Prospettive assistenziali, n. 99, luglio-settembre 1992

 

 

SCONCERTANTE LEGGE DELLA REGIONE VENETO SUGLI ANZIANI NON AUTOSUFFICIENTI SOSTENUTA DALLA CISL

 

 

Il bollettino ufficiale della Regione Veneto del 10 settembre 1991 n. 81 riporta il testo della leg­ge regionale 6 settembre 1991 n. 28 "Provvidenze a favore delle persone non autosufficienti as­sistite a domicilio e norme attuative delle residenze sanitarie assistenziali".

Occorre subito precisare che si tratta di una legge truffaldina in quanto omette scientemente la causa vera della non autosufficienza e cioè la presenza o gli esiti di una malattia, anzi, per lo più, di una molteplicità di patologie.

È una norma che, in sostanza, nega il diritto alle cure sanitarie agli anziani cronici non auto­sufficienti nelle forme previste dalle leggi vigenti per tutti i cittadini malati, siano essi colpiti da forme acute o croniche.

Le disposizioni della Regione Veneto, inoltre, consentono e favoriscono le gravissime viola­zioni delle esigenze e dei diritti dei vecchi malati segnalate nell'articolo "Il Fatebenefratelli di Ve­nezia viola il diritto alla cura di una anziana cro­nica non autosufficiente: la Magistratura non processa l'ente ma i familiari" (1) e costituisco­no il sostegno normativo alla eutanasia da ab­bandono (2).

Abbiamo affermato che la legge della Regione Veneto n. 28/1991 è truffaldina. Infatti, nel testo mai si fa cenno al fatto che i soggetti a cui si ri­ferisce sono persone malate, anzi malate a tal punto che ne conseguono non solo pessime condizioni di salute, ma addirittura la non auto­sufficienza e cioè la presenza di limitazioni gra­vissime alla autonomia personale e sociale (im­possibilità di movimento, incapacità di alimen­tarsi da soli, incontinenza urinarie e/o fecale).

In conseguenza della negazione della condi­zione di malato, nella scheda di valutazione della non autosufficienza adottata dalla Regione Veneto non ci sono indicazioni circa le patologie dei ricoverati e le esigenze curative e riabili­tative (3). Infatti in detta scheda sono previste solo le seguenti voci:

a) Motricità: cammina da solo; allettato (livello di dipendenza: basso, medio, alto); cammina usando protesi, sostegno, carrozzina; carrozzi­na con l'aiuto di persona;

b) cura della persona e della casa: in grado di provvedere alla propria alimentazione; mangia da solo; si lava da solo; fa il bagno da solo; uti­lizza i servizi igienici da solo; si veste da solo; in grado di accudire al governo della casa; con­serva autonomia fuori della abitazione;

c) condizioni di salute: vede; sente; parla; continenza vescicale; continenza anale; se por­ta catetere, livello prestazioni richieste; manife­sta psiche integra; fenomeni confusionali e de­terioramento mentale (lieve, medio, grave); pre­stazioni particolari per piaghe da decubito e/o neoplasie.

Conseguenze della negazione dello stato di malattia, sono la non ammissione degli anziani malati cronici non autosufficienti praticata abu­sivamente dai pronto soccorso, le dimissioni da­gli ospedali di persone anche con gravi patolo­gie in atto, il ricovero dei vecchi malati in struttu­re assistenziali quasi sempre del tutto inidonee, con personale privo delle necessarie competen­ze mediche, infermieristiche e riabilitative e spesso nemmeno in possesso delle autorizza­zioni previste dalle leggi vigenti (4); la messa a carico dei soggetti e dei loro familiari di gravosi oneri economici.

Ciò premesso è provocatoria l'affermazione dell'art. 1, punto 2, della legge in oggetto, in cui viene «fatto salvo il diritto alle prestazioni sanita­rie» e l'art. 2 nella parte dove si sostiene che i destinatari della legge 28/1991 sono le persone che «non necessitano di ricovero continuativo in strutture ospedaliere», quando la Regione Vene­to e le USSL impongono agli ospedali di dimet­tere gli anziani cronici non autosufficienti.

 

Monetizzazione dell'esclusione dalle cure sanitarie

Da anni sosteniamo che la priorità degli inter­venti riguardanti gli anziani cronici non autosuf­ficienti deve essere riconosciuta alle prestazioni sanitarie domiciliari.

Nella legge 28/1991, la Regione Veneto igno­ra questa esigenza fondamentale e si limita a elargire un po' di denaro alle famiglie che accol­gono a casa loro anziani malati.

Che si tratti solamente di un misero contribu­to, assolutamente insufficiente, risulta dall'art. 3, punto 2, in cui viene precisato che «la misura del concorso finanziario giornaliero non può in ogni caso superare l'ammontare dell'indennità di ac­compagnamento, di cui alla legge 11 febbraio 1980, n. 18, calcolato in trentesimi». In sostanza, il contributo massimo è di 20 mila lire al giorno.

È una cifra irrisoria che non consente ai fami­liari di coprire le spese relative agli interventi sa­nitari (medici, medico-specialistici, infermieristi­ci, riabilitativi non prestati dal medico di base) e quelle concernenti gli esami di laboratorio non forniti a domicilio dalle USL. Non permette, nem­meno, ai congiunti di pagare terze persone per un aiuto di 3-4 ore al giorno. Al riguardo si pensi alle persone colpite dalla malattia di Alzheimer e da altre forme di demenza, che richiedono non solo cure, ma anche una sorveglianza di 24 ore su 24.

Pertanto, mentre in base alla Costituzione e alle disposizioni vigenti le cure sanitarie, com­prese quelle ospedaliere, devono essere fornite dalle USL (5), con la legge 28/1991 della Regio­ne Veneto si pongono a carico degli interessati e dei loro congiunti le prestazioni curative ed i relativi oneri economici.

 

La legge 28/1991 e le residenze sanitarie assistenziali

Per quanto concerne le RSA, residenze sani­tarie assistenziali, conseguentemente alla scelta negatrice delle esigenze e dei diritti degli anziani cronici non autosufficienti, la Regione Veneto non riconosce in modo esplicito che si tratta di strutture sanitarie per persone malate. Fra l'al­tro, segnaliamo che nelle disposizioni relative alle RSA non si fa alcun richiamo all'art. 193 del­la legge 1265/1934 (cfr. la nota 4), legge che stabilisce i criteri da rispettare per la concessio­ne dell'autorizzazione al funzionamento delle strutture sanitarie.

 

La relazione del Consigliere regionale Roberto Da Dalt

Per chi avesse ancora dubbi sulla posizione della Regione Veneto che non riconosce - con­tro lo stesso buon senso - che un anziano ma­lato cronico e non autosufficiente è un malato da curare, dovrebbe leggere la relazione svolta dal Consigliere Roberto Da Dalt a nome della 5a Commissione consiliare (6), in cui è precisato che la Commissione stessa non ha preso in esame il progetto di legge n. 51 d'iniziativa dei Consiglieri Gabanizza e altri "Tutela dei diritti sanitari dei cittadini che versano in stato di cro­nicità o di non autosufficienza e riordino dei re­lativi servizi", in quanto detto progetto «ha un im­pianto prevalentemente sanitario».

Afferma, inoltre, il relatore che il testo varato dalla Commissione «interviene sostanzialmente e prevalentemente in un ambito sociale, dimen­siona i suoi interventi con riferimento in partico­lare ai bisogni sociali o al più (sic!) ad interventi di rilievo sanitario, da non confondere con quelli sanitari o anche socio-sanitari dove prevale un'altra logica, appunto sanitaria».

In sostanza, la Regione Veneto non ha assunto come riferimento di fondo le esigenze degli an­ziani cronici non autosufficienti, ma aprioristica­mente ha stabilito che l'anziano malato cronico non autosufficiente non ha diritto alle cure sani­tarie, ma «al più ad interventi di rilievo sanitario».

 

L'autogoal della CISL

Come ha dichiarato l'Assessore delta Regione Veneto ai servizi sociali Antonio Bogoni (7), un sostegno non indifferente alla legge 28/1991 è stato fornito dalla proposta di legge regionale di iniziativa popolare "Interventi a favore degli an­ziani" promossa dalla CISL, presentata al Consi­glio regionale in data 26 giugno 1990, il cui arti­colo 2 riporta questa sorprendente definizione: «Per anziano non autosufficiente si intende l'an­ziano che, sulla base di certificazione del medico di fiducia e del medico di base, rilasciata con le modalità stabilite dall'Unità locale socio-sanitaria competente, non è in grado di provvedere a se stesso in alcuna incombenza domestica o extra domestica».

È evidente che la definizione è truffaldina per­ché nasconde l'aspetto più importante: la pre­senza di malattie quale causa della incapacità di provvedere a se stesso. È una definizione "auto­goal" in quanto si ritorce contro gli anziani, e, in particolare, contro i pensionati che hanno pro­mosso l'iniziativa popolare. Di conseguenza - e il fatto è estremamente allarmante per il soste­gno dato da una potente organizzazione sinda­cale come la CISL - nella proposta di legge di iniziativa popolare non c'è una sola parola ri­guardante le prestazioni mediche, infermieristi­che e riabilitative da fornire a domicilio o in strutture residenziali agli anziani colpiti da ma­lattie croniche e da non autosufficienza.

 

 

(1) Cfr. Prospettive assistenziali, n. 95, luglio-settembre 1991.

(2) Cfr. AA.VV., Eutanasia da abbandono, Rosenberg & Sellier, Torino, 1988.

(3) Cfr. M. Scotellari e altri, L'anziano istituzionalizzato: tipologia e valutazione a distanza degli ospiti di una casa di riposo, Medicina geriatrica, marzo-aprile 1991.

 (4) L'art. 193 della legge 1265/1934 recita: «Nessuno può aprire o mantenere in esercizio ambulatori, gabinetti di analisi per il pubblico a scopo di accertamento diagnosti­co, case o pensioni per gestanti senza speciale autorizza­zione del Prefetto il quale la concede dopo aver sentito il parere della Regione.

«L'autorizzazione predetta è concessa dopo che sia sta­ta assicurata l'osservanza delle prescrizioni stabilite nella legge di Pubblica sicurezza per l'apertura dei locali ove si dà alloggio per mercede.

«Il contravventore alla presente disposizione ed alle pre­scrizioni che il Prefetto ritenga di imporre nell'autorizzazio­ne è punito con l'arresto fino a due mesi o con l'ammenda da lire un milione a due milioni».

 (5) Cfr. Massimo Dogliotti, I diritti dell'anziano, La Rivista Trimestrale di diritto e procedura civile, settembre 1987, e l'editoriale di Sanitas Domi, n. 2-3, settembre 1991.

(6) Seduta del 25 luglio 1991.

(7) Cfr. Informazioni sociali, agosto 1991, p. 33.

 

 

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