IL MANUALE
DI INFORMAZIONE SULL'HANDICAP: UN TENTATIVO NON RIUSCITO DI RIEMPIRE UNA
SCATOLA VUOTA
Con una eccezionale rapidità è uscito il "Manuale
di informazione sull'handicap" di Antonio Guidi e Danilo Massi, edito
dalla Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimenti per l'informazione e
l'editoria, e per gli affari sociali.
Nella presentazione, l'allora Ministro per gli affari
sociali, Rosa Russo Jervolino, afferma che «la
legge-quadro sull'handicap, superando il concetto di un assistenzialismo
diffuso, rivolge attenzione ai diritti, alle reali esigenze ed alle aspettative
delle persone in difficoltà, considerate come soggetti attivi che si
riappropriano a pieno titolo di tutti i diritti sanciti dalla Costituzione»
(1).
Se comprendiamo che l'On. Jervolino sostenga la
"sua" legge, anche se non dovrebbe dimenticare che nel provvedimento
in oggetto vi sono più di 20 "possono" rivolti ai compiti delle
Regioni e degli Enti locali, facoltà che certamente non dà alcuna concreta
risposta alle esigenze delle persone con handicap, né sancisce diritti di
sorta, è molto grave, a nostro avviso, che gli Autori del manuale, di cui uno,
il Guidi, coordina il Dipartimento Handicap della CGIL, ed è responsabile,
sempre per le questioni relative all'handicap, della Confederazione europea dei
Sindacati, possano dichiarare che «con
l'attuazione della legge-quadro sull'handicap si avrà un'applicazione più
efficace della Costituzione» (p. 34). Infatti, perché una legge possa
essere messa in atto, è assolutamente necessario che essa contenga norme
prescrittive e non tanti "possono".
E come si fa a dire a proposito della 104/92, che «il provvedimento, elaborato con una impostazione
innovativa e in maniera organica e completa, è diretto sia a prevenire e
rimuovere situazioni invalidanti e sia a favorire la piena partecipazione
sociale dei disabili attraverso idonei interventi assistenziali, il possibile
miglioramento dell'autonomia personale e l'esercizio dei diritti civili»
(p. 37)?
Come possano gli interventi assistenziali (e non
quelli di riabilitazione, di inserimento scolastico, abitativo, formativo,
lavorativo e sociale in genere) assicurare l'esercizio dei diritti civili è,
per noi, assolutamente incomprensibile.
Nel volume non ci sono solo affermazioni distorte,
ma anche assolutamente false, come quando si sostiene che «una prima novità è senz'altro costituita dall'istituzione del servizio
di aiuto personale per chi non è autosufficiente» (p. 38), falsità che
risulta evidente se si tiene conto che l'art. 9 della legge 104/92 stabilisce
quanto segue: «Il servizio di aiuto
personale, che può essere istituito dai Comuni o dalle Unità sanitarie locali
nei limiti delle proprie ordinarie risorse di bilancio...».
Mendace è, altresì, l'osservazione degli Autori secondo
cui «nei confronti delle persone con
handicap grave sono previste comunità alloggio e centri socio-riabilitativi con
oneri a carico dei Comuni» (p. 38).
Orbene, l'art. 10 della legge 104/92, purtroppo, è
così redatto: «I Comuni, anche
consorziati tra loro o con le province, le loro unioni, le comunità montane e
le Unità sanitarie locali, nell'ambito delle competenze in materia loro
attribuite dalla legge 8 giugno 1990 n. 142, possono realizzare con le
proprie ordinarie risorse in bilancio (...) comunità alloggio e centri
socio-riabilitativi per persone con handicap in situazione di gravità»
(2).
A proposito degli interventi di assistenza sociale,
gli Autori si sono semplicemente dimenticati di segnalare l'adozione dei
minori handicappati in situazione di abbandono materiale e morale da parte dei
genitori e dei parenti tenuti a provvedervi (p. 47) (3).
Nel manuale vi sono altre affermazioni errate, come
quella contenuta a pag. 63 secondo cui con la legge 118 del 1971 «finalmente gli invalidi civili hanno
diritto (...) a servizi di riabilitazione», quando è noto che, quando detti
servizi non sono stati istituiti (il che purtroppo, è avvenuto in moltissime
zone del nostro paese), gli handicappati non hanno mai avuto alcun strumento
giuridico per chiederne l'istituzione.
Infine, va segnalato che gli Autori nulla dicono
circa il mancato inserimento degli handicappati, in particolare quelli
intellettivi, nelle scuole e nelle aziende private. Al riguardo, riportiamo
quanto affermato da Salvatore Nocera, Consigliere nazionale del Movimento
Apostolico Ciechi alla VII Conferenza internazionale organizzata dal Consiglio
Pontificio per la Pastorale dei Servizi sanitari sul tema "Le persone
handicappate nella società" (Roma 19-21 novembre 1992): «Purtroppo si constata ancora che:
«- molte
scuole cattoliche rifiutano la frequenza di alunni con handicap, invitando i
genitori ad iscriverli negli istituti speciali nei quali, pur con le migliori
prestazioni professionali, i bambini ed i giovani perdono la ricchezza degli
scambi relazionali con compagni non handicappati e vengono posti in un
circuito di emarginazione che li escluderà dall'inserimento sociale;
«-
pochissimi sono gli imprenditori cristiani che si adoperano per l'attività
lavorativa delle persone handicappate, nonostante che il Papa nell'Enciclica
"Laborem Exercens" ne proclami il diritto al lavoro».
Com'è noto, finora i Sindacati, salvo casi del tutto
eccezionali, nulla hanno fatto per l'inserimento lavorativo degli
handicappati, anzi. Al riguardo ricordiamo quanto abbiamo scritto nel numero
99, luglio-settembre 1992 di Prospettive
assistenziali commentando l'articolo "Il diritto al lavoro degli
handicappati: proposte per un'idonea legge sul collocamento obbligatorio al
lavoro" redatto da Flavio Cocanari a nome di CGIL, CISL, UIL di Roma.
Nella presentazione televisiva del manuale di
informazione sull'handicap, il Premio Nobel Rita Levi Montalcini asseriva che «la conoscenza è la forza degli
handicappati». Siamo perfettamente d'accordo, a condizione che la
conoscenza dei problemi sia obiettiva. Ovviamente, se agli handicappati (o ad
altri soggetti deboli o alle organizzazioni che ne tutelano i diritti) si fa
credere che le leggi riconoscono diritti quando non è vero, non solo essi
vengono ingannati, ma le azioni dirette ad ottenere i diritti stessi (quasi
sempre difficili da organizzare) ne risultano danneggiate, anche per molti
anni.
(1) Secondo alcuni, noi compresi, lo
stesso titolo della 104/1992 "Legge-quadro per l'assistenza, l'integrazione
sociale e i diritti delle persone", ne evidenzia la caratterizzazione
assistenzialistica.
(2) Si tenga presente che la legge
104/92 non fissa la capienza massima né delle comunità alloggio, né dei centri
socio-riabilitativi. È quindi possibile che le suddette denominazioni si
riferiscano ai vecchi e superati istituti di ricovero con centinaia di posti
letto.
(3) A pag. 48 del manuale di
informazione sull'handicap, fra gli interventi costitutivi al nucleo familiare,
sono indicate le comunità alloggio, i centri residenziali socio-riabilitativi e
gli istituti, ma non l'adozione e l'affidamento familiare a scopo educativo.
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