò premesso è provocatoria l'affermazione dell'art.
1, punto 2, della legge in oggetto, in cui viene «fatto salvo il diritto alle
prestazioni sanitarie» e l'art. 2 nella parte dove si sostiene che i
destinatari della legge 28/1991 sono le persone che «non necessitano di
ricovero continuativo in strutture ospedaliere», quando la Regione Veneto e le
USSL impongono agli ospedali di dimettere gli anziani cronici non
autosufficienti.
Monetizzazione dell'esclusione dalle cure sanitarie
Da anni sosteniamo che la priorità degli interventi
riguardanti gli anziani cronici non autosufficienti deve essere riconosciuta
alle prestazioni sanitarie domiciliari.
Nella legge 28/1991, la Regione Veneto ignora questa
esigenza fondamentale e si limita a elargire un po' di denaro alle famiglie che
accolgono a casa loro anziani malati.
Che si tratti solamente di un misero contributo,
assolutamente insufficiente, risulta dall'art. 3, punto 2, in cui viene
precisato che «la misura del concorso
finanziario giornaliero non può in ogni caso superare l'ammontare
dell'indennità di accompagnamento, di cui alla legge 11 febbraio 1980, n. 18,
calcolato in trentesimi». In sostanza, il contributo massimo è di 20 mila
lire al giorno.
È una cifra irrisoria che non consente ai familiari
di coprire le spese relative agli interventi sanitari (medici,
medico-specialistici, infermieristici, riabilitativi non prestati dal medico
di base) e quelle concernenti gli esami di laboratorio non forniti a domicilio
dalle USL. Non permette, nemmeno, ai congiunti di pagare terze persone per un
aiuto di 3-4 ore al giorno. Al riguardo si pensi alle persone colpite dalla
malattia di Alzheimer e da altre forme di demenza, che richiedono non solo
cure, ma anche una sorveglianza di 24 ore su 24.
Pertanto, mentre in base alla Costituzione e alle
disposizioni vigenti le cure sanitarie, comprese quelle ospedaliere, devono
essere fornite dalle USL (5), con la legge 28/1991 della Regione Veneto si
pongono a carico degli interessati e dei loro congiunti le prestazioni curative
ed i relativi oneri economici.
La legge 28/1991 e le residenze sanitarie
assistenziali
Per quanto concerne le RSA, residenze sanitarie
assistenziali, conseguentemente alla scelta negatrice delle esigenze e dei
diritti degli anziani cronici non autosufficienti, la Regione Veneto non
riconosce in modo esplicito che si tratta di strutture sanitarie per persone
malate. Fra l'altro, segnaliamo che nelle disposizioni relative alle RSA non
si fa alcun richiamo all'art. 193 della legge 1265/1934 (cfr. la nota 4),
legge che stabilisce i criteri da rispettare per la concessione
dell'autorizzazione al funzionamento delle strutture sanitarie.
La relazione del Consigliere regionale Roberto Da
Dalt
Per chi avesse ancora dubbi sulla posizione della
Regione Veneto che non riconosce - contro lo stesso buon senso - che un
anziano malato cronico e non autosufficiente è un malato da curare, dovrebbe
leggere la relazione svolta dal Consigliere Roberto Da Dalt a nome della 5a
Commissione consiliare (6), in cui è precisato che la Commissione stessa non ha
preso in esame il progetto di legge n. 51 d'iniziativa dei Consiglieri
Gabanizza e altri "Tutela dei diritti sanitari dei cittadini che versano
in stato di cronicità o di non autosufficienza e riordino dei relativi
servizi", in quanto detto progetto «ha
un impianto prevalentemente sanitario».
Afferma, inoltre, il relatore che il testo varato
dalla Commissione «interviene
sostanzialmente e prevalentemente in un ambito sociale, dimensiona i suoi
interventi con riferimento in particolare ai bisogni sociali o al più
(sic!) ad interventi di rilievo
sanitario, da non confondere con quelli sanitari o anche socio-sanitari dove
prevale un'altra logica, appunto sanitaria».
In sostanza, la Regione Veneto non ha assunto come
riferimento di fondo le esigenze degli anziani cronici non autosufficienti, ma
aprioristicamente ha stabilito che l'anziano malato cronico non
autosufficiente non ha diritto alle cure sanitarie, ma «al più ad interventi di rilievo sanitario».
L'autogoal della CISL
Come ha dichiarato l'Assessore delta Regione Veneto
ai servizi sociali Antonio Bogoni (7), un sostegno non indifferente alla legge
28/1991 è stato fornito dalla proposta di legge regionale di iniziativa
popolare "Interventi a favore degli anziani" promossa dalla CISL,
presentata al Consiglio regionale in data 26 giugno 1990, il cui articolo 2
riporta questa sorprendente definizione: «Per
anziano non autosufficiente si intende l'anziano che, sulla base di
certificazione del medico di fiducia e del medico di base, rilasciata con le
modalità stabilite dall'Unità locale socio-sanitaria competente, non è in grado
di provvedere a se stesso in alcuna incombenza domestica o extra domestica».
È evidente che la definizione è truffaldina perché
nasconde l'aspetto più importante: la presenza di malattie quale causa della
incapacità di provvedere a se stesso. È una definizione "autogoal"
in quanto si ritorce contro gli anziani, e, in particolare, contro i pensionati
che hanno promosso l'iniziativa popolare. Di conseguenza - e il fatto è
estremamente allarmante per il sostegno dato da una potente organizzazione
sindacale come la CISL - nella proposta di legge di iniziativa popolare non
c'è una sola parola riguardante le prestazioni mediche, infermieristiche e
riabilitative da fornire a domicilio o in strutture residenziali agli anziani
colpiti da malattie croniche e da non autosufficienza.
(1) Cfr. Prospettive
assistenziali, n. 95, luglio-settembre 1991.
(2) Cfr. AA.VV., Eutanasia
da abbandono, Rosenberg & Sellier, Torino, 1988.
(3) Cfr. M. Scotellari e altri,
L'anziano istituzionalizzato: tipologia e valutazione a distanza degli ospiti
di una casa di riposo, Medicina geriatrica, marzo-aprile 1991.
(4) L'art. 193 della legge 1265/1934 recita: «Nessuno può aprire o
mantenere in esercizio ambulatori, gabinetti di analisi per il pubblico a scopo
di accertamento diagnostico, case o pensioni per gestanti senza speciale
autorizzazione del Prefetto il quale la concede dopo aver sentito il parere
della Regione.
«L'autorizzazione predetta è concessa
dopo che sia stata assicurata l'osservanza delle prescrizioni stabilite nella
legge di Pubblica sicurezza per l'apertura dei locali ove si dà alloggio per
mercede.
«Il contravventore alla presente
disposizione ed alle prescrizioni che il Prefetto ritenga di imporre
nell'autorizzazione è punito con l'arresto fino a due mesi o con l'ammenda da
lire un milione a due milioni».
(5) Cfr. Massimo Dogliotti, I
diritti dell'anziano, La Rivista Trimestrale di diritto e procedura civile,
settembre 1987, e l'editoriale di Sanitas
Domi, n. 2-3, settembre 1991.
(6) Seduta del 25 luglio 1991.
(7) Cfr. Informazioni sociali, agosto 1991,
p. 33.