ASPETTI DELLA VITA SOCIALE DEGLI ANZIANI IN EUROPA: PROBLEMI E POSSIBILI SCENARI
ANDREA BARTOLI (*)
Il tema affidatomi è vasto e complesso. Vorrei quindi
affrontarlo provando a identificare alcune grandi tendenze del rapporto tra
anziani e generazioni in Europa, mettendo in evidenza, in modo particolare, la
condizione degli anziani dipendenti, cioè non autosufficienti (1). È, infatti,
a partire dalle condizioni estreme che possiamo raccogliere elementi chiari di
analisi (2).
In Europa le prospettive demografiche indicano dei
cambiamenti consistenti: cresce la quota di persone anziane (3). Alle volte si
prefigura uno scenario drammatico e molti, anche studiosi, pensano che i
vecchi siano veramente un problema. "Come si potrà integrarli?" ci si
chiede e la domanda nasconde una preoccupazione: "Come potremo
occuparcene?". Secondo quest'approccio gli anziani sono soprattutto una
difficoltà. La questione è vista con gli occhi degli attivi. Gli ambienti
produttivi sono in ansia per quelli che non producono. Così le domande centrali
della questione sembrano essere: "Quanto ci costa?" e "Cosa ci
guadagnamo?". È la previdenza che reagisce alla sfida difendendosi (4). È
il settore della sanità che si chiude allo stesso modo. È, in generale,
un'impostazione economicista che riduce la vita sociale e personale ai soli
aspetti economici.
Ponendosi però dal punto di vista degli anziani, le
stesse affermazioni sono percepite in altro modo. Innanzi tutto il
prolungamento della vita non è una minaccia, ma è una condizione personale
positiva. Oggi sono sempre più numerose le persone che possono dire: «A
settanta, ottanta anni sono ancora vivo! Non mi è accaduto di morire giovane
come i miei genitori, i nonni...». Gli anziani, in genere, non sono affatto
scontenti di vivere di più. La stragrande maggioranza è autonoma, vive a casa
sua, frequentemente svolge attività, lavorative e di vario tipo, non è per
nulla un peso o un problema. A volte si incontra un giusto orgoglio. È la
forza della propria età, dell'esperienza, della voglia di vivere e di contare
(5).
La prima osservazione che dobbiamo sottolineare è
quindi che c'è una percezione diversa della stessa situazione da parte degli
anziani rispetto al resto della popolazione. Assistiamo, infatti, ad una
divaricazione tra l'atteggiamento degli adulti, attivi, sani, integrati e
quello degli anziani. Da una parte si tende al catastrofismo, dall'altra si
cerca di presentare la terza età in termini positivi. Le posizioni a volte
s'incontrano, a volte si scontrano, a volte danno dei risultati imprevisti.
Proviamo a delineare alcuni possibili scenari.
Alleanza tra forze ostili
Il primo potremmo definirlo come lo "scenario
dell'alleanza". Può infatti accadere che qualcuno parli di "alleanza
tra generazioni". Si cerca di presentare l'anziano come risorsa, come
potenzialità da utilizzare ancora e si propone un accordo con la parte attiva
della società. Lo slogan ha avuto molto successo in Germania, ed anche in
Italia ci sono segnali in questo senso. Si pensi ad Auser, alle esperienze di
mutuo aiuto, alle attività di utilità sociale. Gli anziani, secondo questa
impostazione, devono essere produttivi ancora; sono una risorsa che non va
abbandonata, ma piuttosto valorizzata. Questa ipotesi ha dei vantaggi: non
costringe le persone alla inattività, non pesa sull'assistenza, non identifica
gli anziani in ruoli negativi. Dalla parte degli anziani questo tipo di
soluzioni può essere bene accolto perché presenta un riconoscimento delle loro
effettive potenzialità.
È indiscutibile che queste soluzioni debbano essere
tentate soprattutto favorendo la possibilità di lavorare comunque anche in
tarda età, ma non bisogna negare un risvolto a suo modo conturbante: l'alleanza
può essere fatta solo con gli anziani attivi. Il corollario dell'accordo non
scritto suona più o meno: «Andiamo avanti insieme, noi ci preoccupiamo di voi,
vi valorizziamo, vi facciamo spazio, ma mi raccomando non vi ammalate, non
diventate dipendenti, non vi isolate». Le condizioni dell'accordo prevedono la
buona salute, l'autonomia, qualche risorsa culturale e finanziaria. È un
accordo d'interessi e non di diritti (6). Per questa strada si può giungere
facilmente non ad una alleanza reale, che per essere tale ha bisogno di non
essere condizionata, ma ad un armistizio tra forze ostili. In effetti proprio
la duplicità degli atteggiamenti che abbiamo provato a descrivere fa pensare ad
una sorta di "alleanza tra forze ostili" dove il reciproco vantaggio
deriva dalla non belligeranza attiva.
Rottura della solidarietà
Un secondo tipo di scenario si determina quando una
parte dello schieramento "anziani" aumenta le sue richieste. Accade,
e questo è terreno di dibattito tra gli esperti, che gli anziani, almeno alcuni
tra loro, si ammalino di più degli altri, consumino più farmaci, siano più
lenti a guarire (7). Accade che abbiano bisogno dì una pensione e non possano
continuare a produrre. Accade che abbiano bisogno di alcune cure specifiche, di
verifiche continue, che diventino più dipendenti (8).
Questa quota di anziani dipendenti sta aumentando o
no? Gli epidemiologi stanno discutendo e un recente contributo dell'OMS ne
riassume così il dibattito: «La
sopravvivenza di persone che sarebbero altrimenti morte può far crescere il
numero degli anziani ammalati cronici, ma, d'altra parte, i miglioramenti
fondamentali nel campo della salute che contribuiscono alla crescita della
sopravvivenza, possono anche portare ad una riduzione della morbosità e della disabilità»
(9). Ciò vuol dire che posizioni pregiudizialmente negative sono quanto
meno scientificamente dubbie.
Le nuove generazioni di anziani più colte, più
ricche, più capaci di autonomia probabilmente confermeranno questa tendenza non
negativa. Lo stesso Antonini rileva che la percentuale di vecchi, definendo così
le persone con una speranza di vita media di dieci anni, si mantiene costante
negli ultimi cento anni, stimabile fra il 5 e il 6% della popolazione (10).
Ciò che interessa, però, in questo momento è cogliere
gli atteggiamenti che si stanno determinando in Europa. Credo allora che si
debba purtroppo parlare di negativismo: «Gli anziani sono un problema e la
categoria deve essere affrontata come tale». In più si pensa che il problema
stia aumentando a dismisura, ed i tentativi di alleanza tra le generazioni
vengono meno con il modificarsi delle condizioni.
D'altra parte gli anziani attivi si ribellano a
questa impostazione che percepiscono come penalizzante. Il ragionamento che si
afferma tra loro è: «Per colpa di quelli che stanno male gli attivi non danno
ascolto anche a noi che stiamo bene. Noi siamo costretti a subire il peso dei
problemi degli altri. Se ci sono questi problemi, io non li ho, noi non li
abbiamo, quindi dobbiamo distinguere i nostri destini». Questo scenario potremmo
definirlo quindi come "la rottura della solidarietà". È più che
evidente che la condizione di maggior svantaggio dei più deboli viene acuita
dall'atteggiamento degli attivi, siano questi giovani, adulti o anziani.
Quando si rompono i legami di solidarietà sociale e si crede che il benessere
del tutto sia legato all'abbandono della parte poco importa che a dir questo
sia un giovane o un anziano. Per questa via, s'afferma solo la rottura del
tessuto sociale. In termini di vita personale, questo vuol dire vivere meno e
vivere peggio.
Anche in questo scenario viene meno un senso pieno
del diritto soggettivo alle cure, alle garanzie vitali, alla sicurezza per la
propria persona. II diritto si trasforma in una possibilità concessa dai sani
ai sani, dai forti a chi può meritarla e mantenerla. Questo scenario determina
una corsa verso una impossibile perenne indipendenza.
Solidarietà attiva
Il terzo tipo di scenario è quello della "solidarietà
attiva". Una quota di persone attive, giovani, adulti e anziani si
mobilitano per sostenere il maggior bisogno di una parte della compagine
sociale (11). In questo caso l'alleanza è destinata a durare perché non nega
il problema, anzi ne fa un fondamento del patto. Si lavora per ridurre la
dipendenza, ma se questa sopraggiunge non c'è minaccia d'abbandono. Si combatte
la malattia, ma se questa si presenta viene curata, non negata. Se si
presentano delle esigenze di rapporto sociale, queste vengono accolte e non
respinte.
Questo scenario che potremmo definire anche
"sistemico-comunicativo" presuppone che gli elementi del tutto
parlino tra loro. Gli anziani, anche i più malati, vengono quindi ascoltati come
interlocutori credibili (12).
I problemi non sono affrontati nella prospettiva di
una soluzione dall'alto, subita dall'elemento più debole anche suo malgrado.
Si pensi ai ricoveri in istituto ancora oggi fatti a volte "per il bene
dell'anziano", ma contro la sua volontà che determinano bruschi
innalzamenti dei livelli di mortalità (13). Si cerca di operare piuttosto attraverso
una esplicita accoglienza delle esigenze e dei diritti della persona.
Ed eccoci quindi giunti al vero fulcro del tema: le
esigenze ed i diritti della persona. Il primo scenario sembra positivo, ma è
estremamente pericoloso. Non ha senso infatti ricontrattare una alleanza tra
soggetti e categorie che non hanno uguali rapporti di forza. Inevitabilmente
gli uni, più forti, prevarranno sugli altri.
Non bisogna dimenticare i valori fondamentali della
persona sanciti dal diritto e dalle dichiarazioni universali. II riferimento
non è privo di significato. A ciascun uomo è dovuto, da tutti, per diritto, il
rispetto del proprio corpo. E ciò ha, nel caso degli anziani, soprattutto di
quelli dipendenti, un senso decisivo. La cura della persona non è dovuta in quanto
attivo, in quanto capace di esprimere positivamente il suo ruolo nella società
dei produttori. II diritto di vivere, di mangiare, di bere, di essere vestito,
di essere accolto con il proprio sesso, la propria cultura, la propria
particolare individualità, è un diritto da garantire a tutti, in ogni modo,
non è e non può essere il frutto di una falsa alleanza ricontrattata in tarda
età (14).
D'altra parte anche il terzo scenario può avere delle
controindicazioni. Se il movimento di sostegno che unisce settori forti a
quelli deboli non si esplicita in una definizione giuridica vincolante per
tutti, rischia d'aver vita breve e di trasformarsi nel suo contrario. Vita
breve perché come ricorda Ignatieff: «Guai
a chi affida la propria alimentazione e la propria protezione all'astratta
umanità di un altro! Guai a chi non ha alle spalle uno Stato, una famiglia, una
comunità, dei vicini, che facciano valere il suo appello a soddisfare un suo
bisogno!» (15).
È necessario che la difesa delle persone in difficoltà
non sia confinata nel caso singolo, ma che sappia trasformare la singolarità in
emblematicità.
Si tratta cioè di identificare una esigenza ed un
diritto, esplicitare i momenti in cui viene negato, pretenderne la definizione
e richiederne l'attuazione. .
Questa sembra la strada che possa realizzare, in
modo effettivo, il terzo scenario che, pur essendo indiscutibilmente migliore e
propugnato a parole da molti, fatica ad affermarsi.
Nella realtà gli atteggiamenti che definivo di
"alleanza tra forze ostili" e di "rottura della solidarietà"
sono attualmente vincenti.
Il diritto alle cure sanitarie e la vicenda del
Fatebenefratelli di Venezia
Il caso più evidente lo si ha quando si affronta il
tema degli anziani non autosufficienti. Si tratta di persone malate che il
sistema sanitario, non isolatamente ma con molta evidenza in Italia, abbandona
a se stesse prive delle cure cui pure avrebbero diritto.
La legislazione nel nostro paese prevede che le cure
siano prestate senza limiti di durata (16), che i posti letto ospedalieri
debbano essere programmati tenendo conto delle esigenze di acuti, cronici,
convalescenti e lungodegenti (17), che il ricovero sia fatto in base al
principio della obbligatorietà nel caso in cui ne sia accertata la necessità
(18). Eppure accade frequentemente che gli anziani siano discriminati. In
quanto anziani, sono meno malati degli altri, o meglio sono dei malati con
meno diritti.
È quanto ad esempio è accaduto proprio qui a Venezia
dove una anziana donna ricoverata in difficili condizioni di salute è stata
dimessa suo malgrado dall'ospedale San Raffaele Arcangelo dell'Ordine
Fatebenefratelli. Cito il caso perché sta divenendo clamoroso soprattutto dopo
la denuncia penale presentata dall'Ospedale contro i familiari accusati di
abbandono.
È chiaro il contenuto emblematico dell'episodio. Da
una parte un'anziana malata e la sua famiglia che pretendono cure gratuite
secondo la legge. Dall'altra un ospedale che vuole utilizzare le sue strutture
secondo criteri di razionalità ed efficienza. Cosa è prioritario? Il diritto
soggettivo perfetto o l'interesse della struttura? Non bisogna lasciarsi
impressionare dall'importanza degli interlocutori.
Conclusioni
Il fondamento di una effettiva alleanza, non
occasionale, non capestro, è il diritto. Il diritto alle cure ne è una
componente essenziale. Questo diritto va riaffermato anche tenendo presente che
il non prestare cure adeguate sta diventando frequente anche per altre
categorie di persone: si pensi ai malati terminali, soprattutto oncologici, si
pensi ai giovani colpiti da AIDS.
Come ricordavo precedentemente va invece riaffermato
il diritto di ciascuno per garantire la tutela di tutti. Nessuno creda
d'ottenere dal buon cuore degli altri quello che per legge non si vuole
concedere. Molto di quel che è dovuto è un diritto, non una concessione. Essere
curati quando si è malati, almeno nel nostro paese. è ancora un diritto sancito
dalla Costituzione.
Insisto su questo punto perché ritengo che il
fondamento di una vera politica sociale per gli anziani in Europa alle soglie
del 2000 sia da ricercare nella difesa dei diritti dei cittadini, non solo
anziani, e nell'ascolto degli stessi anziani come interlocutori credibili (19).
Ciò dovrà realizzarsi non solo nel campo della salute, ma anche in quello
della sicurezza economica, della casa, del lavoro, in generale della vita
sociale.
(*) Relazione tenuta al convegno
europeo di Venezia del 14-16 ottobre 1991 "Le problematiche dell'anziano
alle soglie del 2000".
(1) Per una definizione di non
autosufficiente cfr. i documenti del Gruppo nazionale ISTISSS-CSPSS
pubblicati, in varie occasioni, su Prospettive assistenziali.
(2) Comunità di Sant'Egidio, L'età più lunga: anziani dall'abbandono alla solidarietà, Milano,
1991.
(3) Walker A. e
al., Les politiques sociales et économiques
et les personnes âgées, Premier rapport annuel de I'observatoire de la
Communauté Européenne, Bruxelles, 1991.
(4) Berghman J.
e al., Vieillissement de la population et
financement de la sécurité sociale, relazione al "Colloque Sur les
prestations de vieillesse et de la santé: leur impact sur le financement actuel
et futur de la sécurité sociale", organizzato dal Consiglio d'Europa a
Strasburgo il 18 ottobre 1991.
(5) Urbani e al., L'anziano
attivo, Torino, 1991.
(6) Bobbio N., in Eutanasia
d'abbandono, Torino, 1988.
(7) Commissione delle Comunità Europee, Atti del Colloquio
"L'économie de l'aide aux personnes âgées", Bruxelles, 24 marzo
1990.
(8) Nijkamp P. e al., Services
for the Elderly in Europe: a Cross-National Comparative Study, Bruxelles,
1990.
(9) OMS, Technical
Report Series 779, Ginevra, 1989.
(10) Antonini F.M., I
bisogni di salute dell'anziano, Atti del seminario della Fondazione Smith
Kline, Venezia 20 aprile 1991.
(11) Santanera F., Breda M.G., Per non morire d'abbandono, Torino, 1990.
(12) Weakland J.H., Herr J.J., L'anziano e la sua famiglia, Roma, 1986.
(13) Atti del Convegno "Prima intervenire a casa", Milano, 1991.
(14) Cfr. a questo proposito i numerosi articoli sull'argomento
apparsi su Prospettive assistenziali.
(15) Ignatieff M., I
bisogni degli altri, Bologna, 1986.
(16) Legge di riforma sanitaria del 23 dicembre 1978 n. 833.
(17) Legge del 12 febbraio 1968 n. 132.
(18) Ibidem.
(19) Atti del Convegno internazionale
organizzato dalla Commissione delle Comunità Europee, "Les citoyens européens âgés des années 1990",
Bruxelles, 17-18 settembre 1991.
www.fondazionepromozionesociale.it