Prospettive assistenziali, n. 100, ottobre-dicembre 1992

 

 

IL MANUALE DI INFORMAZIONE SULL'HANDICAP: UN TENTATIVO NON RIUSCITO DI RIEMPIRE UNA SCATOLA VUOTA

 

 

Con una eccezionale rapidità è uscito il "Manuale di informazione sull'handicap" di Antonio Guidi e Danilo Massi, edito dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimenti per l'informazione e l'editoria, e per gli affari sociali.

Nella presentazione, l'allora Ministro per gli affari sociali, Rosa Russo Jervolino, afferma che «la legge-quadro sull'handicap, superando il concetto di un assistenzialismo diffuso, rivolge attenzione ai diritti, alle reali esigenze ed alle aspettative delle persone in difficoltà, considera­te come soggetti attivi che si riappropriano a pieno titolo di tutti i diritti sanciti dalla Costituzione» (1).

Se comprendiamo che l'On. Jervolino sostenga la "sua" legge, anche se non dovrebbe di­menticare che nel provvedimento in oggetto vi sono più di 20 "possono" rivolti ai compiti delle Regioni e degli Enti locali, facoltà che certamen­te non dà alcuna concreta risposta alle esigenze delle persone con handicap, né sancisce diritti di sorta, è molto grave, a nostro avviso, che gli Autori del manuale, di cui uno, il Guidi, coordina il Dipartimento Handicap della CGIL, ed è responsabile, sempre per le questioni relative all'handicap, della Confederazione europea dei Sindacati, possano dichiarare che «con l'attua­zione della legge-quadro sull'handicap si avrà un'applicazione più efficace della Costituzione» (p. 34). Infatti, perché una legge possa essere messa in atto, è assolutamente necessario che essa contenga norme prescrittive e non tanti "possono".

E come si fa a dire a proposito della 104/92, che «il provvedimento, elaborato con una impostazione innovativa e in maniera organica e com­pleta, è diretto sia a prevenire e rimuovere situa­zioni invalidanti e sia a favorire la piena parteci­pazione sociale dei disabili attraverso idonei in­terventi assistenziali, il possibile miglioramento dell'autonomia personale e l'esercizio dei diritti civili» (p. 37)?

Come possano gli interventi assistenziali (e non quelli di riabilitazione, di inserimento scola­stico, abitativo, formativo, lavorativo e sociale in genere) assicurare l'esercizio dei diritti civili è, per noi, assolutamente incomprensibile.

Nel volume non ci sono solo affermazioni di­storte, ma anche assolutamente false, come quando si sostiene che «una prima novità è senz'altro costituita dall'istituzione del servizio di aiuto personale per chi non è autosufficiente» (p. 38), falsità che risulta evidente se si tiene conto che l'art. 9 della legge 104/92 stabilisce quanto segue: «Il servizio di aiuto personale, che può es­sere istituito dai Comuni o dalle Unità sanitarie locali nei limiti delle proprie ordinarie risorse di bilancio...».

Mendace è, altresì, l'osservazione degli Autori secondo cui «nei confronti delle persone con handicap grave sono previste comunità alloggio e centri socio-riabilitativi con oneri a carico dei Comuni» (p. 38).

Orbene, l'art. 10 della legge 104/92, purtrop­po, è così redatto: «I Comuni, anche consorziati tra loro o con le province, le loro unioni, le comu­nità montane e le Unità sanitarie locali, nell'ambi­to delle competenze in materia loro attribuite dalla legge 8 giugno 1990 n. 142, possono rea­lizzare con le proprie ordinarie risorse in bilancio (...) comunità alloggio e centri socio-riabilitativi per persone con handicap in situazione di gravi­tà» (2).

A proposito degli interventi di assistenza so­ciale, gli Autori si sono semplicemente dimenti­cati di segnalare l'adozione dei minori handi­cappati in situazione di abbandono materiale e morale da parte dei genitori e dei parenti tenuti a provvedervi (p. 47) (3).

Nel manuale vi sono altre affermazioni errate, come quella contenuta a pag. 63 secondo cui con la legge 118 del 1971 «finalmente gli invalidi civili hanno diritto (...) a servizi di riabilitazione», quando è noto che, quando detti servizi non so­no stati istituiti (il che purtroppo, è avvenuto in moltissime zone del nostro paese), gli handicap­pati non hanno mai avuto alcun strumento giuri­dico per chiederne l'istituzione.

Infine, va segnalato che gli Autori nulla dicono circa il mancato inserimento degli handicappati, in particolare quelli intellettivi, nelle scuole e nel­le aziende private. Al riguardo, riportiamo quan­to affermato da Salvatore Nocera, Consigliere nazionale del Movimento Apostolico Ciechi alla VII Conferenza internazionale organizzata dal Consiglio Pontificio per la Pastorale dei Servizi sanitari sul tema "Le persone handicappate nel­la società" (Roma 19-21 novembre 1992): «Pur­troppo si constata ancora che:

«- molte scuole cattoliche rifiutano la frequen­za di alunni con handicap, invitando i genitori ad iscriverli negli istituti speciali nei quali, pur con le migliori prestazioni professionali, i bambini ed i giovani perdono la ricchezza degli scambi rela­zionali con compagni non handicappati e vengo­no posti in un circuito di emarginazione che li escluderà dall'inserimento sociale;

«- pochissimi sono gli imprenditori cristiani che si adoperano per l'attività lavorativa delle persone handicappate, nonostante che il Papa nell'Enciclica "Laborem Exercens" ne proclami il diritto al lavoro».

Com'è noto, finora i Sindacati, salvo casi del tutto eccezionali, nulla hanno fatto per l'inseri­mento lavorativo degli handicappati, anzi. Al ri­guardo ricordiamo quanto abbiamo scritto nel numero 99, luglio-settembre 1992 di Prospettive assistenziali commentando l'articolo "Il diritto al lavoro degli handicappati: proposte per un'ido­nea legge sul collocamento obbligatorio al lavo­ro" redatto da Flavio Cocanari a nome di CGIL, CISL, UIL di Roma.

Nella presentazione televisiva del manuale di informazione sull'handicap, il Premio Nobel Rita Levi Montalcini asseriva che «la conoscenza è la forza degli handicappati». Siamo perfettamente d'accordo, a condizione che la conoscenza dei problemi sia obiettiva. Ovviamente, se agli han­dicappati (o ad altri soggetti deboli o alle orga­nizzazioni che ne tutelano i diritti) si fa credere che le leggi riconoscono diritti quando non è ve­ro, non solo essi vengono ingannati, ma le azioni dirette ad ottenere i diritti stessi (quasi sempre difficili da organizzare) ne risultano danneggia­te, anche per molti anni.

 

 

 

(1) Secondo alcuni, noi compresi, lo stesso titolo della 104/1992 "Legge-quadro per l'assistenza, l'integrazione sociale e i diritti delle persone", ne evidenzia la caratteriz­zazione assistenzialistica.

(2) Si tenga presente che la legge 104/92 non fissa la capienza massima né delle comunità alloggio, né dei cen­tri socio-riabilitativi. È quindi possibile che le suddette de­nominazioni si riferiscano ai vecchi e superati istituti di ri­covero con centinaia di posti letto.

(3) A pag. 48 del manuale di informazione sull'handicap, fra gli interventi costitutivi al nucleo familiare, sono indicate le comunità alloggio, i centri residenziali socio-riabilitativi e gli istituti, ma non l'adozione e l'affidamento familiare a scopo educativo.

 

 

www.fondazionepromozionesociale.it