Prospettive assistenziali, n. 100, ottobre-dicembre 1992

 

 

GLI ISTITUTI DI RICOVERO ASSISTENZIALE CONTRO IL PROGETTO OBIETTIVO "TUTELA DELLA SALUTE DEGLI ANZIANI"

 

 

Il progetto obiettivo “Tutela della salute degli anziani" (1) ha messo in gravissima crisi l'URIPA, Unione regionale istituzioni e iniziative pubbliche e private di assistenza agli anziani.

Prendere atto che un anziano malato cronico è un malato da curare deve essere stato un terribile choc per i dirigenti dell'URIPA. Infatti, il progetto obiettivo prevede che facciano parte integrante del Servizio sanitario nazionale i vari servizi per gli anziani malati cronici non autosufficienti, da quelli in atto (medicina di base, ambulatori, ospedali di giorno, nosocomi, ecc.) a quelli da istituire (UVG - Unità valutativa geriatrica, ospedalizzazione a domicilio, assistenza domiciliare integrata, RSA - Residenze sanitarie assistenziali).

Non viene soprattutto accettato dall'URIPA che il progetto obiettivo non affidi l'istituzione e il funzionamento delle RSA al settore dell'assistenza e beneficenza, ma attribuisca le suddette funzioni al comparto sanitario, che può provvedervi sia direttamente, sia tramite convenzioni con enti pubblici e privati.

Per contrastare l'attuazione del progetto obiettivo, l'URIPA ha organizzato il Convegno dal titolo significativo "RSA: non solo sanità", che si è svolto a Bassano del Grappa il 14 novembre 1992.

Nell'occasione è stato presentato il "Progetto di residenza assistenziale ad indirizzo sociale con l'integrazione del servizio sanitario nella Re­gione Veneto" preceduto da una relazione del geom. Roberto Volpe, Presidente dell'URIPA.

Nella suddetta relazione mai si fa cenno al fat­to che gli anziani malati cronici siano dei malati da curare. Si parla di "anziani non autosufficien­ti" e di "disabili", negando la caratterizzazione essenziale e cioè quella di persone colpite da malattie inguaribili e, nella maggior parte dei ca­si, da pluripatologie così gravi da determinare non solo pessime condizioni di salute, ma anche la dipendenza totale da altri soggetti.

"Ovviamente" R. Volpe non dice una parola sui diritti degli anziani cronici non autosufficien­ti, ma si affanna a vantare meriti ai dirigenti degli istituti di assistenza affermando che il loro inter­vento «ci è stato commissionato il giorno in cui abbiamo accettato di lavorare per chi è più debo­le di noi».

Ne deriva per i dirigenti dell'URIPA che «la di­scussione sulle RSA, quindi, è essenzialmente la salvaguardia delle positività acquisite nell'orga­nizzazione dei servizi, la taratura dell'esperienza, la correzione metodologica dell'approccio agli anziani alla luce degli aggiornamenti derivanti dalle fonti normative nazionali. La salvaguardia della positività è innanzitutto la valutazione che proprio in Veneto, e proprio nei servizi per anzia­ni non autosufficienti, si sono verificati i primi processi di integrazione autentica a livello territo­riale esteso e dotato quindi dei requisiti scientifici della certezza, delle fattibilità e della ripetitività di integrazione tra sociale e sanitario» (2).

In merito al ricovero di anziani cronici non au­tosufficienti presso istituti assistenziali, ricordia­mo che per poter accogliere persone malate le strutture, comprese le case di riposo e le resi­denze protette, devono aver preventivamente ot­tenuto l'autorizzazione a funzionare di cui all'art. 193 della legge 1265/1934 che recita: «Nessuno può aprire o mantenere in esercizio ambulatori, gabinetti di analisi per il pubblico a scopo di ac­certamento diagnostico, case o pensioni per ge­stanti senza speciale autorizzazione del Prefetto il quale la concede dopo aver sentito i! parere della Regione.

«L'autorizzazione predetta è concessa dopo che sia stata assicurata l'osservanza delle pre­scrizioni stabilite nella legge di Pubblica sicurez­za per l'apertura dei locali ove si dà alloggio per mercede.

«Il contravventore alla presente disposizione ed alle prescrizioni che il Prefetto ritenga di im­porre nell'autorizzazione è punito con l'arresto fi­no a due mesi o con l'ammenda da lire un milio­ne a due milioni».

L'URIPA intende riservare ai geriatri un ruolo secondario nelle RSA perché, secondo R. Volpe, essi non sono in grado di assumersi la respon­sabilità della gestione delle risorse umane e ma­teriali delle suddette strutture, gestione che, se­condo il Presidente dell'URIPA sarebbe addirit­tura «scienza esatta», al di fuori, quindi, della portata dell'intelligenza e delle capacità dei ge­riatri, ma perfettamente aderente alle abilità dei gestori degli istituti di assistenza: geometri, ra­gionieri, maestri elementari, laureati in economia e commercio, giurisprudenza e scienze politiche o, al limite, anche analfabeti. A questo proposito il geom. Volpe precisa: «Non vogliamo fare del geriatra o del medico di base un generico "coor­dinatore inutile e senza senso"; probabilmente non ne sarebbe capace, visto che la gestione delle risorse umane e materiali, che è scienza esatta, non fa parte del curriculum universitario di un medico. Vogliamo farne invece il regista ed il supervisore dell'approccio globale oltreché lo specialista dell'assestamento e degli interventi di diagnosi e cura. Se non così non è - aggiunge strumentalmente il Presidente dell'URIPA - ab­biamo sbagliato ad inventarci la Geriatria e la Gerontologia: un buon vecchio medico di fami­glia è più che in grado di governare da solo l'ap­proccio medico alle tematiche della non suffi­cienza, se solo ci prova onestamente».

 

Il Progetto dell'URIPA sulle RSA

Secondo il presidente dell'URIPA, le RSA do­vrebbero non solo avere «piena autonomia fun­zionale e operativa» senza che sia precisato se devono rispettare o meno standards quantitativi e qualitativi; inoltre, le loro dimensioni (10 - 100 - 1000 posti) «sono irrilevanti rispetto alla meto­dologia e funzionamento» per i seguenti incredi­bili motivi:

- «se infatti il ricovero è a carattere tempora­neo, adeguate misure organizzative e di soste­gno psicosociale possono ben compensare l'ef­fetto spersonalizzante della grande struttura»;

- «se invece il ricovero è a tempo indetermina­to, siamo comunque in presenza di soggetti scar­samente sensibili alle variabili ambientali (se la struttura fa bene il suo dovere, e non opera con ricoveri impropri) che, comunque, si possono ri­condurre ad una adeguata progettazione dei nu­clei abitativi e delle équipes professionali ope­ranti in ciascun nucleo».

Secondo il presidente dell'URIPA, la dimen­sione di 60/120 posti prevista dal decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri del 22 di­cembre 1989 è troppo piccola e «non consente economie di scala», affermazione diretta eviden­temente a conservare in funzione le megastrut­ture di 300-500 e più posti, strutture il cui baci­no di utenza è così ampio da non consentire rapporti interni fra i ricoverati ed i loro congiunti.

Per quanto riguarda l'ambito di competenza dell'UVG, l'URIPA propone addirittura che sia il Comune, che sarebbe «l'unità operativa dei ser­vizi sociali» dimenticando che moltissimi sono i Comuni italiani impossibilitati ad assicurare le necessarie prestazioni a causa della estrema li­mitatezza del numera degli abitanti e, quindi, delle risorse disponibili.

L'URIPA prevede, oltre alle normali RSA, tre ti­pi di strutture a carattere specialistico con riferi­mento alle seguenti aree:

- «prima osservazione e riabilitazione funzio­nale, preliminare al rientro a domicilio o alla defi­nitiva destinazione in altre RSA;

- «demenze di Alzheimer o, comunque, distur­bi non reversibili del comportamento tali da ren­dere impossibile la permanenza a domicilio, con riguardo alla situazione parentale e sociale, ed inadatta l'accoglienza in altra RSA non speciali­stica;

- «night-hospital, accoglienza diurna a caratte­re riabilitativo o sociale, accoglienze temporanee finalizzate a sollevare la famiglia di appartenenza dal carico assistenziale in particolari evenienze (ricoveri di parenti, vacanze, stati di stress, ecc.)».

Per quanto concerne la gestione delle RSA, secondo l'URIPA, essa dovrebbe essere autono­ma: «la RSA non è una appendice ospedaliera, e non osserva quindi rispetto all'ospedale alcun rapporto di dipendenza. La RSA non è una ap­pendice dei servizi sociali comunali e non è lega­ta da alcuna linea gerarchica alle strutture del Comune».

L'URIPA propone la RSA come «un nuovo ser­vizio che si colloca "all'incrocio dei pali" con pro­pria autonomia funzionale ed operativa» che do­vrebbe «ripetere la natura giuridica dell'ente che ne promuove la costituzione: Comune, USSL, IPAB, privato sociale e quant'altro, trattandosi di variabile del tutto indifferente rispetto ai moduli organizzativi, agli obiettivi, al funzionamento, ai controlli». Certamente è una variabile indipen­dente per le strutture, ma non per i diritti dei cit­tadini, diritti strettamente correlati ai settori am­ministrativi di intervento (3).

 

Nessun dibattito

Nel programma del convegno di Bassano del Grappa era previsto uno spazio per il dibattito. Ma l'URIPA non accetta che vengano espresse posizioni diverse dalle sue e quindi il dibattito è soppresso.

La chiusura dell'URIPA nei confronti di coloro che non la pensano come loro è totale: non solo non c'è spazio per il dibattito, ma la documenta­zione da noi messa a disposizione dei parteci­panti e posta esattamente dove gli organizzatori hanno indicato, "misteriosamente" sparisce do­po pochi minuti.

 

 

(1) Le parti principali del progetto obiettivo sono state ri­portate sul n. 97, gennaio-marzo 1992 di Prospettive assi­stenziali.

(2) In realtà il Veneto è stata una delle prime regioni a trasferire, violando le leggi vigenti, la competenza ad inter­venire nei confronti degli anziani cronici non autosufficienti dalla sanità all'assistenza. Si veda, in particolare, l'articolo "Il Fatebenefratelli di Venezia viola il diritto alla cura di una anziana cronica non autosufficiente: la Magistratura non processa l'ente ma i familiari", in Prospettive assistenziali, n. 95, luglio-settembre 1991.

(3) Circa le sostanziali differenze fra settore sanitario e settore assistenziale, si veda la tabella riportata nell'artico­lo "Le residenze sanitarie assistenziali: aspetti gestionali e strutturali", in Prospettive assistenziali, n. 95, luglio-settem­bre 1991.

 

 

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